Lavoro straordinario

Tu sei qui:

Questa voce è stata curata da Arturo Di Mario

 

Scheda sintetica

Secondo quanto previsto dall’art. 3 del D.Lgs. 66/2003, per lavoro straordinario si intende il lavoro svolto oltre il normale orario di lavoro.

La legge stabilisce che l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali, demandando alla contrattazione collettiva la possibilità di definire una durata inferiore.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 66/2003 è stato sostituito il limite giornaliero di 8 ore di lavoro, definendo la durata del riposo minimo che viene quantificato in 11 ore consecutive ogni 24 ore di lavoro.
Resta viceversa valido il limite settimanale dell’orario di lavoro, comprensivo delle ore di lavoro straordinario, che è quantificato in 48 ore.

La legge prevede che il lavoro straordinario debba essere contenuto e che debba svolgersi secondo le modalità ed i limiti previsti dalla contrattazione collettiva.
In assenza di definizione da parte della contrattazione, la legge stabilisce la durata massima del lavoro straordinario in 250 ore annue.

Normalmente il lavoro straordinario viene retribuito attraverso una maggiorazione della retribuzione ordinaria. Tale maggiorazione è prevista dalla contrattazione collettiva.
Sempre la contrattazione può prevedere che, in alternativa alla maggiorazione per il lavoro straordinario, al lavoratore vengano concessi periodi di riposo compensativo.

Il compenso per lavoro straordinario, se corrisposto in modo fisso e continuativo, incide sul calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (vedi infra specifico paragrafo).

Il lavoro straordinario può essere retribuito a forfait (vedi infra), cioè quantificando un compenso onnicomprensivo non vincolato al numero di ore effettivamente lavorate oltre l’orario di lavoro.

 

Fonti normative

  • Costituzione, art. 36
  • Codice Civile, art. 2108
  • Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66

 

 

Definizioni

D.Lgs. n. 66/2003, artt. 1, 3, 5; Circ. Ministero del lavoro n. 8/2005
Il lavoro straordinario è il lavoro prestato oltre il normale orario di lavoro, ovvero oltre le 40 ore settimanali, considerando che la durata medio/massima dell’orario di lavoro, per ogni periodo di sette giorni, non può superare le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
L’ orario di lavoro è qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.
Per settimana lavorativa si intende ogni periodo di sette giorni con conseguente possibilità per i datori di lavoro di far decorrere la settimana stessa a partire da qualsiasi giorno, ovvero considerare settimana lavorativa quella prevista dal calendario (dal lunedì alla domenica) con il risultato, in questo caso, che il periodo di riferimento è limitato alla fine della settimana di calendario con il trasferimento dei giorni in eccedenza nel periodo successivo (Lett.-circ. Ministero del lavoro n. 5/2003).
Non vengono computati nel calcolo della media delle 48 ore, anche se retribuiti, i seguenti periodi di assenza:

  • malattia;
  • infortunio;
  • gravidanza;
  • ferie;
  • riposi compensativi fruiti in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva per lavoro straordinario.

Questo implica, in via generale, se non interviene la contrattazione collettiva o l’azienda non applichi un trattamento di miglior favore, che in una settimana lavorativa composta da 5 gg lavorativi, di 8 ore ciascuno, per un totale di 40 ore, se il lavoratore si assenta per una giornata, ancorché remunerata (malattia, ferie, permessi ecc.), nei 4 gg di lavoro restanti, la prestazione di lavoro fino a 40 ore non produrrà alcuna ora di straordinario (es. 4 gg di 10 ore lavorative ciascuno).
Il D.Lgs. n. 66/2003, nel prevedere un orario settimanale di lavoro di 48 ore compreso lo straordinario, consente alle Organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative di concordare, ai soli fini contrattuali, una durata minore e riferirla alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore a 4 mesi (oppure 6 e fino a 12 a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro).
Nel periodo di riferimento (4/6/12 mesi) sarà possibile superare il limite delle 48 ore settimanali, purché nell’arco di suddetto periodo le settimane con più ore di lavoro vengano compensate da settimane con un minor numero.
Il riferimento all’anno non deve essere inteso come anno civile (1° gennaio – 31 dicembre), ma come un periodo mobile da determinarsi a partire da un giorno qualsiasi dell’anno fino al giorno corrispondente dell’anno successivo.

Non sono computati nell’orario di lavoro:

  • i riposi intermedi;
  • il tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro (Interpello Ministero del lavoro n. 13/2010);
  • il tempo impiegato per la vestizione, allorquando il lavoratore ha avuto a disposizione gli indumenti di lavoro e, prima di recarsi al lavoro, ha la facoltà di scegliere il tempo e il luogo dove indossarli (Cass. n. 8063/2011, n. 11828/2013, n. 7396/2015, ord. n. 505/2019. V. anche interpello Ministero del lavoro n. 1/2020).

 

 

Limiti

D.Lgs. n. 66/2003, art. 5; Circ. Ministero del lavoro n. 8/2005
Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto per salvaguardare l’integrità psico-fisica del lavoratore ed è legittimo in presenza di una contrattazione collettiva (nazionale, territoriale, aziendale), stipulata dalle Organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, applicata o applicabile, che ne disciplini il ricorso.
Le stesse Organizzazioni sindacali possono, a livello aziendale o territoriale, nel rispetto della Costituzione, delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali sul lavoro, realizzare specifiche intese anche in deroga alle disposizioni di legge e alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro (D.L. n. 138/2011 conv., con modificazioni, dalla L. n. 48/2011, art. 8).
In mancanza di una contrattazione applicabile, il lavoro straordinario è ammesso unicamente in presenza di un accordo tra datore di lavoro e lavoratore e per un periodo non superiore alle 250 ore annuali.

Il lavoro straordinario è consentito, in deroga al limite delle 250 ore annue e del consenso collettivo/individuale, salvo diversa disciplina collettiva, nei seguenti casi:

  • eccezionali esigenze tecnico-produttive impossibili da fronteggiare attraverso l’assunzione di altri lavoratori (Interpello Ministero del lavoro n. 413/2006);
  • di forza maggiore, ovvero in «… situazioni caratterizzate da una forza esterna, inevitabile ed inarrestabile, indipendente dalla coscienza e dalla volontà umana, cui non è estraneo il criterio dell’imprevedibilità.» (Circ. Ministero del lavoro n. 172/1956);
  • quando la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
  • eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti e, in tempo utile, alle rappresentanze sindacali aziendali.

