Licenziamento verbale – Licenziamento orale

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Questa voce è stata curata da Alexander Bell

 

Scheda sintetica

Il licenziamento è l’atto con cui il datore di lavoro risolve il rapporto di lavoro.

Oltre al licenziamento verbale, esistono altre motivazioni che possono dare origine al licenziamento:

 

Il licenziamento verbale (detto anche “orale”) si verifica quando il lavoratore viene allontanato dal luogo di lavoro senza alcun atto formale da parte del datore di lavoro (lettera o altro).

La legge impone al datore di lavoro di comunicare il licenziamento per iscritto e afferma che il licenziamento verbale è inefficace: ciò significa che il licenziamento comunicato solo oralmente non produce alcun effetto e, in particolare, non interrompe il rapporto di lavoro tra le parti, sicché il datore di lavoro è tenuto a continuare a pagare la retribuzione al lavoratore sino a quando non sopravvenga un’efficace causa di risoluzione o estinzione del rapporto di lavoro o l’effettiva riassunzione.

In questi casi è necessario che il lavoratore faccia pervenire immediatamente una raccomandata A/R (di cui si deve tenere copia) nella quale lo stesso si mette a disposizione per la ripresa immediata dell’attività dando conto del fatto di essere stato allontanato dal datore di lavoro.

Le conseguenze derivanti dal licenziamento intimato in forma orale sono ora espressamente disciplinate dall’articolo 18 dello  Statuto lavoratori, come modificato dalla legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro.
Il nuovo primo comma della norma indicata prevede, in particolare, che a questa ipotesi di licenziamento illegittimo vada applicata la cd. tutela reintegratoria piena.
Conseguentemente, il lavoratore ha diritto a:

  • essere reintegrato nel posto di lavoro;
  • ottenere il risarcimento del danno per il periodo successivo al licenziamento e fino all’effettiva reintegra, dedotto quanto percepito da altra occupazione (il risarcimento non può comunque essere inferiore nel minimo di cinque mensilità di retribuzione);
  • ottenere il versamento dei contributi assistenziali e previdenziali per tutto il periodo dal giorno del licenziamento a quello della reintegra;
  • scegliere fra la reintegra e l’indennità sostitutiva pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto (cd. diritto di opzione).

Il regime sanzionatorio applicabile in caso di licenziamento illegittimo è stato di recente modificato dal legislatore: il 7 marzo 2015 è entrato in vigore il Decreto legislativo 23/2015, in materia di “contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”, attuativo della legge 183 del 2014 (c.d. Jobs Act), che ha introdotto un nuovo regime di tutela a favore dei lavoratori illegittimamente licenziati.

La nuova disciplina – che interessa tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto –, peraltro, non ha introdotto novità significative per l’ipotesi del licenziamento orale.
L’art. 2 del decreto stabilisce infatti che, in caso di licenziamento intimato in forma orale, il lavoratore continua ad avere diritto:

  1. alla reintegrazione nel posto di lavoro
  2. al risarcimento del danno
  3. al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali
  4. a poter sostituire la reintegra con un’indennità pari a quindici mensilità.


L’unica novità introdotta dal decreto, in tema di licenziamento orale, è rappresentata dalla base di calcolo dell’indennità che il datore di lavoro è tenuto a versare al lavoratore a titolo di risarcimento del danno: mentre il secondo comma dell’art. 18 fa riferimento alla retribuzione globale, il secondo comma dell’art. 2 del Decreto legislativo 23/2015 prevede, invece, che l’indennità debba essere “commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività”.

Ai sensi del terzo comma della medesima norma, anche l’indennità sostitutiva della reintegrazione, pari a 15 mensilità, andrà determinata usando come base di calcolo – non l’ultima retribuzione globale di fatto, bensì – l’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.

Per informazioni dettagliate si veda la scheda sul licenziamento individuale

 

 

Impugnazione del licenziamento verbale

Il lavoratore licenziato verbalmente può proporre ricorso giudiziale contro il licenziamento entro cinque anni (termine prescrizionale) e non è invece tenuto a impugnare il provvedimento entro 60 giorni (termine decadenziale) – come è invece normalmente richiesto dalla legge per le ipotesi di licenziamento invalido (si veda anche la voce Prescrizione e decadenza.

Questa disciplina deve ritenersi tuttora valida, nonostante le recenti modifiche introdotte dalla Legge n. 183/2010 ai termini per l’impugnazione ordinaria del licenziamento: l’art. 32 c. 2 del c.d. “Collegato Lavoro” stabilisce infatti che i nuovi termini per l’impugnazione del licenziamento si applicano ai casi di invalidità del licenziamento, e non anche alle ipotesi di inefficacia del licenziamento (tra le quali rientra anche il licenziamento orale).

A conferma di tale interpretazione, basti qui evidenziare che nella sua formulazione originaria l’art. 32 c. 2 disponeva che i nuovi termini di decadenza si applicassero sia ai casi di “invalidità” sia ai casi di “inefficacia” del licenziamento.
Nel corso dei lavori preparatori, tuttavia, il riferimento alle ipotesi di inefficacia del licenziamento è scomparso e la versione definitiva dell’art. 32 c. 2 richiama le sole ipotesi di invalidità: è allora ragionevole ritenere che i nuovi termini di decadenza introdotti dalla Legge n. 183/2010 non verranno applicati all’ipotesi del licenziamento orale, contro il quale il lavoratore potrà continuare a proporre ricorso giudiziale entro il termine di cinque anni.

