Corte di giustizia UE, sentenza 30 aprile 2015, in causa n. C-80/14, USDAW e Wilson
Nozione comunitaria di “stabilimento” ai fini del superamento del numero di licenziati ivi addetti che trasforma il licenziamento in collettivo.
Secondo il diritto comunitario, il licenziamento collettivo è definito, ai fini dell’applicazione della procedura d’informazione e di consultazione dei lavoratori, dal numero dei licenziati dello stabilimento (almeno venti, per quanto qui interessa). Nel caso in esame, due imprese inglesi della grande distribuzione avevano licenziato migliaia di lavoratori, attivando la procedura di consultazione sindacale unicamente per le unità produttive (negozi) in cui era programmato il licenziamento di almeno venti dipendenti, mentre per ben 4.500 lavoratori, operanti in strutture interessate ad un numero minore di licenziamenti, gli interessarti erano stati licenziati individualmente (perdendo il diritto alle provvidenze economiche previste in caso di licenziamento collettivo). Investita della questione dell’interpretazione della nozione di stabilimento (se cioè esso indichi l’intera impresa o un’unità produttiva della stessa), la Corte afferma che si tratta di una unità distinta nell’ambito dell’impresa, avente caratteristiche di stabilità, destinata ad effettuare alcune operazioni e dotata degli uomini, dei mezzi e dell’organizzazione per realizzarle, riferendo a tale nozione di stabilimento (la cui ricorrenza deve essere verificata dal giudice nazionale) la determinazione della soglia numerica di dipendenti che trasforma il licenziamento in collettivo. La Corte afferma peraltro che la disciplina comunitaria costituisce una tutela minima dei lavoratori della comunità e che i singoli Stati membri possono prevederne una più favorevole ai lavoratori, ancorando la qualificazione di licenziamento collettivo al numero dei licenziamenti operati nell’intera impresa o in una parte consistente di essa.
Sezione: rapporto di lavoro