Condotta antisindacale

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Scheda sintetica

La Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) prevede un apposito procedimento per la repressione della condotta antisindacale.
Più precisamente, l’art. 28 stabilisce che, nel caso in cui il datore di lavoro si comporti in modo tale da impedire o limitare l’esercizio e la libertà dell’attività sindacale, il sindacato possa denunciare tale comportamento al giudice del lavoro; nel caso in cui il giudice del lavoro accerti che, effettivamente, vi è stata una lesione dei diritti sindacali, potrà ordinare al datore di lavoro di cessare dal comportamento ritenuto antisindacale e di rimuovere gli effetti dello stesso.
In particolare, è stato ritenuto antisindacale il comportamento che incida, in modo diretto, su diritti sindacali espressamente riconosciuti dai contratti collettivi di lavoro, dalla legge o, addirittura, dalla Costituzione.
La giurisprudenza ha però avuto modo di precisare come la violazione dei diritti esplicitamente stabiliti da norme legali o contrattuali non esaurisca l’ambito dei comportanti antisindacali; infatti, si ritiene che il procedimento citato sia destinato a tutelare il sindacato da tutti quei comportamenti del datore di lavoro tali da ledere, ingiustificatamente, le prerogative del sindacato stesso, danneggiandone l’immagine.
Più precisamente, è stato sostenuto che, una volta aperta una trattativa tra il sindacato e il datore di lavoro, entrambe le parti sono tenute a condurre tale trattative con correttezza e buona fede.
Un aspetto di particolare rilevanza riguarda i diritti di informazione previsti dai contratti collettivi, il cui esercizio rappresenta uno dei diritti sindacali di maggior rilievo.
Come detto, la giurisprudenza ha chiarito diversi aspetti relativi ai diritti sindacali e alle violazioni che hanno dato, appunto, seguito a condanna per condotta antisindacale.
Tra queste va senz’altro ricordato il disconoscimento del delegato sindacale a seguito di cessione di ramo d’azienda: la Corte di cassazione ha infatti precisato che il delegato sindacale mantiene le proprie prerogative e continua ad esercitare le funzioni per cui è stato eletto anche nella società cessionaria.

 

Normativa

  • Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori)

 

 

Disconoscimento del delegato sindacale a seguito di trasferimento di ramo d’azienda

Come è noto, nel caso di trasferimento di un’intera azienda, i lavoratori passano alle dipendenze del datore di lavoro che subentra nella titolarità dell’azienda ceduta.
In altre parole, quest’ultimo acquisisce, insieme all’azienda, anche i relativi rapporti di lavoro, che proseguono inalterati alle sue dipendenze. La medesima regola vale nel caso in cui la cessione riguardi non l’azienda nel suo complesso, ma un ramo autonomo di essa.
I principi sopra indicati, disposti in maniera inequivoca dall’art. 2112 c.c., hanno consentito alla Corte di cassazione di risolvere la controversia promossa contro un datore di lavoro che, avendo acquisito un ramo d’azienda, si era rifiutato di riconoscere come RSU il lavoratore che rivestiva quella carica e che, facendo parte del ramo ceduto, era passato alle sue dipendenze, negandogli quindi l’esercizio dei diritti sindacali.
Infatti, il datore di lavoro riteneva che questo lavoratore avesse perso quella carica e i relativi diritti, in quanto lui e i lavoratori che lo avevano eletto erano entrati a far parte di un diverso contesto aziendale. Al contrario, con sentenza n. 6723 del 3/5/03, la Corte ha condannato quel datore di lavoro per comportamento antisindacale.
E’ stato infatti ritenuto che il trasferimento di ramo d’azienda, come non comporta l’interruzione dei rapporti di lavoro dei dipendenti ceduti, neppure comporta di per sé l’automatica decadenza dalle cariche e dai diritti sindacali preesistenti, tanto più quando il trasferimento riguardi anche i lavoratori costituenti la “base elettorale” del rappresentante sindacale trasferito.

 

Quando la violazione di una norma del contratto collettivo pone in essere un comportamento antisindacale

Non tutte le disposizioni di un contratto collettivo dispongono diritti e obblighi tra il datore di lavoro e il sindacato: accanto a queste disposizioni, dette obbligatorie, ve ne sono altre, dette normative, che disciplinano il rapporto di lavoro e, dunque, i diritti e gli obblighi del datore di lavoro direttamente nei confronti dei singoli lavoratori.
Naturalmente, nel caso di violazione di una norma contrattuale di tipo obbligatorio, il datore di lavoro porrebbe in essere una condotta antisindacale, in quanto – così facendo – violerebbe un diritto del sindacato. Per esempio, questo si verifica quando il datore di lavoro viola l’obbligo, specificamente previsto dal contratto collettivo, di informare o di consultare il sindacato, o di disciplinare una determinata materia solo previo accordo con il sindacato e non unilateralmente.
In casi come questi, dunque, il sindacato potrebbe agire in giudizio al fine di ottenere l’accertamento della natura antisindacale di quella condotta e la rimozione degli effetti che ne conseguono.
Al contrario, la violazione da parte del datore di lavoro delle disposizioni contrattuali a contenuto normativo non configura ipotesi di condotta antisindacale.
Infatti, in casi come questi il diritto leso non appartiene al sindacato, ma al singolo lavoratore che, naturalmente, potrà rivolgersi al giudice del lavoro nelle forme ordinarie per ottenere il risarcimento dei danni derivanti da una simile violazione.
Tuttavia, in alcune ipotesi è stata ritenuta antisindacale anche la violazione di una disposizione normativa del contratto collettivo. Ciò è accaduto quando il comportamento del datore di lavoro non si è limitato a ledere i diritti dei singoli lavoratori, ma addirittura abbia screditato il sindacato agli occhi dei lavoratori, cosa che si può verificare in considerazione della modalità o della portata della violazione, o ancora del contesto in cui essa avviene.
Per esempio, è stato ritenuto antisindacale il licenziamento collettivo, in presenza di un accordo che ne escludeva il ricorso; similmente è accaduto in un caso in cui il datore di lavoro aveva violato un accordo di natura economica mentre stava trattando con il sindacato il rinnovo del medesimo; ancora, è stata dichiarata antisindacale la violazione di un accordo sulle pause retribuite, appunto in considerazione della perdita di credibilità del sindacato in un caso in cui la violazione di una disposizione contrattuale normativa aveva un significativo impatto su tutti i dipendenti.
Naturalmente, la causa per comportamento antisindacale, consistente nella violazione di un contratto collettivo, può essere promossa solamente dal sindacato che aveva sottoscritto quell’accordo.
Infatti, in caso contrario, il sindacato non può lamentare la violazione di un proprio diritto, dal momento che le norme obbligatorie del contratto non sono applicabili nei suoi confronti, né può lamentare una perdita di credibilità per la violazione di un accordo che non aveva sottoscritto.

 

Diritti di informazione e comportamento antisindacale

Nel nostro ordinamento giuridico non esiste, in generale, un diritto di informazione a favore del sindacato e delle sue rappresentanze aziendali.
Pertanto, in mancanza di un simile riconoscimento, il sindacato che non ottenga risposta alle proprie richieste può solamente far ricorso alla propria forza e agli strumenti di lotta di cui egli dispone (primo tra tutti, lo sciopero), per indurre il datore di lavoro a rendere le informazioni richieste.
Vi sono però dei casi in cui è specificamente previsto l’obbligo del datore di lavoro di rendere certe informazioni al sindacato o alla sua rappresentanza aziendale.
Questi casi sono innanzi tutto contemplati dalla legge, che – per esempio – prevede il diritto di informazione a fronte della decisione del datore di lavoro di adottare provvedimenti a forte impatto sui lavoratori: ciò accade, tra l’altro, nel caso in cui il datore di lavoro intenda mettere i lavoratori in mobilità, o sospenderli in cassa integrazione o, ancora, trasferire la propria azienda o un ramo autonomo di essa.
Altri diritti di informazione sono invece previsti dalla contrattazione collettiva, in particolare di categoria. I diritti di informazione di origine contrattuale sono dunque inevitabilmente piuttosto numerosi e, naturalmente, si applicano solo al sindacato di riferimento del contratto che ne costituisce la fonte.
Per esempio, i contratti di categoria possono prevedere diritti di informazione in tema di fruizione dei permessi per riduzione dell’orario di lavoro, o di individuazione del periodo feriale, o di superamento di certi limiti di lavoro straordinario, eccetera.
Come si vede, dunque, a dispetto del principio generale sopra indicato, di fatto i diritti di informazione del sindacato, derivino essi dalla legge o dal contratto, sono piuttosto numerosi e, comunque, posti a salvaguardia degli aspetti più significativi del rapporto di lavoro.
In tutti i casi in cui il sindacato, o la sua rappresentanza aziendale, sia titolare di un diritto di informazione, a prescindere dal fatto che esso derivi dalla legge o dal contratto, il datore di lavoro è obbligato a renderla.
La sanzione prevista dall’ordinamento nei confronti del datore di lavoro inadempiente è la condanna per condotta antisindacale, prevista dall’art. 28 Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori).
Infatti, si ritiene che la violazione di un diritto del sindacato possegga di per sé quella caratteristica, tanto più se si considera che, a seguito della violazione dell’obbligo in questione, il sindacato perde in credibilità agli occhi dei propri rappresentati e, comunque, gli si preclude in radice di svolgere il ruolo di interlocutore del datore di lavoro in un caso in cui la stessa legge, o il contratto collettivo, lo impone come tale.
Naturalmente, la condanna per condotta antisindacale non è fine a se stessa, ma ha importanti conseguenze finalizzate a salvaguardare il diritto che era stato leso.
Infatti, il già citato art. 28 dispone che il giudice del lavoro, accertata la natura antisindacale di un certo comportamento, disponga anche la rimozione dei suoi effetti. Ciò, nel caso di cui si sta parlando, in particolare significa che il giudice del lavoro può ordinare al datore di lavoro di rendere le informazioni che erano state negate.
In alcuni casi, la conseguenza è ancora più efficace, dal momento che il giudice del lavoro può addirittura revocare il provvedimento che era stato adottato in assenza della preventiva informazione.
Questo è in particolare il caso della mobilità o della cassa integrazione: in casi come questi, il giudice del lavoro, accertato che il datore di lavoro ha disposto la mobilità o la cassa integrazione senza aver preventivamente informato il sindacato, dispone la immediata riammissione in servizio dei lavoratori licenziati o sospesi.

 

