Procedure concorsuali

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Questa voce è stata curata da Francesca Ajello

 

Scheda sintetica

Le procedure concorsuali sono gli strumenti attraverso i quali l’ordinamento detta le regole volte a gestire la situazione di crisi in cui versa un’impresa, quando questa non riesce a far fronte alle proprie obbligazioni con i normali mezzi di pagamento.
Può infatti accadere che l’impresa si trovi in una situazione di difficoltà tale per cui il venir meno dell’equilibrio fra i costi e i ricavi, necessario alla prosecuzione dell’attività, provoca la mancanza dei mezzi di cui essa ha bisogno per far fronte ai propri impegni giuridico- economici.
Tale situazione di crisi, nella quale l’imprenditore non riesca ad adempiere ai predetti obblighi con i mezzi utilizzati normalmente, provoca effetti non solo sulla sua propria attività, ma anche su tutti i soggetti che hanno instaurato con lui rapporti di varia natura: in altri termini, la difficoltà della singola impresa può comportare conseguenze negative anche su tutti coloro che abbiano interagito con la stessa durante il corso della sua vita e della sua attività.
Il coinvolgimento di un indeterminato numero di interessi differenti comporta la necessità che il legislatore predisponga una serie di strumenti grazie ai quali la crisi dell’impresa possa essere utilmente gestita: ciò avviene allo specifico scopo di limitare il più possibile la produzione di effetti negativi all’esterno dell’impresa e, conseguentemente, al fine di tutelare tutti i portatori degli interessi implicati nella crisi medesima.

Tali strumenti sono rappresentati, appunto, dalle procedure concorsuali, le quali si possono differenziare a seconda:

  • dello scopo che intendono raggiungere, rappresentato alternativamente dal fine della conservazione dell’impresa o della liquidazione dei beni ad essa appartenenti;
  • le modalità con cui si intende raggiungere tali obiettivi, ossia la definizione di un accordo con i creditori ovvero una procedura imposta al debitore;
  • delle dimensioni o della natura dell’impresa in crisi.

La disciplina delle procedure concorsuali è contenuta in un regio decreto del 1942, il quale ha subito negli ultimi anni due successive modifiche (intervenute rispettivamente nel 2005 e nel 2007) che hanno portato ad una Riforma organica del diritto ad esse relativo.
Inoltre, a decorrere dal 2001, sono entrate in vigore peculiari regole di natura comunitaria che devono essere applicate quando l’impresa in crisi abbia carattere transnazionale, quando cioè compia la propria attività non solo nel territorio dello Stato italiano ma anche in altri Paesi appartenenti all’Unione Europea.

 

Normativa di riferimento

  • Regio decreto 16.03.1942 n. 267 (cd. legge fallimentare) come modificato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n° 5 e dal D.Lgs. 169/2007
  • D.Lgs. 8.07.1999 n. 270 come modificato da D.L. 23.12.2003, n. 347 convertito nella Legge 18 febbraio 2004, n. 39; D. L. 29.11.2004, n. 281 convertito nella Legge 28 gennaio 2005, n. 6; D. L. 28 .08.2008 n. 134 convertito nella Legge 27 ottobre 2008, n. 166
  • Regolamento CE n. 1346/2000 sulle procedure di insolvenza transnazionali

 

 

Scheda di approfondimento

L’ordinamento italiano conosce diversi tipi di procedure concorsuali.
Vediamole nel dettaglio.

 

Fallimento

Il fallimento è la procedura concorsuale che, disposta dall’autorità giudiziaria, mira ad assicurare il soddisfacimento dei creditori, che in sostanza risiede nel pagamento almeno parziale dei debiti contratti dall’imprenditore prima della dichiarazione di fallimento.
Il procedimento, nel suo complesso, ha pertanto lo scopo principale di reintegrare il patrimonio dell’imprenditore, liquidarlo e ripartirlo fra i creditori nel rispetto del principio della parità di trattamento.
La procedura fallimentare ha natura giudiziaria e viene gestita mediante la cooperazione di quattro organi aventi tutti differenti ruoli e funzioni.

  • Tribunale fallimentare e giudice delegato sono gli organi giurisdizionali preposti alla procedura ed hanno la principale funzione di garantire, mediante i poteri ad essi affidati ed i provvedimenti da loro emanati, che il patrimonio fallimentare sia correttamente amministrato;
  • il curatore è il libero professionista, nominato dal Tribunale al momento della dichiarazione di fallimento, a cui è affidata l’amministrazione del patrimonio fallimentare e la rappresentanza in giudizio della procedura;
  • il comitato dei creditori è l’organo deputato a rappresentare la collettività dei creditori: mediante i poteri di vigilanza e autorizzazione, il comitato- composto da tre o cinque membri- ha la funzione di controllare lo svolgimento della procedura al fine di tutelare gli interessi della massa.