Il limite massimo delle ore lavorative durante una giornata è di 13, limite non esplicitamente indicato dal D.Lgs. n. 66/2003, ma dedotto dal diritto del lavoratore di usufruire obbligatoriamente di un riposo di 11 ore consecutive ogni 24 ore.
Il limite settimanale delle 48 ore si applica sia al settore privato che al settore pubblico, ad eccezione dei seguenti lavoratori il cui orario di lavoro è regolato con provvedimento specifico:

  • lavoratori marittimi (D.Lgs. n. 108/2005);
  • personale di volo dell’aviazione civile (D.Lgs., n. 185/2005);
  • lavoratori mobili (D.Lgs. n. 234/2007).

 

 

Esclusioni

D.Lgs. n. 66/2003, art. 17, c. 5
La normativa sul lavoro straordinario non si applica quando la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi:

  • dirigenti e personale dirigente cosiddetto minore (impiegati di prima categoria con funzioni direttive, capi di singoli servizi o sezioni d’azienda, capi ufficio e capi reparto ecc.) ai quali l’imprenditore si affida per le doti di capacità ed esperienza, conferendo «poteri di iniziativa ed autonomia nell’esercizio di un’attività di lavoro qualitativamente superiore, che ammette e spesso richiede interruzioni e discontinuità, e per la quale non possono stabilirsi vincoli normali e costanti di orario, perché la sua durata è essenzialmente legata alla speciale natura delle funzioni e alle connesse responsabilità, e quindi necessariamente variabile» (Corte Cost., n. 101/1975).
    I funzionari direttivi hanno comunque diritto al compenso per lavoro straordinario quando anche per essi la contrattazione collettiva o la prassi aziendale o l’accordo individuale delimiti un normale orario di lavoro ovvero quando la durata della prestazione lavorativa superi il limite della ragionevolezza e sia particolarmente gravosa ed usurante, minando così l’integrità psico-fisica della persona (ex multis: Cass. n. 11929/2003, n. 13882/2004, n. 3038/2011, n. 28728/2011, n. 21253/2012, n. 21010/2015, n. 12687/2016), ovvero quando le prestazioni aggiuntive non rientrano nei propri compiti (Cass. n. 16041/2008);
  • manodopera familiare;
  • lavoratori del settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;
  • lavoratori a domicilio;
  • telelavoratori;
  • lavoratori “agili” (lo smart working non ha precisi vincoli di orario di lavoro).

Inoltre risulta inapplicabile la normativa sul lavoro straordinario per:

  • i lavori agricoli e altri lavori per i quali ricorrano necessità imposte da esigenze tecniche o stagionali (art. 4 R.D.L. n. 692/1923, conv. dalla L. n. 473/1925);
  • le fattispecie di cui al R.D. n. 1957/1923 e agli artt. 8 e 10 del R.D. n. 1955/1923;
  • le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare che in terra, di posa di condotte ed installazione in mare;
  • le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia (R.D. n. 2657/1923);
  • i commessi viaggiatori o piazzisti;
  • il personale viaggiante dei servizi pubblici di trasporto per via terrestre;
  • gli operai agricoli a tempo determinato;
  • i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti da aziende editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonché quelli dipendenti da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi;
  • il personale poligrafico, operai ed impiegati, addetto alle attività di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti necessari al funzionamento degli organi legislativi e amministrativi nazionali e locali, nonché alle attività produttive delle agenzie di stampa;
  • il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva gestiti da aziende pubbliche e private;
  • i lavori di cui all’art. 1 1 della L. n. 154/1978 e all’art. 2 della L. n. 559/1966;
  • le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per assicurare la continuità del servizio, nei settori appresso indicati:
    • personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, delle autostrade, dei servizi portuali ed aeroportuali, nonché personale dipendente da imprese che gestiscono servizi pubblici di trasporto e da imprese esercenti servizi di telecomunicazione;
    • personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione, trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica, gas, calore ed acqua;
    • personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento e trasporto di rifiuti solidi urbani;
    • personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai casi in cui il servizio stesso sia richiesto dall’autorità giudiziaria, sanitaria o di pubblica sicurezza;
  • il personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non autostradali;
  • il personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari, marini, fluviali, lacuali e piscinali.

 

 

Orario di lavoro multiperiodale

Le aziende al fine di consentire incrementi di attività o per far fronte a particolari situazioni come la contrazione della produzione stagionale, le difficoltà o opportunità del mercato ecc., nel rispetto delle norme di tutela della salute e sicurezza del lavoratore, possono introdurre, attraverso una modulazione multiperiodale, una programmazione flessibile dell’orario di lavoro riferita anche a singoli settori, reparti, uffici o gruppi di lavoratori.
Per “orario flessibile” si intendono «quelle forme di organizzazione del tempo di lavoro caratterizzate dalla possibilità di variare la distribuzione dell’orario nell’arco della giornata, della settimana, del mese o dell’anno» (Circ. Inps n. 95/2000).
In questo caso le Organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative possono, attraverso la contrattazione collettiva (nazionale, territoriale, aziendale), prevedere – nell’arco di un periodo non superiore all’anno – un prolungamento dell’orario di lavoro in alcuni periodi che dovrà essere poi compensato da una riduzione in altri periodi, fermo restando che la media deve corrispondere alle canoniche 40 ore settimanali (48 comprensive di straordinario) o alla durata minore stabilita dalla contrattazione collettiva.
Il riferimento all’anno non deve intendersi come anno civile (1° gennaio – 31 dicembre), ma come un periodo mobile compreso tra un giorno qualsiasi dell’anno ed il corrispondente giorno dell’anno successivo, tenendo conto delle disposizioni della contrattazione collettiva.
Viene considerato lavoro straordinario ogni ora lavorativa effettuata oltre l’orario settimanale programmato.
Nel caso in cui la contrattazione collettiva non provveda a disciplinare l’orario di lavoro multiperiodale, l’autonomia individuale potrà intervenire esclusivamente con riferimento all’orario di lavoro straordinario.
Le ore non lavorate per assenza che coincidono con giornate in cui, a seguito della programmazione multiperiodale, sia stato previsto un orario superiore o inferiore a quello normale, sono spostate in altra data di un eguale incremento o riduzione della prestazione.
Le eventuali ore di incremento prestate e non recuperate assumono la natura di lavoro straordinario e devono essere compensate secondo le modalità previste dai contratti.

