Distacco transnazionale

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Questa voce è stata curata da Filippo Capurro

 

Definizione

La nozione di distacco transnazionale, nell’accezione della vigente normativa di tutela, non coincide con quella di distacco interno ma è molto più ampia, riguardando tutti i casi in cui un lavoratore, abitualmente occupato in uno Stato, svolge temporaneamente il proprio lavoro in uno Stato diverso.
Comprende quindi, indistintamente casi di distacco, di lavoro svolto nell’ambito di appalti e di somministrazione.

 

Scheda sintetica

La materia è disciplinata a livello europeo dalla Direttiva n. 96/71/UE (detta direttiva “madre”) e dalla Direttiva n. 2014/67/UE (detta direttiva “enforcement”). Quest’ultima non ha modificato direttamente la precedente ma interviene sul Regolamento UE n. 1024/2012, in materia di cooperazione amministrativa da realizzare mediante un sistema di informazione del mercato interno.
La finalità primaria perseguita dal legislatore comunitario è la prevenzione e il contrasto delle pratiche di dumping sociale e di utilizzo abusivo ed elusivo dell’istituto del distacco transnazionale.
Il nuovo quadro normativo consente, altresì, di superare le più rilevanti problematiche emerse in fase di controllo ispettivo, afferenti in particolare alla mancata tracciabilità del fenomeno, atteso che sotto la previgente disciplina non era prevista alcuna forma di monitoraggio in ordine alle aziende e ai lavoratori coinvolti, né tantomeno specifici adempimenti in capo alle suddette aziende.
In Italia la normativa attuativa è contenuta nel d.lgs. 136/2016 (che ha abrogato il d.lgs. n. 72/2000).
La normativa di tutela dei lavoratori distaccati in Italia si applica sia ai lavoratori distaccati da imprese stabilite nell’Unione Europea che da Stati terzi.
La normativa non si applica invece al personale navigante delle imprese della marina mercantile.
Il punto centrale della tutela per i lavoratori distaccati consiste nel garantire agli stessi condizioni di lavoro e di occupazione vigenti nello Stato “ospitante” , seppur solo su alcune materie: limiti massimi di lavoro e minimi di riposo, ferie, minimi retributivi, limiti alla cessione temporanea di lavoratori, salute e sicurezza, tutela della maternità e dei minori, parità di trattamento e non discriminazione. È quindi evidente che, non essendo il principio di parità di trattamento assoluto (tranne che nel caso della somministrazione), il lavoratore “straniero” può costare di meno di quello assunto localmente. Senza contare che i contributi sociali potranno continuare ad essere pagati nel paese di origine, nella misura (magari inferiore) ivi prevista.
Il che è perfettamente legittimo se l’impresa straniera distaccante è un genuino soggetto imprenditoriale, se i suoi dipendenti distaccati sono effettivamente lavoratori che operano abitualmente nel loro paese e se esiste effettivamente un valido e ben definito rapporto contrattuale tra l’azienda straniera datrice di lavoro e il destinatario della prestazione lavorativa in Italia.
In caso contrario, oltre all’imputazione del rapporto in capo al distaccatario/ utilizzatore italiano, con integrale applicazione della disciplina lavoristica interna, si avranno le relative sanzioni amministrative.
La normativa prevede altresì nuovi obblighi amministrativi e strumenti di verifica per agevolare l’accertamento della corretta applicazione della disciplina ivi prevista.

 

Fonti normative

Profili sostanziali

  • Direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16/12/1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (direttiva “madre”);
  • Direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15/05/2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE (direttiva “enforcement”);
  • D.Lgs. 17/07/2016 n. 136: normativa di attuazione della Direttiva 2014/67/UE;
  • DM 10/08/2016: standard tecnici comunicazione del distacco di lavoratori in Italia;
  • Circ. INL 22/12/16 n. 3: approvazione del modulo telematico che dovrà essere utilizzato dalle imprese per adempiere agli obblighi di informazione;
  • Circ. INL 09/01/2017 n. 1: indicazioni operative al personale ispettivo;
  • Nota INL 05/06/2017 n. 4833: ulteriori indicazioni operative al personale ispettivo.

 

 

Previdenza sociale

  • Regolamento (CEE) 1408/71 del Consiglio, del 14/06/1071: relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità;
  • Regolamento (CEE) 574/72 del Consiglio, del 21/03/1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71;
  • Regolamento (CE) 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29/04/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale;
    Regolamento (CE) 77/2005 della Commissione, del 13/01/2005 recante modifica del regolamento (CEE) n. 574/72;
  • Regolamento (CE) 987/2009, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16/09/2009: che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004.

