Corte di cassazione, sez. un. civ., sentenza 9 settembre 2021 n. 24414

9 Settembre 2021

No al crocefisso di Stato nelle scuole pubbliche, ma affissione possibile se richiesta dalla comunità della classe (studenti e professori).

Tipo di Atto: Giurisprudenza di Cassazione

Il “casus belli” è rappresentato dall’impugnazione di un provvedimento disciplinare da parte di un professore di scuola media superiore per aver defisso il crocefisso durante le proprie lezioni, nonostante che l’affissione fosse stata richiesta dalla maggioranza degli alunni, riuniti in assemblea. Annullando la sanzione, la Corte, in base alla scarsa normativa vigente e tenuto conto dell’ampia elaborazione della giurisprudenza, anche comunitaria e della CEDU e della dottrina in materia, afferma i seguenti principi.

  1. L’imposizione del crocefisso da parte dello Stato è incompatibile con i valori costituzionali di libertà e di laicità;
  2. una norma del vecchio regio decreto del ’24 n. 965, che menzionava il crocefisso tra gli arredi dell’aula di scuola media, va interpretata in base ai principi costituzionali nel senso che non vieta che una comunità scolastica di studenti di una classe prima e dei relativi docenti poi, ambedue a maggioranza, decida l’affissione in aula durante le proprie lezioni, purché sia assicurata anche ad altri studenti e professori di altre religioni l’affissione del proprio simbolo religioso e ai non religiosi l’assicurazione di un percorso per una soluzione di ragionevole accomodamento tra il loro diritto  e il diritto degli altri (ad es. consentire che affigga un simbolo o una frase che sintetizzi il suo credo);
  3. l’affissione alle condizioni dette non discrimina il professore nella sua libertà personale di insegnamento che rimane piena (in ragione di ciò, la corte ha cancellato la parte della sentenza di appello che aveva condannato la scuola al risarcimento danni).

La soluzione interpretativa adottata dalla Corte, pur sostenuta da nobilissime considerazioni sui valori di civiltà iscritti nella nostra costituzione e nei principi comunitari e internazionali, appare un po’ forzata e non sembra spiegare adeguatamente sul piano teorico il diritto del partecipe della comunità scolastica di affiggere in una pubblica aula di insegnamento i simboli delle proprie convinzioni religiose e non, mentre sul piano pratico evoca paradossi come aule ricoperte di simboli religiosi e scritti a sostegno del proprio ateismo, che mutano a seconda del professore che tiene la lezione e impongono procedure impegnative all’ingresso nella comunità di un diverso professore o  di un nuovo alunno.