 

Obbligatorietà della prestazione

In presenza di una contrattazione collettiva che preveda il lavoro straordinario, il lavoratore non può sottrarsi, nei limiti della legge, alla richiesta da parte del datore di lavoro di effettuare prestazioni straordinarie, a meno di non incorrere in una sanzione disciplinare per inadempimento contrattuale (Cass. n. 2073/1992).
La richiesta può avvenire anche in maniera non esplicita, con la creazione di condizioni che lo rendano necessario e con la mancata contestazione del datore una volta venutone a conoscenza (Cass. n. 15499/2006, n. 4269/2009).
La prestazione straordinaria non può essere richiesta obbligatoriamente:

  • in presenza di un giustificato motivo:
    • inaccettabile arbitrarietà della richiesta (Cass. n. 11821/2003, n. 4011/2007);
    • richiesta non giustificata da esigenze aziendali assolutamente prevalenti (Cass. n. 2073/1992);
    • quantità di ore abnormemente superiori ai limiti di legge (Cass. n. 2073/1992);
  • ai lavoratori studenti (L. n. 300/1970, art. 10);
  • ai lavoratori minorenni (L. n. 977/1967, art. 18);
  • durante il blocco sindacale delle prestazioni accessorie, nel quale rientra il c.d. “sciopero dello straordinario” (Cass. n. 1701/1986).

Alcuni Ccnl richiedono il consenso del lavoratore alla prestazione di lavoro straordinario.

 

Compenso

Cod. Civ., art. 2018; D.L.gs. n. 66/2003, art. 5, c. 5
La prestazione di lavoro straordinario deve sempre essere espressamente autorizzata dal datore di lavoro o da chi ne fa le veci e deve essere:

  • computata a parte;
  • compensata con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. Gli stessi contratti possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.

Il compenso per lavoro straordinario non rientra, se non previsto dalle parti contrattuali, tra gli elementi che compongono la retribuzione ordinaria, restando quindi escluso dal calcolo di spettanze economiche come le ferie, le festività e le mensilità aggiuntive.
Il lavoratore, a seguito di un accordo individuale con il datore di lavoro, può ottenere, in cambio della prestazione lavorativa straordinaria, vincolata a un numero massimo di ore prestate, un compenso forfettario fisso che in questo caso viene valutato a tutti gli effetti come superminimo individuale e quindi considerato parte integrante della retribuzione ordinaria (Cass. n. 4/2015, n. 9458/2015).
Le ore di lavoro straordinario eccedenti il numero di ore prestabilito per la forfetizzazione devono essere compensate con una maggiorazione; l’onere probatorio del superamento del limite forfettario spetta al lavoratore (Cass. n. 16157/2004, n. 13606/2017).
I compensi forfettari fissi e i compensi per le prestazioni di lavoro straordinario costante e sistematico – le cui condizioni sono verificate dalla regolarità o frequenza o periodicità e dall’esclusione dell’occasionalità o sporadicità o saltuarietà – vanno inclusi nel computo del TFR (Cass. n. 8293/2007; n. 18093/2015; n. 13377/2017).
La regolarità o la frequenza di una prestazione eccedente l’orario ordinario è dovuta al suo ripetersi con costanza ed uniformità, per un apprezzabile periodo di tempo, così da divenire abituale nel quadro dell’organizzazione del lavoro (Cass. n. 11536/2006; n. 19402/2011).

La Suprema Corte ha stabilito che:

  • nel caso in cui il datore di lavoro, dopo aver soppresso la pausa pranzo, pretenda che lo stesso periodo venga recuperato con attività lavorativa, questa attività deve essere compensata come lavoro straordinario (Cass., ord. n. 21325/2019);
  • il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro (tempo di percorrenza) rientra nell’attività lavorativa vera e propria – e va quindi sommato al normale orario di lavoro come straordinario – allorché sia funzionale e necessario rispetto alla prestazione (Cass. n. 5775/2003, ord. n. 24828/2018. Interpello Ministero del lavoro n. 13/2010);
  • il tempo necessario per indossare o dismettere la divisa aziendale (tempo di vestizione), al di fuori del normale orario, benché accessorio e strumentale, viene retribuito come lavoro straordinario se il datore di lavoro ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione (ex multis: Cass., n. 8063/2011; n. 7396/2015; n. 2965/2017; ord. n. 505/2019. Interpello Ministero del lavoro n. 1/2020).

Le ore di straordinario devono essere annotate cronologicamente e specificatamente nel libro unico del lavoro (LUL).
È onere del lavoratore che pretenda un compenso non elargito per lavoro straordinario, provare la relativa prestazione (Cass. n. 3714/2009); il diritto alla richiesta si prescrive in 5 anni (Cass. n. 947/2010).

 

Banca ore

I contratti collettivi possono consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.
Le ore di lavoro straordinario anziché essere remunerate, potranno essere accantonate nella Banca ore per poi essere utilizzate, secondo le previsioni contrattuali, durante il corso dell’anno come riposi compensativi.
Le ore accantonate sul conto individuale possono essere monetizzate, con le modalità del lavoro straordinario:

  • su richiesta del prestatore di lavoro quando lo preveda la contrattazione;
  • per decorrenza dei termini contrattuali;
  • a seguito di cessazione del rapporto di lavoro.

Possono accedere alla Banca ore i dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato (D.Lgs. n. 66/2003, art. 5, c. 5; Circ. Inps n. 39/2000 e n. 95/2000).

 

Lavoro part-time

D.Lgs. n. 81/2015, art. 6, c. 3
Nel rapporto di lavoro a tempo parziale è – a seguito dell’abolizione della distinzione tra part-time orizzontale, verticale e misto – sempre consentito lo svolgimento del lavoro straordinario oltre il normale orario di lavoro legale o contrattuale.
Le ore lavorate oltre l’orario concordato, ma non oltre il normale orario di lavoro legale, sono considerate lavoro supplementare.

