Corte di cassazione, sentenza 23 gennaio 2015 n. 1260

23 Gennaio 2015

Il dipendente pubblico che chiede un risarcimento per abuso del contratto a termine da parte della pubblica amministrazione non è tenuto a fornire la prova rigorosa del danno subìto.

Tipo di Atto: Giurisprudenza di Cassazione

Continuano a manifestarsi all’interno della cassazione differenti orientamenti interpretativi in ordine alle conseguenze risarcitorie dell’abuso del contratto a termine nella pubblica amministrazione (cfr., in proposito, la Newsletter n. 1/2015, nel breve commento a Cass. n. 27363/2014, che richiama altri precedenti difformi). Nel caso presente, con un’interpretazione del diritto italiano condotta in maniera il più possibile conforme al diritto comunitario, quale precisato dalle più recenti sentenze della Corte di giustizia UE, i giudici di legittimità giungono ad affermare che il diritto del lavoratore pubblico al risarcimento del danno (costituente nel diritto italiano l’unica conseguenza possibile in caso di abuso del contratto a termine con la P.A.) è configurabile come una sorta di sanzione a carico del datore di lavoro e pertanto non abbisogna di una prova rigorosa in giudizio da parte del lavoratore (in contrasto netto con quanto affermato da Cass. n. 27363/2014). La Corte indica infine, quale criterio tendenziale per la quantificazione di tale danno da perdita del lavoro, quello di cui all’art. 8 della legge n. 604 del 1966 (da 2,5 a 6 mensilità dell’ultima retribuzione, elevabili, a determinate condizioni di anzianità di servizio e di dimensioni dell’impresa fino a 14 mensilità).
Sezione: rapporto di lavoro.