Contratto individuale di lavoro

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Questa voce è stata curata da Simona Rizzello

 

Scheda sintetica

Il contratto individuale di lavoro è il contratto mediante il quale il lavoratore si obbliga a prestare la propria attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione e la vigilanza del datore di lavoro, in cambio di una controprestazione ossia la retribuzione (art. 2099 cod.civ.).
La prestazione dell’opera del lavoratore può essere sia di carattere manuale, sia di carattere intellettuale.
Ai fini della validità del contratto è necessario che vi sia la compresenza dei seguenti elementi essenziali:

  • il consenso delle parti
  • la causa
  • l’oggetto
  • la forma.

Il contratto di lavoro deve contenere nell’oggetto l’attività della prestazione lavorativa che il lavoratore deve effettuare, purché ovviamente sia lecita, possibile e determinata ovvero determinabile, attraverso il riferimento alla categoria contrattuale di appartenenza.
La durata del contratto può essere a tempo indeterminato oppure a tempo determinato: in quest’ultimo caso, la durata dell’intero rapporto lavorativo non può essere superiore a tre anni dalla stipulazione del primo contratto di lavoro.
Il lavoratore, nello svolgimento del rapporto lavorativo è tenuto ad usare la diligenza richiesta dalla prestazione dovuta, osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dal datore di lavoro; è altresì tenuto all’obbligo di fedeltà, ossia non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi che siano in concorrenza con il datore di lavoro, ovvero divulgare notizie attinenti l’organizzazione dell’azienda al fine di recare ad essa pregiudizio. (artt. 2104 e 2105 c.c.).
Le modifiche contrattuali possono essere stabilite solo dalla legge, dai contratti collettivi o dalla volontà di entrambe le Parti.

 

Riferimenti normativi

  • Codice civile, Artt. 2096, 2104, 2105
  • Art. 96 disp. Att. Cod.civ.
  • D.Lgs. 24 maggio 1997 n. 152
  • Legge 15 luglio 1966 n. 604, art. 10

 

 

Cosa fare- tempi – a chi rivolgersi

  • Ufficio vertenze sindacale
  • Studio legale specializzato in diritto del lavoro

 

 

L’accordo contrattuale

Il contratto di lavoro si costituisce attraverso il consenso delle parti: è pertanto essenziale che entrambi i contraenti abbiano la capacità di concludere un contratto di lavoro.
Con la modifica introdotta dalla Legge 27 dicembre 2006 n. 296 la capacità di stipulare validamente un contratto di lavoro da parte del lavoratore si acquista al raggiungimento al compimento del 16° anno di età.
Affinché l’accordo sia valido si richiede espressamente che la volontà di concludere il contratto sia espressa, e non viziata da errore (ossia una falsa rappresentazione della realtà), da violenza (ossia minaccia di un male futuro) e da dolo (raggiri in assenza dei quali il prestatore non avrebbe concluso il contratto).
Le condizioni contrattuali non possono altresì essere inferiori o peggiorative per il lavoratore, rispetto a quanto previsto dai contratti collettivi nazionali.
In genere il datore di lavoro, prima di stipulare il contratto, sottoscrive una c.d. “lettera di impegno” che consegna al lavoratore, mediante la quale lo stesso si impegna ad assumere quest’ultimo.
Nel caso in cui tale impegno non venisse rispettato, il lavoratore può ricorrere in giudizio, al fine di ottenere una sentenza che produca tutti gli effetti di un contratto, oltre che il risarcimento del danno.
All’atto di assunzione, il datore di lavoro deve, a pena di sanzione amministrativa, consegnare al lavoratore la c.d. “Lettera di assunzione” contenente:

  • la dichiarazione sottoscritta dell’avvenuta registrazione nel libro matricola
  • documento contenente le informazioni delle condizioni applicabili al rapporto di lavoro, quali:

 

 

Il periodo di prova

Con la stipulazione del contratto di lavoro, le parti possono pattuire un periodo di prova: tale periodo deve risultare da atto scritto, con il quale si stabilisce la durata di tale prova.
La forma scritta ( e la relativa approvazione sottoscritta ) di tale patto di prova, ancorché contenuta contestualmente nel contratto di lavoro, è richiesta a pena di nullità: pertanto, è illegittimo il licenziamento effettuato dal datore di lavoro per mancato superamento del periodo di prova nel caso in cui tale clausola non risulti da atto scritto.
Altresì a pena di nullità, il patto di prova deve contenere specificamente l’indicazione delle mansioni alle quali il lavoratore è adibito: a tal fine, è ben possibile che il contratto contenga anche un rinvio alla normativa contrattuale collettiva.
Il termine massimo di durata del periodo di prova previsto dalla legge è di 3 mesi ( per gli impiegati che non svolgono funzioni direttive ) e di 6 mesi per tutti gli altri lavoratori, salva diversa disposizione prevista nei contratti collettivi di categoria.
Durante tale periodo, le parti possono recedere liberamente dal contratto di lavoro, oralmente, senza necessità alcuna di fornire preavviso, né motivazione: tuttavia, il licenziamento è illegittimo allorquando la prova sia stata superata dal lavoratore ed abbia quindi avuto esito positivo, ovvero qualora al lavoratore non sia stato consentito concretamente di effettuare tale prova.

