Tribunale di Monza, 26 aprile 2016
L’esistenza di comportamenti vessatori e mortificanti giustifica il risarcimento del danno morale subito dal lavoratore, anche ove non sia dimostrata la sussistenza di condotte sistematiche di mobbing
Nel caso in esame la lavoratrice lamenta di aver subito comportamenti mobbizzanti da parte della propria sovraordinata, che la rimproverava con toni duri e talvolta umilianti, sia in presenza di colleghe che di clienti, e che la sottoponeva a uno stress ingiustificato. Il giudice, a seguito dell’istruttoria, ritiene che non risultino provati l’intento persecutorio e la volontà di vessare la lavoratrice, che caratterizzerebbero la fattispecie del mobbing. Il comportamento scorretto e ingiurioso della superiore della lavoratrice ricorrente viene però in ogni caso ritenuto illegittimo, e tale da ingenerare un obbligo risarcitorio anche a carico della società datrice di lavoro. Di conseguenza, pur rigettando le domande di risarcimento del danno da mobbing, il giudice ordina il pagamento del danno morale a risarcimento della sofferenza psichica patita dalla lavoratrice.