Ticket licenziamento

Tu sei qui:

Questa voce è stata curata da Arturo Di Mario

Normativa

Legge 28 giugno 2012, n. 92, art. 2, commi 31-35

 

Scheda sintetica

Il datore di lavoro è tenuto al versamento di un contributo, c.d. “ticket licenziamento”, nei casi di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato (compreso il lavoro intermittente o a chiamata), quando al lavoratore viene riconosciuto il teorico diritto all’indennità NASpI, a prescindere dall’effettiva fruizione della stessa.

Tipologie di risoluzioni del rapporto di lavoro e ticket licenziamento

(Circ. Inps n. 40/2020, par. 2)

Il ticket licenziamento è dovuto in caso di:

  • licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
  • licenziamento per giustificato motivo soggettivo;
  • licenziamento per giusta causa;
  • licenziamento durante o al termine del periodo di prova (v. anche Msg. Inps n. 10358/2013, par. 1.1);
  • licenziamento per superamento del periodo di comporto;
  • licenziamento plurimo di lavoratori adibiti in un determinato cantiere, non conseguente al “completamento delle attività e alla chiusura del cantiere”;
  • recesso al termine del periodo di formazione dell’apprendista (art. 42, c. 4, D.Lgs. n. 81/2015);
  • dimissioni per giusta causa (mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali sul luogo di lavoro, mobbing, modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative, comportamento ingiurioso da parte del superiore gerarchico, spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”) (v. anche Circ. Inps n. 97/2003, n. 163/2003, n. 142/2012);
  • dimissioni intervenute durante il periodo tutelato per la maternità (periodo che va da 300 giorni prima della data presunta del parto fino al compimento del primo anno di vita del figlio). La disposizione si applica anche per le dimissioni del padre lavoratore che fruisce del congedo di paternità (art. 55, c. 1 e 2, D.Lgs. n. 151/2001; nota INL n. 9550/2022);
  • dimissioni, entro 3 mesi, per trasferimento di azienda con conseguenti notevoli variazioni delle condizioni di lavoro (art. 2112, c. 4, c.c.);
  • risoluzione consensuale in seguito al rifiuto da parte del lavoratore di trasferirsi ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici (v. Circ. Inps 108/2006; Msg. Inps n. 369/2018; Circ. Inps n. 142/2015, par. 2);
  • risoluzione consensuale con procedura di “conciliazione obbligatoria” per le aziende soggette a tutela reale (aziende con almeno 15 dipendenti) (art. 7, L. n. 604/1966 come sostituito dall’art. 1, c. 40, L. n. 92/2012; art. 3, c. 2, D.Lgs. n. 22/2015);
  • risoluzione consensuale con procedura di “conciliazione agevolata” (art. 6, L. n. 23/2015; interpello Ministero del lavoro n. 13/2015).

 

Il ticket non è dovuto per:

  • dimissioni volontarie;
  • cessazione del rapporto di lavoro a seguito di accordi sindacali per l’incentivazione all’esodo dei lavoratori prossimi alla pensione (art. 4, c. 7-ter, L. n. 92/2012);
  • cessazione del rapporto di lavoro per incentivazioni all’esodo disciplinate dall’art. 26, c. 9, lett. b), D.Lgs. n. 148/2015;
  • cessazione del rapporto di lavoro nell’ambito di processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria;
  • risoluzione consensuale avvenuta presso la Commissione di conciliazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro (art. 410 c.p.c.; nota Ministero del lavoro 12 febbraio 2016);
  • risoluzione consensuale avvenuta in sede sindacale (art. 411 c.p.c.);
  • interruzione del rapporto di lavoro nell’apprendistato di 1° livello (art. 32, c. 1, lett. a), D.Lgs. n. 150/2015);
  • interruzione del rapporto di lavoro conseguente a licenziamenti effettuati in conseguenza di cambio appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione delle clausole sociali che garantiscano continuità di occupazione (art. 2, c. 34, lett. a), L. n, 92/2012). L’Inps precisa che il ticket è invece dovuto qualora la risoluzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del datore di lavoro originario sia dichiarata illegittima, sebbene il rapporto di lavoro sia passato all’impresa subentrante;
  • interruzione del rapporto di lavoro nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere (art. 2, c. 34, lett. b), L. n. 92/2012; Msg. Inps n. 3933/2018). L’interruzione del rapporto non viene però considerata come licenziamento per giustificato motivo oggettivo nel caso in cui il lavoratore può essere utilizzato in altri cantieri (c.d. obbligo di repechage). L’Inps precisa, inoltre, che qualora si proceda alla conciliazione di cui all’art. 7 della L. n. 604/1966, l’esonero dal versamento del ticket trova applicazione unicamente se viene prevista la risoluzione del rapporto di lavoro a seguito del licenziamento intimato a titolo di fine cantiere.
  • interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato del dipendente già pensionato;
  • le società sottoposte a procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria per gli anni 2020, 2021, 2022 e 2023, che abbiano usufruito del trattamento di integrazione salariale straordinaria previa autorizzazione dell’Inps a seguito di apposita richiesta (art. 43-bis, c. 1, D.L. n. 109/2018 conv., con modificazioni dalla L. n. 130/2018 e art. 1, c. 126, L. n. 234/2021; Circ. Ministero del lavoro n. 19/2018).

