Lavoro nello spettacolo

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Questa voce è stata curata da Arianna Castelli

 

Scheda sintetica

La definizione dell’esatto campo di applicazione della disciplina relativa ai “lavoratori dello spettacolo” risulta essere problematica: infatti, in materia, oltre a un intreccio di disposizioni normative e circolari ENPALS, vi è una ricca produzione giurisprudenziale.

A dispetto dell’opinione comune, i lavoratori dello spettacolo non sono solo cantanti e attori, ma tutti quei soggetti che direttamente, indirettamente o con attività ausiliarie contribuiscono alla realizzazione di uno spettacolo. Sia le fonti legislative che la giurisprudenza, infatti, hanno ricondotto in quest’area figure professionali eterogenee: basti pensare che, ad esempio, vi sono stati ricompresi anche truccatori e parrucchieri che svolgono un’attività funzionale alla realizzazione di uno spettacolo.
In ogni caso, a causa delle specifiche connotazioni professionali dei lavoratori e delle esigenze di flessibilità di tale settore, il legislatore ha ritenuto necessario stabilire una regolamentazione specifica per i rapporti di lavoro subordinato stipulati in questo campo. In particolare, alcune peculiarità si rinvengono nel ricorso a contratti atipici, nonché nel ricorso a prestazioni di lavoratori minori di età.

Pare però opportuno sottolineare come possano instaurarsi non solo rapporti di natura subordinata, ma anche autonoma; pertanto, l’esatta individuazione della natura del rapporto di lavoro nel caso concreto deve essere effettuata avendo riguardo ai criteri fissati dai giudici in riferimento alle singole figure professionali.

La disciplina speciale connessa al sistema di collocamento è stata abrogata al fine di semplificare e razionalizzare gli adempimenti gestionali previsti in carico ai datori di lavoro.

 

Fonti normative

  • D.p.r. n. 1525/1923
  • D.Lgs. C.P.S. n. 708/1947
  • D.m. 10 novembre 1997
  • D.m. 15 marzo 2015
  • L. n. 133/2008
  • L. n. 92/2012
  • D.Lgs. n. 81/2015
  • L. n. 205/2017

 

 

A chi rivolgersi

  • Ufficio legale specializzato in diritto del lavoro
  • Ufficio vertenze sindacale

 

 

Scheda di approfondimento

Ambito di applicazione

Il dato normativo di riferimento al fine di individuare i cd. “lavoratori dello spettacolo” è l’art. 3 del d.lgs.C.P.S. n. 708/1947, ove sono state indicate una serie di figure professionali obbligate ad iscriversi all’Enpals (oggi confluito nell’Inps) e a provvedere alla relativa contribuzione. Questo elenco però non era tassativo, ben potendo essere integrato tramite un decreto emanato dal Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro del Lavoro. Pertanto, col tempo, il novero di tali soggetti si è progressivamente esteso anche a figure che non ne facevano parte originariamente, senza che venisse mai elaborata una nozione generale di “lavoratore dello spettacolo”: ad oggi, infatti, si considerano tali anche i disk- jockey, i prestatori d’opera addetti alle sale da corsa e alle agenzie ippiche, gli amministratori di formazioni artistiche e gli animatori in strutture ricettive connesse ad attività turistiche.

Il d.m. 10 novembre 1997, attuativo del d.lgs. n. 182/1997, ha poi raggruppato i lavoratori dello spettacolo in tre diverse categorie: lavoratori a tempo determinato che prestano attività artistica o tecnica direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli; lavoratori a tempo determinato che prestano attività al di fuori delle ipotesi precedenti e, infine, lavoratori dello spettacolo con rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Per ciascuna categoria è stata prevista un’elencazione di profili professionali. Tuttavia, se la qualificazione come lavoratori dello spettacolo per le figure professionali appartenenti al primo gruppo è insita nella stessa attività svolta, per i lavoratori del secondo gruppo, che invece hanno qualificazioni professionali generiche, affinché si applichi la disciplina relativa al lavoro nello spettacolo e scatti l’obbligo di iscrizione all’Enpals (oggi ex Enpals), deve sussistere anche un collegamento funzionale tra l’attività lavorativa svolta e la realizzazione dello spettacolo.
Successivamente, l’art. 43, co. 2, l. n. 289/2002, ha statuito che, in seguito a una proposta dell’Enpals e a una consultazione con i sindacati maggiormente rappresentativi, il Ministero del Lavoro fosse tenuto ad emanare un decreto volto a monitorare periodicamente le figure professionali obbligate a versare la contribuzione all’Ente previdenziale.

In attuazione di tale disposizione, le categorie previste dal d.m 10 novembre 1997 sono state poi aggiornate dal d.m. 15 marzo 2015, che ha incluso tra i lavoratori dello spettacolo nuove figure professionali tra cui, a mero titolo esemplificativo, light designer, cassieri di produzione, fotomodelli, location manager, assistenti musicali, maestri d’armi, story board, artisti e bozzettisti.
Una tale tecnica normativa non ha però fornito una definizione generale di lavoratore dello spettacolo, essendo finalizzata ad individuare esclusivamente i soggetti tenuti a versare la contribuzione all’Enpals.
La giurisprudenza, pertanto, quando si è approcciata alla materia, ha tentato anzitutto di elaborare una nozione di lavoratore dello spettacolo. In quest’ottica, è stata definita come “spettacolo” qualsiasi manifestazione, svolta con particolare abilità dagli interpreti, volta a interpretare un testo letterario e musicale in modo da suscitare il divertimento del pubblico (divertimento inteso come reazione emotiva).