 

Lavoro da remoto

Telelavoro

Il D.Lgs n. 66/2003 esclude esplicitamente l’applicazione della normativa riguardante il lavoro straordinario ai telelavoratori, poiché la «durata dell’orario di lavoro … non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi» (art. 17, c. 5, lett. d), tuttavia lo stesso decreto legislativo concede ampio potere derogatorio alla contrattazione collettiva rendendo così possibile l’introduzione di specifiche disposizioni sull’effettuazione di lavoro straordinario, su richiesta del datore di lavoro, anche in casi eccezionali.

Lavoro Agile

Data la peculiarità dello smart working – mancanza di precisi vincoli di orario – le ore di lavoro sono sempre e solo considerate ordinarie ed è quindi di regola esclusa l’esecuzione di ore di lavoro straordinario. Tuttavia la legge n. 81/2015 (art. 18) non ha esplicitamente escluso l’utilizzo di ore di lavoro straordinario e le Parti sociali, con il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile siglato il 7 dicembre 2021, hanno previsto (art. 3) da parte dei contratti collettivi nazionali, territoriali e/o aziendali, la possibilità di inserire una clausola in merito alle prestazioni eccedenti il normale orario giornaliero di lavoro.

 

Lavoro intermittente o a chiamata

Interpello Ministero del lavoro n. 6/2018
Al lavoro intermittente si applicano le disposizioni per lavoro straordinario e le relative maggiorazioni retributive.

 

 

Lavoro agile e telelavoro

Data la peculiarità dello smart working, che non ha precisi vincoli di orario, le ore di lavoro sono sempre e solo considerate ordinarie ed è quindi esclusa l’effettuazione di ore di lavoro straordinario. Tuttavia la legge n. 81/2015 (art. 18) non preclude l’utilizzo di ore di lavoro straordinario lasciando al datore di lavoro la possibilità di inserire una clausola, in merito alle prestazioni eccedenti il normale orario giornaliero di lavoro, nell’accordo aziendale/individuale o di autorizzare ore di lavoro straordinario in via del tutto eccezionale.

Nella P.A., invece, il ricorso al lavoro straordinario nello smart working è stato dichiarato dal Dipartimento della Funzione pubblica, con circ. n. 2/2020, non conforme alla normativa, pur lasciando uno spiraglio aperto là dove premette che le prestazioni di lavoro straordinario appaiono difficilmente compatibili (quindi non incompatibili) con la strutturazione del lavoro agile quale ordinaria modalità della prestazione lavorativa.

In precedenza la Direttiva n. 3/2017 aveva richiamato le varie amministrazioni pubbliche ad adottare, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale, un atto interno che si occupasse dei vari profili attinenti al rapporto di lavoro agile, comprese le prestazioni di lavoro straordinario.

Per il telelavoro la L. n. 66/2003, art. 17, dispone la non applicabilità del lavoro straordinario considerando che l’attività del prestatore di lavoro non è misurata o predetermina, anzi può essere determinata dal lavoratore stesso. Tuttavia la stessa legge concede ampia autonomia ai contratti collettivi in merito all’orario di lavoro e ai tempi di lavoro, quindi anche in questo caso è possibile per il datore concedere in via eccezionale, previo accordo aziendale o individuale, ore di lavoro straordinario.

Anche nella P.A., in via generale, non è possibile utilizzare ore di lavoro straordinario nell’ambito del telelavoro, ma per situazioni di carattere eccezionale e straordinario il dirigente ha la possibilità di richiedere al dipendente prestazioni aggiuntive rispetto a quelle stabilite contrattualmente.

 

 

Lavoro notturno

L’orario di lavoro dei lavoratori notturni (come definiti dall’art. 1 del D.Lgs. n. 66/2003 e come chiarito dall’Ispettorato nazionale del lavoro con nota n. 1050/2020) non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, considerando l’arco temporale di una settimana lavorativa. Per settimana lavorativa, in assenza di una definizione contrattuale o normativa, si intende un “astratto” periodo di 6 giorni (nota INL n. 1438/2019), quindi sia che la settimana venga articolata in 5 giorni o in 6 giorni lavorativi, la media sarà sempre inferiore alle 8 ore di lavoro giornaliero ordinario (40/6) e sarà possibile effettuare 8 ore di lavoro straordinario. I lavoratori notturni che saranno impegnati per 5 giorni (lavoro notturno più straordinario) avranno comunque a disposizione i 2 giorni di riposo per recuperare le energie psico-fisiche.

L’art. 13 del D.Lgs. n. 66/2003, al comma 3, aveva poi previsto per alcune lavorazioni comportanti rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali che il limite delle 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore dovesse essere considerato fisso e non calcolato come media, precludendo così l’effettuazione di lavoro straordinario. L’elenco delle lavorazioni avrebbe dovuto essere pubblicato con decreto ministeriale.

 

 

Apprendisti

Per gli apprendisti maggiorenni è prevista l’effettuazione del lavoro straordinario come regolato dagli artt. 5 e 6 del D.Lgs. n. 66/2003, mentre per gli apprendisti minorenni vige il divieto ai sensi dell’art. 18 L. n. 977/1967.

 

Lavoratori minorenni

L. n. 977/1967, art. 18; Circ. Ministero del lavoro n. 8/2003, par. 6
Per i bambini (minori di età inferiore ai 16 anni), liberi da obblighi scolastici, la disposizione legislativa prevede che l’attività lavorativa non può essere prestata per più di 7 ore giornaliere e 35 settimanali.
I lavoratori adolescenti (minori di età compresa tra i 16 e i 18 anni), anche non apprendisti, rimangono assoggettati alla disciplina della legge n. 977 del 1967 che pone un limite orario settimanale di 40 ore ed uno giornaliero di 8 ore. Di tale limitazione, anche giornaliera, deve tenersi conto anche nell’ipotesi di distribuzione dell’orario di lavoro su base multiperiodale.
Per gli adolescenti è quindi possibile effettuare lavoro straordinario unicamente in presenza di una contrattazione collettiva in cui l’orario settimanale sia inferiore all’orario legale e fino al raggiungimento delle 40 ore.

