Denuncia di irregolarità aziendali – Whistleblowing

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Questa voce è stata curata da Carlo Valenti

 

Scheda sintetica

In materia di strumenti giuridici contro la corruzione e le irregolarità del lavoro, ha recentemente trovato spazio nel nostro ordinamento il cosiddetto istituto del whistleblowing, vale a dire un sistema di regolamentazione volto a favorire la segnalazione di illeciti da parte dei dipendenti appartenenti ad amministrazioni sia pubbliche che private.

Nello specifico, tale fattispecie comprende sia delle misure di protezione volte a incoraggiare i lavoratori che siano venuti a conoscenza di irregolarità o reati, commessi o premeditati, presso la propria organizzazione a riferire tali episodi alla magistratura, all’ANAC o in generale agli enti predisposti, sia la possibilità di punire tali infrazioni mediante sanzioni amministrative, pecuniarie o penali. In questo modo, si intende combattere ogni forma di comportamento elusivo o illecito non solo mediante provvedimenti a carico del soggetto colpevole, ma anche tramite l’incentivo di una tutela forte nei confronti del personale intenzionato a collaborare con gli organi anticorruzione. Tali segnalazioni avvengono solitamente ad opera di un lavoratore che, durante lo svolgimento delle proprie funzioni, viene a conoscenza di irregolarità presenti sul posto di lavoro (es. rischi, frodi, pericoli che possano arrecare danno all’organizzazione, ai colleghi, ai clienti o in generale a chiunque, etc.) e decide di comunicarle alle autorità predisposte per tutela l’interesse collettivo dell’organizzazione e/o dei dipendenti.

Attraverso l’istituto del whistleblowing, prima con l’entrata in vigore della legge n. 190/2012 per il settore pubblico e poi in modo più ampio con la legge n. 179/2017, viene adottato in Italia un sistema di prevenzione e di lotta ai fenomeni di corruzione sul posto di lavoro, che si adopera per tutelare i lavoratori che segnalano tali irregolarità (c.d. whistleblower) su due fronti: da una parte con la garanzia della riservatezza in fase di segnalazione dell’illecito, mentre dall’altra con una tutela volta ad evitare ogni forma di ripercussione nei confronti dei dipendenti
Dunque, garantendo una valida protezione in favore dei whistleblower si andrà ad incentivare e a combattere l’omertà dovuta alla paura di possibili ripercussioni sulla sfera personale dei dipendenti presso il luogo di lavoro. Per meglio specificare, il lavoratore che si trovi intenzionato a segnalare e riferire eventuali illeciti commessi o pianificati da parte dell’impresa (o dei suoi membri) si sentirà maggiormente incentivato a cooperare con gli enti predisposti se verrà completamente tutelato da potenziali ripercussioni; per questo motivo, le norme in materia di whistleblowing prevedono appunto il divieto di licenziamento, demansionamento, sanzionamento, trasferimento o assoggettamento a qualunque forma di ritorsione in risposta alla segnalazione ricevuta. Non sussiste perciò solamente la nullità dei sopramenzionati atti denigratori e l’eventuale corresponsione di un risarcimento in relazione al danno subito, ma anche la reintegra del posto di lavoro nel caso in cui segua alla segnalazione un licenziamento ritorsivo e/o discriminatorio.

In definitiva, l’obiettivo delle suddette misure adottate non è solo quello di salvaguardare i whistleblower da comportamenti ritorsivi mediante solide forme di tutela, ma anche di regolamentare e agevolare la segnalazione delle varie irregolarità presenti presso le amministrazioni pubbliche e/o private e, di conseguenza, ripristinare il corretto svolgimento del lavoro e tutelare l’interesse collettivo dell’organizzazione in questione.