Occorre sottolineare come le pronunce più recenti abbiano ammesso che la presenza del pubblico non debba essere necessariamente “dal vivo”, essendo anzi possibile che il prodotto dell’artista raggiunga il destinatario finale anche indirettamente (ad esempio tramite un cd-rom o altre tipologie di riproduzioni audio-video).
Per quanto concerne poi la specifica individuazione dei “lavoratori dello spettacolo”, una prima corrente giurisprudenziale, pur mostrando di recepire la definizione di ”spettacolo” di cui sopra, ha individuato il lavoratore esclusivamente in colui che direttamente o indirettamente fornisce il proprio contributo alla rappresentazione; altri giudici invece hanno valorizzato maggiormente proprio il profilo oggettivo rispetto a quello soggettivo, definendo “lavoratore dello spettacolo” colui che stabilmente e professionalmente svolge attività anche secondarie ma comunque dirette alla realizzazione dello spettacolo.
E’ ormai assodato che debbano essere considerati lavoratori dello spettacolo anche disc jockey e animatori turistici, mentre non devono essere ritenuti tali i dipendenti di sale giochi ove vi siano macchinari destinati al divertimento, in quanto tale tipologia di divertimento non ha alcuna connotazione culturale, caratteristica invece indispensabile perché si possa parlare di spettacolo.

I singoli contratti collettivi definiscono ulteriormente il proprio campo di applicazione, disciplinando aspetti maggiormente specifici.
Per quanto attiene invece alla controparte datoriale, nel settore dello spettacolo tale ruolo può essere ricoperto da imprenditori che svolgono un’attività diretta alla realizzazione di spettacoli, nonché da semplici datori di lavoro privi di struttura imprenditoriale. Ciò non toglie che anche le imprese che prestano servizi collegati solo indirettamente alla produzione di uno spettacolo possano rivestire la figura di datore di lavoro.
A mero titolo esemplificativo, dunque, possono essere datori di lavoro: i produttori di pellicole cinematografiche, gli enti lirici, i teatri, i pubblici esercizi con orchestre o spettacoli, i gestori di locali notturni, le case di sviluppo e stampa delle pellicole cinematografiche e le sale di doppiaggio.

 

Instaurazione del rapporto di lavoro

La particolarità più rilevante connessa all’instaurazione del rapporto di lavoro nel settore dello spettacolo consiste nel fatto che l’assunzione di un lavoratore può essere condizionata dall’appartenenza a un dato sesso senza che ciò configuri un’ipotesi di discriminazione nel caso in cui ciò sia essenziale alla natura del lavoro o della prestazione.
I lavoratori dello spettacolo possono essere assunti con le medesime modalità valide per la generalità dei prestatori poiché tramite la l. n. 133/2008 il legislatore ha inteso uniformare le regole di gestione di tutti i rapporti di lavoro. A partire dal 24 giugno 2008, infatti, per i lavoratori dello spettacolo -sia artistico che tecnico- non sussiste più l’obbligo di iscrizione all’elenco speciale, costituito presso l’Ufficio Speciale del Collocamento dei lavoratori dello spettacolo e relative sezioni.

I lavoratori extra UE possono invece essere assunti esclusivamente per esigenze legate alla realizzazione e produzione di spettacoli. In questo caso, è necessario che venga presentata per via telematica una domanda di nulla osta ai Servizi per l’Impiego per tali specifiche esigenze e il nulla osta deve essere rilasciato prima che lo straniero entri sul territorio nazionale in seguito a un nulla osta preventivo della questura e all’accertamento della regolarità contributiva dell’impresa richiedente. L’unico caso in cui il nulla osta può essere rilasciato quando il lavoratore è già in Italia è quello in cui il prestatore non deve svolgere la propria attività per più di tre mesi.
In ogni caso, una volta assunto il lavoratore, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne l’assunzione secondo le modalità previste dalla legge per la generalità dei dipendenti. Laddove vengano impiegati lavoratori autonomi è obbligatorio comunicare agli stessi Servizi per l’impiego le prestazioni svolte -anche con continuità- da questi ultimi: unica eccezione a tale regola è costituita dai lavoratori autonomi esercenti attività musicali, rispetto ai quali la comunicazione di cui si tratta non è obbligatoria.

 