 

Sanzioni

Superamento della durata media dell’orario settimanale di quarantotto ore, (comprese le ore di lavoro straordinario) con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi. (art. 4, cc. 2, 3 e 4, D.Lgs. n. 66/2003):

  • sanzione amministrativa da € 240 a € 1.800.
    • Se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o se si verifica in almeno 3 periodi di riferimento di cui all’art. 4, cc. 3 o 4, la sanzione va da € 960 a € 3.600.
    • Se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori o se si verifica in almeno 5 periodi di riferimento di cui all’art. 4, cc. 3 o 4, la sanzione va da € 2.400 a € 12.000 e non è ammesso il pagamento in misura ridotta. (L. n. 66/2003, art. 18-bis, c. 3. Importi così modificati dal D.L. n. 145/2013, art. 14, c. 1, lett. c e dalla L. n. 445/2018, art. 1, c. 445, lett. d, n. 1)

Ricorso al lavoro straordinario oltre le 250 ore annue in mancanza di disciplina collettiva applicabile (art. 5, c. 3, D.Lgs. n. 66/2003):

  • sanzione amministrativa da € 25 a € 154.
    • Se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si è verificata nel corso dell’anno solare per più di 50 giornate lavorative, la sanzione va da € 154 a € 1.032. Non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta (Art. 18, c. 6, D.Lgs. n. 66/2003; Circ. Ministero del Lavoro n. 8/2005, par. 10; interpello Ministero del lavoro n. 2642/2014).
    • La sanzione deve essere applicata una sola volta, senza moltiplicare l’importo per ciascun lavoratore interessato (Interpello Ministero del lavoro n. 56/2009).

Compensazione per lavoro straordinario (computazione a parte e/o non corresponsione di maggiorazioni o riposo) (Art. 5, c. 5, D.Lgs. n. 66/2003):

  • sanzione amministrativa da € 25 a € 154.
    • Se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si è verificata nel corso dell’anno solare per più di 50 giornate lavorative, la sanzione va da € 154 a € 1.032 (art. 18, c. 6, D.Lgs. n. 66/2003; Circ. Ministero del Lavoro n. 8/2005, par. 10).
    • La sanzione deve essere applicata una sola volta, senza moltiplicare l’importo per ciascun lavoratore interessato.

Omessa indicazione delle ore di straordinario nel LUL:

  • sanzione amministrativa da € 150 a € 1.500 euro.
    • Se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori, la sanzione va da € 500 a € 3.000 (art. 39, c. 7, D.L. n. 112/2008 conv., con modificazioni, dalla L. n. 133/2008).

Lavoro straordinario “fuori busta”:

  • sanzione amministrativa da € 150 a € 900 euro.
    • Se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi la sanzione va da € 600 a € 3.600. Se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi la sanzione va da € 1.200 a € 7.200 euro (art. 5, L. n. 4/1953 così come sostituito dall’art. 22, c. 7, D.Lgs. n. 151/2015. Nota Ministero del lavoro n. 2642/2014).

Inosservanza per il superamento dell’orario di lavoro da parte di minorenni:

  • arresto fino a 6 mesi o ammenda fino a € 5.164 (art. 26, c. 2, L. n. 977/1967).

 

 

