Periodo di comporto per malattia dei disabili: è il giudice nazionale che ne valuta l’adeguatezza
Corte di giustizia Ue, sentenza 11 settembre 2025, in causa n. C-5/24
Il giudizio (italiano) riguardava l’impugnazione di un licenziamento per superamento del periodo di comporto (previsto in 180 giorni retribuiti più, a richiesta – non formulata – 120 di aspettativa non retribuita per ogni anno di calendario) da parte di una dipendente disabile che ne aveva denunciato il carattere discriminatorio in ragione della mancata previsione di una disciplina particolare del comporto per i lavoratori con disabilità. La Corte di giustizia, in sede di esame delle questioni pregiudiziali sottopostele dal giudice italiano, esclusa nella fattispecie la ricorrenza di una discriminazione diretta, afferma che spetta al giudice nazionale stabilire se la normativa dello Stato italiano, che non distingue, ai fini del comporto per malattia, tra inabili e non, costituisca uno svantaggio indiretto per i lavoratori con disabilità. Ciò risulterebbe, secondo la Corte, se fosse dimostrato un rischio maggiore per gli invalidi di ammalarsi e quindi di superare il comporto. In caso di valutazione positiva, il giudice nazionale dovrà verificare se la discriminazione indiretta persegua una finalità legittima (ad es. non mantenere al lavoro chi non ne ha più la capacità o la disponibilità) e se i mezzi utilizzati per conseguirla appaiano adeguati, nel contemperamento delle rispettive esigenze (e, secondo la Corte, 180 giorni più 120 di aspettativa non retribuita sembrano adeguati) e necessari (il giudice nazionale dovrà valutare il danno che si arreca alla persona con handicap, in termini di maggiore difficoltà a reinserirsi nel mercato del lavoro, tenuto conto della presenza o meno, nell’ordinamento generale dello Stato, di una disciplina di protezione diretta anche a impedire o compensare lo svantaggio della disabilità (ad es. con la previsione dell’obbligo per il datore di adottare soluzioni organizzative ragionevoli prima del licenziamento per favorire la permanenza del rapporto del disabile).