Lavoro subordinato nello spettacolo

Come precisato dal Ministero del Lavoro, nel settore dello spettacolo il lavoro subordinato deve intendersi come ogni manifestazione di lavoro dipendente anche flessibile (quale, ad esempio, il lavoro a chiamata) o ancora con finalità formative (come il contratto di inserimento).
La giurisprudenza, inoltre, ha contribuito a chiarie nei singoli casi concreti quando un lavoratore possa essere considerato subordinato o autonomo. In particolare sono stati ritenuti criteri determinanti per la qualificazione di un rapporto come subordinato la soggezione ai poteri direttivi dell’imprenditore e l’inserimento nell’organizzazione dell’impresa in riferimento agli animatori di villaggi turistici, agli attori, agli orchestrali e al personale tecnico della produzione di spettacoli. Al contrario, per quanto riguarda gli annunciatori, i giudici hanno valorizzato la natura intellettuale delle prestazioni rese, ammettendo che, per la configurabilità del lavoro subordinato, l’esercizio del potere direttivo possa essere meno pervasivo, purché consenta comunque di disporre della prestazione all’interno dell’organizzazione produttiva.
I cantanti lirici si devono, invece, considerare come lavoratori autonomi quando abbiano stipulato un contratto per specifiche prestazioni, come nel caso di una serie limitata di concerti. In questo caso, inoltre, pare opportuno ricordare che se il contratto è stato stipulato con uno degli enti lirici previsti dalla l. n. 800/1967 si è in presenza di un rapporto di pubblico impiego, essendo tali enti considerati enti pubblici non economici.
Nel caso degli scenografi, il fatto che il direttore della produzione impartisca delle istruzioni durante la fase della ripresa, non comporta in ogni caso l’instaurazione di un contratto di lavoro subordinato se tale attività era meramente episodica e se la scrittura artistica ha ad oggetto il risultato dell’attività.

 

Requisiti del contratto di scrittura artistica

Nel settore dello spettacolo, il contratto di lavoro subordinato è detto “scrittura artistica”, se tramite di esso si assumono due artisti si tratta di una scrittura artistica cd. “in coppia”.
In generale, non è prevista la forma scritta a pena di nullità. Tuttavia è possibile che la legge o il contratto collettivo applicabile richiedano l’obbligo di forma per l’intero contratto o per talune parti (es. per il termine di durata).
In particolare nella scrittura artistica devono essere indicati il tempo e il luogo in cui deve essere eseguita la prestazione, anche se per i lavoratori che svolgono mansioni non prettamente artistiche è possibile che la scrittura rinvii direttamente al contratto di categoria applicabile.
Inoltre, spesso la scrittura contiene la “clausola di esclusiva” e la “clausola di protesta”. La prima prevede che il lavoratore si obbliga a prestare la propria attività -per un periodo di tempo comunque limitato- esclusivamente a favore del datore, purché gli venga riconosciuto un corrispettivo adeguato.
Nel caso in cui il lavoratore non rispetti tale pattuizione sarà tenuto a risarcire il danno causato al datore di lavoro.
La seconda, invece, stabilisce che il datore di lavoro possa “protestare” il proprio dipendente, ossia possa interrompere unilateralmente il rapporto di lavoro, solitamente entro un lasso di tempo fissato dalla contrattazione collettiva, se l’artista si dimostra non adatto a svolgere la prestazione concordata nel contratto. Il giudizio sull’inidoneità di quest’ultimo potrà essere espresso non solo dal datore di lavoro stesso, ma anche dal direttore artistico o dal pubblico.

 

Tipologie contrattuali

Il contratto di scrittura artistica può essere stipulato sia a tempo indeterminato che a tempo determinato; in quest’ultimo caso, tuttavia, la disciplina si discosta da quella generale. In particolare, per i lavoratori a termine assunti per la realizzazione di specifici spettacoli e programmi radiofonici o televisivi non valgono le limitazioni quantitative fissate nel d. lgs. n. 81/2015: dunque, è possibile assumere un numero di lavoratori a tempo determinato superiore al 20% del totale dei prestatori a tempo indeterminato impiegati presso il medesimo datore.
Oltre a ciò, con riferimento alle attività prestate dal personale addetto a un singolo spettacolo o a più spettacoli consecutivi di durata prestabilita, non trova applicazione neppure la disciplina in materia di intervalli tra un contratto a termine e il successivo. Questa deroga vale non solo per il personale artistico, bensì anche per quello tecnico, impiegatizio e operaio.

La giurisprudenza ha però specificato che affinché operi tale deroga è necessario non solo che lo spettacolo abbia una durata limitata nel tempo, bensì anche che vi sia una connessione reciproca tra specificità dell’apporto del lavoratore e specificità del programma o spettacolo (c.d. vincolo di necessità diretta).
Nel caso in cui il rapporto si trasformi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, l’apposita comunicazione deve essere inviata ai Servizi per l’Impiego competenti, così da assolvere anche l’obbligo di denuncia nei confronti della Gestione ex ENPALS (ora confluita nell’INPS).

Nel settore dello spettacolo, a causa delle esigenze di flessibilità che lo caratterizzano, è altresì possibile stipulare contratti di lavoro intermittente.
E’ possibile sottoscrivere un contratto di lavoro intermittente anche in assenza di un’apposita previsione della contrattazione collettiva solo in relazione ad attività espletate da un elenco tassativo di soggetti individuati nel punto 43 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923. In particolare, tali soggetti sono: gli artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; gli operai addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; i cineoperatori, cameramen-recording o teleoperatori da ripresa, i fotografi e gli intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini didattici. A riguardo il Ministero del Lavoro ha sottolineato come l’inciso “anche per fini didattici” costituisca un elemento aggiuntivo e non essenziale.

Inoltre, in linea generale, il legislatore aveva previsto che in ogni caso il ricorso a tale tipologia contrattuale dovesse rispettare taluni limiti quantitativi poiché il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari.
Il settore dello spettacolo è espressamente escluso dall’obbligo di rispettare tale previsione.
A riguardo, il Ministero del Lavoro ha anche chiarito come ai fini della individuazione dei datori di lavoro interessati da questa eccezione si debbano considerare quelli iscritti alla Camera di Commercio con il codice attività ATECO 2007, nonché quelli che, pur non rientrando in tale Codice, svolgano attività proprie dello spettacolo applicando i relativi contratti collettivi.