Casistica di decisioni della Magistratura in tema di condotta antisindacale

In genere

  1. Diritto dei sindacati alle informazioni sul funzionamento dell’algoritmo e decreto trasparenza: società di food-delivery condannata per condotta antisindacale.
    Il Tribunale di Palermo accoglie il ricorso ex art. 28 L. 300/1970 e condanna per condotta antisindacale una società di consegne a domicilio, ordinandole di fornire all’organizzazione sindacale ricorrente informazioni sui sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati come previsto dal “decreto trasparenza”. Secondo il Tribunale, poiché a norma del D.L. 104/2022 la legittimazione attiva alla richiesta di informazioni sui sistemi automatizzati compete non soltanto al lavoratore ma anche alle RSA, RSU o alle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative, il relativo diniego di per sé limita e compromette l’attività sindacale e va quindi considerato antisindacale. Non è invece rilevante che la società abbia già rilasciato alcune di queste informazioni ai singoli lavoratori. Nell’articolata pronuncia, tra l’altro, viene accolta anche la domanda di condanna alla c.d. astreinte ex art. 614bis c.p.c., non ritenendo estensibile all’azione ex art. 28 l’esclusione prevista dalla norma del codice di procedura per le controversie di lavoro. (Trib. Palermo 20/6/2023, Giud. Marino, in Wikilabour, Newsletter n. 13/2023)
  2. Antisindacale la condotta del datore di lavoro che, venendo meno all’accordo sindacale, si rifiuta di riassumere i lavoratori licenziati nell’ambito di una procedura di riduzione del personale.
    La Corte d’Appello di Napoli accoglie il ricorso ex art. 28 Stat. Lav. e dichiara la natura antisindacale della condotta del datore di lavoro, il quale nel corso della procedura di riduzione del personale si era impegnato a riassumere in un momento successivo alcuni dei dipendenti licenziati, ma si rifiutava poi di farlo. La condotta della società viene considerata plurioffensiva: da un lato, essa lede il diritto individuale alla riassunzione di ciascun lavoratore licenziato; dall’altro, poiché tale impegno aveva base nell’accordo collettivo, il rifiuto di adempiervi scredita l’immagine dei sindacati firmatari. (Corte app. Napoli 23/5/2023, Pres. Iacone Rel. Chiodi, in Wikilabour, Newsletter n. 11/23)
  3. Diritto del sindacato alle informazioni sulle logiche dell’algoritmo usato per la gestione dei rapporti di lavoro: applicata la nuova disciplina del Decreto trasparenza del 2022 alle piattaforme del food delivery.
    Il Tribunale accoglie il ricorso per condotta antisindacale ex art. 28 l. 300/1970 presentato dalle associazioni di categoria che tutelano i rider, e ordina alla piattaforma di consegna di cibo a domicilio di fornire le informazioni sui sistemi automatizzati utilizzati nel rapporto di lavoro. Dopo aver confermato, come avvenuto in altri precedenti, che il procedimento ex art. 28 può essere esperito anche in caso di collaborazioni organizzate dal committente, il Tribunale accerta che la piattaforma è venuta meno all’obbligo di comunicazione alle rappresentanze sindacali delle informazioni previste dal nuovo art. 1-bis del d. lgs. 152/1997, tra cui il dataset dell’algoritmo che assegna le consegne ai rider e la spiegazione dei parametri di valutazione su cui è impostato. (Trib. Palermo 3/4/2023, dott.ssa Bruno, in Wikilabour, Newsletter n. 7/23)
  4. Antisindacale sanzionare l’RSA per aver pubblicato su Facebook due comunicati di critica nei confronti del datore di lavoro.
    Il Sindacato lamentava il comportamento antisindacale della società che aveva irrogato il provvedimento disciplinare della sospensione di otto giorni dal lavoro e dalla retribuzione alla lavoratrice, anche Rappresentante Sindacale Aziendale, accusata di aver pubblicato su Facebook, sia sul proprio profilo sia su un gruppo accessibile a tutti, una e-mail di critica rispetto all’organizzazione del lavoro e all’inquadramento contrattuale dei dipendenti di un punto vendita. Il Giudice, riconoscendo che l’e-mail in questione, oltre a rispettare i limiti della continenza formale e sostanziale, aveva pacificamente un contenuto di interesse sindacale, ha ricondotto la pubblicazione sui social al diritto affissione e di proselitismo di cui agli artt. 25 e 26 Stat. lav. e ha quindi dichiarato illegittima e antisindacale la sanzione disciplinare. (Trib. Torino 6/2/2023, Giud. Filicetti, in Wikilabour, Newsletter n. 12/23)
  5. Antisindacale sottoscrivere un accordo ‘separato’ con soggetti non legittimati e non con la RSU, quando il contratto collettivo assegna a quest’ultima la legittimazione negoziale.
    La Federazione sindacale territoriale FP CGIL ricorre in giudizio per vedere dichiarata l’antisindacalità della condotta aziendale consistita nell’avere sottoscritto un accordo ‘separato’ sul premio di produzione non con la RSU – alla quale il CCNL attribuisce la competenza, prevedendo la sola assistenza delle associazioni sindacali – ma solo con alcuni dei componenti della stessa RSU e alcune organizzazioni sindacali territoriali. Il Tribunale, in assenza di una volontà maggioritaria della RSU, dichiara antisindacale la condotta aziendale e ordina la ripresa delle trattative. (Trib. Milano 30/7/2020, Giud. Ghinoy, in Wikilabour, Newsletter n. 15/2020)
  6. Il Protocollo Governo-parti sociali adottato in fase emergenziale per la sicurezza sui luoghi di lavoro ha efficacia erga omnes e la violazione, da parte dei datori di lavoro, delle prescrizioni in esso contenute sul coinvolgimento delle OO.SS. integra condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 S.L.
    Il Giudice accerta la condotta antisindacale di una società per violazione della disposizione di istituire, di concerto con le OO.SS., nelle aziende, un comitato di verifica del rispetto delle disposizioni contenute nel protocollo del 14 marzo siglato dalle parti sociali e dal Ministero del Lavoro. Il Tribunale riconosce l’efficacia erga omnes alle disposizioni contenute nel protocollo citato, poiché adottato in forza di un D.P.C.M., e considera antisindacale l’omessa istituzione di tale comitato presso la sede periferica dell’azienda e il mancato coinvolgimento delle RSA e RSL della medesima sede. (Trib. Treviso 2/7/2020, Giud. Poirè, in Wikilabour, Newsletter n. 16/2020)
  7. Se è ben vero che nell’ordinamento italiano non esiste in capo al datore di lavoro un obbligo di trattare con tutte le OO.SS., è altrettanto illegittima la condotta di un datore di lavoro che ometta di riscontrare le richieste di informazione e collaborazione presentate dai sindacati o che, a partire da un certo momento, inizi a interloquire solo con alcuni di essi in violazione dei principi di correttezza e buona fede che imporrebbero, quanto meno, di convocare tutti i sindacati richiedenti al fine di verificare se vi siano le condizioni per aprire le trattative. (Trib. Busto Arsizio 4/6/2019, n. 197, Est. Fumagalli, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di S. Donini, “Rappresentatività effettiva e antisindacalità del rifiuto a trattare: il caso Ryanair”, 396)
  8. Sebbene non sussista nel nostro ordinamento un obbligo del datore di lavoro di trattare con tutte le OO.SS., salvo specifiche previsioni contrattuali o di legge, costituisce condotta antisindacale il rifiuto del datore che esprima un uso distorto della libertà sindacale ovvero un contegno oggettivamente discriminatorio nei confronti della organizzazione sindacale esclusa. (Trib. Roma 23/8/2019, n. 82784, Est. Picozzi, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di S. Donini, “Rappresentatività effettiva e antisindacalità del rifiuto a trattare: il caso Ryanair”, 396)
  9. È antisindacale la condotta del datore di lavoro che nella scelta delle organizzazioni con cui trattare crei una sorta di “monopolio sindacale” con talune organizzazioni e operi con aprioristica, arbitraria, discrezionale, immotivata esclusione di Cgil e Uil, senza verificarne in concreto e “sul campo” l’attività, la rappresentatività e la disponibilità al dialogo. (Trib. Busto Arsizio 25/10/2019, n. 359, Est. Fumagalli, in Riv. It. Dir. lav. 2020, con nota di S. Donini, “Rappresentatività effettiva e antisindacalità del rifiuto a trattare: il caso Ryanair”, 396)
  10. In virtù del principio di temporaneità dei vincoli obbligatori non costituisce condotta antisindacale il recesso unilaterale del datore di lavoro dal contratto collettivo aziendale a tempo indeterminato, a fortiori ove le trattative per il rinnovo della piattaforma contrattuale siano poi proseguite, non potendosi riconoscere in capo alle Organizzazioni Sindacali un diritto di veto ovvero un diritto all’ottenimento di un determinato risultato per il tramite dell’azione giudiziale ex art. 28 St. lav. disatteso in sede negoziale. (Trib. Venezia 30/7/2018 n. 4606, decr., Giud. Coppetta Calzavara, in Riv. It. dir. lav. 2018, con nota di S. Ortis, “Recesso dal contratto collettivo aziendale ed esclusione dei profili di antisindacalità nelle fisiologiche dinamiche delle relazioni industriali”, 1013)
  11. Non costituisce condotta antisindacale l’adozione di un Regolamento aziendale, non potendosi negare al datore di lavoro, una volta receduto dal contratto collettivo e in assenza di una contrattazione nazionale, la facoltà di applicare una disciplina economica e normativa unilaterale, eventualmente deteriore rispetto a quella pregressa, fermi i limiti dei diritti quesiti e dell’art. 36 Cost. (Trib. Venezia 30/7/2018 n. 4606, decr., Giud. Coppetta Calzavara, in Riv. It. dir. lav. 2018, con nota di S. Ortis, “Recesso dal contratto collettivo aziendale ed esclusione dei profili di antisindacalità nelle fisiologiche dinamiche delle relazioni industriali”, 1013)
  12. Per integrare gli estremi della condotta antisindacale è necessario che il comportamento datoriale comprometta oggettivamente l’efficace espletamento del ruolo delle organizzazioni sindacali. (Trib. Roma 22/4/2017, decr., Est. Quartulli, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di G. Sforza, “Crisi della rappresentatività del sindacato e contrattazione aziendale: riflessioni sollecitate dal caso Almaviva”, 917)
  13. Laddove il contratto collettivo aziendale preveda che, nel caso di indisponibilità di idonei locali aziendali, i sindacati richiedenti debbano indicare il luogo di svolgimento di un’assemblea, è legittimo, e non configura quindi condotta antisindacale, il rifiuto dell’azienda basato sulla violazione di tale obbligo, consistente nella generica indicazione del fatto che l’assemblea si sarebbe tenuta “all’esterno dell’unità produttiva”. (Cass. 10/10/2016 n. 20319, Pres. Di Cerbo Rel. Patti, in Lav. nella giur. 2017, 199)
  14. L’attualità della condotta antisindacale e/o il perdurare dei suoi effetti costituiscono condizione dell’azione ex art. 28 St. lav. la quale è costitutivamente diretta a rimuovere la portata intimidatoria e l’ostacolo o il restringimento che al libero svolgimento dell’attività sindacale possano derivare da una condotta del datore di lavoro. In mancanza di allegazione e prova circa i possibili effetti pregiudizievoli rispetto alla libertà di azione i comportamenti denunciati non possono attingere al rango di attentati alla libertà sindacale risolvendosi piuttosto in un (eventuale) inadempimento. (Trib. Palermo 30/10/2014, Giud. Cavallaro, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Lucia Ciotti, “L’attualità della condotta antisindacale come condizione dell’azione e l’imprescindibilità del dovere di allegazione”, 526)
  15. È antisindacale la condotta dell’imprenditore che cerchi e ottenga il consenso dei lavoratori nell’applicare la forfetizzazione dello straordinario e delle trasferte introdotta, su delega del Ccnl, da un accordo decentrato stipulato per un ambito territoriale a loro estraneo. L’ordine di cessazione e di rimozione non è, tuttavia, pronunciabile con riguardo alle adesioni già espresse dai singoli lavoratori all’intesa decentrata, anche perché la loro condotta non è per definizione antisindacale. (Trib. Prato 28/1/2014, Est. Consami, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2014, con nota di G. Cannati, “Condotta antisindacale e accordi individuali. Un difficile compromesso”, 487)
  16. È antisindacale il comportamento del datore di lavoro che sostituisca i dipendenti in sciopero con lavoratori autonomi e somministrati che, sebbene svolgessero le medesime mansioni dei dipendenti in sciopero, erano stati assegnati a turni diversi. (Trib. Milano 13/3/2012, Est. Cipolla, in D&L 2012, con nota di Angelo Beretta, “Il crumiraggio indiretto esterno per tramite di lavoratori autonomi e somministrati già operanti nell’ambito aziendale”, 387)
  17. Il rifiuto del datore di lavoro di provvedere alla trattenuta in busta paga – operata con lo strumento della cessione del credito – dei contributi sindacali e al loro successivo versamento a favore delle organizzazioni sindacali individuata dai singoli lavoratori è illegittimo e costituisce condotta antisindacale. (Cass. 17/2/2012 n. 2314, Pres. Ianniello Rel. Curzio, in Lav. nella giur. 2012, 506, e in Lav. nella giur. 2013, con commento di Luigi Andrea Cosattini, 295)
  18. Il rifiuto del Dirigente Scolastico pro tempore dell’istituto di fornire alla associazione sindacale le informazioni circa l’impiego del Fondo d’istituto per l’anno scolastico, con l’indicazione analitica dei nominativi dei lavoratori che avevano avuto accesso alle risorse, attività singolarmente svolte, impegni orari relativi e compensi integra gli estremi del comportamento antisindacale, in quanto lede le prerogative riconosciute alle organizzazioni sindacali in una materia particolarmente delicata come quella della gestione e distribuzione delle risorse finanziarie della scuola. (Trib. Treviso 31/1/2012, Giud. De Luca, in Lav. nella giur. 2012, 410)
  19. Nel nostro ordinamento giuridico non pare esistere alcun principio legale che imponga al datore di lavoro di “trattare” e di ”accordarsi” per forza con tutte le rappresentanze sindacali e tanto meno si riscontra un obbligo legale e contrattuale del datore all’informazione e/o alla convocazione indiscriminata e generalizzata nei confronti di tutti i sindacati che vantano degli iscritti in un determinato contesto lavorativo. Deve ritenersi, per contro, antisindacale e come tale sanzionabile ex art. 28 Stat. Lav., l’assoluta mancanza di informazione e consultazione nonché la discriminazione del sindacato di categoria o di settore dotato di ampia rappresentatività sul territorio nazionale in quanto soggetto “firmatario” in sede di contrattazione collettiva nazionale. (Trib. Gorizia 7/10/2011, Giud. Gallo, in Lav. nella giur. 2012, 98)
  20. In virtù dei principi di effettività e di pluralismo che governano l’ordinamento sindacale in Italia, non costituisce condotta antisindacale la sottoscrizione di contratti collettivi separati. Posto che la violazione dell’art. 2112 c.c. può avere incidenza soltanto sul piano dei diritti dei singoli lavoratori, la sostituzione del contratto collettivo del cedente con quello del cessionario può avvenire solo tra contratti di pari livello. L’effetto sostitutivo si ha anche tra un contratto collettivo nazionale e un contratto collettivo aziendale di primo livello che, svincolandosi dal C.C.N.L. di categoria, definisce ogni aspetto dei lavoratori con i propri dipendenti con un’ampiezza ed esaustività del tutto simile a qualsiasi altro contratto nazionale. (Trib. Torino 15/9/2011, Giud. Ciocchetti, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Maria Dolores Ferarra, 81)
  21. Costituiscono condotte antisindacali i comportamenti del datore di lavoro che hanno come conseguenza l’obiettiva estromissione della rappresentanza di un sindacato dal sito produttivo. La clausola del contratto aziendale di primo livello che riserva il diritto di costituire proprie rappresentanze aziendali soltanto ai sindacati firmatari dell’accordo medesimo integra gli estremi della condotta antisindacale poiché costituisce un abuso del diritto di negoziazione. Simili clausole determinano un aiuto in favore di alcune organizzazioni in danno dell’organizzazione sindacale non firmataria la quale, pur avendo espresso posizioni che hanno ottenuto nella competizione referendaria il consenso di un’apprezzabile, seppure minoritaria, percentuale di lavoratori, si trova nella condizione di non poterli rappresentare o assistere a nessun livello. (Trib. Torino 15/9/2011, Giud. Ciocchetti, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Maria Dolores Ferarra, 81)
  22. È antisindacale il comportamento di un’azienda che applichi un ccnl separato successivo nei confronti dei lavoratori iscritti al sindacato dissenziente firmatario del precedente ccnl ancora vigente. (Trib. Reggio Emilia 20/7/2011, Giud. Gnani, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di A. Donini, “La ‘rivincita del codice civile corporativo’ e del diritto privato”, 172)
  23. È antisindacale il comportamento di un’azienda che abbia praticato, applicando la regola del silenzio-assenso, la devoluzione della quota contratto in favore di Fim e Uilm anche ai lavoratori non iscritti ad alcuna associazione di categoria. (Trib. Reggio Emilia 20/7/2011, Giud. Gnani, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di A. Donini, “La ‘rivincita del codice civile corporativo’ e del diritto privato”, 172)
  24. Il comportamento antisindacale del datore di lavoro, in relazione a uno sciopero indetto dai lavoratori, è configurabile allorché il contingente affidamento delle mansioni svolte dai lavoratori in sciopero al personale rimasto in servizio, nell’intento di limitarne le conseguenze dannose, avvenga in violazione di una norma di legge o del contratto collettivo, in particolare dovendosi accertare che, da parte del giudice di merito, ove la sostituzione avvenga con lavoratori di qualifica superiore, se l’adibizione dei primi a mansioni inferiori avvenga eccezionalmente, marginalmente e per specifiche e obiettive esigenze aziendali. (Cass. 19/7/2011 n. 15782, Pres. Miani Canevari Rel. La Terza, in Lav. nella giur. 2011, 1055)