 

Fonti normative

  • Legge 03 agosto 2009, n. 116 – Ratifica ed esecuzione della “Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione” del 2003
  • Legge 28 giugno 2012, n. 112 – Ratifica ed esecuzione della “Convenzione civile sulla corruzione” del Consiglio d’Europa del 4 novembre 1999
  • Legge 06 novembre 2012, n. 190
  • Regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014- Regolamento sugli abusi di mercato
  • Determinazione ANAC 28 aprile n. 6/2015 (“Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)”
  • Legge 30 dicembre 2017, n. 179
  • Commi 2-bis, 2-ter e 2- quater dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 231/2001, come introdotti dalla legge n. 179/2017
  • Articolo 54-bis del Decreto Legislativo n. 165/2001 (Testo Unico del Pubblico Impiego), come modificato dalla legge n. 114/2014 e successivamente dalla legge n. 179/2017

 

 

Il whistleblowing tra settore pubblico e privato

Fino al 2017 l’Italia non ha vantato una normativa in materia di whistleblowing distinta per settore di appartenenza, ma si è limitata semplicemente alle disposizioni dell’ambito pubblico introdotte dal decreto legislativo n. 165/2001 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) e dal decreto legislativo n. 231/2001 (“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”).

Solamente con l’avvento della sopracitata legge n. 179/2017 si è andati a sostituire l’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165/2001, provvedendo sia alla definizione di un sistema differenziato tra privato e pubblico che ad una migliore applicazione procedurale della fattispecie e introducendo elementi regolatori comuni. Nello specifico, possiamo vedere che per quanto riguarda il settore pubblico il dipendente segnala condotte o azioni illecite delle quali è venuto a conoscenza durante lo svolgimento del proprio lavoro all’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o direttamente alle autorità giudiziarie/contabili. Tale logica si applica non solo ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ma anche a quelli appartenenti ad un ente pubblico economico, di diritto privato sottoposto a controllo pubblico e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che effettuano opere in favore della P.A. (come stabilito dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 165/2001).

Parlando invece del settore privato, vediamo che la disciplina del whistleblowing si basa sulle modifiche effettuate dalla legge n. 179/2017 alle disposizioni del decreto legislativo n. 231/2001. In particolare, il dipendente e/o collaboratore intenzionato a segnalare illeciti o violazioni di legge in merito al modello organizzativo potrà fare affidamento sui canali e i soggetti predisposti dal proprio ente. Questo perché tutte le organizzazioni private, in seguito all’approvazione della suddetta normativa, sono obbligate a definire uno o più canali per garantire la corretta segnalazione di illeciti o violazioni dei modelli organizzativi e la piena riservatezza del whistleblower. In sintesi, devono essere predisposti referenti specifici e canali di comunicazione al fine di promuovere segnalazioni in grado di garantire la riservatezza dell’identità del lavoratore segnalante e delle sanzioni disciplinari per chi viola le misure di tutela dei whistleblower. In questo modo, anche i lavoratori del settore privato potranno riferire eventuali irregolarità delle quali sono venuti a conoscenza durante lo svolgimento della propria prestazione lavorativa, basandosi tuttavia su modalità differenziate.

 

Oggetto della segnalazione

L’istituto del whistleblowing è uno strumento giuridico concepito per tutelare i lavoratori e permettere di segnalare illeciti presenti all’interno della struttura di appartenenza ai soggetti incaricati (es. Autorità Nazionale Anticorruzione e relativi responsabili all’interno della propria organizzazione, autorità giudiziarie, Corte dei Conti, etc.). Per questo motivo, al fine di una migliore applicazione dello strumento, il legislatore non ha predisposto con la legge n. 179/2017 una tassativa lista di irregolarità alle quali attenersi, ma si è limitato ad indicare in modo generico e non mandatorio una serie di situazioni tipiche; in riferimento a quest’ultime possiamo per esempio citare frodi, danni all’organizzazione o arrecati da essa, false comunicazioni, pericoli sul luogo di lavoro, elusione delle norme sulla sicurezza del lavoro, danni ambientali, minacce alla salute o alla persona, corruzione, concussione, operazioni finanziarie irregolari negligenze mediche, etc.