 

Estinzione del rapporto di lavoro

Il rapporto di lavoro se stipulato senza la previsione di un termine di durata può essere interrotto o in seguito al licenziamento o alle dimissioni così come avviene per la generalità dei lavoratori. In particolare, in caso di dimissioni del prestatore è applicabile la disciplina circa le dimissioni incentivate prevista nell’art.4, co. 1-7ter, l. n. 92/2012. I lavoratori dello spettacolo, al fine di poter percepire la prestazione prevista dalla legge per favorirne l’esodo, devono aver raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro. Tale disciplina trova applicazione per tutti gli iscritti alla gestione ex Enpals sempreché prestino attività a tempo indeterminato. Inoltre, la norma prevede che, per i periodi di erogazione della prestazione a favore dei lavoratori interessati, sia versata, a totale carico del datore di lavoro, la contribuzione figurativa correlata, utile per il conseguimento del diritto alla pensione e per la determinazione della sua misura.
Se la scrittura artistica è stata stipulata a tempo determinato, invece, il rapporto può interrompersi -oltre al caso di giusta causa- qualora il lavoro venga compiuto anticipatamente.

 

Regime previdenziale

Attualmente, l’assicurazione IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti) dei lavoratori dello spettacolo è gestita dalla cd. gestione ex Enpals istituita presso l’Inps.
L’obbligo di iscrizione all’Ente deriva direttamente dall’appartenenza dei lavoratori interessati a talune categorie professionali individuate direttamente dalla legge (d.m. 15 marzo 2015), essendo del tutto ininfluente la natura subordinata o autonoma del rapporto di lavoro, nonché il settore di appartenenza del datore di lavoro.
Come già anticipato, le diverse figure professionali per le quali sussiste l’obbligo sono divise in tre macro-gruppi cui vengono applicati diversi requisiti contributivi: lavoratori a tempo determinato che prestano attività artistica o tecnica direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli; lavoratori a tempo determinato che svolgono attività diverse dalle precedenti e, infine, lavoratori a tempo indeterminato che svolgono entrambe le attività precedentemente elencate.
Oltre a ciò, l’Inps gestisce anche le seguenti assicurazioni temporanee: l’indennità di maternità, la Cassa Unica Assegni Familiari, l’indennità di disoccupazione, l’indennità di malattia e il Fondo garanzia TFR.

 

Certificato di agibilità

Il certificato di agibilità è un documento obbligatorio che viene richiesto alle imprese che intendono avvalersi delle prestazioni di determinati lavoratori per uno o più eventi nei propri locali o in quelli su cui vantino un diritto di godimento.
La legge di stabilità del 2017 ha però limitato le ipotesi in cui il rilascio del certificato di agibilità è obbligatorio.

Ad oggi, infatti, il certificato dovrà essere richiesto solo nel caso di utilizzo di lavoratori autonomi dello spettacolo, occupati nelle categorie previste nei numeri da 1) a 14) dell’articolo 3 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 708/1947 che abbiano in corso un contratto di prestazione d’opera di durata superiore a 30 giorni e contrattualizzati per specifici eventi, di durata limitata nell’arco di tempo della complessiva programmazione dell’impresa, singolari e non ripetuti rispetto alle stagioni o cicli produttivi.

I soggetti richiedenti individuati dalla legge sono: le imprese dell’esercizio teatrale, cinematografico e circense, i teatri tenda, gli enti, le associazioni, le imprese del pubblico esercizio, gli alberghi, le emittenti radiotelevisive e gli impianti sportivi. L’obbligo di richiesta del certificato non viene meno neppure nel caso le imprese che intendono impiegare i lavoratori siano straniere ed operino sul territorio italiano.

Per quanto attiene invece ai lavoratori subordinati (appartenenti alle medesime categorie professionali di cui sopra), i soggetti richiedenti non sono obbligati a chiedere il rilascio del certificato purché i lavoratori (sia a tempo indeterminato che a termine) vengano impiegati in locali di proprietà (o su cui il richiedente vanti un diritto di godimento) e siano stati adempiuti dalle imprese i relativi obblighi contributivi presso l’INPS.

Il certificato viene rilasciato solo a condizione che il richiedente abbia adempiuto regolarmente ai propri obblighi contributivi; laddove ciò non risulti dai controlli effettuati, il rilascio è invece subordinato alla regolarizzazione della posizione dell’impresa, oppure alla presentazione di un’idonea garanzia di importo pari all’ammontare del debito.
Ben si comprende dunque come l’imprenditore che voglia ottenere il rilascio del certificato sia fortemente incentivato a versare i contributi dovuti; nel caso in cui il richiedente decida di avvalersi comunque dei prestatori anche in assenza del documento, il legislatore ha però previsto una mera sanzione amministrativa pari a 129 euro per ciascun lavoratore e per ciascuna giornata di lavoro effettuata.
Il certificato dovrà essere esibito ad ogni richiesta dei funzionari incaricati dell’accertamento o della esazione dei tributi
Nel caso in cui l’impresa che faccia richiesta del documento sia di nuova costituzione (e presenti istanza per la prima volta), deve essere effettuato un versamento cauzionale o una fideiussione pari al 10% di tre mesi di carico contributivo dovuto.
A partire dal 2008, la richiesta di rilascio del certificato deve essere inoltrata per via telematica, accedendo al portale INPS attivo 24 ore su 24, entro cinque giorni dalla stipulazione dei contratti o, comunque, prima dell’inizio dello svolgimento dell’attività lavorativa.

