Diritto all’indennità di disoccupazione in caso di ordine di reintegrazione rimasto ineseguito
Corte di cassazione, sez. un. civ, sentenza 18 agosto 2025 n. 23476
Le sezioni unite civili della Cassazione risolvono un contrasto verificatosi all’interno della sezione lavoro in ordine al significato da attribuire allo stato di disoccupazione, costituente il presupposto per l’erogazione al dipendente dell’omonima indennità o dell’indennità di mobilità, in particolare nel caso in cui sia intervenuta una condanna di reintegrazione, peraltro rimasta ineseguita (nel caso in esame per il fallimento del datore di lavoro). Nel richiedere ai dipendenti a suo tempo licenziati collettivamente la restituzione dell’indennità di mobilità dopo la sentenza di reintegrazione, l’INPS, richiamando uno degli orientamenti in contrasto, sosteneva che quest’ultima, ripristinando “ex tunc” il rapporto di lavoro, fa, “de iure”, venir meno lo stato di disoccupazione. Le sezioni unite optano per l’altro orientamento, che muove dalla considerazione che l’art. 38, secondo comma Cost. (“I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di… disoccupazione involontaria”), letto alla luce di recenti pronunce della Corte costituzionale in materia di Naspi e delle norme di solidarietà sociale che ad esso danno attuazione, attribuisca evidente rilievo alla disoccupazione involontaria di fatto, senza ulteriori aggettivazioni, quindi caratterizzata unicamente “dalla situazione di bisogno cui apprestare rimedio” e senza che assuma alcun rilievo l’eventuale inerzia dell’interessato nell’azionare i propri crediti verso il datore insolvente.