  25. Non costituisce condotta antisindacale il licenziamento di tre attivisti e militanti sindacali per fatti accaduti durante uno sciopero poiché i comportamenti tenuti dai lavoratori non sono riconducibili al diritto di sciopero, in cui non rientra la condotta di chi non si limiti a un’attività di persuasione degli altri dipendenti per indurli a scioperare, ma ponga in essere concreti atti nei confronti del personale non aderente all’agitazione o interventi materiali sugli impianti per impedire il funzionamento dell’organizzazione aziendale. Conseguenza del comportamento illegittimo dei tre lavoratori licenziati è stato il grave danno economico subito dall’azienda opponente consistito nella mancata produzione di autovetture, gravità da rapportare alla particolare situazione di crisi economica e di difficoltà vissuta dal mercato automobilistico. (Trib. Melfi 15/7/2011, Giud. Palma, in Lav. nella giur. 2011, con commento di Maria Dolores Ferrara, 919)
  26. Costituisce comportamento antisindacale l’impiego, in presenza di trattative aziendali sulla introduzione del c.d. “salario d’ingresso”, di lavoratori assunti da una società di un gruppo legato all’impresa convenuta e presso quest’ultima distaccati, ai quali è corrisposta la sola retribuzione prevista dal contratto nazionale di categoria, inferiore a quella prevista dal contratto nazionale vigente presso l’impresa distaccataria. (Trib. Ravenna 3/6/2011, Giud. Riverso, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di A. Lassandari, Trattative sindacali ed illecito distacco: le relazioni collettive nell’evoluzione contemporanea”, 186)
  27. È legittima la disdetta di FIM e UILM rispetto al CCNL 20 gennaio 2008 e la conclusione di un nuovo separato contratto tra FIM, UILM e Federmeccanica (15 ottobre 2009), è antisindacale la condotta del datore di lavoro che consista nell’allegare alle busta paga dei lavoratori non iscritti ad alcun sindacato un modulo per la devoluzione della quota associativa a FIM UILM in base al nuovo CCNL 15 ottobre 2009; modulo che prevede la regola del silenzio-assenso sulla devoluzione della quota. (Trib. Reggio Emilia, 3/6/2011, Est. Gnani, in Lav. nella giur. 2011, 963)
  28. L’adozione di provvedimenti attinenti l’organizzazione del lavoro in una pubblica amministrazione senza l’osservanza degli obblighi di informazione, concertazione e contrattazione previsti dai contratti di categoria concreta un comportamento antisindacale ex art. 28 SL, in quanto impeditivo e limitativo dell’esercizio dell’attività sindacale. (Trib. Trieste 5/10/2010, Est. Rigon, in D&L 2010, con nota di Luca Busico, “Relazioni sindacali e riforma Brunetta: prime questioni applicative”, 1008)
  29. La violazione di un accordo contrattuale aziendale configura comportamento antisindacale qualora, ponendo nel nulla il contenuto dell’accordo sindacale medesimo, vanifica l’opera dell’organizzazione sindacale svuotando di contenuto i poteri rappresentativi della stessa (Trib. Milano 4/8/2010, ord., Est. Cuomo, con nota di Maurizio Riommi, “Il comportamento antisindacale nel caso di violazione di un accordo contrattuale aziendale”, 1006)
  30. E’ antisindacale il comportamento aziendale consistito nel licenziamento di tre attivisti e militanti sindacali per fatti successi durante uno sciopero, risultati diversi in giudizio rispetto a quelli contestati nei procedimenti disciplinari, in quanto i comportamenti addebitati sono risultati oggettivamente insussistenti e comunque, anche dal punto di vista soggettivo, è risultato assente il deliberato intento di arrestare la produzione aziendale, contestato invece da parte aziendale; per l’antisindacalità, invece, è stato ordinato al datore di lavoro il reintegro immediato dei lavoratori licenziati e la pubblicazione del dispositivo del decreto sui giornali. (Trib. Melfi 9/8/2010, decr., Rel. Minio, in Lav. nella giur. 2010, con commento di Michele Miscione e Vincenzo De Michele, 913)
  31. Costituisce condotta antisindacale la determinazione unilaterale delle modalità di utilizzo delle risorse decentrate, atteso che la disciplina di tale materia è demandata alla contrattazione collettiva integrativa. (Trib. Salerno 19/7/2010, est. Viva, in D&L 2010, con nota di Tiziana Laratta, “Il diritto del sindacato alla partecipazione e la tutela ex art. 28 SL”, 1001)
  32. La condotta antisindacale è attuale e persiste sino a che la prestazione dovuta in favore delle organizzazioni sindacali non sia eseguita (Trib. Salerno 19/7/2010, est. Viva, in D&L 2010, con nota di Tiziana Laratta, “Il diritto del sindacato alla partecipazione e la tutela ex art. 28 SL”, 1001)
  33. È antisindacale il rifiuto di un’Amministrazione comunale di approvare l’intesa sul contratto decentrato integrativo parte economica per l’anno 2009, assumendo una determinazione unilaterale con oggetto “accordo sulla base del fondo salario accessorio”, trattandosi di materia da regolare in sede di contrattazione decentrata integrativa. Infatti, l’art. 54, D.Lgs. n. 150/2009, qualora non si raggiunga l’accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo, autorizza l’Amministrazione interessata a provvedere unilateralmente, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo. Tuttavia, ai sensi dell’art. 65, D.Lgs. n. 150/2009, i contratti collettivi integrativi vigenti alla data di entrata in vigore del suddetto decreto conserveranno la loro efficacia, fino al dicembre 2010. Pertanto, affinché l’Amministrazione possa procedere unilateralmente occorre che i precedenti contratti integrativi abbiano esaurito la loro efficacia, per essere stato raggiunto un accordo tra le parti ovvero perché siano decorsi infruttuosamente i termini sopra indicati. (Trib. Salerno 18/7/2010, Giud. Viva, in Lav. nella giur. 2011, con commento di Marina Nicolosi, 185)
  34. Costituisce comportamento antisindacale il rifiuto datoriale di effettuare le trattenute dei contributi sindacali richieste dai lavoratori sulla propria retribuzione a titolo di cessione del credito ex art. 1260 c.c., anche successivamente alla riforma operata dagli artt. 1, 137° comma, L. 30/12/04 n. 311, e 13 bis L. 14/5/05 n. 80, modificativi del DPR 5/1/50 n. 180. (Corte app. Firenze 18/6/2010, Est. Pieri, in D&L 2010, con nota di Andrea Ranfagni, “Prosegue spedita e conforme la giurisprudenza in tema di trattenuta dei contributi sindacali, 737)
  35. È antisindacale la condotta dell’impresa, subentrata in un appalto del servizio di ristorazione, la quale tratti individualmente con i singoli lavoratori le materie che dovrebbero essere oggetto della trattativa sindacale prevista dagli artt. 346 e segg. del Ccnl Turismo e Pubblici Esercizi. (Trib. Milano 8/6/2010, Est. Vitali, in D&L 2010, con nota di Franco Bernini, “La funzione di accertamento della procedura sindacale nella successione degli appalti mense: quando la norma impone di collaborare”, 373)
  36. È antisindacale la condotta dell’impresa, subentrata in un appalto del servizio di ristorazione, la quale eluda l’obbligo sostanziale e non formale disciplinato dagli artt. 346 e segg. del Ccnl Turismo e Pubblici Esercizi di dare alle Organizzazioni Sindacali le informazioni utili a consentire l’assunzione di tutti i lavoratori in forza presso la gestione precedente, di partecipare all’esame dei problemi e di collaborare nella ricerca delle relative soluzioni finalizzate a mantenere inalterati i livelli occupazionali. (Trib. Milano 8/6/2010, Est. Vitali, in D&L 2010, con nota di Franco Bernini, “La funzione di accertamento della procedura sindacale nella successione degli appalti mense: quando la norma impone di collaborare”, 373)
  37. L’adozione di provvedimenti attinenti l’organizzazione del lavoro presso una pubblica amministrazione senza l’osservanza dell’obbligo di informazione preventiva previsto dai contratti di categoria concreta un comportamento antisindacale ex art. 28 SL, in considerazione della lesione del diritto di informazione del sindacato, restando irrilevante l’elemento soggettivo della intenzionalità della condotta. (Trib. Torino 2/4/2010, ord., Est. Lanza, in D&L 2010, con nota di Nadia Marina Gabigliani, “Il nuovo modello di relazioni sindacali nelle pubbliche amministrazioni: questioni di diritto transitorio”, 390)
  38. È antisindacale la condotta tenuta in violazione degli obblighi di informazione, di concertazione e del divieto di assunzione di iniziative unilaterali su materie oggetto di confronto in pendenza dello stesso, previsti dai CCNL di riferimento succedutisi nel tempo, in quanto le norme di cui al d.lgs. n. 150/2009 si applicano a far data dalla tornata successiva a quella in corso e dunque i contratti collettivi nazionali restano in vigore sino alla prevista scadenza. (Trib. Torino 2/4/2010, Giud. Lanza, in Riv. it. dir. lav. 2010, con nota di Alessandro Nucci, “Il sistema delle relazioni sindacali nella pubblica amministrazione alla luce del decreto Brunetta: una rivoluzione copernicana?”, 838)
  39. Integra gli estremi della condotta antisindacale il comportamento del datore di lavoro consistente nel licenziamento, per asserita soppressione del datore di lavoro, di due lavoratori durante il periodo di sospensione in Cig ordinaria, in violazione di precedente acordo sindacale con cui l’azienda si era impegnata a domandare l’intervento della Cig (nella fattispecie, il giudice ha conseguentemente ordinato la reintegrazione dei lavoratori e il pagamento delle retribuzioni perdute dal licenziamento alla effettiva reintegrazione). (Trib. Milano 28/9/2009, decr., Est. Cincotti, in D&L 2009, 948)
  40. L’esaurirsi della condotta antisindacale non è di ostacolo alla pronuncia di antisindacalità, nel caso in cui quel comportamento produca effetti durevoli o abbia una portata intimidatoria o ancora crei una situazione di incertezza. (Trib. Milano 28/9/2009, decr., Est. Cincotti, in D&L 2009, 948)
  41. La mancata attivazione della procedura di contrattazione prevista dal Ccnl delle imprese creditizie, finanziarie e strumentali in caso di ristrutturazione aziendale costituisce condotta antisindacale, in quanto mina in maniera rilevante la capacità di confronto, di rappresentatività e di espressione degli interessi dei lavoratori che sono elementi imprescindibili dell’attività del sindacato (nella fattispecie è stato ritenuto che il licenziamento di 7 lavoratori da parte di una società con 40 dipendenti costituisse una rilevante ristrutturazione aziendale, nel senso indicato dalla norma del Ccnl citato, che prevede l’obbligo di preventiva informativa sindacale). (Trib. Milano 17/9/2009, decr., Est. Lualdi, in D&L 2009, con nota di Alberto Vescovini, “Violazione degli obblighi contrattuali di informazione sindacale e comportamento antisindacale”, 661)
  42. Non può considerarsi lesiva dei diritti di espressione e partecipazione del sindacato la condotta posta in essere dal datore di lavoro nell’ambito di un iter di consultazione e controllo per la gestione della procedura di mobilità, per avere lo stesso collocato in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria un lavoratore, dirigente sindacale, non risultando indicati concretamente dal sindacato criteri più consoni di rotazione per affrontare il periodo di crisi e non risultando richiesti dal sindacato incontri formali al fine di discutere delle modalità di gestione della procedura. (Trib. Bergamo 19/2/2009 n. 124/09, Giud. Troisi, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Annamaria Minervini, in Lav. nella giur. 2009, 604)
  43. All’accertamento del carattere antigiuridico di un comportamento antisindacale ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori, segue la possibilità, da parte delle organizzazioni sindacali e dei singoli dipendenti, di esperire azione risarcitoria fondata su tale antigiuridicità. (Trib. Milano 9/9/2008, Est. Mariani, in Orient. della giur. del lav. 2008, 517)
  44. Non può considerarsi lesiva dei diritti di espressione e partecipazione del sindacato la condotta posta in essere dal datore di lavoro nell’ambito di un iter di consultazione e controllo per la gestione della procedura di mobilità, per avere lo stesso collocato in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria un lavoratore, dirigente sindacale, non risultando indicati concretamente dal sindacato criteri più consoni di rotazione per affrontare il periodo di crisi e non risultando richiesti dal sindacato incontri formali al fine di discutere delle modalità di gestione della procedura. (Trib. Bergamo 19/2/2009 n. 124/09, Giud. Troisi, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Aannamaria Minervini, 604)
  45. Non integra condotta antisindacale, ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori, il comportamento del datore di lavoro il quale, al fine di limitare gli effetti pregiudizievoli di uno sciopero, utilizzi il personale non scioperante, rimasto quindi a disposizione, eventualmente adibendolo a mansioni proprie dei colleghi in sciopero. L’utilizzo di personale esterno fornito da imprese terze, invece, integra condotta antisindacale. (Trib. Milano 9/9/2008, Est. Mariani, in Orient. della giur. del lav. 2008, 517)
  46. Costituisce condotta antisindacale il comportamento del datore di lavoro consistente nel non mettere a disposizione un locale sostanzialmente inidoneo all’esercizio dell’attività sindacale. (Nel caso di specie, il Giudice afferma che la sola presenza nel locale di scrivania, tavolo, sedie e armadio non integra un arredo adeguato allo svolgimento dei normali compiti propri dell’organismo sindacale, specie se questi opera in un’azienda di grandi dimensioni e diffusione su tutto il territorio nazionale). (Trib. Milano 13/5/2008 Est. Gargiulo, in Orient. della giur. del lav. 2008, 547)
  47. Integra gli estremi della condotta antisindacale il comportamento del datore di lavoro consistente nell’impedire l’accesso ai locali aziendali per l’esercizio delle libertà sindacali di due lavoratori iscritti al sindacato, di cui il giudice abbia in precedenza ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro, a seguito della dichiarazione di illegittimità del licenziamento loro intimato. (Trib. Milano 28/3/2008, Est. Peragallo, in Orient. della giur. del lav. 2008, 534)
  48. Integra gli estremi della condotta antisindacale il comportamento del datore di lavoro consistente nell’irrogazione di una sanzione disciplinare a tre affiliati sindacali, impegnati in attività di proselitismo e propaganda, qualora il vero motivo sotteso all’irrogazione sia stato quello di punire indirettamente l’attività sindacale; in quest’ipotesi sussiste, in particolare, il requisito dell’attualità della condotta antisindacale, in quanto, l’irrogazione di severe sanzioni ai sindacalisti, oltre a limitare in futuro il sereno svolgersi dell’attività di proselitismo e di propaganda, determina anche un significativo discredito dell’immagine del sindacato, che appare come facilmente attaccabile dall’azienda e quindi non affidabile ai fini di una proficua attività rivendicativa. (Trib. Milano 20/3/2008, Est. Casella, in Orient. della giur. del lav. 2008, 537)
  49. Pone in essere una condotta antisindacale il datore di lavoro che abbia manifestato la propria contrarietà all’adesione dei lavoratori al sindacato, invitandoli a revocare l’iscrizione dietro minaccia di licenziamento (nella fattispecie, non sono state annullate le revoche dell’iscrizione sindacale). (Trib. Roma 3/3/2008, decr. Est. Mimmo, in D&L 2008, 515)
  50. E’ antisindacale il comportamento del datore di lavoro che abbia disposto modifiche dell’articolazione dell’orario di lavoro senza rispettare le procedure di concertazione previste dal Ccnl. (Trib. Milano 25/1/2008, Rel. Mennuni, in Lav. nella giur. 2008, 852)
  51. Non costituisce condotta antisindacale il diniego opposto dal datore di lavoro ai singoli dirigenti delle RSU di indire assemblee, in quanto l’art. 20 Stat. Lav. riconosce il diritto di convocazione di assemblee in capo non a questi ultimi, bensì alle rappresentanze sindacali intese come organismo collettivo. (Trib. Milano 19/12/2007, Est. Sala, in Orient. della giur. del lav. 2008, 528)
  52. Non costituisce comportamento antisindacale quello tenuto dal datore di lavoro che si sia attenuto alla regolamentazione fissata prima dagli accordi collettivi e poi, nell’esercizio della facoltà dei permessi a questa attribuita, alla stessa RSU con il regolamento in contestazione e con le regole in esso fissate. Al contrario, trattandosi di prerogative proprie della RSU, il datore di lavoro non può a riguardo in alcun modo ingerirsi, ma è tenuto a prendere atto delle decisioni dell’organismo, comportandosi in maniera conseguente. (Trib. Milano 16/11/2007, D.ssa Cincotti, in Lav. nella giur. 2008, 425)
  53. Costituisce condotta antisindacale sanzionare disciplinarmente i lavoratori che hanno partecipato a uno sciopero indetto dal singolo Rsu e tali sanzioni possono essere oggetto di un ricorso ex art. 28 SL quando lo sciopero sia riferibile all’attività dell’O.S. che abbia condiviso o avallato la sua proclamazione. (Trib. Milano 4/7/2007, decr., Est. Cincotti, in D&L 2007, con nota di Alberto Vescovini, “Natura collettiva dello sciopero indetto dal singolo Rsu”, 691)
  54. Configura un comportamento antisindacale l’installazione di un sistema di videosorveglianza che, senza il preventivo accordo con le rappresentanze aziendali dei lavoratori o, in mancanza, l’autorizzazione della Direzione provinciale del lavoro, consenta il controllo a distanza sull’attività dei lavoratori. (Trib. Milano 6/7/2007, decr., est. Ravazzoni, in D&L 2007, con nota di Giuseppe Cordedda, “Controlli a distanza sull’attività dei lavoratori: l’interpretazione dell’art. 4 SL secondo la giurisprudenza recente”, 1053)