 

Casistica di decisioni della magistratura

  1. Deve sussistere un vincolo di necessità diretta, anche se complementare e strumentale, nello specifico spettacolo e nello specifico programma, così che non può essere considerata sufficiente a legittimare la stipulazione del contatto a tempo determinato la semplice qualifica, tecnica o artistica del personale, correlata alla produzione di spettacoli televisivi o radiofonici. Di conseguenza va dichiarata la nullità del termine e l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dal primo contratto. (Corte appello Roma, sez. lav., 27/07/2017, n. 2440 in Redazione Giuffrè 2017).
  2. In tema di assunzione a termine di dipendenti RAI, l’art. 1, comma 2, lett. e), della l. n. 230 del 1962, come modificato dalla l. n. 266 del 1977, consente l’assunzione a termine di personale per più spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, purché ricorrano una pluralità di requisiti, riferibili alla specificità e temporaneità dello spettacolo e dell’esigenza lavorativa, quali la durata limitata e la singolarità dell’evento, nell’ambito della complessiva programmazione, nonché il vincolo di necessità diretta tra il contributo professionale del lavoratore assunto e le caratteristiche del programma a cui ha collaborato. (Fattispecie relativa a più contratti a termine stipulati dalla RAI con un assistente alla regia, le cui mansioni non presentavano alcuna peculiarità distintiva). (Cass. Civ. sez. lav., 01/02/2016, n. 1841 in Giustizia Civile Massimario 2016).
  3. Se per fini meramente didattici ovvero di formazione aziendale o per spiegazioni tecniche di un prodotto, l’imprenditore intende utilizzare strumenti di comunicazione audiovisiva, in quanto più idonei e di immediata comprensione rispetto ai tradizionali libretti delle istruzioni, tutti i soggetti che hanno svolto questa attività in modo professionale, devono ritenersi lavoratori dello spettacolo i cui compensi devono essere assoggettati alla contribuzione dell’ex ENPALS e alla cosiddetta contribuzione minore Inps per i lavoratori autonomi, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 708 del 1947, come integrato dall’art. 43 comma 2 della L. n. 289 del 2002. I liberi professionisti che svolgono in via autonoma tali attività sono assoggettati ad una duplice iscrizione alla gestione separata INPS e al Fondo ex ENPALS, trattandosi di due forme di assicurazione sociale differenti, comportanti – al raggiungimento dei requisiti – differenti trattamenti pensionistici; anche se si volesse ritenere che la contribuzione alla gestione separata non fosse da versare, spetta a quest’ultimo, in quanto titolare del rapporto sia contributivo che retributivo, chiedere all’ INPS la restituzione delle somme trattenute dal datore di lavoro e da quest’ultimo versate come sostituto di imposta. (Tribunale Genova, sez. lav., 18/11/2015, n. 1022 in Redazione Giuffrè 2016).
  4. In tema di assicurazione ENPALS, i lavoratori appartenenti al gruppo di cui all’art. 3, secondo comma, del d.lg. C.p.s. 16 luglio 1947, n. 708, hanno qualifiche professionali generiche e fanno parte dei lavoratori dello spettacolo, con conseguente obbligo retributivo a carico dell’azienda, soltanto se la loro attività sia funzionale allo spettacolo realizzato dagli appartenenti al gruppo di lavoratori indicato al primo comma dello stesso art. 3, rispetto ai quali la norma fonda una presunzione assoluta di appartenenza al settore dello spettacolo. Ne consegue che il giudice di merito deve, con riferimento ad essi, verificare se l’attività in concreto svolta sia funzionale, o meno, alla attività di spettacolo svolta dai lavoratori appartenenti al gruppo previsto dal primo comma ovvero alla realizzazione del prodotto destinato ad essere visto od ascoltato, non sussistendo, in caso contrario, obbligo assicurativo. (Cassazione civile, sez. lav., 15/10/2014, n. 21829 in Giustizia Civile Massimario 2014).
  5. In tema di assunzione a termine dei lavoratori dello spettacolo per l’adibizione ad un programma televisivo specifico, qualora come termine finale del contratto sia indicato quello della fine della produzione del programma con l’aggiunta della dicitura “e comunque non oltre il” ed indicazione di una data certa, a dover prevalere è il primo termine, in quanto l’assunzione è effettuata con riguardo ad un programma specifico, mentre l’altro termine è destinato ad operare solo nell’ipotesi in cui la produzione del programma stesso non sia finita in epoca antecedente alla data con esso indicata. (Cassazione civile, sez. lav., 09/04/2014, n. 8361 in Giustizia Civile Massimario 2014).
