Riposi compensativi

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Questa voce è stata curata da Isabella Digiesi

Scheda sintetica

Per riposo compensativo si intende un riposo utile a “compensare” una prestazione lavorativa quantitativamente superiore a quella ordinaria prevista e retribuita come tale dal contratto.

Il D.Lgs. 66/2003 in materia di “orario di lavoro”, all’art. 5, ultimo comma, sancisce che i contratti collettivi possono in ogni caso, consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.

Il riposo compensativo matura in tutti i casi in cui il dipendente non abbia fruito della giornata di riposo settimanale, vale a dire, di uno stacco di 24 ore consecutive dopo un periodo di lavoro continuato di 6 giorni.

 

Fonti normative

  • Decreto Legislativo 66/2003 “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”;
  • Legge 370/34 “Riposo domenicale e settimanale”;
  • Costituzione italiana, art. 36

 

A chi rivolgersi

  • Ufficio vertenze sindacale
  • Studio legale specializzato in diritto del lavoro

 

Scheda di approfondimento

La materia dell’orario di lavoro è stata riformata dal D.Lgs. 66/2003, il quale ha dato attuazione alle direttive 93/107/CE e 2000/34/CE, ridefinendo nel nostro ordinamento i limiti temporali della prestazione lavorativa, al fine di migliorare il rapporto tra tempo di lavoro e tempo di non lavoro.

L’ultimo comma dell’art. 5 del D.Lgs. 66/2003 apporta una importante novità: “il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi”.

I riposi compensativi assolvono alla funzione di compensare la particolare onerosità del lavoro festivo, notturno, in turni a orario e altre condizioni di lavoro particolarmente gravose o usuranti.

Pertanto i riposi compensativi si distinguono dalle pause periodiche (giornaliere, settimanali) che invece, in ragione della loro breve durata, mirano a garantire prevalentemente il recupero delle energie fisiche del lavoratore.

Ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, il diritto al riposo settimanale per il lavoratore dipendente è sanzionato ed irrinunciabile; il riposo compensativo matura quindi in tutti i casi in cui il dipendente non abbia fruito della giornata di riposo settimanale, vale a dire, di uno stacco di 24 ore consecutive dopo un periodo di lavoro continuato di 6 giorni.

Chiaramente la giornata di riposo compensativo è coperta:

  • in parte con il recupero delle ore lavorate nel giorno festivo;
  • in parte con ore di recupero dello stesso dipendente.

Se il riposo compensativo di cui abbia beneficiato il lavoratore è previsto in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva, le ore di lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della durata media del lavoro.

 

Conseguenze del mancato riposo compensativo

A partire da Cassazione S.U. n. 1607/89, si è consolidato l’indirizzo secondo il quale, nel caso di lavoro prestato nel settimo giorno senza riposo compensativo al lavoratore spetta:

  • la retribuzione (con le relative maggiorazioni connesse alla maggiore penosità della prestazione);
  • il risarcimento del danno subito a causa dell’usura psico-fisica che il lavoro nel settimo giorno comporta, e ciò, naturalmente, ad un titolo del tutto autonomo rispetto a quello del compenso per la maggiore “penosità ” del lavoro.

Sulla automaticità o necessità di prova di tale danno (riconducibile a quello “biologico” o “esistenziale“, in quanto compromissorio delle attività realizzatrici della persona umana, per indotti impedimenti alla serenità familiare, al godimento di un ambiente e di una situazione di benessere, al sereno svolgimento della propria vita lavorativa) non esiste uniformità di indirizzi.

Tuttavia come asserisce la stessa Corte Costituzionale (n. 372/94) il danno biologico non è presunto, siccome identificabile col fatto illecito lesivo della salute, giacché, se è indiscutibile che la prova della lesione è in re ipsa, è anche prova dell’esistenza del danno, è pur sempre necessaria la prova ulteriore dell’entità del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha prodotto una perdita di tipo analogo a quello indicato dall’art. 1223 c.c., costituita dalla diminuzione o privazione di un valore personale (non patrimoniale), alla quale il risarcimento deve essere commisurato.

Il comportamento antigiuridico del datore di lavoro, in quanto tenuto in violazione dei precetti dell’art. 36 Costituzione (ma non solo), non vi è dubbio che possa ledere non solo i diritti economici ma anche diritti fondamentali.

Ma proprio per questo il pregiudizio di un diritto inviolabile della personalità deve essere da colui che lo invoca allegato e provato (sia pure con ampio ricorso alle presunzioni, allorché non si versi nell’ambito del pregiudizio della salute in senso stretto, in relazione al quale l’alterazione fisica o psichica è oggettivamente accertabile), nei suoi caratteri naturalistici (incidenza su di una concreta attività, pur non reddituale, e non mero patema d’animo interiore) e nel nesso di causalità dalla violazione dei diritti patrimoniali di cui all’art. 36 Costituzione.

 

Riposo compensativo e riposo settimanale domenicale

La legge che regola il riposo settimanale domenicale è la L. 370/34, la quale prevede, all’art. 17, che nel caso di lavoro espletato di domenica è dovuto il riposo prescritto dall’ultimo comma dell’art. 16 della medesima legge, che recita: “al personale occupato per tutta o una parte della domenica spetta, oltre al riposo per il periodo residuo, in riposo di durata uguale alle ore di lavoro eseguite nella domenica e, in ogni caso, non inferiore a 12 ore consecutive”.

Il riposo compensativo deve quindi avere una durata uguale alle ore di lavoro eseguite nella domenica, con garanzia comunque di un riposo non inferiore a 12 ore consecutive.

L’art. 3 della L. 370/34 prevede che il “riposo compensativo di 12 ore decorre dalla mezzanotte al mezzogiorno e viceversa”.

Da questo quadro normativo di riferimento discende:

  • in primo luogo, che il lavoro “straordinario” nella giornata di domenica può portare, eccezionalmente (ex. art 1 L. 370/34 comma 1), alla fruizione di un riposo compensativo di durata inferiore alle 24 ore: 12 ore;
  • in secondo luogo, che il riposo compensativo sarà giustificato solamente per l’equivalente delle ore di lavoro eseguite nella domenica: il lavoratore sarà quindi obbligato a completare nei giorni successivi l’orario normale previsto e non svolto.

Riposo compensativo e reperibilità domenicale

La reperibilità domenicale non dà diritto a un ulteriore riposo compensativo, ma solamente al corrispettivo per il disagio subito che non deve essere uguale a quello percepito in caso di svolgimento dell’attività lavorativa, ma al minore disagio che il lavoratore ha subito.

Pertanto è sufficiente la corresponsione di un’indennità pari al doppio dell’indennità di reperibilità per i giorni feriali.