Contratto di espansione e ticket licenziamento

(Circ. Inps n. 40/2020, par. 2.1)

L’art. 41 del D.Lgs. n. 148/2015 (novellato dall’art. 26-quater D.L. n. 34/2019 e modificato dall’art. 1, c. 349, L. n. 178/2020 e dall’art. 1, c. 215, L. n. 234/2021) ha previsto per gli anni 2019, 2020, 2021, 2022 e 2023 l’introduzione del contratto di espansione che prevede, tra l’altro, la risoluzione concordata del contratto di lavoro con diritto all’indennità NASpI (art. 41, c. 5, D.Lgs. 148/2015).

Hanno diritto all’indennità, con conseguente versamento del ticket da parte del datore di lavoro, i lavoratori che, avendo maturato il requisito minimo contributivo, si trovano a non più di 60 mesi dal conseguimento della:

– pensione di vecchiaia;

– pensione anticipata di cui all’art. 24, c. 10, D.L. n. 201/2011 conv. dalla L. n. 214/2011 (art. 41, c. 5, D.Lgs. 148/2015). In questo caso nei 60 mesi devono essere conteggiati anche i 3 mesi della “finestra” introdotta dall’art. 15 del D.L. n. 4/2019 (Circ. Ministero del lavoro n. 16/2019).

Il contributo NASpI, e quindi il ticket licenziamento, non è dovuto, invece, per la risoluzione concordata del rapporto per i lavoratori che si trovano a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile per ottenere la:

– pensione di vecchiaia;

– pensione anticipata di cui all’art. 24, c. 10, D.L. n. 201/2011 conv. dalla L. n. 214/2011 (art. 41, c. 5-bis, D.Lgs. 148/2015; Circ. Inps n. 48/2021).

Misura del contributo

(Circ. Inps n. 40/2020, par. 3; Msg. Inps n. 10358/2013)

A decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41% del massimale mensile di ASpI/NASpI (importo comunicato annualmente dall’Inps) per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni.

Il contributo non dipende, quindi, né dall’importo della retribuzione individuale percepita, né dalla tipologia del rapporto di lavoro cessato (part-time o full-time).

Il contributo è interamente a carico del datore di lavoro e deve essere sempre versato in unica soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.

Anzianità aziendale

Se la prestazione lavorativa è stata inferiore ai 12 mesi il contributo va determinato in base al numero di mesi effettivamente lavorati; ai fini dell’anzianità lavorativa si considera mese intero quello in cui la prestazione si sia protratta per almeno 15 giorni di calendario.

Tutti i mesi di lavoro diversi dal primo e dall’ultimo devono essere considerati mesi interi, indipendentemente dalle giornate lavorate; non devono essere calcolati nell’anzianità i periodi di congedo del coniuge convivente di soggetto con disabilità in situazione di gravità (art. 42, c. 5, D.Lgs. n. 151/2001) e i periodi di aspettativa non retribuita.

L’Inps ha infine specificato che:

– sono inclusi nell’anzianità anche i periodi di lavoro a termine quando la trasformazione del rapporto sia avvenuta senza soluzione di continuità o se comunque si è proceduto alla restituzione del contributo addizionale;

– per i lavoratori intermittenti/a chiamata – con o senza disponibilità – i periodi non lavorati non concorrono nel computo dell’anzianità aziendale;

– ai lavoratori coinvolti in operazioni societarie (artt. 2112 o 1406 c.c.), l’anzianità aziendale deve essere stabilita valutando la durata complessiva del rapporto di lavoro, compreso il periodo svolto presso l’azienda cedente.

Licenziamento collettivo

A decorrere dal 1° gennaio 2018 i datori di lavoro tenuti al finanziamento della CIGS che licenziano i dipendenti a conclusione di una procedura di licenziamento collettivo, sono tenuti al versamento del ticket per un importo pari all’82% del massimale mensile NASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, importo che viene moltiplicato per tre volte nel caso in cui la dichiarazione di eccedenza del personale non abbia formato oggetto di accordo sindacale. (L. n. 205/2017, art. 1, c. 137; L. n. 92/2012, art. 2 c. 35; Msg. Inps n. 594/2018; Circ. Inps n. 19/2018, par. 3; Circ. Inps n. 40/2020, par. 3.2; Msg. Inps n. 528/2021, par. 1)

 

Assegno ordinario di invalidità

(Circ. Inps n. 40/2020, par. 5.1)

I lavoratori che fruiscono dell’assegno ordinario di invalidità, nel caso in cui si trovino ad avere diritto ai trattamenti di disoccupazione, hanno la possibilità di optare per l’assegno o per la prestazione di disoccupazione che comporterà, in questo caso, la corresponsione da parte del datore di lavoro del ticket licenziamento.