Tribunale di Milano, V Sezione penale, 18 luglio 2014
Punito il reato di stalking compiuto dal superiore che ha imposto alla dipendente del Comune una presenza costante e molesta, un corteggiamento indesiderato sfociato in una vera e propria persecuzione.
Il Tribunale penale di Milano condanna il dirigente di un ente locale che per un lungo periodo, e nonostante le richieste della dipendente finalizzate a ottenere la cessazione della condotta, aveva imposto alla lavoratrice la propria presenza costante e molesta, perseguitandola in ufficio e fuori ufficio, durante l’orario di lavoro così come in momenti della vita privata. Affermato il principio per cui la natura abituale della condotta comporta la punibilità ai sensi del nuovo art. 612 bis del codice penale (Atti persecutori) anche per gli atti antecedenti all’entrata in vigore della norma (introdotta nel codice dal d.l. 23.2.2009, n. 11), sempre che la stessa condotta si sia protratta successivamente a tale momento. Del danno prodotto alla lavoratrice risponde anche il Comune in qualità di responsabile civile: a tal fine, non vale il fatto che il dirigente abbia agito oltre i limiti delle sue competenze o in violazione di suoi obblighi, essendo sufficiente che l’illecito sia stato compiuto sfruttando i compiti svolti come dipendente dell’ente.