Vediamo in sintesi, per quanto riguarda l’oggetto della segnalazione nei casi di whistleblowing, come l’apparato normativo della fattispecie non vada a prevedere una lista di irregolarità specifiche o reati particolari, bensì si limiti a parlare di illeciti, comportamenti, reati o rischi, sia che essi siano avvenuti, tentati o premeditati, a danno dell’interesse economico e patrimoniale dell’amministrazione pubblica o privata. In definitiva, volendo comunque tentare di redigere una lista, possiamo raggruppare le varie azioni, omissioni o i differenti comportamenti sanzionabili nelle seguenti categorie:

  • in violazione del Codice di comportamento o di altre disposizioni interne all’organizzazione;
  • perseguibili sotto il profilo legale (es. di tipo penale, amministrativo, etc.);
  • in grado di arrecare danni o pregiudizi patrimoniali all’organizzazione e/o alla sua immagine, ma anche agli altri dipendenti o a chiunque svolga attività presso il medesimo ambito imprenditoriale;
  • in grado di generare danni all’ambiente o alla salute e alla sicurezza del personale, dei clienti o dei cittadini;

In definitiva, l’apparato giuridico del whistleblowing comprende un ampio numero di casistiche valevoli come motivo di segnalazione agli enti predisposti, come per esempio gli abusi delle funzioni di servizio (anche non rilevanti sotto il profilo penale) volti a perseguire interessi privati e in grado di generare danni verso terzi. Tuttavia, questo non riguarda in nessun caso né rimostranze e lamentele di natura personale, né segnalazione volte ad ottenere rivendicazioni o istanze nei confronti dei superiori o dei colleghi, dal momento che queste ultime casistiche sono regolate da altre procedure e discipline (es. materia del Comitato Unico di Garanzia) e non appartengono a tale istituto.

 

Contenuto della segnalazione

Per quanto riguarda invece il contenuto della segnalazione, il whistleblower è tenuto a riferire ogni elemento utile allo svolgimento delle verifiche circa la veridicità e fondatezza dell’illecito segnalato. Dunque, onde poter fornire una descrizione esaustiva del fatto e permettere una migliore analisi da parte degli organi di controllo incaricati, il legislatore ha predisposto che tali segnalazioni debbano contenere i seguenti elementi:

  1. le generalità del soggetto che intende effettuare la segnalazione (whistleblower);
  2. una completa ed esaustiva descrizione del fatto segnalato, con tanto di circostanze circa il luogo, il tempo e le modalità in cui tali irregolarità si sono svolte;
  3. la specificazione del/dei soggetto/i che avrebbe/ro posto/i in essere i fatti segnalati;
  4. possibili elementi e generalità che permettano di individuare il/i responsabile/e che avrebbe/ro commesso i suddetti fatti segnalati;
  5. ogni altro genere di informazione, documento, prova scritta od orale o testimonianza utile a fornire un riscontro sulla veridicità dei fatti segnalati;

Resta comunque possibile per il lavoratore, se ritenuto da lui preferibile, effettuare la segnalazione in modo anonimo, anche se quest’ultima casistica risulta soggetta ad un trattamento differente. Nello specifico, le segnalazioni contraddistinte dall’anonimato, ovvero prive di elementi in grado di identificare il whistleblower, verranno prese in carico dagli enti predisposti solamente nel caso in cui siano specificati gli altri requisiti sopramenzionati e sussistano elementi circostanziali e correlati a particolari fatti di notevole gravità. In mancanza di tali requisiti, l’autorità provvederà comunque a gestire tali segnalazioni, ma lo farà sfruttando altri enti e procedure rispetto a quelle tipiche della materia del whistleblowing. Ciò avviene in particolare, come indicato nell’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165/2001 e successivamente dalla determinazione ANAC n. 6 del 28 aprile 2015, per via dei limiti delle protezioni accordabili al whistleblower, dal momento è necessario identificare il lavoratore per poter verificare che le eventuali ritorsioni scaturite nei suoi confronti in seguito alla segnalazione siano a lui collegate e, nel caso, per poter applicare la corretta tutela.
Ad ogni modo, è importante anche sottolineare che in caso di segnalazioni infondate contraddistinte da dolo e/o colpa grave, ovvero sia in mancanza di elementi precisi e circostanziali che volutamente false, sarà il soggetto segnalante ad incorrere in provvedimenti sanzionatori o disciplinari. In questo modo, la disciplina del whistleblowing riesce ad evitare che tale istituto si trasformi in un pretesto per dare sfogo a doglianze personali o atti diffamatori volti a danneggiare gli altri soggetti.