  55. Integra una condotta antisindacale la comunicazione alle Rsu di alcune e non tutte le informazioni prescritte dall’art. 24 D.Lgs. 10/9/03 n. 276 in relazione ai lavoratori impiegati con contratto di somministrazione (nella fattispecie, il datore di lavoro aveva omesso di indicare mansioni, durata del contratto e qualifica dei lavoratori, mentre i motivi del ricorso alla somministrazione erano stati enunciati con generico riferimento alle disposizioni di legge). (Trib. Milano 6/7/2007, decr., est. Ravazzoni, in D&L 2007, con nota di Giuseppe Cordedda, “Controlli a distanza sull’attività dei lavoratori: l’interpretazione dell’art. 4 SL secondo la giurisprudenza recente”, 1053)
  56. Costituisce comportamento antisindacale il rifiuto da parte dell’impresa di dare corso alle cessioni parziali del credito retributivo operate dai lavoratori allo scopo di contribuire al sindacato di appartenenza, non essendo tale negozio vietato dal DPR 5/1/50 n. 180 nel testo attualmente risultante dalle modifiche operate con L. 31/12/04 n. 311 e con L. 14/5/05 n. 80. (Corte d’App. Torino 14/2/2007, Pres. Peyron Est. Grillo, in D&L 2007, 407)
  57. Costituisce comportamento antisindacale non consentire alle Rsu di visitare i reparti produttivi durante le ore di permesso sindacale, in quanto tra gli obiettivi del sindacato vi è il miglioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti, non essendo rilevante che con il D. Lgs. 19/9/94 n. 626 sia stato previsto il diritto del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza a ispezionare i luoghi di lavoro, avendo tale intervento la diversa finalità di verificare tecnicamente il rispetto pedissequo delle normative in materia di sicurezza. (Trib. Verona 28/12/2006, decr., est. Angeletti, in D&L 2007, con nota di Alberto Vescovini, “Diritto di accesso delle Rsu nei luoghi di lavoro”, 97)
  58. Non costituisce condotta antisindacale la mancata effettuazione delle trattenute sindacali richieste dal dipendente in considerazione dell’art. 1, d.P.R. n. 180/1950, come modificato dall’art. 1, comma 137, l. n. 311/2004. (Trib. Torino 1/12/2006, Giud. Aprile, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Maria Vinciguerra, “Le organizzazioni sindacali non firmatarie di contratto collettivo rischiano di perdere i contributi dei lavoratori”, 625)
  59. Costituisce comportamento antisindacale la mancata convocazione di un membro della Rsu agli incontri per discutere, a seguito di una cessione d’azienda, di una questione già disciplinata in un accordo aziendale dell’azienda ceduta, che a seguito della cessione conservi la propria efficacia e sempre che il membro di Rsu ora escluso avesse partecipato alle trattative per la stipulazione di quell’accordo. (Trib. Milano 3/10/2006, Est. Scudieri, in D&L 2007, con nota di Chiara Asta, “Diritti sindacali e cessione di ramo d’azienda”, 87)
  60. E’ antisindacale il comportamento del datore di lavoro che, dopo essersi impegnato con successivi accordi collettivi a sostituire un dispositivo di sicurezza (nella specie il dispositivo di vigilanza cd. Vacma), ometta di adempiere all’obbligo assunto, così provocando una perdita di credibilità della controparte sindacale. (Trib. Firenze 17/8/2006, decr., Est. Muntoni, in D&L 2007, con nota di Roberto Muller, 104)
  61. Poichè l’esercizio del diritto di riunione previsto dall’art. 20 SL può essere esercitato in piena libertà di luogo sia all’interno che all’esterno del luogo di lavoro, con i soli limiti prescritti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, costituisce condotta antisindacale il comportamento tenuto dal datore di lavoro consistito nell’aver avviato procedimenti disciplinari a carico dei lavoratori che hanno preso parte a un’assemblea itinerante (nella fattispecie, era stata indetta un’assemblea che si sarebbe dovuta svolgere presso una prima unità produttiva, per poi raggiungere, percorrendo le strade cittadine, la sede della società). (Trib. Milano 31/7/2006, decr., Est. Atanasio, in D&L 2007, con nota di Andrea Leone D’Agata, “Le assemblee itineranti”, 93)
  62. Costituisce condotta antisindacale del datore di lavoro l’installazione e l’utilizzazione di un software che, analizzando le telefonate degli utenti, consente allo stesso di ricavarne la data, l’ora e la durata delle chiamate in entrata e in uscita di ciascun operatore telefonico nonchè il numero totale delle chiamate medesime, posto che il sistema consente il controllo a distanza dell’attività dei dipendenti che svolgono esclusivamente attività di operatore telefonico. (Trib. Milano 18/5/2006, Est. Porcelli, in Lav. nella giur. 2007, 93)
  63. In ipotesi di istituzione unilaterale di un “premio di reparto” collegato alla presenza del dipendente in servizio, costituisce comportamento oggettivamente antisindacale escludere dal computo delle giornate di presenza in servizio i giorni di permesso sindacale. (Trib. Milano 10/5/2006, Est. Di Leo, in D&L 2006, con nota di Eleonora Pini, “Il premio di reparto antisindacale”, 762)
  64. Costituisce condotta antisindacale ex art. 28 St. Lav. l’azione d’urgenza ex art. 700 c.p.c., promossa dal datore di lavoro, che abbia riconosciuto di fatto una rappresentanza sindacale aziendale in presenza di rappresentanza sindacale unitaria, per l’accertamento della sussistenza in capo alla neocostituita r.s.a. delle prerogative di legge e di contratto. (Trib. Ravenna 27/7/2005, decr., Giud. Riverso, in Giust. Civ. 2006, 195)
  65. In presenza di rappresentanza sindacale unitaria, costituita nell’ambito di un’organizzazione sindacale che abbia partecipato all’elezione dell’r.s.u., costituisce condotta antisindacale ex art. 28 St. Lav. il riconoscimento da parte del datore di lavoro di rappresentanza sindacale aziendale, riconoscimento attuato inviando le comunicazioni obbligatorie per legge e contratto anche alla r.s.a. e riconoscendo permessi sindacali. (Trib. Ravenna 27/7/2005, decr., Giud. Riverso, in Giust. Civ. 2006, 195)
  66. Pur a seguito del referendum abrogativo del 2° comma dell’art. 26, legge n. 300 del 1970, ben possono i lavoratori ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, nell’esercizio della propria autonomia privata, ricorrere allo strumento della cessione di credito, per il cui perfezionamento basta il consenso delle parti, cui il debitore ceduto è estraneo, al fine dell’accredito della quota sindacale. Non vi osta l’argomento della irrevocabilità, che caratterizza la cessione e che, sotto il vigore dell’integrale art. 26 St. Lav. aveva indotto dottrina e giurisprudenza a far riferimento alla diversa figura della delegazione di pagamento che nel consentire la revoca della disposizione di versamento dei contributi sindacali, meglio garantirebbe il principio di libertà sindacale del lavoratore perché, ove intervenisse il recesso del lavoratore dell’associazione sindacale, verrebbe automaticamente meno il negozio di cessione per mancanza del suo presupposto causale e inoltre, sotto il profilo della libertà sindacale, la stessa è stata, in concreto, salvaguardata dai contraenti che hanno previsto espressamente la facoltà del lavoratore di esercitare il diritto di revoca “anche nel corso della stessa annualità”. Il rifiuto del datore di lavoro di dare attuazione alla predetta cessione costituisce, pertanto, condotta antisindacale. (Trib. Milano 18/3/2005, Est. Cincotti, in Orient. Giur. Lav. 2005)
  67. La concessione da parte del datore di lavoro di aumenti retributivi ad una percentuale elevata di dipendenti non riveste carattere antisindacale per il solo fatto che tale concessione sia frutto di una decisione datoriale unilaterale e cioè non previamente contrattata con le organizzazioni sindacali. (Cass. 11/3/2005 n. 5343, Pres. Mileo Rel. Di Cerbo, in Dir. e prat. lav. 2005, 1576, e in Riv. it. dir. lav. 2006, con nota di Patrizia Tomasicchio, 37)
  68. Pone in essere un comportamento antisindacale il Comune che, in violazione degli artt. 30 e 31 Ccnl per il personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali del 14/9/2000 in materia di contrattazione integrativa e di concertazione, impone unilateralmente agli educatori delle scuole materne e degli asili nido la prestazione di attività integrative durante il periodo di chiusura delle scuole. (Trib. Milano 11/1/2005, decr., Est. Vitali, in D&L 2005, con nota di Giuseppe Cordedda, “Modifiche unilaterali (e antisindacali) dell’organizzazione del lavoro nella PA”, 136)
  69. La violazione di un accordo intervenuto in sede di concertazione, avente ad oggetto l’articolazione dell’orario di servizio di una pubblica amministrazione, non costituisce condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 St. Lav., in quanto la concertazione è una delle forme di partecipazione dell’azione sindacale alla disciplina di situazioni che non sono riservate ad una regolamentazione pattizia e rimangono, invece, nell’ambito dei poteri di organizzazione del datore di lavoro. Lo strumento previsto dall’art. 28 St. Lav. non può estendersi alla tutela di ogni interesse, anche non qualificato e di mero fatto, quale è quello alla “credibilità” o all’ ”immagine” del sindacato, che si assume automaticamente leso a seguito della violazione di un accordo intervenuto in sede di concertazione, nonostante la fattispecie della condotta antisindacale sia a forma libera, per cui non esistono condotte tipiche normativamente previste. (Trib. Cagliari 21/6/2004, Est. Caredda, in Lav. nelle P.A. 2005, con commento di Luca Ratti, “Condotta antisindacale della P.A., violazione di accordo di concertazione e credibilità del sindacato”, 147)
  70. Non è configurabile come antisindacale, ai sensi dell’art. 28 St. lav., il licenziamento di rappresentanti sindacali che si ponga come reazione causale al comportamento scorretto e riprovevole di questi ultimi, consistito nell’aggressione di un altro lavoratore, poiché tale comportamento determina la violazione degli obblighi legali e contrattuali connessi al rapporto di lavoro ed alla pacifica convivenza fra lavoratori nella vita dell’azienda; né può rilevare, a tali fini, l’esistenza di un conflitto sindacale in corso, posto che l’esercizio dell’azione sindacale soggiace comunque al limite esterno della impossibilità di tradursi in atti pregiudizievoli di fondamentali diritti del pari garantiti in modo assoluto, come quello alla vita e all’incolumità personale. (Cass. 23/3/2004 n. 5815, Pres. Dell’Anno Rel. Morcavallo, in Lav. nella giur. 2005, 75)
  71. Non costituisce condotta antisindacale, avverso la quale sia azionabile il rimedio dell’art. 28 della legge n. 300 del 1970, il rifiuto della società datrice di lavoro di ottemperare all’ordine del lavoratore di effettuare una trattenuta sulla sua retribuzione al fine del versamento del contributo sindacale se dalle risultanze processuali non emerga in primo luogo un inadempimento datoriale, ed in secondo luogo che tale condotta del datore di lavoro sia obiettivamente idonea a violare la libertà sindacale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che non fosse configurabile un inadempimento del datore di lavoro nel rifiuto di effettuare la trattenuta sindacale sulla busta paga in favore di un sindacato non firmatario del contratto collettivo regolante la materia, e che la sentenza non indicasse per tale motivo tale rifiuto potesse realmente limitare la libertà sindacale della associazione ricorrente). (Cass. 3/2/2004 n. 1968, Pres. Prestipino Rel. Balletti, in Dir. e prat. lav. 2004, 1557 e in Lav. Nella giur. 2004, 689)
  72. È qualificabile come cessione del credito quella fatta dal datore di lavoratore alla propria organizzazione sindacale attraverso la ritenuta sulla retribuzione e versamento da parte del datore (terzo debitore) a favore della organizzazione medesima ove, in base all’interpretazione del medesimo atto, risulti la volontà delle parti (Sindacato e singoli lavoratori) di dare vita ad un rapporto di tal genere il quale non contrasta né con le norme codicistiche sulla cessione del credito – per le quali deve ammettersi la cessione di credito futuro – né con gli esiti referendari (sull’art. 26 St. Lav.). Ne consegue l’antisindacalità del rifiuto del datore di lavoro di effettuare le ritenute ed i versamenti che costituisce ostacolo al funzionamento dell’organizzazione sindacale e si risolve nel limitare la libertà sindacale degli stessi lavoratori, da loro esercitata attraverso il ricorso all’autonomia privata. (Corte d’appello Milano 29/1/2004, Pres. Mannacio Rel. De Angelis, in Lav. nella giur. 2004, 1005)
  73. Pone in essere un comportamento antisindacale il datore di lavoro che, in caso di sospensione di lavoratori in Cigs, attui la procedura di cui all’art. 2 DPR 10/6/2000 n. 218, violando al contempo la procedura disciplinata dall’art. 5 L. 20/5/75 n. 164 e dall’art. 1, 7° ed 8° comma, L. 23/7/91 n. 223, con conseguente ordina al datore di lavoro di revocare le sospensioni in Cigs, riammettendo al lavoro i lavoratori sospesi (nel caso di specie, è stato rilevato che il datore di lavoro aveva omesso di comunicare il numero complessivo dei lavoratori occupati e di indicare i criteri con i quali sarebbero stati individuati i lavoratori da sospendere, mentre è stata ritenuta irrilevante l’omessa comunicazione dei motivi di esclusione della rotazione). (Trib. Milano 26/7/2003, decr., Est. Atanasio, in D&L 2003, 597, con nota di Stefano Chiusolo, “Gli ultimi sviluppi del caso Fiat al vagli del Tribunale di Milano”)
  74. A seguito dell’accertata condotta antisindacale, consistita nell’omessa preventiva informazione (dovuta ai sensi dell’art. 6.5, 3° comma, Ccnl industria metalmeccanica privata) in caso di decentramento produttivo, il datore di lavoro deve essere condannato a far rientrare, nello stabilimento di provenienza, le attività produttive decentrate. (Trib. Milano 26/7/2003, decr., Est. Atanasio, in D&L 2003, 597, con nota di Stefano Chiusolo, “Gli ultimi sviluppi del caso Fiat al vagli del Tribunale di Milano”)
  75. Pone in essere un comportamento antisindacale il datore di lavoro che, in violazione dell’art. 34 Cnl Giornalistico 11/4/01, ometta di rendere al Cdr la preventiva informazione in caso di mutamento delle mansioni di alcuni giornalisti e di mutamento dell’orario di lavoro, con conseguente ordine di ripristinare immediatamente lo status quo ante. (Trib. Milano 25/7/2003, decr., Est. Punzo, in D&L 2003, 631, con nota di Stefano Chiusolo e Maurizio Borali, “L’organismo di rappresentanza aziendale dei giornalisti e le sue prerogative”)
  76. Nella valutazione della configurabilità di una condotta antisindacale, non riveste alcuna rilevanza l’elemento soggettivo della intenzionalità della condotta del datore di lavoro, in quanto l’art. 28 SL non configura una fattispecie tipicamente sanzionatoria, limitandosi a garantire una tutela preventiva nei confronti di condotte oggettivamente idonee a ledere interessi di rilevanza costituzionale, quali la libertà dell’attività sindacale ed il diritto di sciopero. (Corte d’appello Potenza 10/7/2003, Pres. Capasso est. Di Nicola, in D&L 2004, con nota di Angelo Beretta, “L’elemento soggettivo nella procedura per condotta antisindacale ex art. 28 SL”, 49)
  77. Costituisce condotta antisindacale il comportamento del datore di lavoro che, a seguito delle elezioni della Rsu ed in presenza di contestazioni insorte tra organizzazioni sindacali in assenza di rituale impugnazione dei risultati avanti la Commissione Elettorale , sospende la nomina del componente dichiarato eletto nel seggio contestato. (Corte d’appello Potenza 10/7/2003, Pres. Capasso est. Di Nicola, in D&L 2004, con nota di Angelo Beretta, “L’elemento soggettivo nella procedura per condotta antisindacale ex art. 28 SL”, 49)
  78. Il trasferimento di ramo d’azienda con passaggio dei lavoratori alle dipendenze di altra impresa, come non comporta l’interruzione dei rapporti di lavoro dei dipendenti ceduti, neppure comporta di per sé l’automatica caducazione delle competenze o degli status sindacali preesistenti, tanto più quando il trasferimento riguardi anche tutti i lavoratori costituenti la “base elettorale” del rappresentante sindacale trasferito; conseguentemente è antisinadacale il comportamento dell’azienda cessionaria che, adducendo appunto l’intervenuto trasferimento, si rifiuti di riconoscere il componente Rsu in carica presso la cedente. (Cass. 3/5/2003 n. 6723, Pres. Dell’Anno Est. Foglia, in D&L 2003, 623)
  79. In caso di sciopero nei servizi pubblici essenziali, costituisce comportamento antisindacale la determinazione unilaterale, da parte del datore di lavoro, delle prestazioni ritenute indispensabili e del personale comandato per la copertura delle stesse. (Trib. Milano 24/3/2003, Est. Salmeri, in D&L 2003, 611)
  80. La definizione della condotta antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300 del 1970) non è analitica ma teleologica poiché individua il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali, bensì alla sua idoneità a ledere i “beni” protetti. Pertanto per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all’art. 28 SL (legge n. 300 del 1970) è sufficiente che tale comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatori le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro, potendo sorgere l’esigenza di una tutela della libertà sindacale anche in relazione a un’errata valutazione del datore di lavoro circa la portata della sua condotta, così come l’intento lesivo del datore di lavoro non può di per sé far considerare antisindacale una condotta che non abbia rilievo obbiettivamente tale da limitare la libertà sindacale. (Fattispecie relativa a licenziamento per asserita assenza arbitraria dal lavoro di un dipendente che si trovava in permesso sindacale non retribuito, regolarmente comunicato; la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., ha valorizzato la “ratio decidendi” della precedente sentenza di annullamento del licenziamento individuale, per accertare l’obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l’effetto vietato dalla disposizione citata). (Rigetta, App. Milano, 21 febbraio 2003, 428)