Casistica di decisioni della Magistratura in tema di lavoro straordinario

In genere

  1. Anche al pubblico dipendente è dovuto il compenso per lavoro straordinario autorizzato, anche se illegittimamente (quindi ex art. 2126 c.c.).
    L’infermiere di un ospedale si era visto negare dalla Corte d’appello il richiesto compenso per prestazioni svolte d’estate oltre l’orario ordinario in due diversi anni, con la motivazione dell’assenza di requisiti oggettivi (tra cui l’autorizzazione della Regione) e soggettivi richiesti dal CCNL applicato, in materia di “prestazioni aggiuntive”. La decisione non supera il vaglio della Cassazione, che, pur confermando la correttezza del ragionamento dei giudici di merito, lo ritiene insufficiente a sostenere il rigetto della domanda. Il diritto del lavoratore a vedersi remunerate il lavoro oltre il debito orario deriva, infatti, secondo la Corte, non dalla disciplina delle “prestazioni aggiuntive”, ma da quella del lavoro straordinario, che presuppone unicamente l’autorizzazione, anche implicita, del datore di lavoro (e non anche della Regione) e spetta, a norma dell’art. 2126 cod. civ., anche se tale autorizzazione è illegittima. (Cass. 23/6/2023 n. 18063, Pres. Manna Rel. Bellè, in Wikilabour, Newsletter n. 13/2023)
  2. Il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l’onere di dimostrare di aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro, senza che l’assenza di tale prova possa essere supplita dalla valutazione equitativa del giudice. (Trib. Milano 10/9/2016, Giud. Dossi, in Lav. nella giur. 2017, 99)
  3. I funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario se la disciplina collettiva delimita anche per essi l’orario normale e tale orario viene in concreto superato, e comunque laddove la durata della prestazione valichi il limite di ragionevolezza in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell’integrità fisiopsichica garantita dalla Costituzione. (Cass. 20/6/2016 n. 12687, Pres. Bronzini Rel. Riverso, in Lav. nella giur. 2017, con commento di G.A. Recchia, 58)
  4. Premesso che è il soggetto che agisce per ottenere la corresponsione del compensi previsti per il lavoro straordinario a essere gravato dell’onere di fornire prova puntuale delle ore di lavoro svolte, non può dubitarsi che tale onere probatorio investa non solo la prova dello svolgimento della prestazione lavorativa nell’orario normale e la prova dello svolgimento della prestazione lavorativa oltre tale orario, ma anche la prova dell’articolazione di tale prestazione con riferimento a eventuali pause godute al fine di potere puntualmente ricostruire la prestazione resa. (Trib. Firenze 14/1/2015, Giud. Davia, In Lav. nella giur. 2015, 645)
  5. Una volta accertato il lavoro straordinario svolto dal dipendente, è necessario verificare l’esatto ammontare del credito maturato per tale titolo, detraendo specificatamente gli importi già percepiti “fuori busta” dal lavoratore nello stesso arco temporale e per il medesimo titolo. (Cass. 2/5/2012 n. 6649, Pres. Miani Canevari Est. Canna, in D&L 2012, 544)
  6. Deve escludersi che il compenso corrisposto in maniera fissa e continuativa al lavoratore per lo svolgimento di lavoro straordinario rientri, in difetto di espressa previsione delle parti sociali, nella nozione di retribuzione ai fini del calcolo di talune spettanze economiche, quali le maggiorazioni per ferie e festività e le mensilità aggiuntive. (Trib. Milano 16/6/2009, Giud. Mariani, in Lav. nella giur. 2009, 960)
  7. Il lavoro straordinario per potere anche solo toricamente costituire una parte della retribuzione, tale da concorrere alla base di calcolo per gli ulteriori istituti retributivi, dovrebbe infatti essere caratterizzato da una continuatività, da una abitualità e una predeterminabilità tale da fare assurgere, quantomeno nella percezione delle parti, in sede di esecuzione del rapporto, lo stesso lavoro straordinario come una componente inscindibile della retribuzione contrattualmente determinata. (Trib. Milano 8/5/2009, dott. Lualdi, in Lav. nella giur. 2009, 846)
  8. La normativa sulle limitazioni d’orario per i lavoratori dipendenti non trova applicazione nei confronti del personale direttivo delle aziende. Tuttavia, il diritto al compenso per lavoro straordinario può sorgere nei confronti dei dirigenti qualora l’orario normale di lavoro previsto dal contratto individuale o di lavoro e la durata della prestazione lavorativa ecceda i limiti della ragionevolezza. (Trib. Napoli 11/3/2009, Giud. Guarino, in Lav. nella giur. 2009, 636)
  9. La particolare garanzia apprestata dall’art. 36 Cost. a tutela del lavoratore subordinato non si riferisce ai singoli elementi retributivi, bensì al trattamento economico globale, comprensivo della retribuzione per lavoro straordinario (v sentenza Corte Cost. n. 470 del 2002). Ne consegue che i criteri della proporzionalità e della sufficienza posti dalla citata norma costituzionale a tutela del lavoratore non trovano applicazione in caso di erogazione di un compenso per lavoro straordinario inferiore a quello erogato per l’orario ordinario. (Fattispecie relativa all’attività di operatore di ripresa, svolta senza vincoli di orario, e al passaggio dalla contrattazione collettiva che riconosceva un’indennità commisurata al 25 per cento della retribuzione e della contingenza, ad altra, di diverso contenuto e portata, quantificata nell’8 per cento della retribuzione e della contingenza). (Cass. 19/1/2009 n. 1173, Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Lav. nella giur. 2009, 628)
  10. Sul lavoratore che domandi la corresponsione d’emolumenti per lo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario, incombe il rigoroso onere della prova delle ore effettivamente lavorate. (Trib. Milano 9/1/2009, Est. Ravazzoni, in Orient. giur. lav. 2009, 51)
  11. La prestazione lavorativa eccedente l’orario concordato fra le parti in una misura inferiore a quella massima stabilita dalla legge o dal contratto collettivo, e fino al raggiungimento di questa, va qualificata come straordinario e retribuita a norma dell’art. 2108 c.c., a meno che non venga provata l’esistenza di un accordo fra le stesse parti avente per oggetto il prolungamento dell’orario normale contrattuale fino al limite di quello normale legale o pattuito in sede collettiva. (Cass. 3/12/2008 n. 28715, Pres. Mattone Est. Lamorgese, in Lav. nella giur. 2009, 412)
  12. Ai fini della validità del patto di conglobamento del compenso per il lavoro straordinario nella retribuzione ordinaria, occorre risultino riconosciuti i diritti inderogabili dei lavoratori e che sia determinato quale sia il compenso per il lavoro ordinario e quale l’ammontare del compenso per lavoro strordinario, in modo da consentire al giudice il controllo circa l’effettivo riconoscimento al lavoratore dei diritti inderogabilmente spettantegli per legge o in virtù della contrattazione collettiva. (Nella specie la S.C., nel confermare la sentenza di merito, ha osservato che correttamente quest’ultima aveva escluso che il conglobamento dello straordinario nel cosiddetto superminimo violasse il diritto inderogabile di un responsabile di filiale di una società di trasporti e spedizioni alla retribuzione del lavoro straordinario secondo le tariffe fissate dalla contrattazione collettiva). (Cass. 12/11/2008 n. 27027, Pres. De Luca Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2009, 299)