 

 

Cosa fare – tempi

Nel caso di distacco transnazionale illegittimo (e sempre che si intenda chiedere la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro in capo al distaccatario, compresa l’ipotesi in cui si voglia anche far valere un illegittimo recesso), occorre impugnare il distacco nel termine di 60 gg. dalla sua cessazione inviando una apposita comunicazione all’utilizzatore.
Depositare il ricorso nel successivo termine di giorni 180.
Anche nel caso di genuinità del distacco occorrerà prestare attenzione. Infatti occorrerà procedere nei termini suddetti al fine di evitare di decadere dal beneficio della responsabilità solidale come descritta nel paragrafo dedicato.

 

A chi rivolgersi

Le sedi territoriali dell‘Ispettorato Nazionale del Lavoro forniscono informazioni ai lavoratori stranieri e alle aziende sulla normativa che regola il distacco transnazionale e sugli adempimenti necessari.
I lavoratori distaccati, che hanno prestato o prestano servizio in Italia, possono azionare, anche con richiamo alla solidarietà, ogni tutela dei loro diritti sia in sede amministrativa (con denuncia agli organi di vigilanza che si esprimono nell’Ispettorato territoriale del Lavoro) che in sede giudiziale.
Ciò significa, ad esempio, che, direttamente o tramite assistenza sindacale o di un avvocato del lavoro, possono attivare l’Ispettore, accedere al tentativo di conciliazione monocratica ex art. 11 del d.lgs. 124/2004, chiedere la diffida accertativa per crediti patrimoniali, effettuare il tentativo facoltativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c avanti alla commissione istituita presso l’Ispettorato territoriale del Lavoro, e radicare un giudizio.

 

Documenti necessari

  • Contratto di lavoro;
  • lettera di distacco;
  • documenti paga.

 

 

Scheda di approfondimento

Inquadramento giuridico

 

Quadro normativo

La direttiva 2014/67/UE non ha modificato direttamente la precedente direttiva 1996/71/CE sul distacco transnazionale ma è intervenuta sul Regolamento UE 1024/2012, in materia di cooperazione amministrativa da realizzare mediante un sistema di informazione del mercato interno.
La finalità primaria perseguita dal legislatore comunitario con l’emanazione della Direttiva 2014/67 (detta direttiva “enforcement”) è stata quella di migliorare ed uniformare l’applicazione della Direttiva n. 96/71 (detta direttiva “madre”), superando le difficoltà oggettive rincontrate nei diversi Stati membri in ordine alla prevenzione e al contrasto delle pratiche di dumping sociale e di utilizzo abusivo ed elusivo dell’istituto del distacco transnazionale.
Il nuovo quadro normativo consente, altresì, di superare le più rilevanti problematiche emerse in fase di controllo ispettivo, riguardanti in particolare la mancata tracciabilità del fenomeno, atteso che sotto la previgente disciplina non era prevista alcuna forma di monitoraggio in ordine alle aziende e ai lavoratori coinvolti, né tantomeno specifici adempimenti in capo alle suddette aziende.
Il processo di trasposizione della direttiva enforcement, in una prospettiva di massima semplificazione, ha costituito inoltre l’occasione per racchiudere in un unico testo legislativo la disciplina applicabile alle fattispecie di distacco transnazionale di lavoratori.
La normativa di attuazione -costituita dal d.lgs. 136/2016 -, infatti, all’art. 26 sancisce l’abrogazione espressa delle disposizioni di cui al d. lgs. n. 72/2000 (attuativo della direttiva madre).

 

Nozione di “distacco transnazionale”

Ai fini dell’applicazione di queste disposizioni, la nozione di distacco transnazionale non coincide con quella posta (ad altri fini) dall’ordinamento interno e in particolare dal d.lgs 276/2003 (si veda la scheda sul distacco).
Come già anticipato, essa è infatti molto più ampia, applicandosi a tutti i casi in cui un lavoratore, abitualmente occupato in uno Stato, svolge temporaneamente il proprio lavoro in uno Stato diverso.
Comprende quindi, indistintamente casi di distacco, di lavoro svolto nell’ambito di appalti e di somministrazione.
A tal proposito l’INL è intervenuto con la nota del 05/06/2017 n. 4833 precisando che la locuzione “prestazione di servizi” risulta essere molto ampia e nella sua accezione debbono dunque rientrare diverse tipologie contrattuali disciplinate nel nostro ordinamento, tra cui: “quelle relative alla filiera degli appalti e subappalti, nonché ulteriori accordi “commerciali” aventi ad oggetto lo scambio di servizi tra imprese stabilite in diversi Paesi, anche appartenenti al medesimo gruppo, o tra filiali della medesima impresa distaccante”.
Inoltre, tale locuzione presuppone l’espletamento di “attività lavorative di carattere temporaneo in favore di un destinatario situato su territorio italiano, che può individuarsi in un’impresa distaccataria appartenente al medesimo gruppo, in una unità produttiva, filiale, sede operativa della azienda straniera distaccante ovvero in un soggetto committente”.
Viene, altresì, precisato che ai fini della qualificazione della filiale o dell’unità produttiva dell’azienda straniera, è necessario riscontrare nella fattispecie concreta un minimo di organizzazione di mezzi e/o di persone, in forza della quale l’impresa stessa vada ad esercitare e/o gestisca un’attività di natura economica in Italia e costituisca, quindi, un centro di imputazione di rapporti e situazioni giuridiche riferibili al soggetto straniero, anche se per un periodo temporalmente definito.
Nel settore del trasporto su strada le nuove disposizioni si applicano anche al “cabotaggio” come definito dai Regolamenti CE n. 1072/2009 e n. 1073/2009 (Capo V).