  81. Costituisce comportamento antisindacale il frapporre ostacoli ed il sanzionare disciplinarmente lo svolgimento dell’attività di proselitismo svolta in ambito lavorativo senza arrecare pregiudizio al normale svolgimento dell’attività aziendale. (Trib. Milano 18/2/2003, decr., Est. Negri della Torre, in D&L 2003, 304)
  82. È antisindacale il comportamento del datore di lavoro consistito nell’omesso invio come richiesto dall’art. 5 L. 20/5/75 n. 164 e art. 2 DPR 10/6/2000 n. 218 alla Rsu della comunicazione del ricorso alla Cigs per alcuni lavoratori e nell’aver pertanto proceduto alla sospensione dei lavoratori stessi in assenza di esame congiunto con la Rsu stessa. (Trib. Milano 13/2/2003, decr., Est. Frattin, in D&L, 302)
  83. L’antisindacalità può configurarsi anche nel caso in cui il datore di lavoro ponga in essere comportamenti in sé leciti, quando questi presentino i caratteri dell’abuso del diritto, essendo indirizzati a fini diversi da quelli tutelati dalle norme (nel caso di specie, il datore di lavoro aveva adottato provvedimenti finalizzati a scoraggiare l’adesione ad uno sciopero ed a prevenire nuove agitazioni). (Trib. Firenze 22/1/2003, Est. Bazzoffi, in D&L 2003, 628, con nota di Chiara Mancini, “Anche il comportamento legittimo del datore di lavoro può configurare condotta antisindacale”)
  84. Pone in essere un comportamento antisindacale l’imprenditore che, avendo deciso di cessare l’attività allorchè l’azienda aveva un numero di dipendenti superiore a 15, anziché aprire la procedura ex art. 24, 2° comma, L. 23/7/91 n. 223, abbia avviato una serie di trattative individuali con i dipendenti al fine di ridurre il personale al di sotto del predetto limite ed evitare così il coinvolgimento del sindacato. (Trib. Milano 23/12/2002, decr., Est. Frattin, in D&l 2003, 301)
  85. Il frazionamento di un’impresa in diverse piccole imprese (nella fattispecie 5) corrispondenti ai precedenti reparti dell’azienda (amministrazione, carpenteria, meccanica, assemblaggio, revisione macchine) incidendo gravemente sulle posizioni individuali e sindacali dei lavoratori, con perdita di tutele legali e contrattuali, nonché sull’efficacia rappresentativa del sindacato di categoria (nella fattispecie la Fiom-Cgil ) limitandone o escludendone poteri e guarentigie statutarie e convenzionali ed impedendo lo stesso pieno esercizio della sua attività istituzionale, è in sè oggettivamente antisindacale, e quindi illecita, non rilevando-in contrario-la libertà di impresa, che pure è un valore costituzionale, ma non certo illimitato, non potendo operare in lesione di altri valori costituzionalmente protetti (artt. 35, 39 e 2 Cost.) e non potendo contrastare con l’utilità sociale, ne consegue che il diniego dei diritti sindacali acquisiti, sul presupposto del venir meno del requisito dimensionale, è anch’esso antisindacale, e l’antisindacalità va rimossa ordinando alle 5 società di comportarsi come unico soggetto imprenditoriale nei confronti dell’originaria Rsu, col riconoscimento di diritti e poteri già a tali soggetti facenti capo presso la cedente. (Trib. Milano 20/11/2002, decr., Est. Chiavassa, in D&L 2002, 873)
  86. Nel caso di trasferimento d’azienda, l’omissione della comunicazione prevista dall’art. 47 L. 29/12/90 n. 428 alle rappresentanze sindacali costituite nelle unità produttive interessate configura un’ipotesi di condotta antisindacale. (Trib. Milano 20/9/2002, Est. Mascarello, in D&L 2003, 49, con nota di Filippo Capurro, “Trasferimento d’azienda, comunicazioni sindacali, contratto collettivo di ingresso e comportamenti del datore di lavoro successivi all’operazione”)
  87. Pone in essere un comportamento antisindacale il datore di lavoro che effettui la comunicazione prevista dall’art. 47 L. 29/12/90 n. 428 in modo incompleto, omettendo di indicare specificatamente le ricadute dell’operazione nei confronti dei lavoratori ancorchè appartenenti al cessionario e le eventuali misure previste nei confronti degli stessi. (Trib. Milano 20/9/2002, Est. Mascarello, in D&L 2003, 49, con nota di Filippo Capurro, “Trasferimento d’azienda, comunicazioni sindacali, contratto collettivo di ingresso e comportamenti del datore di lavoro successivi all’operazione”)
  88. Nella vigenza di un accordo sindacale aziendale concluso nel corso di una procedura ex art. 47 L. 428/90 in materia di Ccnl applicabile ai lavoratori trasferiti e di trattative successivamente instaurate dal datore di lavoro con il sindacato al fine di valutare il cambiamento del menzionato Ccnl, pone in essere un comportamento antisindacale il datore di lavoro che abbandoni tali trattative ed instauri trattative individuali con i singoli lavoratori, conseguentemente concludendo con alcuni di essi accordi volti a disciplinare il cambiamento di Ccnl e comunque imponendo agli altri l’applicazione di un nuovo Ccnl, con il conseguente obbligo del datore di lavoro di ripristinare il precedente Ccnl. (Trib. Milano 20/9/2002, Est. Mascarello, in D&L 2003, 49, con nota di Filippo Capurro, “Trasferimento d’azienda, comunicazioni sindacali, contratto collettivo di ingresso e comportamenti del datore di lavoro successivi all’operazione”)
  89. Non sussiste condotta antisindacale per mancata informativa e consultazione nel caso in cui il sindacato sia da tempo a conoscenza delle intenzioni del datore di lavoro, in quanto il suo segretario regionale aveva sempre attivamente partecipato sia alla stesura che alla delibera dell’atto contro cui il sindacato ha proposto opposizione nonché a tutti gli aspetti organizzativi attinenti al personale; inoltre il sindacato, non sollevando mai obiezioni in merito ad una carenza di informazioni o di preventiva consultazione, ha ingenerato il convincimento e l’affidamento che l’attività svolta dal suo segretario regionale fosse posta in essere non solo a titolo privato ma anche per conto del sindacato di cui era rappresentante. Del resto, in base al principio della correttezza e buona fede, applicabile anche per la condotta antisindacale prevista dall’art. 28 St. lav., non si devono ingenerare convincimenti erronei nel datore di lavoro per poi pretendere un formale adempimento dell’obbligazione (Fattispecie in cui il sindacato non aveva mai sollevato obiezioni sulla partecipazione del suo segretario regionale negli atti, per cui in seguito è stata lamentata una pretesa violazione degli obblighi d’informazione). In definitiva, il comportamento inerme per molto tempo del sindacato, di fronte ad una mancanza di consultazioni ed informazioni obbligatorie, rende palese la mancanza di un danno effettivo nell’ipotizzato comportamento antisindacale. (Trib. Trieste 4/4/2002, Est. Multari, in Lav. nella giur. 2003, 245, con commento di Federico Buratti)
  90. La condotta del datore di lavoro che violi esclusivamente diritti individuali dei lavoratori derivanti da norme imperative o da contratti collettivi non costituisce condotta antisindacale ove non comporti la contestuale lesione degli interessi collettivi contemplati dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori. Pertanto non costituisce condotta antisindacale, sanzionabile ai sensi dell’art. dello Statuto dei lavoratori, l’attacco, anche pretestuoso, alle posizioni espresse dal sindacato mediante critiche di natura “politica” in senso ampio o attraverso la minaccia di porre in essere misure alternative all’accordo, posizioni che possono ritenersi ricomprese nell’ambito fisiologico del conflitto collettivo, purché non vengano compresse in alcun modo la possibilità di reazione garantita dall’ordinamento. (Cass. 10/7/2002, n. 10031, Pres. Sciarelli, Rel. Picone, in Giur. italiana 2003, 1354, con nota di Giulia Camilli, Condotta antisindacale e lesione di diritti individuali)
  91. Costituisce condotta antisindacale il licenziamento del membro della r.s.u., anche quando la violazione dipenda esclusivamente dalla negligenza del sindacato datoriale di categoria cui aderisce il datore di lavoro, trattandosi di fatto del terzo di cui quest’ultimo risponde in virtù della sua affiliazione sindacale (Trib. Nola 19/5/00 decr., est. Molè, in Dir. lav. 2001, pag. 55, con nota di Nappi, Sulla condotta antisindacale per fatto del terzo imputabile al sindacato datoriale di categoria)
  92. E’ antisindacale il comportamento della PA che non fornisca alle organizzazioni sindacali l’informativa in ordine alle modalità con cui è stato costituito e quantificato il Fondo per i trattamenti accessori del personale per l’anno 2000 al fine della contrattazione integrativa di cui all’art. 4, 2° comma, Ccnl 16/2/99 enti pubblici non economici (Trib. Milano 10 maggio 2000 (decr.), est. Vitali, in D&L 2000, 681)
  93. E’ antisindacale il comportamento della PA che convochi, per l’avvio della contrattazione integrativa, soggetti non previsti dagli artt. 8 e 10 del Ccnl 16/2/99 enti pubblici non economici e privi dei requisiti di rappresentatività di cui all’art. 47 bis D. Lgs. 3/2/93 n. 29, introdotto dall’art. 7 D. Lgs. 4/11/97 n. 396 (Trib. Milano 10 maggio 2000 (decr.), est. Vitali, in D&L 2000, 681)
  94. Ove l’affissione da parte della rappresentanza sindacale aziendale nell’apposita bacheca riguardi un documento contenente espressioni obiettivamente offensive nei confronti di terzi (lavoratori e no) e il contenuto diffamatorio sia immediatamente percepibile come tale dalla generalità dei soggetti che hanno accesso alla stessa bacheca, deve escludersi il carattere antisindacale del comportamento del datore di lavoro che procede direttamente alla defissione (Trib. Agrigento 17/4/00, pres. e est. Occhipinti, in Riv. It. dir. lav. 2001, pag. 14, con nota di Covi, Sulla possibilità di defissione del comunicato sindacale diffamatorio)
  95. Con l’art. 28, l. n. 300/70 il legislatore ha inteso fornire al sindacato dei lavoratori un particolare strumento giudiziario a tutela dei loro diritti, sanzionando la condotta illegittima lesiva di questi, lasciando peraltro volutamente imprecisata la descrizione dei comportamenti non consentiti, ricorrendo ad una definizione “teleologica”, che consente di ritenere vietate tutte quelle condotte che si rivelino idonee ad arrecare offesa ai beni protetti, ferma l’irrilevanza dell’elemento intenzionale. Occorre peraltro che il comportamento, per poter essere definito antisindacale, abbia prodotto o sia oggettivamente idoneo a produrre la lesione della libertà sindacale o del diritto di sciopero; ove il risultato dovesse risultare conforme a quello che la legge intende proteggere, la condotta non potrebbe qualificarsi come antisindacale anche se, apparentemente, abbia limitato la libertà sindacale o il diritto di sciopero, essendo dovuta all’esercizio del non contestabile diritto del datore di lavoro e al quale non si contrapponga un opposto diritto dei lavoratori che sia valido a constatare il primo, o dall’adempimento di un dovere (Cass. 1/12/99, n. 13383, pres. Sommella, in Mass. giur. lav. 2000, pag. 340, con nota di Papaleoni, Prassi e condotta antisindacale)
  96. E’ antisindacale il licenziamento inflitto a un lavoratore che, nell’ambito di un’agitazione sindacale, si era presentato al lavoro nel luogo da cui era stato in precedenza trasferito e che dunque aveva esercitato una legittima astensione dalle mansioni (Trib. Milano 22/7/99, est. Marasco, in D&L 1999, 807)
  97. Ai sensi dell’art. 8 SL vige il divieto di accertare opinioni e fatti che non servano a valutare le attitudini professionali del lavoratore e, nel quadro dell’attuale evoluzione sociologica della figura del lavoratore, i c.d. test attitudinali, coinvolgenti aspetti della personalità e, nella specie, ingannevoli, per essere sconosciuta la griglia di lettura degli stessi, eludono il citato divieto con conseguente possibilità di infliggere la sanzione di cui all’art. 38 SL. Nel caso di specie, è stato peraltro escluso che il denunciato comportamento ledesse specifiche prerogative del sindacato e che, quindi, costituisse condotta antisindacale (Pret. Pisa 30/3/99 (decr.), est. Nisticò, in D&L 1999, 519)
  98. L’esclusione del Sdb dall’adesione a un Protocollo d’intesa e alle riunioni di un Tavolo tecnico di trattative successive, ponendo come condizione la “più completa e incondizionata adesione a tutti i contenuti dell’intesa” nonché il “necessario e indispensabile consenso” delle altre organizzazioni sindacali, da un lato lede l’immagine del sindacato, per il disconoscimento della pregressa attività di trattativa e, dall’altro, altera le regole della dialettica sindacale imponendo condizioni, oltretutto non richieste agli altri sindacati e come tale realizza un comportamento antisindacale (Pret. Milano 25/3/99 (decr.), est. Marasco, in D&L 1999, 526)
  99. La defissione di comunicati aziendali, pur potendo rispondere alla definizione dell’attività di autotutela, è illegittima e conseguentemente bisogna escludere che le sanzioni irrogate dal datore di lavoro possano configurarsi come antisindacali (Pret. Nola, sez. Pomigliano d’Arco, 12/1/99 (decr.), est. Perrino, in D&L 1999, 511)
  100. L’espressione “attività sindacali” deve essere intesa in senso ampio e cioè comprensivo non solo delle attività esercitate da lavoratori sindacalisti o comunque su mandato formale di un sindacato e da parte dei suoi esponenti, ma anche di quei comportamenti che, sebbene non costituiscano iniziative assunte formalmente in sede sindacale, siano comunque diretti a far valere posizioni e relative rivendicazioni dei lavoratori dipendenti con il consenso espresso, o anche tacito di costoro, a sostegno dunque di tutti i lavoratori medesimi e in contrapposizione al datore di lavoro (Cass. 5/11/98 n.11147, in Dir. Lav. 2000, pag. 81, con nota di De Paola)
  101. Nel corso di una trattativa sindacale relativa al numero e alle condizioni di assunzione presso un nuovo appaltatore dei dipendenti dell’appaltatore precedente, il pagamento diretto da parte del nuovo appaltatore di un premio economico ai soli lavoratori disponibili all’immediata assunzione, alle condizioni dal medesimo volute, costituisce comportamento antisindacale, per la cui rimozione degli effetti è misura idonea la condanna a corrispondere un premio di pari importo anche ai lavoratori successivamente assunti a seguito di accordo sindacale (Pret. Siracusa, sez. Lentini, 22/4/98 (decr.), est. Rizzi, in D&L 1998, 926, nota Franceschinis)
  102. È antisindacale il comportamento dei datore di lavoro che infligga sanzioni disciplinari ai rappresentati sindacali introdottisi in uno stabilimento diverso da quello di appartenenza, qualora l’ingresso sia motivato dall’assenza nella filiale di una rappresentanza sindacale (Pret. Milano 24/6/97, est. Ianniello, in D&L 1998, 83)
  103. Integrano gli estremi della condotta antisindacale la pretesa, da parte della direzione di un istituto scolastico, di sottoporre ad autorizzazione la distribuzione dell’organo dell’associazione sindacale, l’eventuale ulteriore comportamento volto a ostacolare la diffusione del giornale, nonché l’irrogazione di una sanzione disciplinare nei confronti del lavoratore (docente) che abbia proceduto all’effettiva diffusione (Pret. Pistoia 22/5/97, est. Amato, in D&L 1998, 88, n. PANCINI, Un caso di condotta antisindacale nella Pubblica Amministrazione)
  104. Costituisce comportamento antisindacale l’esercizio del potere disciplinare utilizzato come strumento intimidatorio per ostacolare lo svolgimento dell’azione collettiva e sindacale (Pret. Milano 7/11/96, est. Muntoni, in D&L 1997, 272, n. Scorbatti, Rifiuto di svolgere mansioni dequalificanti e sanzione antisindacale)
  105. Si ha condotta antisindacale qualora il licenziamento, non adeguatamente motivato, del lavoratore impegnato in attività sindacale costituisca il mezzo per impedire lo svolgimento dell’attività stessa (Pret. Milano 14/5/96, est. Canosa, in D&L 1997, 66)
  106. Pone in essere un comportamento antisindacale il datore di lavoro che eserciti pressioni o minacce nei confronti di un lavoratore, così da indurlo a disdire l’iscrizione al sindacato (Pret. Napoli 5/4/95, est. Manna, in D&L 1996, 87)
  107. Costituisce comportamento antisindacale, per contrarietà al divieto di discriminazione di cui agli artt. 15 e 16 S.L., nonché ai principi di correttezza e buona fede, la decisione unilaterale del datore di lavoro di concedere all’uno e non all’altro sindacato un trattamento di miglior favore rispetto a quello contrattualmente previsto (Pret. Milano 7/11/95, est. Mascarello, in D&L 1996, 99)
  108. E’ antisindacale il comportamento del datore di lavoro che, in violazione dell’art. 6 c. 12 CCNL per i lavoratori delle aziende municipalizzate di igiene urbana dell’1/10/91, ha provveduto ad avanzamenti di qualifica di personale dipendente senza l’adozione preventiva di criteri oggettivi e senza la predisposizione di procedura, conseguentemente impedendo all’organizzazione sindacale di esercitare un confronto sulle procedure stesse (nella fattispecie, il Pretore ha disposto, in sede di rimozione degli effetti, la revoca dei provvedimento relativi agli avanzamenti) (Pret. Prato 18/7/95, in D&L 1995, 868)
  109. Non costituisce comportamento antisindacale il rifiuto del datore di lavoro di negoziare con le organizzazioni sindacali, non sussistendo, nell’attuale sistema normativo, una fonte legale che obblighi l’imprenditore a trattare (Pret. Napoli 13/12/94, est. Vitiello, in D&L 1995, 560)

