Infortunio sul lavoro

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Questa voce è stata curata da Aldo Garlatti

 

Scheda di approfondimento

Tra le principali forme di tutela previdenziale rientra certamente l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali di cui al DPR n. 1124 del 30 giugno 1965.
Tale normativa è finalizzata a indennizzare, mediante l’erogazione di prestazioni sanitarie ed economiche, le conseguenze negative di eventi – quali l’infortunio o la malattia professionale – verificatisi per causa ed in occasione di lavoro e dai quali possa conseguire inabilità permanente, temporanea o, nei casi più gravi, morte.

L’infortunio sul lavoro come noto, si differenzia dalla malattia professionale o tecnopatia, determinata dalla cosiddetta “causa lenta” proprio per la natura violenta della causa che deve causarlo (1).
Per occasione di lavoro deve intendersi la riferibilità eziologica diretta od indiretta tra l’attività lavorativa e l’infortunio che ne costituisce presupposto indefettibile.

Va sottolineato che l’interpretazione della nozione di infortunio sul lavoro è andata col tempo ampliandosi, ricomprendendo ad esempio anche quegli eventi causati da reazione fisiche e psichiche del lavoratore in risposta alle condizioni di fatica e stress.

La riforma del 2000 (cfr. D.Lgs. 38/2000) ha per la prima volta legislativamente inserito nella tutela assicurativa l’infortunio in itinere.
In linea generale, ad ogni evento di danno occorso al lavoratore nell’espletamento delle proprie mansioni lavorative, consegue una tutela previdenziale – assistenziale e, ove siano ravvisabili gli estremi della colpa del datore di lavoro per la violazione delle norme generiche e specifiche sulla prevenzione degli infortuni, può intraprendersi l’azione civilista di risarcimento dei danni “differenziali”.

Va inoltre ricordato che il Codice Penale prevede i delitti di lesioni personali ed omicidio colposi (artt. 590 e 589) che si caratterizzano in maniera del tutto peculiare allorché essi vengano commessi con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o abbiano comunque determinato una malattia professionale o lavoro correlata.
In tali ipotesi essi risultano di solito caratterizzati dalla presenza di una colpa specifica in relazione appunto alla inosservanza di una regola cautelare ed anche, secondo il costante orientamento della corte di cassazione, dell’ampio dettato dell’art. 2087 c.c. che, come è noto, impone all’imprenditore di adottare le misure che per la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
In particolare poi per il reato di lesioni personali colpose da infortunio sul lavoro o malattia da lavoro sono previste pene maggiori rispetto al reato comune e la perseguibilità di ufficio per le lesioni gravi e gravissime; mentre per il reato di omicidio colposo commesso con violazione della normativa prevenzionale è previsto non solo un aumento della pena, ma anche un raddoppio dei termini di prescrizione dello stesso.

Per infortunio sul lavoro deve intendersi un evento lesivo avvenuto per causa violenta (con azione intensa e concentrata nel tempo), in occasione di lavoro, dal quale astrattamente possono conseguire, nei casi più gravi, la morte del lavoratore oppure postumi di natura permanente (incidenti sulla capacità lavorativa generica e sull’efficienza psicofisica) oltre che temporanei.

I contratti collettivi usualmente disciplinano l’effetto del periodo inabilità temporanea conseguente ad infortunio sul lavoro ai fini del compimento del periodo di comporto e della conseguente conservazione del rapporto di lavoro.

Ogni evento può definirsi avvenuto per causa ed in occasione di lavoro, anche al di fuori dell’orario di lavoro, quando il lavoro sia stato la causa del rischio. E’ cioè necessario che intercorra un nesso di causalità anche mediato ed indiretto, tra attività lavorativa e sinistro.
Deve ricorrere un rischio specifico o di un rischio generico aggravato dal lavoro e non di un mero rischio generico incombente sulla generalità delle persone (indipendente dalla condizioni peculiari del lavoro).

Rilevano tutte le condizioni, anche ambientali, in cui l’attività produttiva si svolge e nelle quali è immanente il rischio di danno per il lavoratore.
Solo il rischio elettivo, ovvero quello rapportabile a fatto proprio esclusivo e frutto di una libera e spontanea determinazione del lavoratore, estraneo alle mansioni ed al lavoro, esclude l’occasione di lavoro.

Non sono indispensabili i requisiti della straordinarietà, accidentalità ed imprevedibilità del fatto lesivo.

Occorre sottolineare che il comportamento colposo del lavoratore infortunato, consistente ad es. in atti di imprudenza negligenza ed imperizia, non esclude il rapporto di causalità.

Esaminando la casistica giurisprudenziale con specifico riferimento all’occasione di lavoro, sono stati ritenuti indennizzabili:

  • l’infortunio subito dal lavoratore vittima di una rapina nel tragitto casa – lavoro ( Cfr. Cass. Civ. 14.2.’08 nr.3776);
  • l’infortunio sul lavoro per causa violenta (caduta accidentale sulle scale), occorso al lavoratore mentre si accingeva a esercitare le proprie mansioni, recandosi presso altro reparto ove collaborava alla terapia riabilitativa, per conferire con un collega su questioni di lavoro;
  • nell’ipotesi di rischio improprio, ossia nel caso di incidente occorso durante la deambulazione all’interno del luogo di lavoro, in quanto pur non intrinsecamente allo svolgimento delle mansioni tipiche del lavoro volto dal dipendente, è insito in un’attività prodromica e strumentale allo svolgimento delle suddette mansioni e, comunque, ricollegabile al soddisfacimento di esigenze lavorative (cfr. Cass. Civ. 16417/’05);
  • nel caso di infortunio occorso ad infermiera ospedaliera, mentre si recava in bagno per lavarsi alla fine del turno, corrispondendo, detta esigenza, ad una fondamentale norma igienica direttamente collegata al lavoro svolto dall’infortunata (cfr. Cass. Civ nr. 180/’05);
  • nell’infortunio subito dall’assicurato in cui, varcando la soglia dell’ufficio per cercare le istruzioni per mettere in moto un trattore gommato che avrebbe dovuto riparare, scivolava urtando contro una vetrata e si infortunava;
  • l’infortunio avvenuto nell’ambito del cosiddetto “rischio ambientale”, di cui sono espressione gli atti di locomozione interna, costituito dall’ambiente di lavoro in sé, nel quale normalmente il lavoratore dipendente è autorizzato ad entrare solo per ragioni lavorative in quanto gli infortuni avvenuti in tale ambito si presumono avvenuti per causa lavorativa, salvo prova contraria, desumibile dalle circostanze stesse dell’incidente, od anche dalla qualifica soggettiva del lavoratore, il quale ad es. abbia la disponibilità dell’ambiente di lavoro o per la sua qualifica o per la natura autonoma del rapporto ( cfr. Cass. Sez. Lav. nr. 10317 del 5.5.’06);

Con specifico riferimento alla nozione della “causa violenta” intesa come fattore esterno, occorre precisare che l’esteriorità qualifica il rapporto tra lavoratore e ambiente di lavoro, anche con particolare riferimento alle condizioni in cui lo stesso è chiamato a svolgere il suo lavoro e che non esclude l’indennizzabilità di infortuni causati da reazioni fisiche e psichiche dello stesso lavoratore, pur sempre riconducibili a condizioni di sforzo, fatica e stress.
Di notevole rilevanza sono infine le molteplici pronunce in materia di sforzo (cfr. Cass. Sez. Lav nr. 11559, del 6.11.1995, Rel. Lupi e Cass. Sez. Lav nr. 7228 del 30.5.’00; Cass. Sez. Lav. nn.ri 2639/ 1990; 10450/’97; 12940/’97) nella quali la Suprema Corte ha ritenuto che anche lo sforzo fisico compiuto durante il lavoro, possa configurare l’esistenza della causa violenta richiesta dall’art. 2 del DPR 1124/65, atta a determinare, con azione rapida ed intensa la lesione dell’equilibrio fisico dell’assicurato.
In questo caso il nesso causale non è escluso da una predisposizione morbosa (si pensi ad es. alla ricorrenza di patologie cardiovascolari) che anzi può far si che proprio uno sforzo determini la rottura del precario equilibrio organico dando luogo a conseguenze invalidanti.

Pertanto possono integrare la nozione di infortunio sul lavoro per causa violenta:

  • l’infarto quando sia causalmente e topograficamente connesso con l’attività lavorativa ( si pensi ad es. ad una attività comportante un notevole sforzo fisico, quale quella del muratore);
  • l’azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell’organismo umano, ne comportino l’alterazione dell’equilibrio anatomo – fisiologico, sempre che tale azione sia eziologicamente rapportabile all’attività lavorativa ( cfr Cass. Sez. Lav nr. 12559 del 26.5.2006);
  • l’agente lesivo presente nell’ambiente di lavoro in maniera superiore rispetto all’ambiente esterno, che abbia provocato un indebolimento delle difese immunitarie;
  • la lombosciatalgia sopravvenuta a causa del movimento compiuto dal lavoratore intento allo spostamento di un carico ( Cass. 2.3.1988 nr. 2219);
  • la malattia infettiva e parassitaria: la giurisprudenza di legittimità si è già espressa in analoghe situazioni, affermando che nell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisce causa violenta anche l’azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell’organismo umano, ne determinino l’alterazione dell’equilibrio anatomo – fisiologico, sempre che tale azione, pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa, anche in difetto di una specifica causa violenta alla base dell’infezione. La relativa dimostrazione può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni semplici (cfr Cass. Sez. Lav nr. 20941/’07). In questi termini, cfr. Cass., 1°.6. 2000, n. 7306, riguardo ad una fattispecie relativa ad un infermiere professionale che deduceva di avere contratto un’epatite pungendosi con l’ago di una siringa mentre effettuava un prelievo di sangue ad un ricoverato.

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1) cfr: Cass. Sez. Lav nr. 9968del 12.5.’05: “Con riferimento all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, può costituire causa violenta anche l’azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell’organismo umano, ne determinano l’alterazione dell’equilibrio anatomo – fisiologico, sempreché tale azione, pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa. Tale dimostrazione può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni semplici.(Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica, era giunta alle conclusioni che la dipendente, assistente socio sanitaria con mansioni di collaborazione con il personale infermieristico, avesse secondo un calcolo probabilistico contratto l’infezione da epatite B proprio nell’espletamento dell’attività ospedaliera)”.

 

 

Rinvio ad altre voci per approfondimenti

Per approfondimenti si vedano le seguenti voci:

 

 

 

Casistica di decisioni della magistratura in tema di infortunio

Per la Casistica di decisioni della Magistratura in tema di infortunio in itinere si veda la sezione specifica nella voce INAIL – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie