Corte d’appello di Milano, 20 marzo 2023

20 Marzo 2023

Illegittime, perché elusive del carattere temporaneo del lavoro somministrato, anche se avvenute nella vigenza del d.lgs. 81/15, le ripetute missioni del lavoratore presso la medesima impresa utilizzatrice

Tipo di Atto: Giurisprudenza di merito

Dopo aver lavorato, tra il 2012 e il 2016, per 33 mesi presso la medesima azienda, in forza di non meno di dieci successivi contratti di somministrazione a tempo determinato, interrompendo l’attività solo in concomitanza delle festività, un lavoratore aveva agito in giudizio per ottenere il diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la società utilizzatrice. Il reclamo era stato rigettato dalla Corte d’appello di Brescia, che, escludendo, in presenza di plurimi contratti, di poter configurare un unico rapporto di lavoro, aveva dichiarato la decadenza del lavoratore, per mancata tempestiva impugnazione, in relazione alle richieste riguardanti i contratti diversi dall’ultimo, regolato dal d.lgs. 81/15 e ritenuto legittimo. La decisione dei giudici bresciani veniva successivamente annullata dalla Cassazione (sentenza n. 29570/2022, v. Newsletter n. 18/22), che, nell’accogliere il ricorso del lavoratore, osservava – ribadendo una lettura proposta pochi mesi prima da Cassazione 22861/2022 (v. Newsletter n. 15/22) – che il carattere temporaneo del lavoro tramite agenzia interinale, sebbene non espressamente richiesto dal d.lgs. 81/15, deve considerarsi un requisito implicito e strutturale di questa tipologia contrattuale, in conformità con i principi fissati dal diritto dell’Unione europea. Alla luce di tale principio, la Cassazione demandava quindi alla Corte d’appello di Milano, in qualità di giudice del rinvio, il compito di verificare se, nel caso concreto, la reiterazione delle missioni del lavoratore presso l’impresa utilizzatrice avesse costituito il mezzo col quale eludere la regola della temporaneità, precisando che tale accertamento avrebbe dovuto tenere conto anche delle vicende contrattuali per le quali era intervenuta la decadenza, in quanto antecedenti storici utili a valutare l’eventuale superamento, tramite elusione, del carattere temporaneo del lavoro somministrato. I giudici milanesi, all’esito del proprio accertamento, riconoscono la natura abusiva del reiterato ricorso alla somministrazione da parte della società utilizzatrice, osservando in particolare che (i) la successione dei contratti e delle relative proroghe dimostra che l’azienda aveva fatto ricorso alla somministrazione non per esigenze di carattere temporaneo, ma per rispondere a un bisogno ordinario di manodopera; (ii) la circostanza – valorizzata dalla società resistente – che, nel caso concreto, non sia stato superato il limite di 44 mesi fissato dal CCNL di riferimento (metalmeccanici) quale soglia massima di impiego dello stesso lavoratore somministrato, risulta irrilevante, dal momento che l’indicazione delle parti sociali costituisce un mero parametro di riferimento per la valutazione dell’abusività del ricorso alla somministrazione, che non vale certo a escludere il potere del giudice di ravvisare l’abuso, secondo i criteri interpretativi fissati dalla giurisprudenza di legittimità, anche laddove il limite contrattuale non venga oltrepassato. Viene conseguentemente dichiarata la costituzione tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dalla data di stipulazione dell’ultimo contratto, con condanna del datore di lavoro a pagare un’indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.

Per un approfondimento su tale sentenza, si veda il contributo dell’associazione Comma 2 – Lavoro è Dignità