 

 

Legittimazione attiva

  1. La legittimazione ad attivare il procedimento per la repressione della condotta antisindacale previsto dall’art. 28, L. n. 300 del 1970, quale garanzia tipica del rapporto di lavoro subordinato, non può essere estesa alle organizzazioni sindacali di soggetti, quali i liberi professionisti o lavoratori parasubordinati, che non hanno un tale vincolo di soggezione, restando in tal caso esperibili gli ordinari strumenti processuali. (Trib. Firenze 9/2/2021, Giud. Consani, in Lav. nella giur. 2021, 664)
  2. In tema di repressione della condotta antisindacale, va riconosciuta la legittimazione ad agire agli organismi locali di sindacati non maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, né intercategoriali o aderenti a confederazioni, se il sindacato sia diffuso sul territorio nazionale, dovendosi ritenere, a tal fine, determinante lo svolgimento di effettiva azione sindacale, non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale. Ne consegue che la stipula di un contratto collettivo nazionale, nonostante l’indubbia rilevanza sintomatica della rappresentatività che ne discende, non costituisce l’unico elemento significativo, né lo svolgimento di effettiva attività sindacale può essere ravvisato solo nella stipulazione di un contratto collettivo esteso all’intero ambito nazionale. Cass. 1/6/2015 n. 11322, Pres. Maioce Est. Blasutto, in Riv. giur. lav. prev. soc. 2016, con nota di Barbara Caponetti, “Sulla ‘nazionalità’ del sindacato nel procedimento pre la repressione della condotta antisindacale”, 53)
  3. Ai fini della legittimazione a promuovere l’azione prevista dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, per “associazioni sindacali nazionali” devono intendersi le associazioni che abbiano una struttura organizzativa articolata a livello nazionale e che svolgano attività sindacale su tutto o su un’ampia parte del territorio nazionale, mentre non è necessaria la sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali che rimane, comunque, un indice tipico – ma non l’unico – rilevante ai fini della individuazione del requisito della “nazionalità”. (Cass. 9/6/2014 n. 128885, Pres. Miani Canevari Rel. Amendola, in Lav. nella giur. 2014, 922)
  4. Ai fini della legittimazione attiva a promuovere l’azione prevista dall’art. 28 della l. n. 300/1970, per “associazioni sindacali nazionali” devono intendersi associazioni che abbiano una struttura organizzativa articolata a livello nazionale e che svolgano attività sindacale su tutto o su ampia parte del territorio nazionale, ma non è necessario che tale azione comporti anche la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali. (Cass. 29/7/2011 n. 16787, Pres. Miani Canevari, Rel. Curzio, in Lav. nella giur. 2011, 1053)
  5. In tema di legittimazione ad agire ex art. 28 SL, ai fini del riconoscimento del carattere nazionale dell’associazione sindacale assume rilievo non solo la sua diffusione territoriale ma anche e soprattutto la prova dell’effettivo svolgimento di attività sindacale a livello nazionale, nella quale rientra anche la capacità del sindacato di contrarre con la parte datoriale accordi o contratti collettivi, sia normativi che gestionale. (Corte app. Firenze 18/6/2010, Est. Pieri, in D&L 2010, con nota di Andrea Ranfagni, “Prosegue spedita e conforme la giurisprudenza in tema di trattenuta dei contributi sindacali, 737)
  6. Anche nell’ambito del pubblico impieg, la legittimazione ad agire per la repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro, deve essere determinata secondo i criteri delineati dall’art. 28 SL; non è infatti consentito il rinvio ai differenti criteri, delineati ai fini della contrattazione collettiva, previsti dall’art. 43 del Testo Unico pubblico impiego. (Trib. Catanzaro 11/4/2008, Est. Galati, in Lav. nelle P.A. 2008, con nota di Paola Ciriaco, “Repressione della condotta antisindacale e legittimazione ad agire ex art. 28 St. Lav. nel pubblico impiego”, 563)
  7. E’ legittimata a esperire l’azione di repressione della condotta antisindacale l’associazione sindacale che abbia carattere nazionale, per l’accertamento del quale assume rilievo, più che la diffusione dell’articolazione territoriale delle strutture dell’associazione, la capacità di contrarre con la parte datoriale accordi o contratti collettivi che trovano applicazione in tutto il territorio nazionale e che non possono che essere, a loro volta, espressione di una forte capacità negoziale comprovante un generale e diffuso collegamento del sindacato con il contesto socio-economico dell’intero paese, di cui la concreta ed effettiva organizzazione territoriale può configurarsi come elemento di riscontro del suo carattere nazionale e non certo come elemento condizionante il detto requisito della nazionalità. (Trib. Milano 25/2/2008 Est. Sala, in Orient. della giur. del lav. 2008, 530)
  8. In tema di rappresentatività sindacale il criterio legale dell’effettività dell’azione sindacale equivale al riconoscimento della capacità del sindacato di imporsi come contropartecontrattuale nella regolamentazione dei rapporti lavorativi. Ne consegue che, ai fini del riconoscimento del carattere “nazionale” dell’associazione sindacale – richiesto per legittimare l’azione di repressione antisindacale ex art. 28 SL – assume rilievo, più che la diffusione delle articolazioni territoriali, la capacità di contrarre con la parte datoriale accordi o contratti collettivi, anche gestionali, che trovano applicazione in tutto il territorio nazionale e attestano un generale e diffuso collegamento del sindacato con il contesto socio-economico del paese, di cui la concreta ed effettiva organizzazione territoriale si configura quale elemento di riscontro del suo carattere nazionale piuttosto che come elemento condizionante. (Cass. 11/1/2008 n. 520, Pres. Ciciretti Rel. Vidiri, in Lav. nella giur. 2008, 521, e in Dir. e prat. lav. 2008, 1878)
  9. Va affermata la sussistenza della legittimazione attiva per l’azione di cui all’art. 28 SL dell’organismo locale di un sindacato che svolga attività riferibile a tematiche di carattere nazionale e non limitate a questioni di interesse meramente locale. (Trib. Firenze 17/7/2007, decr., Est. Lococo, in D&L 2008, 111)
  10. Il sindacato nazionale il cui organismo locale è legittimato a proporre ricorso ex art. 28 SL è quello che non solo ha effettiva diffusione su tutto il territorio nazionale ma che svolge, altresì, in concreto un’effettiva attività sindacale a livello nazionale; gli organismi zonali deputati ad agire ex art. 28 SL devono essere determinati analizzando gli statuti interni delle singole organizzazioni sindacali. (Cass. 9/1/2008 n. 212, Pres. Ciciretti Est. Vidiri, in D&L 2008, con nota di Angelo Beretta, “Il requisito di diffusione nazionale nell’art. 28 SL”, 97)
  11. In tema di repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro, di cui all’art. 28 SL, la legittimazione ad agire deve essere riconosciuta anche a quelle associazioni sindacali di categoria che, seppur singolarmente siano prive del requisito di rappresentatività. si siano associate in modo da garantire la sussistenza dei requisiti di diffusione sul territorio nazionale e del concreto esercizio dell’attività sindacale a livello nazionale. (Trib. Napoli 26/9/2007, Est. Cilenti, in D&L 2008, con nota di Angelo Beretta, “Il requisito di diffusione nazionale nell’art. 28 SL”, 97)
  12. Anche un sindacato che non ha proclamato lo sciopero per la partecipazione al quale sono stati sanzionati disciplinarmente dei lavoratori ha interesse ad agire per l’accertamento della natura antisindacale delle sanzioni, in quanto l’accertamento dell’illiceità della condotta del datore di lavoro soddisfa un interesse concreto di tutti i sindacati operanti nel contesto in cui la condotta stessa è posta in essere, a prescindere dal coinvolgimento dei propri aderenti o iscritti. (Trib. Milano 4/7/2007, decr., Est. Cincotti, in D&L 2007, con nota di Alberto Vescovini, “Natura collettiva dello sciopero indetto dal singolo Rsu”, 691)
  13. Sussiste la legittimazione attiva del sindacato che abbia una diffusione apprezzabile in aree territoriali diverse, così da escludere il carattere meramente regionale o locale di quel sindacato. (Trib. Milano 5/3/07, decr., Est. Vitali, in D&L 2007, 393)
  14. Poiché l’esercizio del diritto di riunione previsto dall’art. 20 SL può essere esercitato in piena libertà di luogo sia all’interno che all’esterno del luogo di lavoro, con i soli limiti prescritti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, costituisce condotta antisindacale il comportamento tenuto dal datore di lavoro consistito nell’aver avviato procedimenti disciplinari a carico dei lavoratori che avevano preso parte a un’assemblea itinerante (nella fattispecie, era stata indetta un’assemblea che si sarebbe dovuta svolgere presso la zona pubblica antistante la cancellata di ingresso). (Trib. Milano 5/3/07, decr., Est. Vitali, in D&L 2007, 393)
  15. Il sindacato è legittimato ad agire ex art. 28 SL per la tutela dei diritti propri delle Rsu, in quanto tale norma tutela non solo i diritti sindacali dei membri dell’organizzazione, bensì la libertà e i diritti di tutti i lavoratori e di tutti i sindacati. (Trib. verona 28/12/2006, decr., Est. Angeletti, in D&L 2007, con nota di Alberto Vescovini, “Diritto di accesso delle Rsu nei luoghi di lavoro”, 97)
  16. Il sindacato nazionale il cui organismo locale è legittimato a proporre ricorso per la repressione della condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 della legge n. 300 del 1970 è quello che non solo ha effettiva diffusione su tutto il territorio nazionale ma che svolge, altresì, in concreto un’attività sindacale (anche con riferimento al momento contrattuale) a livello nazionale; le rappresentanze sindacali unitarie, costituite in virtù dell’art. 19 della stessa legge n. 300 del 1970, non sono invece legittimate, esclusivamente in quanto tali, a proporre il ricorso disciplinato dal citato art. 28 (Cass. 23/3/2006 n. 6429, Pres. Ianniruberto Rel. Balletti, in Lav. Nella giur. 2006, 909, e in Dir. e prat. lav. 2006, 2679)
  17. In tema di repressione della condotta antisindacale, di cui all’art. 28 SL dei lavoratori, la legittimazione ad agire è riconosciuta dalla citata norma alle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, richiedendo pertanto il solo requisito della diffusione del sindacato sul territorio nazionale, con ciò dovendosi intendere che sia sufficiente – e al tempo stesso necessario – lo svolgimento di un’effettiva azione sindacale non su tutto ma su gran parte del territorio nazionale, senza esigere che l’associazione faccia parte di una confederazione né che sia maggiormente rappresentativa. In particolare, qualora dispongano dei requisiti sopra indicati, sono legittimate anche le associazioni sindacali intercategoriali, in riferimento alle quali però i limiti minimi di presenza sul territorio nazionale ai fini della rappresentatività devono ritenersi, in termini assoluti, più elevati di quelli richiesti da un’associazione di categoria. L’individuazione degli organismi locali delle associazioni sindacali legittimati ad agire deve desumersi dagli statuti interni interni delle associazioni stesse, dovendosi fare riferimento alle strutture che tali istituti ritengono maggiormente idonee alla tutela degli interessi locali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto la legittimazione attiva del Sincobas). (Cass. 21/12/2005 n. 28269, Pres. Carbone Rel. Picone, in Lav. Nella giur. 2006, 608)
  18. Il requisito della nazionalità che, ai sensi dell’art. 28 Stat. Lav., attribuisce a un’associazione sindacale la legittimazione ad agire in giudizio per la denuncia dell’antisindacalità della condotta del datore di lavoro deve essere stabilito attraverso un criterio di effettività, non essendo sufficiente che sia soddisfatto il requisito formale dell’affermazione statutaria dello scopo nazionale dell’associazione. (Corte app. Milano 14/9/2005, Pres. Ruiz Rel. Troni, in Lav. Nella giur. 2006, con commento di Alessandro Gallo, 551)
  19. Sussiste la legittimazione ad agire ai sensi dell’art. 28 SL in capo ad un’organizzazione sindacale che operi tramite diverse articolazioni territoriali in ambito diverso da quello locale. (Trib. Milano 24/3/2003, Est. Salmeri, in D&L 2003, 611)
  20. Il ricorso per la repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro non può essere proposto dagli organismi locali delle confederazioni sindacali o, come nel caso di specie, del “dipartimento” ricorrente, trattandosi di soggetti che rappresentano organizzazioni sindacali complesse formate da una pluralità di sindacati di categoria. (Trib. Caltagirone, 26/11/2002, Giud. Rao, in Foro it. 2003 parte prima, 1072)
  21. Il requisito della “nazionalità” del sindacato previsto per la legittimazione ad agire ex art. 28, l. n. 300/70, non è soddisfatto, di per sé, dalla autodefinizione di nazionale operata dallo stesso sindacato, essendo necessaria per conferire detta legittimazione l’effettività di una presenza forte dell’associazione sindacale sul territorio nazionale, tale da farne appunto un soggetto rappresentativo di larghi strati di lavoratori, così da essere razionalmente funzionale e non controproducente rispetto all’obiettivo di un reale rafforzamento della loro posizione nel conflitto industriale. Se per essere “nazionale” un’associazione sindacale non deve necessariamente essere presente in tutte le regioni italiane, occorre però, quanto meno, che sia diffusa in un numero significativo di regioni e non molto distante dal totale (nel caso di specie è stata negata la legittimazione attiva ex art. 28 S.L. alla ALLCA CUB in quanto presente in sole 11 regioni e 18 province) (Trib. Crema 30/3/01, pres. e est. Ferrari, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 1, con nota di Degan, R.s.u. e titolarità del diritto di indire l’assemblea)
  22. La legittimazione ad intraprendere l’azione giudiziale per la repressione della condotta antisindacale compete anche alle associazioni sindacali che non abbiano stipulato contratti collettivi nazionali; ai fini della sussistenza del requisito della dimensione nazionale è sufficiente accertare che dalle disposizioni statutarie emerga lo scopo dell’organizzazione sindacale di proporsi stabilmente quale punto di aggregazione di strutture e di attività sindacali su tutto il territorio nazionale e si comporti coerentemente con tale previsione (Trib. Vicenza 30/10/00, n. 322, est. Perina, in Argomenti dir. lav. 2001, pag. 333)
  23. La legittimazione ad agire ex art. 28 SL spetta all’articolazione sindacale più periferica, così come prevista dallo statuto del sindacato o come di fatto è stata costituita (nel caso di specie, è stata ritenuta sussistente la legittimazione ad agire in capo alla struttura territoriale regionale dei sindacati che avevano promosso la procedura ex art. 28 SL) (Trib. Milano 29 settembre 1999, pres. ed est. Ruiz, in D&L 2000, 329)
  24. La speciale azione prevista dall’art. 28 SL non può essere esperita dalle Rsu, che difettano delle connotazioni di organismi locali di associazioni sindacali nazionali (Pret. Pisa 30/3/99 (decr.), est. Nisticò, in D&L 1999, 519)
  25. La legittimazione ad agire ex art. 28 SL sussiste in capo all’organismo locale dell’organizzazione sindacale confederale che, priva di articolazioni categoriali, possegga carattere nazionale (Pret. Milano 31/10/98, est. Curcio, in D&L 1999, 59)
  26. Ai fini della legittimazione ad agire ai sensi dell’art. 28 SL, l’espressione del legislatore “organismi locali delle associazioni sindacali nazionali” allude a un qualsiasi collegamento, determinato in via esclusiva dalle norme interne all’ordinamento sindacale, non occasionale fra la struttura locale e quella nazionale (nella fattispecie è stato ritenuto esistente il requisito per effetto del collegamento tra la struttura locale di una federazione sindacale – la Fltu – e la confederazione – la Cub – alla quale la stessa aderisce per il tramite della sua struttura nazionale (Pretura Genova 22/12/97, est. Gelonesi, in D&L 1998, 327, n. FRANCESCHINIS)
  27. L’interesse ad agire ex art. 28 SL spetta non alla struttura sindacale, ma alla Rsu, qualora la controversia riguardi la lesione di un diritto di quest’ultima (nel caso di specie, il datore di lavoro, mentre aveva disconosciuto l’assemblea indetta dalla Rsu, aveva acconsentito a che si svolgesse l’assemblea indetta, conformemente a quanto previsto dall’art. 43, 1° comma, Ccnl 9/9/96 per i lavoratori Telecom, dalle organizzazioni sindacali stipulanti il citato contratto) (Pret. Brescia 9/5/97, est. Cassia, in D&L 1997, 762, n. Chiusolo, Rsu e legittimazione attiva ex art. 28 SL)
  28. Sussiste la legittimazione ad agire ai sensi dell’art. 28 S.L. in capo a un’associazione sindacale che si proponga di operare sull’intero territorio nazionale e, di fatto, svolga la propria attività a diversi livelli territoriali (Trib. Milano 24/2/96, pres. Siniscalchi, est. Ruiz, in D&L 1996, 632; in senso conf. v. anche Pret. Milano 17/1/96, est. Vitali, in D&L 1996, 626; Pret. Nola, sez. Pomigliano d’Arco, 19/4/95, est. Perrino, in D&L 1995, 847; Pret. Milano 10/1/95, est. Porcelli, in D&L 1995, 549; Pret. Milano 9/12/94, est. Vitali, in D&LD&L 1995, 95; Pret. Milano 28/1/97, est. Peragallo, in D&L 1995, 315; Pret. Taranto 23/9/94, est. Vozza, in 1997, 515)
  29. Al fine di riconoscere la sussistenza del requisito della nazionalità, è necessario che il sindacato abbia una significativa e omogenea presenza nelle varie parti del territorio nazionale (nella fattispecie, è stato riconosciuto il carattere della nazionalità in capo alla Flmu, in quanto ha raccolto deleghe in gran parte delle regioni italiane, ha costituito sedi in mole province, ha partecipato ad incontri per la stipulazione di accordi nazionali, è stata convocata da organi di autorità pubbliche) (Pret. Legnano 3/11/94, est. Ravazzoni, in D&L 1995, 98)

