Cessione del credito

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Questa voce è stata curata da Marco Colombo

 

Scheda sintetica

La cessione di credito è il negozio giuridico con il quale un soggetto, denominato creditore-cedente, dispone di un suo diritto di credito, trasmettendolo ad un terzo denominato cessionario.
Il soggetto tenuto all’adempimento nei confronti del cessionario prende il nome di debitore – ceduto.

La cessione del credito è sottratta ad ogni esigenza di forma a meno che questa sia richiesta dal negozio che costituisce la causa del trasferimento del credito. In ogni caso, la cessione, si perfeziona, nei rapporti tra creditore-cedente e cessionario, in forza del solo consenso da essi espresso.
Si tratta quindi di un rapporto giuridico bilaterale tra creditore e cessionario che rimane estraneo alla sfera di intervento del debitore-ceduto e che non può essere revocata unilateralmente.
Perché possa esserci cessione del credito è necessario che il cedente abbia la titolarità del diritto che intende trasferire e che questo diritto rientri nel novero di quelli disponibili. In tal senso è necessario che il credito non abbia natura strettamente personale e che il trasferimento non sia espressamente vietato dalla legge, come ad esempio nel caso di crediti cosiddetti alimentari, i quali non possono mai essere oggetto di cessione.
La cessione spiega i suoi effetti nei confronti del debitore-ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata, ossia quando gli si stata data una comunicazione formale, ad esempio, con raccomandata con ricevuta di ritorno.

La notifica dell’avvenuta cessione deve essere considerata come condizione necessaria affinché la stessa possa divenire opponibile al debitore ed obbligarlo ad adempiere (cfr. le schede di approfondimento per le esemplificazioni).
Infatti, il contratto di cessione produce i suoi effetti nei confronti del debitore-ceduto solo dopo che quest’ultimo ne sia venuto a conoscenza. In tal senso, la notifica al debitore-ceduto integra una condizione di opponibilità del negozio al debitore medesimo, nel senso che lo priva del diritto di liberarsi adempiendo al cedente.
Al contrario, mancando la notifica, se il debitore-ceduto adempie al cedente invece che al cessionario egli è liberato dall’obbligazione a meno che il cessionario non provi che il debitore fosse a conoscenza dell’esistenza della cessione. In questo caso il debitore-ceduto dovrà pagare di nuovo al cessionario, salvo vedersi poi restituito il pagamento dal cedente.
La cessione del diritto può avvenire dietro pagamento di un corrispettivo oppure a titolo gratuito anche senza il consenso del debitore:

  1. nel primo caso graverà sul creditore-cedente l’obbligo di garantire l’esistenza e la validità del diritto di credito trasferito
  2. nel secondo il creditore-cedente dovrà garantire il cessionario contro la possibilità che altri rivendichino la proprietà del credito stesso (cd. garanzia per evizione).

Gli effetti del contratto di cessione del credito comportano il trasferimento in capo al cessionario degli stessi diritti ed obblighi che egli aveva nei confronti del debitore. Invero, così come previsto dall’art. 1263 Codice Civile la cessione produce l’effetto di trasferire insieme al credito anche i relativi privilegi e le garanzie sia personali che reali ad esso eventualmente pertinenti.
Il terzo cessionario acquisisce inoltre anche tutti i rischi connessi. Tali sono, ad esempio, l’inesistenza del credito o l’inadempimento del debitore.
In tal senso, al fine di potersi tutelare, il creditore ceduto può essere obbligato, in base alla legge o in forza di un accordo con il cessionario, a fornire apposite garanzie.
La garanzia dell’esistenza del credito, deve essere fornita dal creditore-cedente quando il trasferimento avviene a titolo oneroso del credito, così come stabilito dall’art. 1266 del Codice Civile. Le parti possono tuttavia escludere consensualmente la garanzia.
Nessuna garanzia dell’esistenza del credito è invece obbligatoria, e rimessa quindi alla libera pattuizione tra le parti, se la cessione del credito avviene a titolo gratuito.
Invero la garanzia dell’adempimento del debitore ceduto, non è imposta dal Codice Civile al creditore cedente, lasciando alle parti la facoltà di prevederla contrattualmente. In assenza di tale garanzia la cessione è definita pro soluto, altrimenti si parla di cessione pro solvendo.
Queste le differenze tra le due modalità di cessione del credito:

  1. in quella pro soluto, il creditore che trasferisce il credito è responsabile della sola esistenza e validità dello stesso al momento della cessione;
  2. in quella pro solvendo, il creditore che trasferisce il credito è responsabile non solo dell’esistenza e della validità dello stesso al momento della cessione, ma anche della solvibilità del debitore ceduto; infatti, nell’ipotesi in cui il debitore non paghi, totalmente o parzialmente, il debito al cessionario, questi può chiedere il pagamento, totale o parziale, al creditore che gli ha trasferito detto credito.

Le principali applicazioni dell’istituto giuridico appena descritto nei rapporti di lavoro riguardano il pagamento dei contributi sindacali mediante trattenuta in busta paga (art. 26, Legge 300/1970 – Statuto dei Lavoratori) e la cessione del quinto dello stipendio per far fronte al pagamento di prestiti (D.P.R. 180/1950. Art. 1, comma 137, Legge 311/2004; art 13bis DL 35/2005, conv. in legge 80/2005).

 

Fonti normative

  • Codice Civile, articoli 1260, 1261, 1262, 1263, 1264, 1265, 1266, 1267
  • art. 26, Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori)
  • D.P.R. 180/1950
  • Art. 1, comma 137, Legge 311/2004
  • art 13bis DL 35/2005, convertito in Legge 80/2005

 

 

Scheda di approfondimento

Il pagamento dei contributi sindacali mediante trattenuta in busta paga

Con il referendum del giugno 1995 sono stati abrogati i comma 2 e 3 dell’art. 26 della Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) che prevedevano un obbligo per il datore di lavoro di raccogliere e versare i contributi alle associazioni sindacali.
Nonostante l’abrogazione, il meccanismo continua a esistere in tutti i casi in cui ciò sia previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.
Il lavoratore, infatti, può chiedere al proprio datore di lavoro che una parte della retribuzione venga versata all’organizzazione sindacale alla quale sono iscritti.
La Corte di Cassazione, dopo un contrasto giurisprudenziale composto dalle SS.UU. (sent. n. 28269 del 21/12/2005), afferma che la volontà espressa dal singolo lavoratore in ordine al meccanismo della trattenuta e del versamento al sindacato indicato non può essere condizionato al consenso del datore di lavoro. Per tale motivo, affermano i giudici di legittimità, quando il lavoratore invita il datore di lavoro a trattenere una quota della retribuzione e a versarla al sindacato, non fa altro che cedere una parte del proprio diritto di credito al sindacato.
Tale operazione, integrando una cessione di credito, non necessita dell’accettazione del debitore ceduto, a cui è sufficiente notificare la cessione. La cessione del credito, infatti, vale a far sorgere l’obbligazione nei confronti del debitore-ceduto (datore di lavoro), anche senza il suo consenso.
Il cedente (lavoratore), in luogo di corrispondere al suo creditore (associazione sindacale) la prestazione dovuta (quota sindacale) gli cede in pagamento parte del credito che egli ha nei confronti del debitore ceduto (datore di lavoro).

 

La cessione del quinto dello stipendio

I lavoratori subordinati pubblici e privati possono contrarre prestiti da estinguere con la cessione di una parte della retribuzione nella misura massima di un quinto al netto delle ritenute di legge.
Per i lavoratori a tempo indeterminato il periodo di cessione non può essere superiore ai dieci anni. Per quelli a tempo determinato, la cessione del quinto non può essere superiore al periodo di tempo che, al momento della stipulazione del prestito, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto.
Al termine del rapporto di lavoro il datore di lavoro procede alla trattenuta sul TFR fino alla concorrenza. Tale previsione non si applica ai lavoratori a termine.
Le cessioni di credito devono essere garantite da apposite assicurazioni sulla vita e su altri rischi che assicurino il recupero del credito residuo.
Dal 1° gennaio 2006 le cessioni del quinto della retribuzione hanno effetto solo dal momento della notifica al debitore ceduto.