 

Ambito territoriale

Le principali disposizioni di cui al d.lgs. 136/2016 si applicano sia a lavoratori distaccati da imprese stabilite nell’Unione Europea sia in Stati terzi.
La normativa non si applica invece al personale navigante delle imprese della marina mercantile.

 

Disciplina

Diritti intangibili

Durante il periodo del distacco, ai lavoratori distaccati devono essere garantiti almeno i livelli minimi di condizioni di lavoro e occupazione previsti, dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi, per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco (nel caso che ci riguarda in Italia).
I citati contratti collettivi sono quelli nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria (articolo 51, d.lgs. 81/2015).
Il d.lgs. 136/2016 individua i livelli minimi delle condizioni di lavoro e di occupazione nell’ambito delle seguenti materie:

  1. Periodi massimi di lavoro e minimi di riposo: disposizioni sostanziali e regime sanzionatorio previsti dal d.lgs. n. 66/2003, concernente la materia dell’orario di lavoro.
  2. Durata minima delle ferie annuali retribuite: disposizioni sostanziali e regime sanzionatorio previsti dal d.lgs. n. 66/2003, concernente la materia dell’orario di lavoro.
  3. Trattamenti retributivi minimi, compresi quelli maggiorati per lavoro straordinario: pur non sussistendo in Italia un trattamento minimo salariale definito per legge, la fissazione dello stesso è contenuta nei contratti collettivi di lavoro stipulati nei diversi settori produttivi dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nel rispetto dell’art. 36 della Costituzione che sancisce il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro (applicato in combinato disposto con l’art. 2099 c.c.). Con particolare riguardo alle tariffe salariali il Ministero, con risposta ad interpello n. 33/2010, ha precisato “che nella nozione di retribuzione devono essere ricomprese tutte le erogazioni patrimoniali del periodo di riferimento, al lordo di qualsiasi contributo e trattenuta. La retribuzione cosi intesa, va dunque più strettamente legata alla definizione di “reddito da lavoro dipendente” valida ai fini fiscali e nella stessa rientrano tutte le erogazioni patrimoniali aventi causa nel rapporto di lavoro in senso lato, senza operare una comparazione per singola voce retributiva che risulterebbe comunque impossibile in considerazione dei differenti regimi normativi applicabili nei diversi Paesi europei”. Ciò premesso, al fine di garantire una adeguata tutela economica ai lavoratori distaccati nel territorio italiano, il salario minimo deve ricomprendere la paga base, l’elemento distinto della retribuzione, le indennità legate all’anzianità di servizio, i superminimi (individuali o per gruppi di lavoratori se collegati all’inquadramento contrattuale in gruppi retributivi e/o alla natura del lavoro svolto); retribuzioni corrispettive per prestazioni di lavoro straordinario, notturno e festivo; indennità di distacco (se compensative del disagio dovuto all’allontanamento dei lavoratori dal loro ambiente abituale), l’indennità di trasferta.
  4. Condizione di cessione temporanea dei lavoratori: condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori somministrati da imprese di lavoro temporaneo (art 35 e ss. d.lgs. 81/2015). Per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore. L’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore.
  5. Salute, sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro: disposizioni sostanziali e apparato sanzionatorio di cui al d.lgs. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza).
  6. Provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani: d.lgs. 151/2001 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità” e l. 977/1967, relativa alla tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti.
  7. Parità di trattamento fra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione: la disciplina sull’uguaglianza di opportunità e la non discriminazione tra uomini e donne è contenuta principalmente nel decreto legislativo 11 aprile 2006 n. 198, il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, che riunisce in un testo unico le disposizioni in materia volte a combattere le discriminazioni.

 

 

Eccezioni

L’elencazione sopra riportata presenta due eccezioni, una parziale e, l’altra completa.

  1. Le disposizioni in materia di ferie annuali retribuite e di trattamento retributivo minimo, ivi compreso quello per lavoro straordinario, non si applicano nella ipotesi di assemblaggio iniziale o di prima installazione di un bene, previsti in un contratto di fornitura di beni, indispensabili per mettere in funzione lo stesso bene fornito. Il lavoro, svolto da lavoratori qualificati e specializzati dell’impresa di fornitura, deve avvenire per un periodo non superiore ad otto giorni, con esclusione espressa di alcune attività edili individuate nell’allegato A del d.lgs. 136/2016.
  2. La seconda eccezione riguarda i lavoratori somministrati per i quali trova applicazione integrale l’art. 35, comma 1, d.lgs. 81/2015 – espressamente richiamato dall’art. 4, comma 3, d.lgs. 136/2016 – secondo il quale “per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore”.

