Corte di giustizia U.E., sentenza 26 novembre 2014 in cause riunite nn. C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13, C-161/13, Mascolo
Bocciata dalla Corte di giustizia dell’Unione la normativa italiana sui precari della scuola.
Da tempo annunciata, tanto che il Ministero dell’istruzione aveva già programmato per i prossimi anni misure finanziarie e di modifica della normativa in materia di assunzioni nella scuola, è arrivata la sostanziale condanna della Corte di giustizia del sistema italiano di reclutamento del personale della scuola, basato in misura massiccia sull’utilizzazione reiterata di contratti a tempo determinato, in particolare quelli per la durata del corso annuale di studi o addirittura utilizzati per coprire posti di ruolo vacanti, con l’apparente giustificazione dell’attesa di espletamento delle procedure del pubblico concorso, in realtà bloccate tra il 1999 al 2012. La Corte ha ricordato che una successione di contratti a termine può essere giustificata o dalla fissazione di una durata massima complessiva dei contratti a termine in successione o di un numero massimo degli stessi (limiti che in Italia non sono previsti per i precari della scuola) oppure da ragioni obiettive. Una ragione obiettiva potrebbe essere l’attesa di espletamento di un concorso di assunzione, ma solo se sono previsti tempi certi di espletamento (mentre in Italia le procedure di assunzione nella scuola sono bloccate tra il 1999 e il 2012). Quanto alle sanzioni in caso di violazione delle regole indicate, la Corte ha ribadito che deve trattarsi di misure effettive, equivalenti a quelle previste in casi analoghi dal diritto nazionale e tali da scoraggiare successive violazioni, misure che spetta allo Stato membro scegliere tra la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato o il risarcimento danni o altre misure equivalenti.