  6. Rientrano nel novero dei lavoratori dello spettacolo gli animatori che, presso le strutture turistiche, svolgono una molteplice serie di attività (canore, musicali, coreutiche, cabarettistiche, sportive, etc.), non necessariamente di carattere propriamente artistico, ma accomunate dalla finalità di garantire agli ospiti della struttura momenti di intrattenimento e di svago volti a rendere più gratificante il soggiorno turistico, non potendo dubitarsi che tale complesso di attività costituisca, nel suo poliedrico realizzarsi, uno spettacolo destinato ad un pubblico che, ancorché se non esclusivamente a tal fine, decide di spendere le proprie vacanze in complessi ricettivi che tale forma di intrattenimento organizzano e producono. Ne consegue la piena legittimità della decretazione delegata (d.P.R. 14 aprile 1993 n. 203), che ne ha previsto l’obbligo di iscrizione all’Enpals, nonché l’esclusione di radicali innovazioni, sul punto, da parte della normativa successivamente intervenuta in materia (segnatamente, da parte dell’art. 1, comma 205, l. 23 dicembre 1996 n. 662), che ha, piuttosto, formalmente esplicitato un significato di lavoratore dello spettacolo già sostanzialmente presente nella legislazione precedente. (Cassazione civile, sez. lav., 29/04/2009, n. 9996 in Dir. relaz. ind. 2009, 3, 746 (nota di: CARMINATI)).
  7. Il procedimento per il rilascio del nulla osta di agibilità per l’effettuazione di numeri isolati di arte viaria è preordinato allo scopo di evitare situazioni contrarie alla legge nella gestione dei lavoratori dello spettacolo, con la conseguenza che la relativa disciplina non evidenzia alcun altro interesse da introdurre nel relativo procedimento. (Consiglio di Stato, sez. VI, 29/03/2007, n. 1466 in Foro amm. CDS 2007, 3, 1014).
  8. In materia di obbligo di iscrizione all’Enpals per i lavoratori dello spettacolo, ex d.lg. n. 708 del 1947, per spettacolo deve intendersi qualsiasi rappresentazione o manifestazione, specialmente (ma non solo), di tipo teatrale o televisivo, che si svolge davanti ad un pubblico appositamente convenuto o comunque appresa da un pubblico più ampio grazie agli strumenti della tecnica; pertanto, per stabilire l’esistenza a carico del datore di lavoro o del committente dell’obbligo contributivo ai sensi di detto d.lg. non rileva, al fine di escluderla, il fatto che le attività svolte attengano a spettacoli con finalità pubblicitarie, atteso che anche i brevi filmati di tipo pubblicitario si devono presumere realizzati mediante il ricorso all’opera di professionalità previste dall’art. 3 del d.lg. n. 708 del 1947. (Nella specie, la S.C. nel cassare la sentenza di merito che aveva escluso l’obbligo contributivo in riferimento a lavoratori che svolgevano attività di speakers, doppiatori, cantanti, tecnici orchestrali, in filmati pubblicitari provenienti dall’estero ed adattati al mercato italiano, ha affermato la erroneità del pregiudizio secondo cui lo spettacolo sarebbe una “entità antagonista alla realtà del pianeta-pubblicità”, considerato il “trend, esattamente inverso – sviluppatosi da almeno mezzo secondo – che vede la penetrazione dei messaggi pubblicitari affidati a vere e proprie attività artistiche”) . (Cassazione civile, sez. lav., 20/01/2006, n. 1089 in Dir. relaz. ind. 2007, 3, 830 (nota di: OLIVELLI)).
  9. L’evoluzione normativa del concetto di spettacolo ai fini dell’assicurazione Enpals, unitamente alla tendenza alla c.d. «spettacolarizzazione» di settori in passato estranei allo spettacolo, è culminata con la modifica della disposizione fondamentale in materia (il d. lgs. C.p.S. 15 luglio 1947 n. 708) sicché, attualmente, alla stregua della disposizione della l. n. 289 del 2002, l’estensione della tutela avviene al di fuori dello stretto limite della categoria dei lavoratori dello spettacolo, abbracciando figure professionali «operanti nel campo dello spettacolo e dello sport». Ne consegue che il d.P.R. n. 203 del 1993, che ha esteso l’obbligo di assicurazione agli animatori turistici, non può reputarsi illegittimo, per eccesso di delega rispetto al citato decreto n. 708 del 1947, né disapplicarsi in fattispecie concernenti un periodo anteriore alle modifiche introdotte in materia (con il d. lgs. n. 182 del 1997, la l. n. 289, cit., il d.m. 15 marzo 2005) stante la progressiva estensione dell’assicurazione Enpals a figure professionali che «operano» nel settore dello spettacolo, in consonanza con l’evoluzione del costume. (Cassazione civile, sez. lav., 14/02/2006, n. 3219 in Giust. civ. 2007, 6, I, 1490).
  10. La prestazione artistica dell’attore, quale che possa essere il suo intrinseco pregio, ben può essere oggetto di un rapporto di lavoro subordinato quando sussistano gli estremi della subordinazione e dell’inserimento dell’artista nella organizzazione dell’impresa di produzione dello spettacolo. L’accertamento della sussistenza o meno, in concreto, del vincolo di subordinazione e dei suoi elementi caratterizzanti, costituiti, anche in relazione a questa particolare prestazione lavorativa, dall’assoggettamento del prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, costituisce un apprezzamento di fatto demandato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, ritenendo che la motivazione di questa di fosse limitata ad un giudizio di verosimiglianza sul contesto, fondato su circostanze irrilevanti, quali le modeste dimensioni della compagnia teatrale, o secondarie, quali l’impegno dell’artista limitato nel tempo e la non esclusività del rapporto, tralasciando di accertare in concreto la configurabilità o meno del vincolo di subordinazione, sulla base di elementi obiettivi pur risultanti dagli atti e richiamati dalla sentenza impugnata, quali l’esistenza di buste paga con le relative trattenute e l’accantonamento del tfr, il modello 101, la dichiarazione resa all’Inps ai fini della corresponsione dell’indennità di disoccupazione in cui la ricorrente veniva qualificata come impiegata). (Cassazione civile, sez. lav., 25/10/2005, n. 20659 in Giust. civ. Mass. 2005, 9).
