Spese di giustizia

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A partire dal 16 luglio 2011 è stato esteso anche alle cause di lavoro e previdenziali l’obbligo di versamento del contributo unificato. È così venuto meno il regime di totale gratuità dei procedimenti giudiziari in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, che era stato introdotto con la Legge 11 agosto 1973, n. 533.

La nuova disciplina – introdotta con l’art. 37 del D.L. n. 98 del 2011, convertito con Legge 15 luglio 2011, n. 111 –, peraltro, esclude l’obbligo di versamento del contributo unificato per tutti i processi in cui la parte abbia un reddito imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, inferiore a 31.884,48 euro.

Per tutti gli altri casi, l’ammontare del contributo unificato viene stabilito in base al valore della causa, secondo gli scaglioni stabiliti dall’art. 13 del d.P.R. 115/02:

  1. all’art. 9 del D.P.R. n. 115/02 è stato introdotto il comma 1-bis che recita: “Nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, le parti che sono titolari di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, superiore al doppio dell’importo previsto dall’articolo 76, sono soggette, rispettivamente, al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all’articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 3, salvo che per i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il contributo è dovuto nella misura di cui all’articolo 13, comma 1”;
  2. all’art. 13, comma 3, del D.P.R. n. 115/02, che inizia con “Il contributo è ridotto alla metà …”, è stata introdotta la disposizione: “e per le controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, salvo quanto previsto dall’articolo 9, comma 1- bis”;
  3. tutte le misure dei contributi unificati previsti dall’art. 13 D.P.R. n. 115/02 sono state innalzate come da Tabella in calce, ed, inoltre, è stato introdotto, all’art. 13 citato, il comma 3-bis che stabilisce: “ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax ai sensi degli articoli 125, primo comma, del codice di procedura civile e 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale nell’atto introduttivo del giudizio o, per il processo tributario, nel ricorso, il contributo unificato è aumentato della meta’”;
  4. il comma 7 dell’art. 37 del D.L. n. 98/2011 recita: “Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano alle controversie instaurate, …, successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”, e l’art. 41 dispone che “Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ….” ovvero il 6 luglio 2011.

Nonostante siano mancate precise istruzioni da parte del Ministero, si può fondatamente sostenere che:

  • deve farsi riferimento al reddito individuale del lavoratore ricorrente e non a quello del nucleo familiare;
  • per le cause plurime si deve pagare un solo contributo unificato, sommando il valore di ciascuna posizione;
  • resta valida l’esenzione per le cause di lavoro e previdenziali di ogni altra imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi natura, in base alle previgenti disposizioni;
  • ancorché la norma, avente carattere eccezionale, non pare debba estendersi alle esecuzioni ed ai procedimenti fallimentari, le cancellerie richiedono il pagamento del contributo unificato (con conseguente necessità di produrre la documentazione necessaria per l’esenzione).

Per approfondimenti si veda la voce Processo del lavoro.