Istituto di Patronato

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Questa voce è stata curata da Giampaolo Furlan e Ylenia Vasini

 

Definizione

Il patronato è una persona giuridica di diritto privato il cui scopo è lo svolgimento di un servizio di utilità pubblica.

 

Fonti normative

  • Legge 30 marzo 2001, n. 152 che ha abrogato le precedenti norme di cui al D.Lgs. 29 luglio 1947 n. 804, alla Legge 27 marzo 1980 n. 112 e al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 1017

 

 

Attività

Le attività del patronato consistono nell’informazione, assistenza, consulenza e tutela, anche con poteri di rappresentanza, di lavoratori dipendenti e autonomi, pensionati, cittadini italiani, stranieri e apolidi presenti sul territorio italiano. L’attività di tale istituto è finalizzata al conseguimento delle prestazioni in materia di sicurezza sociale, previdenziale, anche complementare, e di immigrazione ed emigrazione, nei confronti dei cittadini italiani o già in possesso della cittadinanza italiana, anche se residenti all’estero.
Le attività di consulenza e assistenza riguardano, in particolare, il conseguimento di:

  • Prestazioni previdenziali obbligatorie e forme integrative ovvero sostitutive delle stesse
  • Prestazioni di competenza del servizio sanitario nazionale
  • Prestazioni di natura sociale e assistenziale, incluse anche quelle in materia di immigrazione ed emigrazione
  • Prestazioni di previdenza complementare erogate da enti italiani o esteri

Le attività di consulenza, informazione e assistenza vengono prestate indipendentemente dall’affiliazione del soggetto richiedente all’organizzazione promotrice e, salvo espresse eccezioni, sono erogate gratuitamente.
Le attività di assistenza riguardano, inoltre, l’ambito processuale, in quanto i patronati si occupano anche dell’assistenza in sede giudiziaria.
Il patrocinio legale è regolato dalle norme del codice di procedura civile, ma le spese relative alla rappresentanza in giudizio sono calcolate in misura ridotta rispetto alle vigenti tariffe professionali, in considerazione delle finalità etico-sociali perseguite dagli istituti stessi.
I patronati si occupano altresì dell’attività di sostegno e di assistenza tecnica finalizzate alla diffusione della conoscenza della legislazione, alla promozione dell’interesse dei cittadini in materia di sicurezza sociale, previdenza, lavoro, mercato del lavoro, risparmio previdenziale, diritto di famiglia e delle successioni e anche all’informazione sulla legislazione fiscale, nei limiti stabiliti dalla legge.

 

Soggetti promotori

Gli istituti di patronato possono essere costituiti e gestiti dalle associazioni e confederazioni di lavoratori, su iniziativa singola o associata, che:

  • siano costituite ed operino da almeno tre anni
  • abbiano proprie sedi in almeno un terzo delle regioni e in un terzo delle province del territorio nazionale
  • dimostrino di possedere i mezzi finanziari e tecnici necessari per la costituzione e la gestione degli istituti di patronato e di assistenza sociale
  • perseguano, secondo i rispettivi statuti, finalità assistenziali.

 

 

Finanziamento

Il patronato usufruisce di finanziamenti pubblici attraverso un fondo economico predisposto dagli enti previdenziali (INPS, INPDAP, INAIL, IPSEMA).
La somma accantonata viene elargita ai patronati in misura proporzionale all’attività svolta, che viene verificata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

Giurisprudenza in tema di patronato

Sul patronato in generale

C. Conti, Sez. V, 10/01/1990, n.63736
Nel giudizio pensionistico di guerra, un ricorso presentato in nome e per conto dell’interessato, dal segretario di un patronato è nullo, non potendosi riconoscere la possibilità di conferire mandato per la tutela di interessi in sede giurisdizionale ad enti, associazioni o patronati, avendo i diritti pensionistici di guerra natura risarcitoria e non previdenziale; tale nullità è, tuttavia, da considerarsi sanata a seguito di atto di sollecito direttamente sottoscritto dall’interessato, in cui siano riassunti per relationem gli elementi dell’impugnativa.

Trib. Pisa, 08/03/1990
Nel caso in cui l’organizzazione strutturale del patronato sia articolata a vari livelli territoriali (centrale, regionale, locale), ed il personale dell’associazione promotrice sia utilizzato presso altra struttura detto personale deve ritenersi “comandato” con la conseguenza che esso conserva la posizione giuridica ed economica goduta presso il precedente datore di lavoro verificandosi una organizzazione impropria dell’ente di patronato che, attraverso il comando di personale, è posto in condizione di svolgere i propri compiti istituzionali anche laddove la struttura locale manchi di proprio personale.

