Vestiario

Questa voce è stata curata da Barbara Fezzi

 

Scheda sintetica

In determinati tipi di attività lavorative, o di luoghi di lavoro, può essere previsto l’utilizzo di un particolare abbigliamento nello svolgimento della prestazione lavorativa.
Ciò può avvenire o per ragioni di sicurezza o per volontà del datore di lavoro.

Nel primo caso, il datore è obbligato a fornire ai lavoratori gli indumenti idonei a proteggerli dai rischi che ne minaccino la sicurezza o la salute durante la prestazione dell’attività lavorativa (D.Lgs. 81/08 – artt. 74 e seguenti).
In tali casi il datore è anche obbligato a porre in essere tutti quei comportamenti che garantiscano la continua efficienza degli indumenti protettivi (tra i quali rientra l’onere di lavaggio del vestiario).

In altri casi il datore di lavoro, nell’esercizio del proprio potere gerarchico ed organizzativo, può imporre ai dipendenti l’utilizzo di particolari indumenti nello svolgimento della prestazione lavorativa. In tali casi, la pretesa del datore costituisce adempimento di un dovere in capo al lavoratore, in quanto comportamento strettamente connesso con la prestazione lavorativa.

L’obbligo di indossare un determinato vestiario, imposto dal datore di lavoro, non può però creare pregiudizio al lavoratore, né quanto alla manutenzione degli
indumenti stessi (cui deve provvedere il datore), né quanto al tempo utilizzato per indossarli, che – in quanto rientrante nell’orario di lavoro – deve essere regolarmente retribuito (retribuzione del cosiddetto tempo tuta).

 

Fonti normative

  • Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81
  • Codice civile – artt. 2087; 2104
  • Contratto Collettivo di Lavoro applicato (Nazionale e Integrativo)

 

 

A chi rivolgersi

  • Ufficio vertenze sindacale
  • Studio legale specializzato in diritto del lavoro

 

 

Documenti necessari

  • Copia del contratto
  • Ultima busta paga
  • Copia del Contratto Collettivo di Lavoro applicato

 

 

Onere di lavaggio del vestiario fornito come strumento di protezione

La normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008 – artt. 74 e seguenti) prevede l’onere in capo al [datore di lavoro|datore di
lavoro] di fornire ai lavoratori i cosiddetti dispositivi di protezione individuale, strumenti idonei a proteggerli dai rischi che ne minaccino la sicurezza o la salute durante la prestazione dell’attività lavorativa.

Il datore di lavoro deve, inoltre, garantire l’efficienza degli strumenti di protezione e porre in essere tutto ciò che è necessario per il loro adeguato funzionamento.
In particolari tipi di attività i dispositivi di protezione sono costituiti dagli indumenti, che – creando una barriera protettiva rispetto al rischio per il lavoratore di entrare in contatto con sostanze pericolose e infezioni – tutelano la salute dei lavoratori.

Evidentemente, l’idoneità degli indumenti messi a disposizione dal datore di lavoro deve sussistere non solo nel momento iniziale della consegna degli stessi ai lavoratori, ma anche durante l’intero periodo di svolgimento della prestazione di lavoro, poiché solo in tal modo è possibile prevenire la diffusione di malattie ed infezioni attraverso l’utilizzo degli appositi strumenti di protezione.
Ne consegue che nel caso di indumenti forniti dal datore di lavoro a scopo di protezione, il loro lavaggio, indispensabile per mantenerli in stato di efficienza, è a carico del datore di lavoro, soggetto obbligato a garantire la tutela della salute e della sicurezza sul posto di lavoro.

Si sono espressi in tal senso sia la Cassazione (sentenza n. 22922/05), sia la Corte d’Appello di Milano (sentenza 18.1.07, pres. Castellini, est. Accardo).

 

Retribuzione del cosiddetto tempo tuta

Rientra tra i poteri direttivi del datore di lavoro quello di imporre ai lavoratori l’utilizzo, durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, di uno specifico abbigliamento per fini utili all’impresa (ad esempio, a scopo identificativo).

Questa facoltà in capo al datore di lavoro, espressione del potere imprenditoriale di organizzare liberamente l’attività produttiva, non può però costituire un danno per lavoratori (ad esempio, pretendendo che l’acquisto o il lavaggio della divisa siano a carico del lavoratore).
Allo stesso modo, il datore di lavoro non può pretendere che il lavoratore indossi e si tolga la divisa al di fuori dell’orario di lavoro.

Solo all’interno dell’orario di lavoro previsto contrattualmente, infatti, il lavoratore è soggetto agli ordini ed alle direttive del datore di lavoro. Solo all’interno dell’orario di lavoro, pertanto, gli può essere imposto l’utilizzo di una divisa, essendo nella piena disponibilità di ogni lavoratore l’utilizzo del tempo al di fuori dell’orario di lavoro.
Ne consegue che, qualora un datore di lavoro imponga ai propri dipendenti l’utilizzo di un determinato tipo di indumenti (per es. divisa), ed imponga altresì i tempi ed i luoghi di vestizione (pretendendo che la divisa venga indossata e tolta presso il luogo di lavoro), il tempo necessario per la vestizione / svestizione rientra nell’orario di lavoro, in quanto attività ausiliaria al corretto svolgimento dell’attività lavorativa, imposta dal datore di lavoro.

Il diritto del lavoratore a vedere computati i tempi di vestizione e svestizione nell’orario di lavoro può essere fatto valere giudizialmente e, se accertato, comporta il diritto al pagamento della retribuzione per il tempo utilizzato per indossare e dismettere gli indumenti di lavoro.

Sul punto si è più volte espressa la Corte di Cassazione (sentenze n. 3763/98 e n. 19273/06).