  11. In materia di obbligo di iscrizione all’Enpals per i lavoratori dello spettacolo, poiché l’art. 1 d.P.R. 203 del 1993 ha esteso tale obbligo ai disc – jockey ed animatori in strutture ricettive connesse all’attività turistica, sono soggetti all’iscrizione gli operatori di una struttura ricettiva turistica addetti all’avviamento della clientela agli sports del nuoto, della vela, del tennis, etc. e partecipi anche ad alcune attività di animazione svolte dall’équipe presente nella struttura stessa (camping), atteso che la nozione di spettacolo ricomprende una molteplicità di forme di comunicazione e di intrattenimento e che l’art. 11 della legge 217 del 1983 (legge quadro per il turismo) ha espressamente incluso le attività sportive tra quelle di intrattenimento organizzate per i turisti. (Nella specie la S.C. ha precisato che, trattandosi di pretesa contributiva relativa all’anno 1995, non potevano tuttavia trarsi argomenti dal disposto della legge n. 662 del 1996, che all’art. 1 ha previsto che tutti i soggetti che esercitano le attività di cui all’art. 11 legge cit. rientrano nel campo di applicazione dell’assicurazione obbligatoria per i.v.s. degli esercenti attività commerciali). (Cassazione civile, sez. lav., 01/06/2004, n. 10528 in Giust. civ. Mass. 2004, 6).
  12. Ai sensi del d.lg.C.p.S. 16 luglio 1947 n. 708, l’obbligo di iscrizione all’Enpals per i lavoratori dello spettacolo va riferito a coloro che stabilmente e professionalmente, ancorché in compiti ausiliari, sono impiegati per svolgere attività essenzialmente destinate alla realizzazione di spettacoli. Il requisito della stabilità, che coincide con quello della professionalità, ha la funzione di escludere dall’obbligo di iscrizione e dalla specifica contribuzione i soggetti che in via meramente occasionale rispetto alla loro vocazione professionale, prestino attività artistica o tecnica nell’ambito di una produzione di spettacoli, mentre non spiega effetti ostativi il fatto che l’attività lavorativa professionale nell’ambito della produzione degli spettacoli non costituisca l’attività esclusiva del soggetto e quindi sia prestata con una certa saltuarietà, ed è irrilevante la circostanza che la prestazione del lavoratore relativa ad un determinato spettacolo sia di breve durata. Sono invece escluse dalla contribuzione Enpals le prestazioni da parte di imprese artigianali. (Cassazione civile, sez. lav., 21/05/2004, n. 9752 in Giust. civ. Mass. 2004, 5).
  13. Premesso che l’espressione “altre categorie di lavoratori dello spettacolo”, contenuta nell’art. 3 d.lg.C.p.S. 16 luglio 1947 n. 708, ratificato con l. 29 novembre 1952 n. 2388, ai fini dell’obbligo di iscrizione dei lavoratori stessi all’Enpals, deve essere intesa in senso tecnico, costituendo “spettacolo” l’attività volta alla formazione di un prodotto con funzione culturale o di divertimento, e dalla rappresentazione del prodotto stesso e dall’assistere, da parte del destinatario, alla rappresentazione, il cui oggetto è costituito, in ogni forma ipotizzabile, dal pensiero dell’uomo, sicché lavoratore dello spettacolo è colui che direttamente, mediatamente o indirettamente dà il proprio contributo alla rappresentazione, ai dipendenti delle cosiddette sale – giochi, nelle quali sono installati “flippers”, calcetto, biliardi, video – giochi e altri macchinari automatici, destinati al divertimento, non è applicabile la disciplina prevista dal citato d.lg.C.p.S. n. 708 del 1947 e successive integrazioni, in quanto difetta il requisito della produzione di uno spettacolo; ne consegue che i il rapporto previdenziale e assistenziale dei relativi addetti deve essere costituito con l’Istituto nazionale della previdenza sociale. (Cassazione civile, sez. lav., 28/06/2003, n. 10308 in Giust. civ. Mass. 2003, 6).
  14. Ai sensi del d.lg.C.p.S. 16 luglio 1947 n. 708, l’obbligo di iscrizione all’Enpals per i lavoratori dello spettacolo va riferito a coloro che stabilmente, professionalmente, ancorché in compiti ausiliari, sono impiegati nello svolgimento di attività essenzialmente destinate alla realizzazione di spettacoli, intendendosi per spettacolo non qualsiasi manifestazione con il concorso del pubblico, ma esclusivamente quelle che hanno il fine di rappresentare un testo letterario o musicale. Pertanto, non sono assoggettati alla contribuzione Enpals i dipendenti di impresa di produzione di supporti audiovisivi utilizzati per finalità informative e commerciali. (Cassazione civile, sez. lav., 29/08/2002, n. 12691 in Giust. civ. Mass. 2002, 1604).