Cass. civ., 10/02/1984, n.1041
Nelle controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, l’art. 446 c. p. c. attribuisce direttamente agli istituti di patronato e di assistenza sociale il potere, ove sollecitati dall’assistito, di rendere informazioni ed osservazioni, orali o scritte, essendo escluso che le medesime, non riconducibili alla previsione dell’art. 213 c. p. c., possano formare oggetto di una diretta richiesta da parte del giudice, come è invece previsto, nelle cause di lavoro, in relazione al testo di contratti ed accordi collettivi ed alle informazioni ed osservazioni delle associazioni sindacali; ciò, peraltro, non implica che al giudice non competa un potere di valutazione (legittimamente esprimibile, in caso negativo, anche per implicito) in ordine alla pertinenza ed alla rilevanza delle informazioni ed osservazioni ai sensi dell’art. 446 cit., delle quali, pertanto, è necessario che l’interessato indichi, sia pure sommariamente, l’oggetto nella relativa richiesta.

Cass. civ., 26/01/1984, n.627
Nelle controversie soggette al nuovo rito del lavoro la partecipazione degli istituti di patronato diretta a tutelare esclusivamente gli interessi dell’assistito, su istanza esclusiva dello stesso, non incide sui poteri del giudice di direzione del processo e di valutazione della necessità dell’acquisizione degli elementi necessari per il giudizio; spetta, pertanto, al giudice del merito, nell’esercizio di tali poteri, insindacabili in sede di legittimità, valutare se le osservazioni e le informazioni, che l’assistito vuole chiedere al patronato, siano talmente rilevanti da giustificare l’attività processuale necessaria alla loro acquisizione e la dilazione nella decisione della causa.

Cass. civ., 25/02/1982, n.1219
Nel processo del lavoro, la richiesta di informazioni ed osservazioni alle associazioni sindacali ed agli istituti di patronato e di assistenza sociale (art. 425 e 446 c. p. c.) rientra nella sfera di discrezionalità del giudice del merito, il quale, pertanto, non è tenuto al riguardo a precisazioni dettagliate ed a confutare tutte le argomentazioni svolte dalle parti.

 

Funzione del patronato

Cass. civ., Sez. lavoro, 20/11/2007, n.24043
In tema di licenziamento, l’esclusione della tutela reale di cui all’art. 18 dello statuto dei lavoratori, prevista per le cosiddette organizzazioni di tendenza dall’art. 4 della legge n. 108 del 1990, non è riferibile agli istituti di patronato, atteso che questi non svolgono attività sindacale o politica, ma assistono i lavoratori e i pensionati nelle pratiche amministrative e giudiziarie, ricevendo sovvenzionamenti in relazione al lavoro svolto. (Cassa e decide nel merito, App. Salerno, 28 Aprile 2004)

Cass. civ., Sez. lavoro, 03/05/2005, n.9111
Nel rapporto contrattuale tra un istituto di assistenza dei lavoratori ed un legale, che assiste in giudizio i lavoratori inviatigli dall’istituto di patronato percependo il solo importo delle spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice in caso di vittoria, l’obbligo del professionista e la natura dell’Istituto (al perseguimento delle cui finalità il lavoro del professionista è funzionalmente diretto) conferiscono al rapporto contrattuale una oggettiva funzione (di consentire la tutela dei diritti previdenziali e assistenziali), che, essendo diretta a realizzare una finalità di valore sociale e umano nonché (indirettamente) costituzionale (art. 38 Cost.), costituisce una valida causa contrattuale, che può essere esclusa solo provando che il rapporto contrattuale ha avuto un diverso particolare scopo, e comunque nei limiti previsti dall’art. 1345 c.c. per cui il soggettivo scopo illecito del professionista – quale il non consentito «accaparramento di affari» -, purché non sia comune all’altra parte, rimane irrilevante.

Corte cost., 07/10/1993, n.372
L’art. 1 del D.Lgs. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, nella parte in cui affida l’esercizio dell’assistenza e della tutela di un lavoratore, per il conseguimento in sede amministrativa di prestazioni di qualsiasi genere, nonché la rappresentanza davanti agli organi preposti alla liquidazione di dette prestazioni, esclusivamente agli Istituti di patronato e di assistenza sociale, attiene alle facoltà difensive del lavoratore nella fase amministrativa (culminante nella “collegiale medica”) i cui risultati, tuttavia, non sono vincolanti per il giudice e, conseguentemente, non viene in rilievo nel caso in cui – come nella specie – in ordine alla pretesa del lavoratore, risulti instaurato – mediante proposizione, da parte di quest’ultimo, di ricorso davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro – un contenzioso in sede giurisdizionale. (Inammissibilità della questione di legittimità costituzionale concernente detta norma, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 38 Cost.).