Per ogni ulteriore informazione, si veda la voce licenziamento individuale

 

 

Normativa – Cosa fare – Tempi – A chi rivolgersi

Si veda la scheda sul licenziamento individuale

 

 

Casistica di decisioni della Magistratura in tema di licenziamento verbale

 

In genere

  1. La mera cessazione definitiva nell’esecuzione delle prestazioni derivanti dal rapporto di lavoro non è di per sé sola idonea a fornire la prova del licenziamento, trattandosi di circostanza di fatto di significato polivalente, in quanto può costituire l’effetto sia di un licenziamento, sia di dimissioni, sia di una risoluzione consensuale. Tale cessazione non equivale ad estromissione, parola che non ha un immediato riscontro nel diritto positivo, per cui alla stessa va attribuito un significato normativo, sussumendola nella nozione giuridica di “licenziamento” e quindi nel senso di allontanamento dell’attività lavorativa quale effetto di una volontà datoriale di esercitare il potere di recesso e risolvere il rapporto. L’accertata cessazione nell’esecuzione delle prestazioni può solo costituire circostanza fattuale in relazione alla quale, unitamente ad altri elementi, il giudice del merito possa radicare il convincimento, adeguatamente motivato, che il lavoratore abbia assolto l’onere probatorio sul medesimo gravante circa l’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro ad iniziativa datoriale. (Cass. 8/1/2021 n. 149, Pres. Balestrieri Rel. Arienzo, in Lav. nella giur. 2021, 415)
  2. In tema di licenziamento, qualora il lavoratore deduca di essere stato licenziato oralmente e faccia valere in giudizio l’inefficacia o la invalidità di tale licenziamento, mentre il datore di lavoro deduca la sussistenza di dimissioni del lavoratore, il materiale probatorio deve essere raccolto, da parte del giudice di merito, tenendo conto che, nel quadro della normativa limitativa dei licenziamenti, la prova gravante sul lavoratore è limitata alla sua estromissione dal rapporto, mentre la controdeduzione del datore di lavoro assume la valenza di un’eccezione in senso stretto, il cui onere probatorio ricade sull’eccipiente, ai sensi dell’art. 2697, comma 2, c.c. (Css. 17/6/2016 n. 12586, Pres. Venuti Rel. Berrino, in Lav. nella giur. 2016, 923)
  3. Il lavoratore che deduca di essere stato licenziato oralmente ha l’onere di provare solo la sua estromissione dal rapporto, mentre grava sul datore di lavoro l’onere di provare che il rapporto è cessato per altra causa, a esempio per risoluzione consensuale o per dimissioni del lavoratore o che vi è stato licenziamento scritto, trattandosi di eccezione in senso stretto ai sensi dell’art. 2697, comma 2, c.c. (Trib. Firenze 13/1/2015, Giud. Santoni, in Lav. nella giur. 2015, 643)
  4. In caso di licenziamento intimato oralmente, il datore deve essere condannato all’immediato ripristino del rapporto di lavoro e a pagare al lavoratore tutte le retribuzioni dalla data di messa in mora, con offerta della prestazione lavorativa, sino all’effettiva riammissione in servizio, detratto l’aliunde perceptum. (Trib. Milano 19/7/2013, Giud. Colosimo, in Lav. nella giur. 2013, 1046)
  5. Nell’area della tutela obbligatoria, l’inefficacia del licenziamento, ai sensi dell’art. 2, 1° e 3° comma, L. 15/7/66 n. 604, in quanto comunicato oralmente, comporta le conseguenze stabilite dall’art. 8 della medesima legge per il caso di licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo (Pret. La Spezia 24 settembre 1999, est. Fortunato, in D&L 2000, 467)
  6. L’inefficacia del licenziamento orale che, nel caso di azienda con un numero di dipendenti non superiore a 15, comporta la nullità dello stesso e il ripristino del rapporto di lavoro (con conseguente diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni maturate) si protrae fino a quando non intervenga un atto scritto con cui il datore di lavoro manifesti chiaramente la volontà di recedere (come ad esempio la lettera di risposta all’impugnazione del licenziamento); incombe da quel momento al lavoratore l’onere di impugnazione nel termine di 60 giorni, con le conseguenze previste dall’art. 8 L. 15/7/66 n. 604 (Pret. Parma 28/6/99, est. Vezzosi, in D&L 1999, 912)
  7. Ove il licenziamento impugnato in sede giurisdizionale sia stato intimato verbalmente, non è dovuto né il tentativo di conciliazione eventualmente previsto dal CCNL né quello di cui all’art. 5 L. 108/90, dovendosi ritenere che quest’ultima procedura preventiva sia stata prevista solo riguardo ai licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, nei quelli gli accertamenti e le valutazioni in fatto rendano utile l’intervento conciliativo, non anche in ordine al recesso inefficace per mancanza di forma scritta (Pret. Napoli 2/2/96, est. Ingala, in D&L 1997, 169)
  8. Ai sensi dell’art. 2 c. 3 L. 604/66, il licenziamento intimato oralmente comporta l’inefficacia dello stesso e, pertanto, il lavoratore, anche se dipendente di una impresa con meno di sedici addetti, ha diritto al ripristino del rapporto di lavoro e al pagamento di tutte le retribuzioni maturate dal licenziamento sino al momento del verificarsi di una valida causa di risoluzione del rapporto di lavoro (Pret. Roma 2/9/94, est. Salato, in D&L 1995, 363)