 

Procedura – A chi rivolgersi

L’iter procedurale del whistleblowing si articola in una segnalazione da parte del lavoratore, fermo restando il fatto che essa non sia riconducibile a rimostranze personali o richieste di interventi circa i rapporti che intercorrono con colleghi e superiori (poiché regolato da altra disposizione normativa), che ha lo scopo di portare alla luce illeciti e violazioni di legge da parte della propria amministrazione. In seguito alle disposizioni introdotte dall’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165/2001 (come modificato dalla legge n. 179/2017), la segnalazione del dipendente può essere direttamente inviata ad una serie di enti predisposti, che si occuperanno di verificare quanto riferito e di inviare, se ritenuto opportuno, dei soggetti per effettuare i controlli di rito sulla veridicità dei fatti. Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, tali segnalazioni andranno inoltrate all’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o direttamente alle autorità giudiziarie/contabili, mentre nel caso di dipendente privato si riferirà principalmente al direttore operativo, al responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza o agli altri referenti per la prevenzione della corruzione. Tuttavia, a prescindere dal settore di appartenenza del whistleblower, cosa che di norma comporta solamente un differente soggetto di riferimento, la procedura di segnalazione si configura nel medesimo modo:

  1. tramite l’invio di una mail per posta elettronica all’indirizzo del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza;
  2. tramite servizio postale o mediante una busta chiusa con la dicitura “riservata” o “personale” inviata tramite il servizio di posta interna dell’organizzazione in questione;
  3. mediante comunicazione verbale ad uno dei soggetti adibiti;
  4. mediante dichiarazione rilasciata con tanto di verbale depositato presso uno dei soggetti adibiti.

Una volta ricevuta tale segnalazione, l’ente preposto alla prevenzione della corruzione e della trasparenza in questione provvederà ad effettuare ogni azione opportuna, in base ai principi di riservatezza ed imparzialità, volta a verificare quanto segnalato dal dipendente e ad accertarne o meno la veridicità del fatto. Dunque, astenendosi da ogni conflitto d’interessi e avvalendosi di testimonianze interne o esterne all’organizzazione e del supporto dei vari organi di controllo (es. Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, Comando Vigili Urbani, etc.), andrà a valutare la sussistenza dell’illecito indicato dal whistleblower. Nel caso in cui la segnalazione risulti fondata, il responsabile in questione si mobiliterà non solo per adottare tutti i provvedimenti utili e necessari per la tutela dell’organizzazione e dei relativi dipendenti, ma anche per denunciare il fatto presso l’autorità giudiziale di riferimento (es. Corte dei Conti, ANAC, Autorità giudiziaria) e comunicare l’esito della verifica svolta al responsabile dell’area alla quale appartiene il soggetto imputabile di tale illecito; in questo modo, sarà possibile applicare le corrette sanzioni disciplinari nei suoi confronti.