 

 

Tutela dei diritti

Responsabilità solidale

E’ espressamente prevista per le ipotesi di distacco transnazionale una responsabilità solidale.
L’art. 4, comma 4, d.lgs. 136/2016 infatti richiama l’applicazione degli istituti, previsti per gli appalti, della c.d. azione diretta prevista dall’art. 1676 c.c. e della responsabilità solidale prevista dall’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003.
Può dunque affermarsi che il distaccato transnazionale è interessato da una tutela maggiore di quella del distaccato interno per il quale l’art. 30, d.lgs. 276/2003 non prevede alcuna forma di tutela rafforzata del credito.
Per espresso richiamo effettuato dall’art. 4, comma 3, d.lgs. 136/2016, trova altresì applicazione per la somministrazione il comma 2 dell’art. 35 del D.L.vo n. 81/2015 il quale recita: “l’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore”.
Per espresso richiamo effettuato dall’art. 4, comma 5, d.lgs. 136/2016, in caso di distacco nell’ambito di un contratto di trasporto trova applicazione l’art. 83 bis, commi da 4 bis a 4 sexies, D.L. n. 112/2008, come modificato dall’art. 1, comma 248 L. 190/2014.
Secondo tali norme il committente è tenuto a verificare, prima della stipula del contratto di trasporto, l’adempimento degli obblighi previdenziali, assicurativi e retributivi con l’acquisizione di una attestazione rilasciata dagli Enti previdenziali, di data non anteriore a tre mesi, da cui risulti che l’azienda è in regola con i versamenti previdenziali ed assicurativi. Il committente che non esegue la verifica è obbligato in solido con il vettore, nonché con ciascuno dei sub – vettori, entro un anno dalla cessazione del contratto di trasporto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi ed a versare i contributi previdenziali ed assicurativi dovuti con riguardo alle prestazioni svolte durante il contratto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni amministrative che restano “in capo” al responsabile dell’inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare azione di regresso secondo le regole generali. in caso di contratto di trasporto non stipulato in forma scritta il committente che non esegue la verifica citata, oltre agli oneri di solidarietà, risponde anche di quelli di natura fiscale e delle violazioni al codice della strada.

 

Autorità competenti

I lavoratori distaccati che prestano o hanno prestato attività lavorativa in Italia possono far valere i diritti in sede amministrativa e giudiziale avanti alle competenti autorità del territorio italiano.
Le situazioni illecite possono essere segnalate alle sedi territoriali dell‘Ispettorato Nazionale del Lavoro, le quali avvieranno le attività di vigilanza necessarie.

 

Decadenze

Nel caso di distacco transnazionale illegittimo, e sempre che si intenda chiedere la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro in capo al distaccatario, compresa l’ipotesi in cui si voglia anche far valere un illegittimo recesso imputabile a quest’ultimo, deve ritenersi applicabile l’art. 32, comma 4, lett d), L. 183/2010. Pertanto occorrerà impugnare il distacco (e l’eventuale licenziamento) nel termine di 60 gg. dalla sua cessazione inviando una apposita comunicazione all’utilizzatore e depositare il ricorso nel successivo termine di giorni 180.
Anche nel caso di genuinità del distacco occorrerà prestare attenzione. Infatti occorrerà procedere nei termini sopra indicati al fine di evitare di decadere dal beneficio della responsabilità solidale come sopra descritta.

 

Obblighi amministrativi

Adempimenti previsti per il distaccante

Sono previsti alcuni obblighi amministrativi che gravano sull’impresa distaccante la quale deve:

  1. Effettuare la dichiarazione preventiva di distacco del personale impiegato in Italia entro le ore 24 del giorno antecedente all’inizio del distacco stesso e comunicare tutte le successive modificazioni entro 5 giorni dal verificarsi dell’evento. Il DM 10/08/2016 e i relativi allegati definiscono gli standard operativi e le modalità di trasmissione della comunicazione obbligatoria.
  2. Conservare, predisponendone copia cartacea o elettronica in lingua italiana, la documentazione in materia di lavoro (contratto di lavoro o altro documento contenente le informazioni di cui agli artt. 1 e 2, D. Lgs. n. 152/1997), i prospetti paga, i prospetti indicanti l’inizio, la fine e la durata dell’orario di lavoro giornaliero, la documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni o altro atto equivalente, nonché il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile (modello A1) e la comunicazione/registrazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro, per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione.
  3. Designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti. In mancanza, la sede dell’impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi, per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione.
  4. Designare una persona, non necessariamente coincidente con quella di cui sopra, che agisca in qualità di rappresentante legale, al fine di mettere in contatto le parti sociali interessate con il prestatore di servizi per una eventuale negoziazione collettiva; tale persona di contatto non ha l’obbligo di essere presente nel luogo di svolgimento dell’attività lavorativa in distacco, ma deve rendersi disponibile in caso di richiesta motivata, per tutto il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione.