  15. Ai fini dell’iscrizione all’Enpals, sono lavoratori dello spettacolo soltanto coloro che stabilmente e professionalmente, ancorché con compiti ausiliari, sono impiegati per svolgere attività essenzialmente destinate alla realizzazione di spettacoli, e cioè di manifestazioni caratterizzate non solo dal concorso del pubblico, ma anche dal fine di provocare il divertimento, inteso in senso culturalmente ampio, degli spettatori, attraverso la rappresentazione e l’interpretazione di un testo letterario o musicale, con personale abilità degli interpreti. Ne consegue che, anche dopo l’entrata in vigore del d.P.R. 19 marzo 1987 n. 207, il quale ha aggiunto alla categoria degli attori di prosa, operetta, rivista, varietà ed attrazioni – contemplata dall’art. 3, comma 1, n. 2, d.lg.C.p.S. 16 luglio 1947 n. 708, modificato e ratificato con l. 29 novembre 1952 n. 2388 – quelle dei cantanti di musica leggera, presentatori e disc-jockey, tra i lavoratori che sono obbligatoriamente iscritti all’ente previdenziale suddetto non rientrano i cosiddetti televenditori, che presentano gli oggetti delle promozioni o vendite televisive. (Cassazione civile, sez. lav., 22/01/1997, n. 633 in Giust. civ. Mass. 1997, 103).
  16. Ai sensi del d.l.C.p.S. 16 luglio 1947 n. 708, l’obbligo di iscrizione all’ENPALS per i lavoratori dello spettacolo va riferito a coloro che stabilmente, professionalmente, ancorché in compiti ausiliari, sono impiegati per svolgere attività essenzialmente destinate alla realizzazione di spettacoli, da parte di committenti la cui produzione rientra in tale settore, intendendosi per spettacolo non qualsiasi manifestazione con il concorso del pubblico, ma esclusivamente quelle che propriamente hanno il fine di rappresentare un testo letterario o musicale, con personale abilità degli interpreti, rivolta a provocare il divertimento, in senso culturalmente ampio, degli spettatori. In tale accezione rientra, in quanto riconducibile a quella dei presentatori di cui al punto 2 dell’art. 3 del d.l.C.p.S. cit., l’attività dei cosiddetti disk jockeys, i quali propongono al pubblico presente nelle sale la loro selezione di dischi, con apposite parole di presentazione; tale attività rientra nei concetti di rappresentazione e di interpretazione dello spettacolo unitariamente inteso, risultante dalla sequenza dei brani eseguiti, delle parole dette e delle eventuali luci proiettate unitamente alla partecipazione attiva del pubblico. (Cassazione civile, sez. lav., 15/06/1992, n. 7323 in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 6).
  17. Il rapporto fra una società di produzione cinematografica ed uno scenografo è riconducibile ad un rapporto di lavoro non subordinato ma autonomo e privo anche del connotato della cosiddetta parasubordinazione (con la conseguente determinazione del giudice competente sulla relativa controversia in base agli ordinari criteri di valore) ove oggetto del contratto di scrittura artistica risulti essere stato il risultato dell’attività dello scenografo, nonostante la soggezione del medesimo alle istruzioni del direttore di produzione nella fase della ripresa, e detta attività, in quanto relativa alla realizzazione di un singolo film, si sia inserita solo episodicamente in quella della società. (Cassazione civile, sez. lav., 16/10/1991, n. 10889 in Giust. civ. Mass. 1991, fasc.10).
  18. Costituisce normalmente rapporto di lavoro autonomo quello insorto tra chi si obbliga a prestare la propria attività di regista per la realizzazione di un’opera cinematografica ed il produttore, giacché l’oggetto del rapporto è da ravvisare non nella prestazione di energie lavorative messe a disposizione del datore di lavoro, ma in un risultato complessivo che il prestatore si impegna a conseguire con ampia discrezionalità tecnica ed artistica. (Cassazione civile, sez. lav., 11/12/1985, n. 6254 in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 12).
  19. Il contratto di scrittura artistica con gli enti lirici, aventi natura di enti pubblici non economici, costituisce un rapporto di lavoro autonomo, non subordinato, e, quindi, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, qualora abbia ad oggetto specifiche prestazioni per determinati spettacoli od esecuzioni (anche se con il coordinamento richiesto dall’unitarietà della impostazione artistica ed organizzativa), sicché difetti uno stabile inserimento dell’autore delle prestazioni stesse nell’ambito della struttura permanente ed istituzionale di detti enti. (Cassazione civile, sez. un., 05/06/1989, n. 2696 in Nuova giur. civ. commentata 1989, I,605 (nota)).
  20. Il contratto di scrittura del personale tecnico della produzione di spettacoli s’inquadra nello schema del rapporto di lavoro subordinato ove – secondo l’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato – presenti gli estremi essenziali caratteristici di detto rapporto: da una parte, l’imprenditore che organizza a suo rischio lo spettacolo o la registrazione di questo, utilizzando i propri mezzi tecnici, e, dall’altra, l’esecutore tecnico che si limita, dietro retribuzione, a fornire le proprie energie lavorative per la realizzazione delle finalità dell’impresa, restando soggetto alle direttive dell’imprenditore sul piano organizzativo (scelta dei soggetti da filmare, durata delle riprese) e disciplinare. (Cassazione civile, sez. lav., 12/03/1982, n. 1595 in Giust. civ. Mass. 1982, fasc. 3).