  13. Qualora sussista una specifica e sia pure implicita volontà delle parti intesa ad ampliare l’orario normale di lavoro, conglobandovi lo straordinario fisso e continuativo, nonché a trasformare il relativo compenso in retribuzione ordinaria utile al fini del calcolo degli istituti indiretti, deve riconoscersi il diritto del lavoratore a che le maggiorazioni da lui percepite per lavoro straordinario siano computate ai fini del calcolo della tredicesima mensilità. (Trib. Cassino 14/10/2008, in Lav. nella giur. 2009, 206)
  14. E’ del tutto legittima perchè non si pone in contrasto né con l’art. 36 Cost., né con l’art. 2108 c.c. la condotta del datore di lavoro che – in presenza della contrattazione che predetermini, nell’esercizio dell’autonomia delle organizzazioni sindacali, un orario normale inferiore rispetto a quello massimo fissato per legge (ora individuato dall’art. 2 del D.Lgs. 66 del 2003) – corrisponda ai propri dipendenti, che abbiano superato il limite convenzionale senza superare quello (massimo) legale, un corrispettivo per il suddetto lavoro inferiore a quello prescritto dall’art. 2108 c.c. per l’orario straordinario (disciplinato attualmente dagli artt. 1, comma 2, lett. c), e 5 del citato D.Lgs. n. 66 del 2003), atteso che il dettato costituzionale deve essere letto non in relazione ai singoli elementi retributivi, ma al complessivo trattamento economico riconosciuto al lavoratore subordinato e, inoltre, perchè l’inderogabilità del menzionato art. 2108 c.c. opera soltanto in presenza di violazioni dei tetti massimi di “orario normale”, previsti da norme legislative. (Cass. 16/7/2007 n. 15781, Pres. Sciarelli Est. Vidiri, in Lav. nella giur. 2008, 193, e in Riv. it. dir. lav. 2008, 1302)
  15. In ossequio alla norma dell’art. 2108 c.c. per la quale il lavoro straordinario deve essere compensato con un aumento di retribuzione rispetto al lavoro ordinario, nel determinare i criteri di calcolo di tale compenso, il giudice, in assenza di un principio generale di onnicomprensività della retribuzione, pur in presenza di emolumenti aventi carattere di continuità e natura retributiva, deve prendere a riferimento la norma collettiva che fissa i criteri di compenso del lavoro straordinario, verificandone la coerenza con la norma di legge in relazione alle modalità di fissazione della base di computo. (Cass. 7/2/2007 n. 2645, Pres. Senese Est. cuoco, in Lav. nella giur. 2007, 1028)
  16. Nel vigore della disciplina precedente alla riforma recata dal d.lgs. n. 66/2003, doveva considerarsi legittima la condotta del lavoratore che, in presenza di un contratto collettivo che fissi un limite di orario normale inferiore a quello fissato dalla legge, corrispondesse ai propri dipendenti, i quali avessero superato il limite convenzionale ma non quello legale, un corrispettivo inferiore a quello previsto dall’art. 5 del r.d.l. n. 692/1923 per l’orario straordinario. (Cass. 17/10/2006 n. 22233, Pres. Ravagnani Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Mario Quaranta, “Lo straordinario contrattuale nella giurisprudenza di legittimità”, 355)
  17. Quando un rapporto negoziale a tempo indeterminato si prolunga per un lasso di tempo rilevante, il suo contenuto non è più costituito soltanto dalle pattuizioni originarie, ma anche da quelle successive, nonchè da tutte le modificazioni avvenute, anche in via orale e per fatti concludenti, durante il corso del rapporto stesso. (Fattispecie relativa a un’attribuzione patrimoniale che aveva originariamente la funzione di compenso forfetario per lavoro straordinario divenendo nel corso del tempo un superminimo). (Cass. 13/10/2006, n. 22050 Pres. Lamorgese Est. Monaci, in D&L 2007, con nota di Marcella Mensi, “Trasformazione del compenso per lavoro straordinario in superminimo”, 162, e in ADL 2007, con nota di Natalia Paci, “Qunado il compenso forfetario per lavoro straordinario si trasforma in superminimo. L’interpretazione dei contratti a tempo indeterminato”, 523)
  18. La prestazione del lavoro straordinario può essere richiesta dal datore di lavoro anche in maniera non esplicita, con la creazione di condizioni che lo rendano necessario, e con la mancata contestazione, una volta che dello stesso sia venuta conoscenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato Poste Italiane a corrispondere il compenso per lavoro straordinario al direttore di agenzia che era stato costretto a trattenersi oltre il normale orario di lavoro per le continue assenze dell’unico addetto allo sportello, trasmettendo all’azienda precisi rendiconti mensili con apposito statino). (Cass. 7/7/2006 n. 15499, in Lav. nella giur. 2007, 87)
  19. Il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l’onere di dimostrare di aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro, e la valutazione sull’assolvimento dell’onere probatorio costituisce accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, se correttamente e logicamente motivato. In particolare, qualora il dipendente di una associazione sindacale abbia prestato all’interno della stessa sia attività di lavoro subordinato che attività politico-sindacale, quale eletto a cariche associative, trattandosi di attività distinte che avrebbero potuto essere svolte da persone fisiche diverse, deve qualificare separatamente le percentuali di impegno. (Cass. 25/5/2006 n. 12434, Pres. Sciarelli Est. Monaci, in Lav. nella giur. 2006, 1223, e in Dir. e prat. lav. 2007, 133)
  20. La prestazione fornita oltre il normale orario di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva ma non oltre l’orario legale (40 ore settimanali) può essere retribuita con una maggiorazione inferiore a quella di cui all’art. 2108 c.c.(Cass. 17/3/2006 n. 5922, Pres. Mileo Rel. Vidiri, In Lav. Nella giur. 2006, 914)
  21. Non è manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 7, 5° comma, DL 19/9/02 n. 384 (convertito, con modificazioni, nella L. 14/11/92 n. 438) nella parte in cui, per le prestazioni di lavoro straordinario, esclude una retribuzione maggiorata, o addirittura consente un compenso inferiore rispetto al lavoro ordinario, così violando l’art. 4, 2° comma, della Carta sociale europea (ratificata con L. 9/2/99 n. 30) in contrasto con quanto previsto dagli artt. 11 e 117 Cost., quanto all’adempimento da parte dello Stato italiano agli obblighi internazionali che traggono origine da fonte convenzionale. (Trib. Genova 1/10/2004, ord., in D&L 2005, con nota di Vincenzo Ferrante, “Sulla costituzionalità delle norme che negano il diritto del lavoratore alle maggiorazioni retributive per il lavoro straordinario”, 217)