La circolare INL n.3/2016 chiarisce che l’obbligo per i prestatori di servizi stranieri scatta dal 26/12/2016. Per il settore del cabotaggio, è prevista una particolare procedura telematica attiva dal 01/03/2017.
Per inviare il modello telematico è necessario possedere le credenziali del portale Cliclavoro in qualità di “Azienda”.

 

Sanzioni

In ossequio ai principi comunitari di effettività e proporzionalità delle sanzioni, la cogenza dei nuovi obblighi documentali previsti dalla normativa di recepimento nei confronti del prestatore di servizi transnazionale è assicurata da un adeguato regime sanzionatorio.
In particolare, ai sensi dell’art. 12, D.Lgs. n. 136/2016:

  • la violazione dell’obbligo di comunicare il distacco è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 500 euro, per ogni lavoratore interessato;
  • la violazione dell’obbligo di conservare, durante il periodo di distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, predisponendone copia in lingua italiana, la rilevante documentazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro, per ogni lavoratore interessato (comma 3, lett. a);
  • la violazione dell’obbligo di designare, durante il periodo di distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato dal distaccante di esibire, inviare o ricevere atti e documenti, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro (comma 3, lett. b);
  • la violazione dell’obbligo di designare, per tutto il periodo di distacco, un referente con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali interessate a promuovere la negoziazione collettiva di secondo livello con obbligo di rendersi disponibile in caso di richiesta motivata delle parti sociali, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro (comma 4).

In ogni caso, gli importi delle suddette sanzioni amministrative – in base all’art. 32, comma 1, lettera d), L. n. 234/2012 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea) – non possono essere superiori a 150.000 euro rispetto alle violazioni sancite da ciascun comma di quelli sopra elencati (art. 12, comma 4, D.Lgs. n. 136/2016).
Alle violazioni in argomento è inoltre applicabile l’istituto della diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n.124/2004.
L’obbligo di conservazione, di cui all’art. 10, comma 3, lett. a), è da ritenersi invece direttamente finalizzato all’esibizione agli organi di vigilanza di copia in lingua italiana della documentazione ivi contemplata. Pertanto la relativa violazione è configurabile sia nel caso di mancata esibizione sia nell’ipotesi di consegna di documenti non tradotti in lingua italiana.

 

Distacco transnazionale non genuino

Accertamento e gli indici di valutazione

Le ipotesi di distacco (transnazionale) non autentico sono configurabili ogniqualvolta il datore di lavoro distaccante e/o il soggetto distaccatario pongano in essere distacchi “fittizi” per eludere la normativa nazionale in materia di condizioni di lavoro e sicurezza sociale, distacchi “fittizi” che possono essere riscontrati, a titolo esemplificativo, nei seguenti casi:

  • l’impresa distaccante è una società fittizia, non esercitando alcuna attività economica nel Paese di origine;
  • l’impresa distaccante non presta alcun servizio ma si limita a fornire solo il personale in assenza della relativa autorizzazione all’attività di somministrazione;
  • il lavoratore distaccato al momento dell’assunzione da parte dell’impresa straniera distaccante già risiede e lavora abitualmente in Italia;
  • il lavoratore distaccato, regolarmente assunto dall’impresa distaccante, è stato licenziato durante il periodo di distacco e, in assenza di una comunicazione di modifica della data di cessazione del periodo di distacco, lo stesso continua a prestare attività lavorativa, sostanzialmente in nero, presso l’impresa distaccataria.

E’ comunque evidente che il personale ispettivo dovrà verificare l’autenticità del distacco posto in essere con riferimento ad ogni singolo lavoratore coinvolto.
Secondo la Circolare INL 1/2017, gli elementi che dovrebbero aiutare gli organi di vigilanza a verificare se, nei casi di specie, non ci si trovi di fronte, ad “ipotesi fasulle” rappresentate dal fatto che si vengano a creare all’estero “scatole vuote” finalizzate, soltanto, a gestire manodopera a basso costo sono:

  • luogo in cui l’impresa distaccante ha la propria ubicazione legale ed amministrativa, i propri uffici, reparti od unità produttive;
  • luogo di registrazione presso la Camera di Commercio o, se richiesto, presso un albo professionale; luogo di assunzione dei lavoratori e luogo di distacco;
  • disciplina applicabile dall’impresa distaccante ai contratti conclusi con i clienti ed i propri dipendenti; luogo di esercizio dell’attività principale e luogo ove risulta occupato il personale amministrativo;
  • numero dei contratti eseguiti o ammontare del fatturato realizzato dall’impresa nello Stato membro ove ha la sede operativa, tenendo conto di eventuali parametri diversi a seconda che l’impresa sia media o piccola, o di nuova costituzione;
  • ogni altro elemento utile ai fini della valutazione complessiva.

