Previdenza forense – pensione retributiva – rivalutazione redditi di riferimento – Integrazione contributi – necessità
Corte di Cassazione, sentenza 3 settembre 2025, n. 24443
Tribunale e Corte d’Appello avevano accolto la domanda degli eredi di un avvocato, ricalcolando la pensione erogata dalla Cassa Forense applicando ai redditi da prendere in considerazione ai fini del relativo calcolo il coefficiente di rivalutazione del 21,1% (variazione ISTAT 1979/1980) e non quello del 18,7% utilizzato dalla Cassa. La Cassazione, accogliendo parzialmente il ricorso dell’ente previdenziale, osserva che: (i) è corretta l’applicazione, sin dall’anno di entrata in vigore della l. n. 576/1980, dell’indice ISTAT 1979/1980 (21,1%) ai redditi da assumere per il calcolo della pensione retributiva: l’art. 27, co. 4, prevede che la prima rivalutazione avvenga in base all’indice medio annuo dell’anno di entrata in vigore della legge (1980) e, secondo la Cassazione, tale previsione ha portata generale; (ii) tuttavia, se la Cassa ha applicato un coefficiente inferiore (18,7%) e, di conseguenza, sono stati altresì versati contributi soggettivi minori rispetto al dovuto, si configura un’inadempienza contributiva: in assenza della regola dell’automatismo delle prestazioni, la pensione non può essere calcolata come se quei contributi maggiori fossero stati versati, ma deve basarsi sui redditi rivalutati secondo il coefficiente effettivamente applicato, e quindi sui contributi realmente pagati; (iii) per il caso concreto, ciò significa che, pur essendo corretto il criterio di calcolo individuato dai giudici di merito, la pensione spettante all’avvocato non può essere riliquidata in misura più elevata, dovendosi tenere conto dei contributi in concreto versati sulla base del coefficiente minore, mentre la differenza si è prescritta.