 

Natura dell’istituto di patronato

Cass. civ., Sez. lavoro, 14/02/1997, n.1345
L’art. 1 l. 27 marzo 1980 n. 112, il quale dispone che gli istituti di patronato, di cui al D.Lg. C.P.S. 29 luglio 1947 n. 804, hanno personalità giuridica di diritto privato, ha portata innovativa e quindi non retroattiva, e perciò non ha inciso sul permanere, fino alla data di entrata in vigore della legge predetta, del carattere pubblicistico del rapporto di lavoro dei dipendenti dei suddetti istituti, rapporto che poi, a partire dalla suddetta data, ha acquisito natura privatistica; ne consegue che il giudice ordinario – competente a conoscere del rapporto di lavoro dei dipendenti di tali istituti che si sia protratto oltre l’entrata in vigore della nuova disciplina, non potendosi distinguere, ai fini della giurisdizione, tra pretese fondate sul rapporto di pubblico impiego e pretese inerenti alla fase privatistica del rapporto stesso – deve applicare, in relazione alle pretese concernenti la prima fase del rapporto, le regole ed i principi propri del rapporto di pubblico impiego e deve quindi distinguere, nell’ambito degli atti emanati per la gestione di tale tipo di rapporto, tra quelli di natura autoritativa (fra i quali rientrano i provvedimenti concernenti l’inquadramento dei pubblici impiegati) – rispetto ai quali non opera nemmeno l’istituto della disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865, all. E), che riguarda solo la tutela dei diritti soggettivi – e quelli di natura paritetica, essendo tenuto a rispettare gli effetti costitutivi prodotti dai primi.

Cass. civ., Sez. Unite, 11/01/1990, n.59
Con riguardo agli istituti di patronato, di cui al d. l. c. p. s. 29 luglio 1947, n. 804, l’art. 1 l. 27 marzo 1980, n. 112, ai sensi del quale essi hanno personalità giuridica di diritto privato, ha portata innovativa, sì da non incidere sulla loro pregressa natura di enti pubblici non economici; ne consegue che le controversie inerenti al rapporto di lavoro con detti istituti spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ovvero alla giurisdizione del giudice ordinario, a secondo che tale rapporto sia cessato o sia ancora in corso alla data di entrata in vigore della citata legge, in considerazione della natura, rispettivamente, pubblicistica o privatistica del rapporto stesso.

Cass. civ., Sez. Unite, 28/06/1989, n.3130
L’art. 1, l. 27 marzo 1980, n. 112, il quale dispone che gli istituti di patronato, di cui al D.Lgs. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, hanno personalità giuridica di diritto privato, ha portata innovativa ed effetti non retroattivi, sì da non incidere sulla loro pregressa natura di enti pubblici non economici; ne consegue che il rapporto di lavoro dei dipendenti di tali istituti, ove cessato prima dell’entrata in vigore della citata legge, rientra nell’ambito del pubblico impiego, ed è devoluto alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, ove perduri dopo la nuova normativa, assume carattere privatistico, spettando quindi alla giurisdizione del giudice ordinario, senza possibilità di distinguere la giurisdizione in relazione alle fasi del rapporto svoltesi prima e dopo l’entrata in vigore della legge.

Cass. civ., Sez. Unite, 20/06/1987, n.5446
L’attribuzione agli istituti di patronato (nella specie, Enas) della qualità di persone giuridiche di diritto privato, ai sensi della l. 27 marzo 1980, n. 112, comporta che il rapporto di lavoro dei dipendenti di detti istituti, ove perduri nel vigore della nuova normativa, si trasforma da pubblicistico in privatistico, con la conseguenza che le controversie ad esso inerenti, ancorché investano diritti del lavoratore maturati in virtù dell’anteriore disciplina, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.

Cass. civ., 11/12/1984, n.6514
La personalità giuridica di diritto privato, che, ai sensi dell’art. 1 l. 27 marzo 1980, n. 112, va attribuita, a decorrere dall’entrata in vigore della stessa legge (da ritenere di natura innovativa e non interpretativa), agli istituti di patronato e di assistenza sociale costituiti ai sensi dell’art. 2 d. leg. c. p. s. 29 luglio 1947, n. 804, comporta necessariamente la natura privatistica anche del rapporto di lavoro dei dipendenti di detti istituti, con la conseguenza che la successiva cessazione di esso è soggetta alla disciplina della legge e della contrattazione collettiva (ove esista) vigenti per il settore del lavoro privato, restando escluso, in particolare, che detti dipendenti possano conservare, in virtù dell’art. 5 della legge, la stabilità nell’impiego propria del personale degli enti pubblici.