  22. Nell’ipotesi di lavoro discontinuo – come quello di autista adibito a trasporto merci – caratterizzato da attese non lavorate, durante le quali il dipendente può reintegrare con pause di riposo le energie psico-fisiche consumate, è configurabile l’espletamento di lavoro straordinario solo allorquando, malgrado detta discontinuità, sia convenzionalmente prefissato un preciso orario di lavoro ed il relativo limite risulti in concreto superato – occorrendo, all’uopo, che venga fornita la prova relativamente a modalità e tempi del servizio prestato nell’arco di tempo compreso tra l’orario di lavoro iniziale e quello finale dell’attività lavorativa, in modo da consentire di tener conto delle pause di inattività -, oppure l’attività lavorativa prestata dal dipendente oltre il limite dell’orario massimo legale, non operante nei suoi confronti, sia, alla stregua del concreto svolgimento del rapporto di lavoro, irrazionale e pregiudizievole del bene dell’integrità fisica del lavoratore stesso. (Nella specie, la sentenza impugnata – confermata dalla S.C. – aveva rigettato la domanda proposta da autista delle Ferrovie dello Stato addetto al trasporto di operai svolgenti lavoro sulle linee, nonostante fosse pacifico l’orario iniziale e finale del servizio, mancando la prova che il lavoratore fosse stato impiegato in prestazioni di servizio durante tutto il relativo arco temporale). (Cass. 20/4/2004 n. 7577, Pres. Sciarelli Rel. Capitanio, in Dir. e prat. lav. 2004, 2534)
  23. Spetta al lavoratore che agisce in giudizio per ottenere il pagamento del lavoratore effettuato oltre l’orario normale di lavoro provare i fatti che testimoniano lo svolgimento delle prestazioni straordinarie, ulteriori rispetto a quelle già risultanti come retribuite dalle buste paga prodotte in causa. Pertanto la domanda non basata su fatti che ne dimostrano la fondatezza non può essere accolta. (Trib. Milano 12/8/2003, Est. Riva Crugnola, in Lav. nella giur. 2004, 87)
  24. Il compenso per lavoro straordinario forfettizzato non può considerarsi quale normale retribuzione in virtù della continuità dell’erogazione e della mancata verifica da parte del datore di lavoro sull’effettivo espletamento di lavoro straordinario, con la conseguenza che esso non è coperto dalla garanzia di irriducibilità della retribuzione e può essere unilateralmente escluso dalla volontà unilaterale del datore in conseguenza di una diversa organizzazione del lavoro che comporti la verifica delle prestazioni straordinarie effettivamente rese dal lavoratore e del pagamento delle stesse a norma di contratto. (Trib. Milano 2/5/2003, Est. Cincotti, in Lav. nella giur. 2003, 1177)
  25. In applicazione del Ccnl Metalmeccanici, le prestazioni di lavoro straordinario, la cui frequenza e continuità derivano, con il consenso dei lavoratori, da una specifica programmazione datoriale, che ne predetermina l’orario settimanalmente, e sono oggettivamente connaturate alla stessa organizzazione aziendale del lavoro, tanto da assumere il carattere di normalità, i relativi incrementi retributivi debbono essere ricompresi nel concetto di retribuzione globale di fatto. I medesimi compensi per il lavoro straordinario, essendo sistematici e continuativi, devono anche ritenersi compatibili ai fini del calcolo della tredicesima o gratifica natalizia e della retribuzione per ferie, con accessori. (Trib. Cassino 4/2/2003, Est. Di Giulio, in Lav. nella giur. 2003, 592)
  26. In caso di ripartizione dell’orario su periodi ultrasettimanali in base all’art. 4 R.D.L. n. 692/23, il computo del lavoro straordinario va effettuato sul periodo ultrasettimanale definito dal contratto collettivo, purché non siano superati i limiti legali massimi dell’orario settimanale e giornaliero (Cass. 4/12/00, n. 15419, pres. Ianniruberto, in Lavoro giur. 2001, pag. 431, con nota di Martinucci, Il lavoro straordinario nell’orario multiperiodale)
  27. Quando la contrattazione collettiva introduce nella regolamentazione dell’orario di lavoro normale massimo e dello straordinario una disciplina più favorevole per il lavoratore rispetto a quella legale, e fa riferimento per il calcolo dello straordinario a una media da rispettarsi entro un arco temporale più lungo di una settimana, non devono mai essere superati i limiti di orario normale massimo e di straordinario stabiliti dalla legge, al fine di tutelare la salute psicofisica del lavoratore (nella specie, si trattava di determinare il criterio di computo dello straordinario di un lavoratore con orario settimanale di 37,5 ore in turni organizzati secondo cicli di otto settimane) (Cass. 4/12/00, n. 15419, pres. Ianniruberto, est. Vidiri, in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 483, con nota di Bano, Sul sistema di computo dello straordinario)
  28. L’art. 7, 5° comma, DL 19/9/92 n. 384 convertito con modificazione nella L. 14/11/92 n. 438 – il quale obbliga determinati datori di lavoro a corrispondere per il 1993 (termine successivamente prorogato dall’art. 3, 36° comma della L. 24/12/93 n. 537 e dall’art. 1, 66° comma, della L. 23/12/96 n. 662 fino al 31 dicembre 1999) i compensi soggetti a rivalutazione automatica nella stessa misura in essere al 1992 – si riferisce unicamente ai meccanismi automatici d’indicizzazione, mentre per gli incrementi di fonte contrattuale, previsti dal 1° comma del citato art. 5 il blocco introdotto per il 1993 non è stato prorogato; ne segue che il legittimo incremento delle voci retributive contrattate deve incidere anche sul compenso per lavoro straordinario. Così interpretato l’art. 7, 5° comma, cit., non determina l’effetto denunciato – e cioè che un’ora di lavoro straordinario, notoriamente più gravosa, verrebbe retribuita in misura inferiore a un’ora di lavoro ordinario – e pertanto non contrasta con l’art. 36 Cost. (Corte Cost. 9/6/99 n. 242, pres. Granata, rel. Guizzi, in D&L 1999, 795)
  29. Lo svolgimento di lavoro straordinario comporta l’esercizio effettivo di un’attività e risulta perciò più oneroso dell’obbligo di reperibilità, il quale si risolve invece in una mera prestazione “di attesa”, con la conseguenza che la diversa configurazione degli istituti opportunamente determina anche una corrispondente differenziazione del loro trattamento economico (Trib. Milano 5/10/96, pres. Gargiulo, est. Ruiz, in D&L 1997, 137, nota BALLI, Maneggio denaro e reperibilità: una interessante pronuncia)
  30. Ove l’impresa, per soddisfare proprie esigenze tecniche o produttive, richieda al lavoratore, nel corso dell’orario giornaliero di lavoro, di rendere la prestazione lavorativa in località diverse dalla sede abituale di lavoro, compete la retribuzione prevista per il lavoro straordinario, per tutte le ore eccedenti il normale orario giornaliero, anche se impiegate per gli spostamenti dalla sede abituale di lavoro al luogo della prestazione e viceversa (Trib. Torino 27/4/96, pres. Gamba, est. Mancuso, in D&L 1996, 1008)
  31. I compensi per lavoro straordinario continuativo, essendo emolumenti di natura retributiva e di carattere non occasionale, vanno inclusi sia nel computo dell’indennità di anzianità, ex art. 2121 c.c. vecchio testo, sia nel computo del TFR, ex art. 2121 c.c., come novellato dalla L. 297/82 (Cass. 25/7/95 n. 8102, pres. Pontrandolfi, est. Rapone, in D&L 1996, 172. In senso conforme, v. Pret. Milano 3/2/95, est. Atanasio, in D&L 1995, 660)