Accesso alla NASpI nel caso di cessazione involontaria preceduta da recesso volontario (dimissioni o risoluzione consensuale): requisito contributivo ed eccezioni
INPS, circolare n. 98 del 5 giugno 2025
Con la circolare 98/2025, l’Inps fornisce le istruzioni applicative sulla novità introdotta dalla legge n. 207/2024 (legge di Bilancio 2025) in materia di indennità di disoccupazione, integrando le disposizioni di legge in via interpretativa. Il chiarimento riguarda la modifica all’articolo 3 del decreto legislativo 22/2015, destinata a incidere in modo rilevante sull’accesso alla prestazione da parte di quelle persone che, dopo essersi dimesse da un rapporto di lavoro, perdono successivamente un secondo impiego.
Come noto, secondo la nuova disposizione per ottenere la Naspi il lavoratore deve aver maturato almeno tredici settimane di contribuzione tra la cessazione volontaria e quella involontaria (mentre in via ordinaria le 13 settimane devono essere maturate nei quattro anni precedenti la disoccupazione). Si introduce, quindi, un requisito più stringente, allo scopo di evitare frodi e condotte opportunistiche.
La circolare chiarisce che il nuovo requisito si applica solo agli eventi di disoccupazione involontaria avvenuti a partire dal 1° gennaio 2025 e solo se nei dodici mesi precedenti vi sia stata una cessazione volontaria da un rapporto a tempo indeterminato (o la scadenza di un rapporto a termine).
La circolare dedica ampio spazio alle esclusioni. Non rientrano nella nuova soglia le interruzioni dovute a dimissioni per giusta causa, che continuano a dare accesso pieno alla prestazione, anche quando siano motivate da un trasferimento aziendale privo di reali esigenze organizzative. Sono escluse anche le dimissioni intervenute durante il periodo tutelato della maternità o paternità, così come le risoluzioni consensuali avvenute nell’ambito della procedura di conciliazione prevista dall’articolo 7 della legge 604/1966.
Resta inoltre fuori il caso del lavoratore che si sia dimesso a seguito del rifiuto verso un trasferimento a una sede distante oltre cinquanta chilometri dalla propria residenza o difficilmente raggiungibile con i mezzi pubblici: anche in questa circostanza, la risoluzione consensuale non comporta l’obbligo di rispettare il nuovo requisito delle tredici settimane. Si tratta di un’estensione che la circolare individua per via interpretativa, in quanto la legge non la contempla espressamente.