 

 

Legittimazione passiva

  1. Sussiste la legittimazione passiva dell’istituzione scolastica statale, mentre va esclusa quella del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in ordine a una controversia avente a oggetto la legittimità del diniego opposto da un dirigente scolastico alla richiesta di indizione di assemblea formata dai membri della RSU, posto che a seguito della riforma di cui alla l. n. 59/1997 e al d.p.r. n. 275/1999 le istituzioni scolastiche sono diventate soggetti giuridici autonomi. (Trib. Bari 20/9/2008, Est. Spagnoletti, in Lav. nelle P.A. 2008, 1135)
  2. La pacifica attribuzione alle “istituzioni scolastiche” di personalità giuridica comporta necessariamente, alla luce del dispositivo ex art. 24 Cost. (precetto che rende del tutto superflua una specifica previsione normativa volta ad attribuire il diritto di azione a colui che è titolare del diritto sostanziale), la loro legittimazione a stare in termini a tutela dei propri diritti. (Trib. Trento 1/4/2008, Est. Flaim, in Lav. nella P.A. 2008, con nota di Fulvio Cortese, “Autonomia scolastica, condotta antisindacale e legittimazione processuale: novità dalla Provincia di Trento?”, 588)
  3. E’ inammissibile il giudizio ex art. 28 S.L. proposto contro una società cooperativa per fatti attinenti al rapporto tra questa e un socio lavoratore, se il sindacato ricorrente non deduca e provi la natura simulatoria del rapporto associativo (Pret. Milano 1/4/96, est. Cecconi, in D&L 1996, 624)

 

 

Attualità della condotta

  1. La mera cessazione della condotta antisindacale non vale a privare di attualità e concretezza l’interesse alla tutela di cui all’art. 28 Stat. lav. laddove la condotta illegittima sia comunque idonea a produrre effetti durevoli nel tempo. (Trib. Livorno 13/11/2020, Giud. Maffei, in Lav. nella giur. 2021, 317)
  2. Qualora venga rifiutata la richiesta di convocazione di assemblea avanzata da un singolo membro della rsu, ma la stessa venga concessa a seguito di richiesta congiunta, la procedura di repressione della condotta antisindacale ex art. 28 St. lav. non può trovare applicazione stante il difetto del requisito della attualità della condotta lamentata. (Trib. Torino 2/12/2013, ord., Giud. Mollo, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Gabriele Moro, “Lesione di prerogative sindacali della rsu e legittimazione ex art. 28 St. lav.: un rapporto ancora da chiarire?”, 430)
  3. L’attualità del comportamento antisindacale, quale condizione della domanda ex art. 28 legge n. 300 del 1970, non è esclusa dall’esaurirsi del singolo comportamento, atteso che la lesione dell’attività sindacale, che segna l’interesse del sindacato, permane qualora il comportamento denunciato sia suscettibile di produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, tale da determinare una restrizione o un ostacolo al libero svolgimento dell’attività sindacale. (Corte app. Milano 16/7/2009, Pres. ed Est. Ruiz, in Orient. giur. lav. 2010, 38)
  4. L’attualità della condotta antisindacale non è esclusa dall’inerzia nella presentazione del ricorso ex art. 28 SL, ove il comportamento illegittimo sia idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo per la sua portata intimidatoria e per la conseguente situazione di incertezza tale da determinare una restrizione o un ostacolo al libero svolgimento dell’attività sindacale. (Trib. Milano 4/7/2007, decr., Est. Cincotti, in D&L 2007, con nota di Alberto Vescovini, “Natura collettiva dello sciopero indetto dal singolo Rsu”, 691)
  5. Ha natura antisindacale la condotta del datore di lavoro pubblico, che abbia violato il diritto di informazione e consultazione del sindacato, così incidendo sulla sfera patrimoniale del medesimo, intesa quale comprensiva del suo diritto all’immagine e al rispetto della sua funzione. Quando sussiste un diritto delle organizzazioni sindacali di essere informate o interpellate, la violazione di tale obbligo lede un diritto del sindacato e integra un comportamento antisindacale in re ipsa. E l’inadempimento perdura fino a quando non sia eseguita la prestazione dovuta. Inoltre nel caso in esame la perdurante vigenza dei provvedimenti adottati in violazione degli obblighi di informazione perpetua fino alla completa rimozione degli effetti pregiudizievoli lamentati, consistenti nella permanente vigenza dei provvedimenti adottati in violazione degli obblighi di informazione, cioè la sottrazione al sindacato della facoltà di controllo dell’esercizio del potere. (Trib. salerno 8/3/2007, Dott.ssa Viva, in Lav. nella giur. 2007, 1259)
  6. L’attualità della condotta antisindacale e dei suoi effetti, che costituisce condizione per la pronuncia del provvedimento di cui all’art. 28 della legge n. 300 del 1970, deve essere verificata e valutata nella concretezza del suo modo di essere e della sua attitudine a impedire o limitare l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale o del diritto di sciopero, anche facendo uso di presunzioni, ma sicuramente non mediante mere illazioni o asserzioni. (Trib. teramo 22/1/2007, Dott. Santini, in Lav. nella giur. 2007, 525)
  7. L’attualità del comportamento antisindacale non è esclusa dall’esaurirsi del singolo comportamento, atteso che la lesione dell’attività sindacale permane anche successivamente quando il comportamento denunciato sia suscettibile di produrre effetti durevoli nel tempo. (Trib. Grosseto, Est. Ottati, in Lav. nella giur. 2003, 584)
  8. È infondata l’eccezione relativa all’attualità della condotta antisindacale, quando la semplice dichiarazione di antisindacalità del comportamento denunciato può rivestire una qualche utilità sul piano della rimozione degli effetti. (Trib. Milano 19/5/2003, decr., Est. Ianniello, in D&L 2003, 298, con nota di Franco Bernini, “Il rifiuto dell’editore di pubblicare i comunicati sindacali”)
  9. Il tenore letterale dell’art. 28 Stat. lav. esclude che il procedimento diretto ad accertare l’antisindacalità del comportamento del datore di lavoro possa essere promosso in relazione a comportamenti già esauriti, per i quali non sussitano effetti da rimuovere, esigendo la norma l’attualità della condotta o, almeno, la permanenza dei relativi effetti. (Trib. Palermo 21/6/2002, Est. Civiletti, in Lav. nella giur. 2003, 285)
  10. L’esaurirsi della singola azione antisindacale del datore di lavoro non può costituire preclusione alla pronuncia di un ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo, nel caso in cui questo risulti ancora persistente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne deriva, tale da determinare una restrizione o un ostacolo al libero svolgimento dell’attività sindacale (Trib. Milano 14 febbraio 2000, est. Cincotti, in D&L 2000, 333)
  11. È ammissibile il ricorso ex art. 28 SL quando il comportamento denunciato come antisindacale sia permanente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo (Pret. Milano 2/9/97, est. Vitali, in D&L 1998, 355)
  12. L’attualità del comportamento denunciato come antisindacale deve essere ritenuta sussistente qualora ne persistano gli effetti al momento della presentazione della domanda (Pret. Milano 13/6/95, est. Chiavassa, in D&L 1995, 876)
  13. E’ ammissibile il ricorso alla procedura ex art. 28 S.L. non solo quando al momento della proposizione della domanda sia attuale la condotta antisindacale o i relativi effetti, ma anche quando il dedotto comportamento antisindacale sia espressione di un persistente atteggiamento del datore di lavoro, tale da comportare ripercussioni negative durevoli sull’attività e libertà sindacale (Pret. Napoli 5/4/95, est. Manna, in D&L 1996, 87)
  14. L’esaurirsi della singola condotta antisindacale non preclude una pronuncia del giudice di cessazione del comportamento illegittimo, ove questo, alla stregua di una valutazione globale, non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora permanente e idonea a produrre effetti durevoli nel tempo (Pret. Milano 3/4/95, est. Vitali, in D&L 1995, 5445, nota CAPURRO, Profili di legittimità dell’utilizzo di strumenti informatici nelle relazioni sindacali aziendali)

 

 

Condanna in futuro

  1. La concreta possibilità che i reiterati rifiuti di concessione dell’assemblea sindacale tornino a ripetersi giustifica l’interesse del sindacato all’ottenimento di un provvedimento che imponga una regola di comportamento per il futuro (Pret. Busto Arsizio 11/9/97, est. Perfetti, in D&L 1998, 74, n. FRANCESCHINIS, Sui poteri e i diritti di ogni singola componente della Rsa)
  2. Qualora la condotta antisindacale non sia meramente episodica, ma destinata a persistere nel tempo, deve essere ordinato il divieto di reiterare in futuro i medesimi comportamenti (Pret. Napoli 5/4/95, est. Manna, in D&L 1996, 87. In senso conforme, v. Pret. Nola, sez. Pomigliano d’Arco, 12/1/99 (decr.), est. Perrino, in D&L 1999, 511)

 

 

c.d. Dolo antisindacale

  1. Al fine di qualificare come antisindacale il comportamento del datore di lavoro è sufficiente che ricorra l’elemento oggettivo della concreta lesione dell’esercizio della libertà e dell’attività sindacale, non essendo rilevante uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro. (Trib. Roma 3/3/2008, decr., Est. Mimmo, in D&L 2008, 515)
  2. La definizione della condotta antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori (L. n. 300 del 1970) non è analitica ma teleologica, poiché individua il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali, bensì alla sua idoneità a ledere i “beni” protetti. Pertanto per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970) è sufficiente che tale comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro, potendo sorgere l’esigenza di una tutela della libertà sindacale anche in relazione a un’errata valutazione del datore di lavoro circa la portata della sua condotta, così come l’intento lesivo del datore di lavoro non può di per sè far considerare antisindacale una condotta che non abbia rilievo obiettivamente tale da limitare la libertà sindacale. (Fattispecie relativa a licenziamento per asserita assenza arbitraria dal lavoro di un dipendente che si trovava in permesso sindacale non retribuito, regolarmente comunicato; la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., ha valorizzato la ratio decidendi della precedente pronuncia di annullamento del licenziamento individuale, per accertare l’obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l’effetto vietato dalla disposizione citata). (Cass. 18/4/2007 n. 9250, Pres. Sciarelli Est. Balletti, in Lav. nella giur. 2007, 1240)
  3. L’intenzionalità è del tutto irrilevante ai fini della configurabilità della condotta antisindacale di cui all’art. 28 SL, essendo sufficiente che il datore di lavoro leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le OO. SS. (Trib. Milano 5/3/07, decr., Est. Vitali, in D&L 2007, 393)
  4. Ai fini della valutazione della sussistenza del comportamento antisindacale del datore di lavoro, non è necessario accertare l’elemento soggettivo dell’intenzionalità della lesione della libertà e della attività sindacale. (Trib. Milano 25/1/2002, Est. Atanasio, in D&L 2002, 335)
  5. L’accertamento del comportamento antisindacale non richiede uno specifico intento lesivo, essendo sufficiente l’obiettiva idoneità della condotta a produrre l’effetto di ledere la libertà sindacale o il diritto di sciopero (Cass. 30/3/98 n. 3341, pres. Pontrandolfi, est. Miani Canevari, in D&L 1998, 627, n. ZEZZA, La Corte di Cassazione riconosce alla Cub la maggiore rappresentatività: una vittoria di Pirro. In senso conforme, v. Trib. Pistoia 29 febbraio 2000 (decr.), est. Amato, in D&L 2000, 916, n. Valluri)
  6. Il comportamento del datore di lavoro, per integrare gli estremi della condotta antisindacale, deve essere oggettivamente idoneo a ledere l’attività sindacale, a nulla rilevando l’indagine circa l’intenzionalità della sua condotta (Pret. Milano 21/6/94, est. Sala, in D&L 1995, 104. In senso conforme, v. Pret. Milano 17/3/98, est. Vitali, in D&L 1998, 632, n. SCORBATTI, In tema di dolo antisindacale)
  7. La condotta antisindacale è qualificata dalla presenza di un intento antisindacale del datore di lavoro e l’inesistenza di questo elemento rende legittimo il comportamento datoriale (Pret. Pistoia 3/10/96, est. Calvani, in D&L 1997, 78, nota CASAGNI)
  8. Ai fini della configurabilità dell’antisindacalità della condotta, concretatasi nell’omessa consultazione del sindacato, è sufficiente che il comportamento sia sorretto dalla coscienza e dalla volontà del suo compimento (Pret. Napoli, sez. Barra, 16/4/96, est. Del Giudice, in D&L 1997, 277, n. Perrino, Sul riparto delle giurisdizioni in tema di condotta antisindacale della pubblica amministrazione)

 

 

Questioni di procedura

  1. E’ inammissibile l’istanza di sospensione degli effetti del decreto con cui sia stato accolto un ricorso per la soppressione di condotta antisindacale, ex art. 28 St. Lav., poiché tale sospensione si porrebbe in contrasto con il principio espressamente affermato da questa stessa norma, secondo il quale l’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui viene deciso il giudizio di merito. (Trib. Lodi 19/10/2005, ord., Giud. Giuppi, in Riv. it. dir. lav. 2006, con nota di L. Valente, “Sull’inammissibilità dell’istanza di sospensione dell’efficacia del decreto ex art. 28 St. Lav. nelle more del giudizio di merito”, 210)
  2. Il decreto emesso a norma dell’art. 28 SL non è suscettibile di reclamo immediato ex art. 669 terdecies c.p.c. ed è manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale di tale mancata previsione di reclamabilità immediata avanzata sotto il profilo della violazione degli artt. 3 e 4 Cost. (Trib. Roma 14/7/2005, ord., in Lav. nella giur. 2006, con commento di Giorgio Mannacio, 63)
  3. In tema di omessa informazione preventiva stabilita dal contratto collettivo, la valutazione complessiva delle finalità e degli effetti di comportamenti antisindacali in se stessi già compiuti può portare a ritenere ammissibile l’azione di repressione antisindacale successivamente al loro compimento, e in situazioni del genere è configurabile anche l’emanazione di un divieto di continuazione dell’attività antisindacale. Peraltro, anche pronunce dihiarative possono essere funzionali alla tutela delle libertà e prerogative sindacali. D’altra parte, la non tipizzazione legale dei provvedimenti adottabili dal giudice ai fini della rimozione degli atti compiuti dal datore di lavoro, con l’ordine al medesimo di effettuare la consultazione prima di nuovamente provvedere. (Cass. 6/6/2005 n. 11741, Pres. Mileo Est. toffoli, in Riv. it. dir. lav. 2006, con nota di Francesco Alvaro, “Sull’ammissibilità delle pronunce dichiarative della condotta antisindacale e sull’onere probatorio incombente sul sindacato ricorrente”, 44)
  4. La domanda volta ad accertare l’antisindacalità di un determinato comportamento datoriale può essere azionata, oltre che con la speciale procedura ex art. 28 SL, anche con ricorso ordinario ex art. 414 c.p.c.; in tale secondo caso la legittimazione attiva deve essere valutata secondo i criteri ordinari e non secondo quelli più restrittivi previsti dal predetto art. 28 SL. (Cass. 3/5/2003 n. 6723, Pres. Dell’Anno Est. Foglia, in D&L 2003, 623)
  5. Il regolamento preventivo di giurisdizione può essere proposto anche nella fase sommaria del procedimento di repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro. (Cass. 24/1/2003, n. 1127, Pres. Carbone, Rel. Di Nanni, in Foro it. 2003 parte prima, 1071; in Lav. nella giur. 2003, 579)
  6. Nel nuovo sistema del pubblico impiego c.d. “privatizzato”, appartengono alla cognizione del giudice ordinario le controversie relative il comportamento antisindacale plurioffensivo del datore di lavoro pubblico, ancorchè sia richiesta al giudice l’eliminazione del provvedimento amministrativo incidente su posizioni soggettive di singoli dipendenti e la rimozione dei relativi effetti. (Cass. 21/11/2002, n. 16430, Pres. A. Finocchiaro, Est. Evangelista, in Foro it. 2003 parte prima, 1072. In senso conforme: Cass. 24/1/2003, n. 1127, Pres. Carbone, Rel. Di Nanni, in Foro it. 2003 parte prima, 1071)
  7. Atteso che il regolamento preventivo di giurisdizione non può essere proposto con riguardo ad un decreto ex art. 28 statuto dei lavoratori non opposto, e quindi divenuto irrevocabile, l’istanza è tuttavia ammissibile nel caso in cui, come nella specie, risulti suscettibile di conversione in denuncia di conflitto di giurisdizione. (Cass. 21/11/2002, n. 16430, Pres. A. Finocchiaro, Est. Evangelista, in Foro it. 2003 parte prima, 1072)
  8. Appartengono alla cognizione del giudice ordinario le controversie riguardanti il comportamento antisindacale del datore di lavoro pubblico, anche con riferimento alle categorie di pubblici dipendenti-quale, nella specie, le forze di polizia-escluse dalla privatizzazione, ai sensi dell’art. 3 d.leg. n. 165 del 2001. (Consiglio di Stato 12/6/2002, n. 1647/2002, Pres. Giacchetti, Rel. Faberi, in Foro it. 2003 parte terza, 216)
  9. Non può inibirsi il ricorso all’art. 700 c.p.c. per tutelare l’attività sindacale da un pregiudizio grave ed imminente, se l’organizzazione sindacale ricorrente non gode dei requisiti per utilizzare il procedimento ex art. 28 Stat. Lav. (Trib. Roma 18/12/00, est. Vincenzi, in Lavoro giur. 2001, pag. 771, con nota di Menegatti, I provvedimenti d’urgenza nel processo del lavoro: limiti, contenuto e presupposti)
  10. E’ inammissibile nel procedimento ex art. 28 SL l’intervento volontario di otto dipendenti dell’amministrazione, non potendo tale azione essere qualificata come collettiva e non trattandosi di intervento adesivo dipendente (Trib. Milano 10 maggio 2000 (decr.), est. Vitali, in D&L 2000, 681)
  11. In virtù di quanto previsto dall’art. 68, 3° comma, D. Lgs. 3/2/93 n. 29, modificato dall’art. 29 D. Lgs. 31/3/98 n. 80, sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni, dovendo ritenersi inapplicabile sia l’art. 68 bis del D. Lgs. 3/2/93 n. 29 (introdotto dall’art. 30 D. Lgs. 31/3/98 n. 80), che riguarda la definizione di una controversia individuale, sia l’art. 6 L. 12/6/90 n. 146, non più utilizzabile dopo la contrattualizzazione del pubblico impiego (Trib. Milano 10 maggio 2000 (decr.), est. Vitali, in D&L 2000, 681)
  12. Nel procedimento speciale regolato dall’art 28 L. n. 300/70, i fatti dedotti o comunque acquisiti nel procedimento sommario costituiscono un limite alla cognizione del giudice della successiva fase di opposizione, che deve riguardare la condotta illecita originariamente denunciata (Trib. Milano 28/3/00, est. Vitali, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 346)
  13. E’ inammissibile, in un procedimento ex art. 28 SL, la chiamata in giudizio di tre lavoratori ai quali si possa imputare un “concorso” nella condotta antisindacale posta in essere dal datore di lavoro convenuto in giudizio (Trib. Pistoia 29 febbraio 2000 (decr.), est. Amato, in D&L 2000, 916, n. Valluri)
  14. Qualora, a seguito di un procedimento introdotto (nel caso, dalla Cgil) ex art. 409 sgg. c.p.c., venga richiesto al Giudice del lavoro di operare attraverso le peculiari attribuizioni di cui all’art. 28 SL, è necessario seguire le regole processuali e sostanziali sottese a quest’ultima disposizione, tra le quali emerge, in particolare, quella diretta a riconoscere la legittimazione attiva all’organismo locale dell’associazione di categoria, escludendosi, viceversa, la legittimazione di organismi locali della Confederazione di riferimento della predetta associazione categoriale, i quali possono agire soltanto ai fini del risarcimento danni (patrimoniali e non) e con ricorso al Tribunale civile ordinario (Trib. Pistoia 25 febbraio 2000, est. Amato, in D&L 2000, 925, n. Lazzeroni)
  15. La notificazione del ricorso in opposizione a decreto ex art. 28 SL è validamente effettuata al procuratore costituito (Trib. Milano 14 febbraio 2000, est. Cincotti, in D&L 2000, 333)
  16. Il giudice che abbia emesso un decreto ex art. 28 SL non può conoscere del ricorso in opposizione avverso il medesimo decreto e pertanto, ove investito di tale ricorso, ha l’obbligo di astenersi, ai sensi dell’art. 51, 1° comma, n. 4, c.p.c. Detta norma, infatti – interpretata alla luce dei principi costituzionali in materia di garanzie processuali – deve trovare applicazione anche tra fasi diverse di un unico grado di giudizio e non contrasta pertanto con gli artt. 3 e 24 Cost. (Corte Cost. 15 ottobre 1999 n. 387, pres. Vassalli, rel. Chiappa, in D&L 2000, 90, n. MARTIGNONI, Procedimento per antisindacalità e giudice dell’opposizione)
  17. Spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, la cognizione delle controversie ex art. 28 SL concernenti la condotta antisindacale dell’amministrazione, che sia inidonea a incidere direttamente sulla posizione del singolo pubblico dipendente (Pret. Milano 16/1/99, est. Vitali, in D&L 1999, 289, n. SUMMA, Questioni di giurisdizione nei procedimenti ex art. 28 S.L. avverso la Pubblica Amministrazione )
  18. Un decreto ministeriale, con il quale venga trasferito un dirigente sindacale, non si inserisce in una serie procedimentale volta al trasferimento, ma si pone quale provvedimento autonomo rispetto ai precedenti, con la conseguente insorgenza per il sindacato del diritto di agire avanti all’Ago, in forza del disposto dell’art. 45 D. Lgs. 31/3/98 n. 80 (Pret. Campobasso 8/10/98, est. Petti, in D&L 1998, 909, con nota redazionale)
  19. Nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ex art. 28 SL è ammissibile la proposizione del ricorso ex art. 700 c.p.c. (Pret. Milano 25/9/98 (ord.), est. Marasco, in D&L 1998, 913, n. Bernini)
  20. Nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ex art. 28 SL con contestuale istanza ex art. 700 c.p.c. sussistono i presupposti per la concessione del provvedimento cautelare quando gli atti datoriali successivi alla fase sommaria, ponendosi in rapporto di continuazione con i precedenti comportamenti denunciati, determinano nuove esigenze cautelari (nella fattispecie il Pretore ha sospeso in via cautelare la sopravvenuta procedura di licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24, L.223/91 riconoscendo il rapporto di continuazione rispetto ai pregressi episodi denunciati) (Pret. Milano 25/9/98 (ord.), est. Marasco, in D&L 1998, 913, n. Bernini)
  21. Deve escludersi che l’art. 39 D. Lgs. 31/3/98 n. 80 abbia inteso imporre l’obbligo del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione per l’instaurazione della speciale procedura di cui all’art. 28 SL. (Pret. Firenze 14/9/98 (decr.), est. Bronzini, in D&L 1999, 503, n. Monaco, Il procedimento di repressione del comportamento antisindacale <> con l’imprecisa dizione dell’art. 412 bis ultimo comma cpc)
  22. Il disconoscimento della Rsa, cui venga meno il requisito della maggiore rappresentatività in seguito alla parziale abrogazione dell’art. 19 SL disposta dal DPR 28/7/95 n. 312, non comporta la cessazione della materia del contendere oggetto del ricorso ex art. 28 SL, qualora il comportamento lamentato si riferisca al periodo precedente l’intervenuta modifica normativa (Trib. Milano 17/4/98, pres. Mannacio, est. Accardo, in D&L 1998, 640, n. QUADRIO, Rsu tra collegialità e antagonismo)
  23. È inammissibile il reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. contro il decreto emesso in esito a procedimento ex art. 28 SL (Trib. Milano 20/3/97, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1997, 665, nota Franceschinis, In tema di reclamabilità ex art. 669 terdecies cpc del decreto ex art. 28 SL)
  24. Nel giudizio di opposizione a decreto ex art. 28 SL è ammissibile la riproposizione, tramite domanda riconvenzionale, di domande già azionate e respinte nella fase sommaria e non riproposte autonomamente mediante opposizione a decreto (Pret. Milano 28/1/97, est. Peragallo, in D&L 1997, 515)
  25. Non costituisce domanda nuova e inammissibile quella formulata nel corso del giudizio di opposizione a decreto ex art. 28 SL, che estenda la richiesta di rimozione degli effetti del comportamento antisindacale anche ai comportamenti adottati dal datore di lavoro dopo la conclusione della fase sommaria, qualora essi siano direttamente derivanti dai precedenti (nella fattispecie il sindacato ha chiesto nel giudizio di opposizione la declaratoria di inefficacia dei licenziamenti che costituivano l’atto conclusivo della procedura di mobilità oggetto della fase sommaria del giudizio) (Pret. Milano 28/1/97, est. Peragallo, in D&L 1997, 515)
  26. Il giudice che ha emesso l’ordine di rimozione degli effetti della condotta antisindacale è competente a determinare le modalità di attuazione dello stesso ai sensi dell’art. 669 duodecies cpc (nella fattispecie l’ordine inadempiuto emesso nel contesto di un giudizio ex art. 28 SL era quello di reimmettere un lavoratore trasferito presso l’unità produttiva di provenienza) (Pret. Milano 11/11/96, est. Cecconi, in D&L 1997, 206, nota FRANCESCHINIS, In tema di esecuzione forzata del provvedimento emesso ai sensi dell’art. 28 SL)
  27. Non costituisce motivo di astensione facoltativa ex art. 51 c. 2 cpc il fatto che il giudice adito ex art. 28 SL si sia già pronunciato sul medesimo oggetto in sede di procedimento di urgenza ex art. 700 cpc (Pret. Milano 14/5/96, est. Canosa, in D&L 1997, 66)
  28. Rientrano nella cognizione del giudice ordinario i comportamenti antisindacali della pubblica amministrazione che violino diritti propri ed esclusivi del sindacato (Pret. Napoli, sez. Barra, 16/4/96, est. Del Giudice, in D&L 1997, 277, n. Perrino, Sul riparto delle giurisdizioni in tema di condotta antisindacale della pubblica amministrazione)
  29. E’ inammissibile la domanda giudiziaria, proposta dal datore di lavoro autonomamente e al di fuori delle ordinarie procedure di impugnazione, finalizzata all’accertamento della sopravvenuta inefficacia di un decreto ex art. 28 SL, che aveva riconosciuto la natura antisindacale del disconoscimento della Rsa da parte di quello stesso datore di lavoro e fondata sulla mera modifica della composizione della medesima Rsa (Trib. Milano 21/3/95, pres. ed est. Siniscalchi, in D&L 1995, con nota redazionale Condanna ex art. 28 SL per disconoscimento di Rsa e successiva modifica nella composizione dell’organismo sindacale endoaziendale)
  30. Ai fini dell’individuazione del Pretore competente per territorio ai sensi dell’art. 28 SL, assume rilevanza esclusivamente il luogo in cui la condotta è stata posta in essere, e non già quello in cui è stata deliberata (Pret. Milano 9/12/94, est. Vitali, in D&L 1995, 315. In senso conforme, v. Pret. Campobasso 8/10/98, est. Petti, in D&L 1998, 909, con nota redazionale; Trib., Milano 19/7/00, est. Ianniello, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 619)
  31. Il Pretore, pronunciandosi positivamente sul comportamento antisindacale, non può condannare il datore di lavoro al risarcimento dei danni a favore del sindacato, in quanto tale domanda fuoriesce dall’ambito e dalla funzione del procedimento ex art. 28 SL (Pret. Milano 13/6/94, est. Frattin, in D&L 1995, 101)