A questi elementi di carattere generale, se ne accompagnano altri che si riferiscono, essenzialmente, alla genuinità del distacco e che riguardano i singoli lavoratori:

  • contenuto, natura, modalità di svolgimento dell’attività e retribuzione;
  • valutazione se, abitualmente, i lavoratori prestino la propria attività nello Stato membro dell’Unione “distaccatario”;
  • temporaneità dell’attività svolta in Italia; data di inizio del distacco;
  • valutazione della circostanza che il lavoratore torni o sia già tornato nello Stato membro da cui risulta distaccato;
  • valutazione della circostanza che il datore di lavoro “distaccante” provveda al pagamento delle spese di viaggio, vitto ed alloggio con le modalità di pagamento o di rimborso;
  • eventuali periodi precedenti in cui la stessa attività è già stata svolta dallo stesso o da altri lavoratori distaccati;
  • l’esistenza del certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile; ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva.

 

 

Conseguenze del distacco illecito

Ai sensi dell’art. 3, comma 4, d.lgs. 136/2016 “nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione”.
Ne consegue che nelle suddette ipotesi il lavoratore deve essere considerato come impiegato sul territorio italiano dal soggetto distaccatario, applicando integralmente gli istituti e le tutele in materia di lavoro e legislazione sociale previsti dalla normativa interna.
Per quanto concerne il regime sanzionatorio, dovrà essere irrogata la sanzione amministrativa per la violazione conseguente alla mancata formalizzazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro in Italia, non strettamente connessa al profilo previdenziale, ossia quella prevista in caso di mancata comunicazione di instaurazione del rapporto, diffidabile ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n.124/2004.
L’art. 3, comma 5 d.lgs. 136/2016 stabilisce inoltre che, nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, il distaccante e il distaccario sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, analogamente a quanto previsto dall’articolo 18, comma 5·bis, del D.Lgs. n. 276/2003. In ogni caso l’ammontare della sanzione amministrativa non può essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000. Se vi è impiego dei minori, la disposizione prevede l’applicazione della pena dell’arresto fino a diciotto mesi e dell’ammenda originariamente stabilita aumentata fino al sestuplo (cfr. ML circ. n. 6/2016 sul Decreto depenalizzazione n. 8/2016).
È bene precisare che l’applicazione della predetta sanzione amministrativa non è condizionata alla attivazione e definizione della procedura di disconoscimento del certificato A1 necessaria, invece, ai fini del recupero dei contributi previdenziali secondo la legislazione italiana.
Il distacco non autentico non risulta comunque assimilabile alla fattispecie di “lavoro nero” con esclusione pertanto delle relative conseguenze sanzionatorie.
Sul piano previdenziale gli Enti dovranno tuttavia attivare la specifica procedura di annullamento/disconoscimento del certificato A1, ai sensi dell’art. 5 del Regolamento 987/2009. Ciò in quanto il certificato A1 costituisce una importante garanzia per il lavoratore che può continuare a mantenere la propria posizione previdenziale presso un’unica gestione, evitando, di conseguenza, la frammentazione delle erogazioni pensionistiche in Istituti previdenziali di diversi Paesi.

 

Vigilanza

Controlli degli organi di vigilanza

Per favorire una migliore diffusione delle informazioni delle condizioni di lavoro e di occupazione viene costituito presso il Dicastero del Lavoro (art. 6) un Osservatorio con compiti di monitoraggio sul distacco dei lavoratori.
Compito dello stesso è la formulazione di proposte da pubblicare sul sito istituzionale del Ministero che può essere realizzata anche attraverso specifiche iniziative di diffusione. Questo soggetto, nella sua attività, in seguito alla stipula di una convenzione con il Ministero e con l’ANPAL, potrà avvalersi di una serie di dati relativi al distacco transnazionale.

 

Sistema IMI

Nell’ottica del rafforzamento degli strumenti di cooperazione amministrativa e mutua assistenza tra gli Stati membri previsto dalla Direttiva 2014/67/UE, il sistema “Internal Market Information” (“IMI”) è un’applicazione software, accessibile gratuitamente dalle Autorità di controllo, finalizzata ad agevolare lo scambio di informazioni tra i Paesi dell’UE in materia di distacco transnazionale di lavoratori.
L’IMI consente alle competenti autorità di controllo di uno Stato membro, registrate e abilitate ad operare sul sistema (l’Ispettorato nazionale del lavoro e le proprie sedi territoriali per l’Italia), di individuare le corrispondenti autorità degli altri Paesi UE e di comunicare con loro in modo rapido e efficiente tramite una serie standard di domande e risposte pre-tradotte, nonché mediante una eventuale traduzione automatica del testo libero da e in qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione.
Tali domande sono volte ad acquisire le informazioni, sia sulle società che distaccano lavoratori nei Paesi dell’UE sia sui medesimi lavoratori distaccati, necessarie alla definizione degli accertamenti ispettivi in materia di distacco transnazionale di competenza dell’autorità richiedente.