Cons. Stato, Sez. VI, 06/11/1981, n.633
Mentre prima della l. 27 marzo 1980, n. 112 andava riconosciuta la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie relative al rapporto d’impiego dei dipendenti degli enti di patronato e di assistenza sociale, a seguito della anzidetta legge, il cui art. 1 ha attribuito la personalità giuridica di diritto privato agli istituti stessi, la cognizione delle controversie di lavoro con gli istituti di patronato rientra nella giurisdizione del giudice ordinario; peraltro la cognizione delle controversie originate da rapporti cessati prima dell’entrata in vigore della nuova normativa rimane nella giurisdizione del giudice amministrativo, non potendo la semplice qualificazione contenuta nel titolo della legge farle riconoscere carattere interpretativo ed efficacia retroattiva.

 

Finanziamento degli istituti di patronato

Cass. civ., Sez. I, 22/11/1991, n.12579
Le disposizioni degli art. 1-4, D.Lgs. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, sul finanziamento degli istituti di patronato ed assistenza sociale mediante prelevamento di una quota percentuale (da fissarsi con decreto ministeriale in misura non superiore allo zero virgola cinquanta per cento) dai contributi incassati dagli istituti che gestiscono le varie forme di previdenza sociale, trovano applicazione nei confronti degli istituti di previdenza sociale per i lavoratori dipendenti, non anche nei confronti degli enti o casse di previdenza per i liberi professionisti, considerato che le disposizioni medesime, introduttive di imposizioni equiparabili a quelle tributarie, attengono al lavoro subordinato e non sono suscettibili di estensione, in difetto di espressa previsione e pure alla luce dell’evoluzione normativa in materia, al diverso settore delle attività professionali.

Cass. civ., Sez. Unite, 24/10/1990, n.10319
In tema di finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale, mediante devoluzione di una percentuale sul gettito dei contributi incassati dagli enti di previdenza, il decreto del ministro del lavoro, nella parte in cui fissa l’aliquota annuale di detta percentuale nel rispetto del limite massimo dello zero virgola cinquanta per cento (art. 4 d. leg. c. p. s. 29 luglio 1947 n. 804, integrato dalla l. 27 marzo 1980 n. 112), esprime una scelta di tipo discrezionale; ne consegue che la controversia promossa per contestare la congruità di tale aliquota, senza mettere in discussione né il rispetto dell’indicato limite massimo né l’individuazione degli enti soggetti al prelievo, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, perché si ricollega a posizioni di mero interesse legittimo.

Cass. civ., Sez. Unite, 04/03/1988, n.2271
L’art. 4 D.Lgs. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, recante norme sul riconoscimento degli istituti di patronato ed assistenza sociale, ove stabilisce che, al finanziamento degli istituti medesimi, si provvede con il prelevamento di aliquote percentuali sul gettito dei contributi incassati dagli enti che gestiscono le varie forme di previdenza sociale, demandando poi al ministero per il lavoro e la previdenza sociale la fissazione annuale delle aliquote stesse, integra una norma impositiva di prestazioni di contenuto patrimoniale, a carico di soggetti espressamente individuati, e con esclusione di ogni discrezionalità in proposito della p. a., cui compete solo il diverso compito di stabilire le indicate aliquote; ne consegue che la domanda, con la quale casse od enti nazionali di previdenza ed assistenza per i professionisti insorgano contro i provvedimenti amministrativi estensivi, nei loro confronti, di detti prelevamenti, negando la loro inquadrabilità nella categoria degli enti contemplati dal cit. art. 4, investe posizioni di diritto soggettivo, sottratte all’incidenza dei poteri della p. a., e, pertanto, resta devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario; questa giurisdizione non soffre deroga per il caso in cui quella domanda contesti anche la misura dell’aliquota del prelievo, giacché, in detta ipotesi, il giudice amministrativo, chiamato a statuire sulla legittimità dell’aliquota, non solo non ha il potere di decidere incidenter tantum in ordine alla questione dell’individuazione dei soggetti obbligati, che si pone su un piano pregiudiziale e distinto, rispetto a quella relativa al quantum debeatur, ma anche su questa – che è rilevante solo in caso di soluzione positiva della prima, ed a questa è legata da un rapporto di dipendenza – deve, di conseguenza, astenersi dal pronunciare.

T.A.R. Lazio, Sez. III, 23/06/1980, n.613
E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione agli art. 23, 3 e 53 cost., dell’art. 4 D.Lgs. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, che dispone il prelevamento di una aliquota percentuale sul gettito dei contributi incassati dagli istituti previdenziali per il finanziamento degli enti di patronato, aliquota da determinarsi annualmente con decreto del ministero del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il ministero del tesoro.