Si enuclea in diverse fasi che possono essere brevemente riassunte nel modo seguente:

A) Dichiarazione di fallimento: il Tribunale, su impulso di uno o più creditori o del debitore o del pubblico ministero, apre la procedura fallimentare con una sentenza, dopo aver accertato la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge;

B) Svolgimento della procedura: la procedura si articola in tre ulteriori fasi:

  • Accertamento del passivo, volta a verificare quali creditori abbiano in effetti il diritto a partecipare ai riparti del patrimonio ed in quale misura: una volta effettuata la verifica il giudice delegato forma lo stato passivo dichiarandolo esecutivo;
  • Liquidazione dell’attivo, finalizzata a trasformare i beni dell’impresa fallita nel denaro necessario a pagare i creditori;
  • Ripartizione dell’attivo, tesa all’effettivo pagamento di questi ultimi, fra i quali le somme liquidate vengono ripartire in ragione della natura di credito privilegiato o chirografario;

C) Cessazione: la chiusura della procedura avviene normalmente mediante decreto del Tribunale in presenza di una delle condizioni previste dall’art. 118 l.f.. In taluni casi, può tuttavia concludersi mediante il concordato fallimentare, che permette al fallito dotato di peculiari requisiti di liberarsi dei propri debiti in via definitiva.

Per ulteriori approfondimenti si veda la voce Fallimento

 

Liquidazione coatta amministrativa

La liquidazione coatta amministrativa è la procedura prevista per le imprese che siano sottoposte a controllo pubblico (quali, ad esempio, le banche o le assicurazioni) in virtù del fatto che svolgono attività caratterizzate da spiccata importanza dal punto di vista economico e sociale.
Il procedimento concorsuale previsto per questi soggetti ricalca sostanzialmente quello fallimentare poiché su di esso è plasmato, salve le disposizioni specifiche dettate in ragione della posizione di particolare delicatezza in cui si vengono a trovare i soggetti menzionati e per i quali la liquidazione coatta è specificamente creata.
A differenza del fallimento, tuttavia, ha natura amministrativa, poiché l’autorità chiamata a gestire la crisi è quella amministrativa in luogo di quella giudiziaria ed è individuata dalla legge speciale di volta in volta applicabile.

Per ulteriori approfondimenti si veda la voce Fallimento

 

Amministrazione straordinaria

L’amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale prevista per le imprese di dimensioni particolarmente rilevanti e avente come scopo principale, oltre al soddisfacimento dei creditori, quello di conservare il complesso produttivo al fine di ripristinare il patrimonio e salvaguardare i posti di lavoro.
Anche questo procedimento, come la liquidazione coatta, ha natura amministrativa, poiché la sua gestione è affidata al Ministero delle attività produttive.
Il procedimento invece differisce da quelli relativi alle procedure più sopra definite e si articola in un’ulteriore fase di osservazione volta a valutare la sussistenza di concrete possibilità di recuperare l’equilibrio economico.
Nel corso degli ultimi anni, peraltro, la normativa dell’amministrazione straordinaria è stata modificata più volte, nel senso che ad una disciplina generale è stata affiancata una disciplina speciale dedicata alle imprese di dimensioni ancora maggiori.

Per ulteriori approfondimenti si veda la voce Amministrazione straordinaria

 

Concordato preventivo

Il concordato preventivo è uno strumento di regolazione della crisi differente da quelli sinora brevemente definiti: lo scopo di tale procedura non è infatti quello di imporre al debitore una procedura giudiziaria o amministrativa tesa a liquidare il patrimonio per pagare i creditori, ma è invece quello di formulare un accordo fra imprenditore in crisi e creditori in modo da evitare il fallimento del primo e, contestualmente, garantire il soddisfacimento (almeno parziale) dei secondi.
In sostanza, tramite il concordato preventivo, il debitore conviene con i creditori le modalità attraverso le quali egli pagherà i propri debiti attraverso la predisposizione di un piano che deve essere approvato dai creditori medesimi attraverso specifiche modalità.
Il concordato riveste in ogni caso natura di procedura concorsuale giudiziale: l’accordo si raggiunge nell’ambito di una protezione particolare, rappresentata da diversi fattori, quali:

  • l’ammissione alla procedura: essa avviene tramite provvedimento del Tribunale, che verifica la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge;
  • la nomina del cd. commissario giudiziale a cui sono affidati compiti di vigilanza sull’amministrazione del patrimonio della società;
  • la presenza dell’autorità giudiziaria, che- anche dopo la Riforma- mantiene il ruolo di preordinazione all’intera procedura, essendo chiamato ad intervenire, come Tribunale o come giudice delegato, nei momenti cruciali dell’intera procedura.

Per ulteriori approfondimenti si veda la voce Concordato preventivo

 

Accordi di ristrutturazione dei debiti

La recente riforma ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo strumento di composizione negoziale della crisi di impresa detto Accordo di ristrutturazione dei debiti, teso a facilitare l’uso di meccanismi privatistici atti a ripristinare l’equilibrio finanziario al fine di scongiurare la crisi e l’insolvenza che condurrebbero a procedure interamente pubbliche.
L’art. 182 bis della legge fallimentare consente infatti al debitore di negoziare un accordo con una rilevante maggioranza di creditori in via stragiudiziale: tale accordo, unitamente alla documentazione richiesta dalla legge, deve essere depositato presso la cancelleria del Tribunale presso il quale ha sede l’impresa, dove viene poi omologato con un decreto motivato.

 

Amministrazione controllata

La Riforma ha invece abrogato la procedura di Amministrazione controllata, prevista per le imprese che versavano in una situazione di temporanea difficoltà ad adempiere e tesa pertanto al loro risanamento.

Per dettagli su questa procedura abrogata si veda la voce Amministrazione controllata

 

 

Casistica di decisioni della Magistratura in materia di fallimento

Per la casistica di decisioni della Magistratura si veda il paragrafo specifico alla voce Fallimento