 

Accesso alle informazioni e cooperazione amministrativa

L’art. 7, in un’ottica di trasparenza informativa, dispone che sul sito istituzionale del Ministero del Lavoro siano riportate notizie, in italiano ed in lingua inglese, in maniera trasparente, chiara, dettagliata e gratuita e conforme agli standard di accessibilità riferiti anche a soggetti portatori di handicap, relative:

  • alle condizioni di lavoro e di occupazione che si applicano ai lavoratori distaccati nel nostro Paese;
  • ai contratti collettivi applicabili, con riferimento alle tariffe minime salariali ed agli elementi costitutivi della retribuzione, al metodo utilizzato per calcolarla ed ai criteri di classificazione del personale;
  • alle procedure per sporgere denuncia ed alla disciplina in materia di salute e sicurezza sui posti di lavoro;
  • ai soggetti ai quali ci si potrà rivolgere per avere informazioni in ordine ai diritti ed agli obblighi derivanti dalle disposizioni normative.

Con il successivo art. 8 si entra nel campo della c.d. “cooperazione amministrativa” e un ruolo di “primordine” viene affidato all’Ispettorato nazionale del Lavoro che deve tempestivamente dare seguito alle eventuali richieste (che comprendono anche i recuperi e le notifiche) provenienti da una c.d. “autorità richiedente” che nella definizione fornita dall’art. 2, comma 1, è “l’autorità competente che presenta una richiesta di assistenza, informazione, notifica o recupero di una sanzione”, secondo quanto previsto dal D.L.vo n. 136/2016”. Tutto questo avverrà con controlli, anche di natura ispettiva, finalizzati a “scovare” casi di inadempienza e di violazione delle norme. Le imprese italiane, che sono destinatarie dei servizi, sono tenute a fornire agli organi di vigilanza tutte le informazioni necessarie.

 

Diffida accertativa

Al fine di tutelare i crediti retributivi vantati dai lavoratori in regime di distacco comunitario, il personale ispettivo può adottare la diffida accertativa ex art. 12 d.lgs. 124/2004.
Tenuto conto degli eventuali problemi di esecuzione della diffida accertativa nei casi in cui il datore di lavoro distaccante non abbia beni aggredibili in territorio italiano e vi siano difficoltà nell’attuazione delle procedure di delibazione internazionale, questo provvedimento, avente ad oggetto il differenziale retributivo accertato in sede ispettiva, viene notificato al datore di lavoro (impresa comunitaria distaccante), anche attraverso la persona di contatto di cui all’art. 10, comma 3, lett. b), D.Lgs. n. 136/2016. Inoltre, si ritiene che la diffida accertativa possa essere comunicata anche al distaccatario/committente/utilizzatore stabilito in Italia, in qualità di obbligato solidale, nei confronti del quale non avrà comunque efficacia di titolo esecutivo, stante la formulazione letterale dell’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004.
Quanto sopra risponde ad una duplice finalità: da un lato, consente all’impresa stabilita in Italia di avere piena conoscenza, sin dall’inizio, delle somme per le quali la stessa risulta obbligata solidale, dall’altro, informa i lavoratori coinvolti della presenza dell’obbligato solidale, quale ulteriore salvaguardia dei crediti retributivi accertati.

 

Profili previdenziali

Ai sensi dell’art. 12 del Regolamento CE del Parlamento Europeo 29/04/2004 n. 883/2004 in vigore da maggio 2010, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, al dipendente distaccato in un altro Stato membro – per una durata prevedibile di 24 mesi – continua ad applicarsi la legislazione previdenziale dello Stato di provenienza.
In particolare:

  • il datore di lavoro del paese di origine può continuare a versare i contributi previdenziali alle istituzioni competenti, secondo le disposizioni di legge vigenti;
  • il lavoratore continua a maturare i requisiti pensionistici secondo il regime previdenziale dello Stato di provenienza, e a beneficiare di tutte le relative prestazioni.

La permanenza della contribuzione nel paese d’origine può essere ulteriormente prorogata, purché vi sia il consenso alla deroga da parte delle istituzioni competenti degli Stati membri interessati, a sua volta condizionato dall’esistenza:

  1. dell’interesse dei destinatari alla proroga stessa;
  2. di un effettivo legame organico tra impresa distaccante e lavoratore distaccato, di cui occorre fornire la prova.
    Il distacco in proroga può avvenire fino a 5 anni, o oltre se si può dimostrare che la richiesta di proroga è giustificata dall’interesse del lavoratore distaccato alla continuità contributiva (ad es. se il lavoratore è prossimo all’età pensionabile).
    La ricorrenza del legame organico tra lavoratore distaccato ed impresa distaccante viene desunta sulla base di una serie di elementi o indici:
  3. le manifestazioni negoziali che hanno condotto alla costituzione del rapporto;
  4. l’attribuzione del potere di risoluzione del contratto di lavoro esclusivamente in capo al distaccante;
  5. la permanenza in capo a quest’ultima del potere organizzativo, con riferimento alla definizione dei compiti del lavoratore distaccato;
  6. la permanenza dell’obbligazione retributiva a carico dell’impresa che invia all’estero il lavoratore, a prescindere da chi materialmente provveda alla relativa erogazione.
    In sostanza il legame organico deve risultare dalla permanenza della responsabilità dell’impresa distaccante.