 

Tutela del whistleblower

Parlando delle varie tutele del segnalante, possiamo vedere che vi sono alcune differenze a seconda dell’ambito della procedura di riferimento. Fatto salvo il in cui si possa configurare l’ipotesi di calunnia o diffamazione ad opera del dipendente (articolo 2043 del Codice civile e disposizioni del Codice penale) o di impossibilità di mantenere l’anonimato del soggetto per legge (es. ispezioni, controlli, indagini di tipo amministrativo, penale o tributario, etc.), l’identità del whistleblower viene garantita secondo i principi di riservatezza. In particolare, non può venire rivelata se non mediante il consenso del soggetto e risulta tutelata anche da tutti i soggetti che per ragioni svolgere il servizio di verifica della segnalazione ne sono venuti a conoscenza; nell’eventualità di una violazione del suddetto diritto, si applicheranno di norma, oltre alle varie disposizioni e forme di responsabilità previste dalla legge, anche delle sanzioni disciplinari. In generale, nel caso di procedimento penale l’identità del whistleblower viene coperta dal segreto e dalla riservatezza secondo le disposizioni dell’articolo 329 del codice di procedura penale, mentre nel caso di procedimento di fronte alla Corte dei Conti, non può essere rivelata fino alla decisiva chiusura della fase istruttoria. Ad ogni modo, è ben diversa l’ipotesi del procedimento disciplinare, in cui l’identità del segnalante può essere resa nota solamente dopo aver ricevuto il suo consenso o qualora la contestazione dell’addebito risulti fondata (parzialmente o totalmente) sulla segnalazione e la conoscenza della suddetta identità sia indispensabile per la difesa del soggetto incolpato.

Passando ora alle altre forme di tutela, vediamo che, una volta avviato l’iter procedurale del whistleblowing in caso di sussistenza delle irregolarità addotta presso l’organizzazione in questione, il segnalante sarà tutelato e protetto da qualsivoglia forma di azione discriminate nei suoi confronti. Nello specifico, qualunque misura sanzionatoria, ritorsiva, discriminatoria o comunque contraddistinta da effetti negativi verso il dipendente (es. licenziamento, demansionamento, sanzionamento, trasferimento o assoggettamento a qualunque forma di ritorsione) applicata in risposta alla sua segnalazione sarà da considerarsi nulla; in caso di licenziamento ritorsivo per esempio, viene prevista una tutela reale piena con reintegra del posto di lavoro e risarcimento pecuniario in favore del whistleblower. Ad ogni modo, l’eventuale presenza delle suddette misure ritorsive o ai danni del dipendente deve essere riferita all’ANAC, alle organizzazioni sindacali di riferimento o all’ente predisposto, in modo che possano provvedere a verificarne la veridicità e il nesso causale con il lavoratore in questione e, se la denuncia dovesse risultare fondata, applicare il corretto trattamento sanzionatorio. Si ricorda comunque che le tutele sopramenzionate non valgono nel caso in cui la segnalazione del dipendente sia in realtà equiparabile ad una calunnia o ad una dichiarazione diffamatoria, dal momento che in questo frangente sarà proprio il segnalante ad essere soggetto a possibili denunce.

 

Responsabilità del whistleblower

In caso di segnalazioni infondate e contraddistinte da dolo e/o colpa grave, il whistleblower sarà soggetto a provvedimenti sanzionatori secondo quanto stabilito dalla legge. Questo perché la mancanza di elementi precisi e circostanziali caratterizzata da un chiaro intento diffamatorio o calunnioso risulta impregiudicata agli occhi della giurisprudenza. In tal modo, il segnalante resta comunque soggetto alla responsabilità penale e disciplinare per quanto riguarda dichiarazioni assimilabili a calunnie e diffamazioni in base a quanto stabilito dal Codice civile (articolo 2043) e dal Codice penale e si impedisce che tale istituto venga strumentalizzato per segnalazioni improprie. In sintesi, qualora venga riconosciuto in sede di giudizio un fine illecito di questo tipo nella segnalazione, il whistleblower non si vedrà riconosciute le sopramenzionate tutele e rimarrà giuridicamente responsabile della sua denuncia. Il medesimo ragionamento si applica inoltre nel caso di utilizzo improprio o strumentalizzazione dell’istituto del whistleblowing, come per esempio le segnalazioni improprie, opportunistiche o volte a danneggiare uno o più soggetti.