Indennità di mensa

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Questa voce è stata curata da Valentina Remida

 

Scheda sintetica

L’indennità di mensa rientra tra le cosiddette “indennità sostitutive”, cioè quegli emolumenti dovuti al lavoratore in sostituzione di diritti riconosciuti e non fruiti, attribuiti dalla legge o dai contratti collettivi.
I lavoratori di un’azienda che non usufruiscono del servizio di mensa predisposto dal datore di lavoro per la generalità dei dipendenti hanno diritto a percepire un’indennità corrispondente al valore del pasto quotidiano offerto.
Tale indennità è stabilita dai contratti collettivi a livello territoriale e può essere giornaliera, come avviene nel caso degli operai, o mensile, come nel caso degli impiegati.

 

Natura dell’indennità di mensa e questioni connesse

La questione più dibattuta in tema di indennità di mensa ha riguardato la natura retributiva o meno del servizio di mensa e, appunto, della corrispondente indennità.
L’orientamento prevalente in giurisprudenza tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 affermava la natura retributiva di tale indennità, considerata valutabile per il calcolo degli istituti retributivi indiretti (indennità di anzianità, ferie, gratifica natalizia, etc.) e soggetta a contribuzione previdenziale.

Già l’Accordo interconfederale 20.04.1956, esteso erga omnes con D.P.R. n.1026/1960, aveva stabilito che a partire dalla data di stipulazione dell’accordo l’indennità di mensa sarebbe stata considerata “utile ai fini del calcolo dell’indennità sostitutiva di preavviso e di anzianità, del trattamento di festività e di quello di ferie nonché della gratifica natalizia e della tredicesima mensilità” (art. 1).
La forte reazione del mondo imprenditoriale contro il peso economico dei servizi di mensa, sul duplice piano degli istituti retributivi indiretti e dei contributi previdenziali, ha stimolato l’intervento del legislatore.

Il D.L. n. 333/1992, convertito in Legge n. 359/1992, ha infatti chiaramente escluso la natura retributiva del servizio mensa e dell’indennità sostitutiva, che pertanto non incide nel calcolo di altri istituti indiretti, “salvo che gli accordi e i contratti collettivi, anche aziendali, dispongano diversamente stabilendo se e in quale misura la mensa è retribuzione in natura” (art.6, comma 3).
La soluzione legislativa, sebbene sospettata di incostituzionalità per la facoltà concessa alla contrattazione collettiva, anche anteriore all’entrata in vigore della legge (art. 6, comma 4), è stata confermata sia dalla Corte costituzionale che dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.

Secondo l’orientamento ormai prevalente, infatti, il servizio di mensa non ha ontologicamente natura retributiva, difettando del requisito della corrispettività, salva una diversa qualificazione dell’autonomia collettiva.

Il legislatore è intervenuto anche in tema di assoggettabilità dell’indennità di mensa a contribuzione previdenziale: l’art. 51 del d.p.r. n.917/1986, così come modificato dal D.lgs. n. 56/1998, esclude dalla base imponibile ai fini contributivi e fiscali, in quanto non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente, le indennità sostitutive di mensa fino all’importo complessivo di euro 5,29 corrisposte agli addetti ai cantieri edili e ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione”.