 

Causa del contratto

La causa del contratto, altro elemento essenziale di questo, deve essere lecita ossia conforme alla legge, all’ordine pubblico ed al buon costume.
Solitamente, si è in presenza di una causa illecita allorquando il rapporto lavorativo risulti essere irregolare (c.d. “lavoro nero”): in tali casi infatti, si violano norme inderogabili previste dall’ordinamento a tutela del lavoratore.
Gli orientamenti dottrinali più diffusi sono soliti far ricollegare alla causa del contratto anche la obbligazione contrattuale gravante sul datore di lavoro, a fornire un ambiente di lavoro salubre e sicuro (art. 2087 c.c.)

 

Oggetto del contratto

Il contratto di lavoro deve contenere specificamente l’attività che il prestatore di lavoro è tenuto ad effettuare, e dev’essere:

  • lecita e conforme alla Legge;
  • possibile: ossia tale da poter essere effettivamente svolta dal lavoratore (si pensi al caso in cui per l’esercizio di un’attività si richiedano specifici requisiti o idoneità psico – fisiche);
  • determinata o determinabile: specifiche o comunque identificabili attraverso il richiamo della normativa contrattuale collettiva.

 

 

Forma del contratto

Per la stipulazione del contratto di lavoro non è prevista una specifica forma, potendo dunque lo stesso essere anche concluso oralmente, purché sussistano gli specifici requisiti sovra elencati.
Vi sono tuttavia, casi per i quali è espressamente prevista la forma scritta, a pena di nullità:

  • contratto di lavoro sportivo
  • contratto di lavoro a tempo determinato (l’assenza del termine apposto in forma scritta, determina nullità dello stesso, e conseguente trasformazione del rapporto lavorativo a tempo indeterminato)
  • arruolamento personale marittimo
  • contratti che contengono patto di prova o di non concorrenza.

 

 

Particolari clausole contrattuali

Certificazione del contratto

La certificazione è una procedura volontaria mediante la quale le parti possono chiedere e ottenere da determinati soggetti, denominati Commissioni di certificazione, un accertamento sulla qualificazione del contratto, volto a dare alle parti una maggiore certezza sulla natura e sulle caratteristiche del modello contrattuale da loro adottato.
Gli organi abilitati alla certificazione sono gli Enti Bilaterali, le DPL e le province, nonché, in casi particolari, il Ministero del Lavoro, le Università iscritte in un apposito Albo e i Consigli Provinciali dei consulenti del lavoro.
Il provvedimento di certificazione, che ha natura di atto amministrativo, può essere impugnato sia avanti il Giudice del Lavoro, in caso di erronea qualificazione del contratto o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, sia avanti il TAR, in caso di violazione della procedura o eccesso di potere.

 

Patto di stabilità

Nel caso di contratto stipulato a tempo indeterminato, le parti possono inserire la clausola c.d. “di stabilità” con la quale si impegnano, per un termine minimo stabilito, a non recedere dal contratto.
Tale clausola, sia ai fini della validità, sia ai fini della prova, non richiede necessariamente la forma scritta.
Nel caso in cui le parti contravvenendo alla clausola stipulata, recedano ingiustificatamente prima della scadenza del termine convenuto si determina:

  • risarcimento del danno in favore del datore di lavoro qualora il recesso sia stato effettuato dal lavoratore: importo in genere già quantificato in apposita clausola penale contenuta nel patto;
  • risarcimento del danno in favore del lavoratore, qualora il recesso sia stato effettuato dal datore di lavoro, che si commisura con la corresponsione delle retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito qualora il recesso non fosse avvenuto.

Vi sono tuttavia due casi nei quali è prevista la possibilità di recedere legittimamente prima della scadenza del termine pattuito:

  • per giusta causa (licenziamento o dimissioni): ossia, una causa che non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto lavorativo
  • impossibilità sopravvenuta della prestazione, anche parziale.

 

 

Patto di non concorrenza

Il patto di non concorrenza risulta essere disciplinato dall’art. 2125 del codice civile.
Tale norma prevede la possibilità per il lavoratore ed il datore di lavoro di concordare che, una volta intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore sia obbligato a non svolgere attività in concorrenza sia in proprio, sia per conto di terzi, con l’attività svolta dal datore di lavoro.
Coma già sovra precisato, tale patto è nullo se non approvato specificatamente per iscritto: inoltre, ai fini della validità di tale accordo si richiede che lo stesso preveda anche una retribuzione per il lavoratore, corrispettivo che deve essere in ogni caso proporzionato all’obbligo imposto al lavoratore.
La legge prevede espressamente che la durata del vincolo non possa essere superiore a 5 anni nel caso in cui si tratti di dirigenti, ovvero di tre anni in tutti gli altri casi.
Ad ogni buon conto, tale patto, essendo a tutti gli effetti un contratto, può essere sciolto con il consenso di entrambe le parti, salva diversa pattuizione, e la relativa violazione comporta la legittimazione a richiedere risarcimento del danno.

 

Luogo di lavoro

Spesso nei contratti di lavoro sono inserite clausole che prevedono la possibilità che l’attività lavorativa sia prestata non in un unico luogo, ma in diverse località.
Mentre tali clausole sono a tutti gli effetti valide, non possono considerarsi tali le clausole con le quali il lavoratore si impegni ad esempio, a prestare la propria attività lavorativa in tutte le unità locali della azienda, in quanto accordo privo di contenuto determinato e specifico.