La retribuzione su cui calcolare l’imponibile deve, tuttavia, essere determinata secondo il principio di parità di trattamento economico e normativo (Interpello Min. Lav. 33/2010), vigente in Italia.

Il modello che attesta l’iscrizione dell’impresa straniera al sistema di sicurezza sociale nel paese d’origine (c.d. ex Mod. E 101 oggi Mod. A1), non contiene informazioni né sulle condizioni di lavoro, né sull’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi da parte dell’azienda, né notizie sull’effettiva sussistenza del rapporto di lavoro (Regolamento (CE) n. 883/2004; Regolamento di applicazione n. 987/2009). Il suddetto certificato concerne, infatti, la legislazione di sicurezza sociale applicabile al lavoratore distaccato, attestando l’obbligo per l’impresa distaccante di pagare i contributi esclusivamente nello Stato membro di stabilimento e non anche in quello ospitante. Ciò in quanto, dal punto di vista previdenziale, ai lavoratori distaccati nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi si applica il principio di “personalità” – opposto al principio di “territorialità” vigente invece in materia di condizioni di lavoro – che consente di mantenere il regime contributivo (previdenziale ed assistenziale) del Paese d’origine, mediante il rilascio dei Modelli A1 da parte del competente Istituto del medesimo Paese.
La mancanza del Mod. A1, ovvero della relativa richiesta avente data certa, “può indicare che la situazione non sia qualificabile come distacco genuino” (cfr. considerando 12, Direttiva 2014/67/UE), costituendo uno degli elementi utili per la valutazione complessiva, peraltro non decisivo, potendo ciononostante l’operazione risultare comunque genuina.
La presenza del Mod. A1, ovvero della relativa richiesta avente data certa, non esclude la possibilità per gli organi di vigilanza di accertare eventuali ipotesi di frode, abuso o elusione, in ragione del riscontro di profili che depongano in tal senso.
Laddove la durata del distacco sia superiore ai 24 mesi (previsti dal Regolamento (CE) n. 883/2004 e dal Regolamento di applicazione n. 987/2009), o comunque si riscontrino ulteriori elementi che depongano per la non temporaneità del distacco stesso occorre in ogni caso effettuare una valutazione complessiva degli ulteriori elementi fattuali ai fini dell’accertamento di un distacco non autentico o fraudolento, non essendo normativamente fissato un limite temporale massimo superato il quale il distacco non sia da considerarsi autentico (Circ. INL 1/2017).

Per i paesi extracomunitari vigono convenzioni apposite.

 

Rassegna di giurisprudenza

Cort. Giust. Ue 13/02/2015 C-396/2013
La Direttiva 96/71/CE mira a garantire una leale concorrenza tra le imprese nazionali e quelle che svolgono una prestazione di servizi transnazionale, imponendo a queste ultime di riconoscere ai loro dipendenti, in una limitata serie di materie, le condizioni di lavoro e di occupazione stabilite nello Stato membro ospitante. Inoltre, la stessa Direttiva ha lo scopo di garantire ai lavoratori distaccati l’applicazione delle norme di protezione minima dello Stato membro ospitante per quanto riguarda le condizioni di lavoro e di occupazione nel periodo in cui gli stessi svolgono temporaneamente un’attività lavorativa sul territorio di tale Stato membro. Per quanto sopra, ai lavoratori distaccati in Paesi intracomunitari vanno applicati i minimi retributivi previsti dai pertinenti contratti collettivi dello Stato membro ospitante.

Corte Giust. UE 03/04/2008 n. 346 (in D&l 2008, 3, 878)
L’art. 1 n. 3, lett. a) della direttiva 96/71/Ce, in tema di distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi si applica, in particolare, allorché un’impresa stabilita in uno Stato membro, nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale, distacchi lavoratori, per conto proprio e sotto la loro direzione, nel territorio di uno Stato membro, nell’ambito di un contratto concluso tra l’impresa che lo invia e il destinatario della prestazione di servizi che opera in tale Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa medesima. Invero, tale situazione sembra effettivamente sussistere nel caso di specie. Tale direttiva interpretata alla luce dell’art. 49 Ce, osta, in circostanze come quelle descritte, ad un provvedimento legislativo, emanato da un’autorità di uno Stato membro, che imponga agli enti pubblici aggiudicatori di attribuire gli appalti relativi a lavori edili esclusivamente alle imprese che, all’atto della presentazione delle offerte, si impegnino per iscritto a corrispondere ai propri dipendenti, impiegati per l’esecuzione dei lavori oggetto di appalto, una retribuzione non inferiore a quella minima prevista dal contratto collettivo vigente nel luogo dell’esecuzione dei lavori in questione.