Ferie

Questa voce è stata curata da Isabella Digiesi e aggiornata da Alexander Bell

 

Scheda sintetica

Al lavoratore è riconosciuto il diritto irrinunciabile “a ferie annuali retribuite” al fine di consentirgli il recupero delle energie e la realizzazione di esigenze anche ricreative personale e familiari.

La durata minima delle ferie è fissata in quattro settimane. I contratti collettivi possono estendere tale periodo, ma non ridurlo.

Le ferie maturano nel corso del rapporto di lavoro, anche se questo dura meno di un anno o è in prova; vengono godute “nel tempo che l’imprenditore stabilisce”, informandone “preventivamente” il lavoratore.
Tuttavia il datore di lavoro deve tenere conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro, realizzando un equo contemperamento.
Salvo diversa previsione le ferie devono essere godute per almeno due settimane nel corso dell’anno di maturazione delle stesse e, nel caso di impossibilità, per il residuo nei 18 mesi successivi a tale anno.

Il periodo delle ferie deve essere possibilmente continuativo, in considerazione delle finalità dell’istituto.
Se le ferie maturate non vengono godute nel periodo prescritto dalla legge o dal contratto collettivo e non è più possibile neppure l’adempimento tardivo (ad esempio perché è cessato il rapporto di lavoro), spetta la retribuzione corrispondente (c.d. indennità di ferie non godute).

Dal 24 settembre 2015, infine, la legge riconosce ai lavoratori la possibilità di cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie maturati a un altro lavoratore dipendente dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a quest’ultimo di assistere i figli minori che per le loro particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti. Le modalità con le quali i lavoratori potranno concretamente esercitare questa nuova facoltà, che costituisce una delle novità introdotte dai decreti attuativi del c.d. Jobs Act, sono rimesse ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro.

 

Fonti normative

  • Costituzione, art. 36, comma 3;
  • Codice Civile art. 2109, co. 2 e 3;
  • D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (novellato dal D.Lgs. n. 213 del 2004);
  • Direttiva 93/104/CE (modificata dalla Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/34/CE);
  • D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151.

 

 

A chi rivolgersi

  • Ufficio vertenze sindacali;
  • Studio legale specializzato in diritto del lavoro.

 

 

Scheda di approfondimento

 

Maturazione delle ferie

Il prestatore di lavoro, ex art. 10, comma 1 del D.Lgs. n. 66/2003, ha diritto ogni anno a un periodo di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane.

Il diritto alle ferie soddisfa le esigenze psicofisiche fondamentali del lavoratore, consentendo di partecipare più incisivamente nella vita di relazione, familiare e sociale tutelando il suo diritto alla salute, nell’interesse dello stesso datore di lavoro.

Il regime legale delle ferie, si applica a tutti i lavoratori dipendenti, qualunque sia la qualifica, la mansione o il tipo di contratto applicato; l’obbligo di concedere le ferie retribuite spetta non solo alle imprese, ma anche ai datori di lavoro individuali.

La maturazione delle ferie è strettamente collegata all’effettiva prestazione di lavoro, inclusi i casi di assenza che in base alla legge o alla contrattazione collettiva sono da considerarsi come effettiva presenza in servizio.

Tra queste si segnalano:

I contratti collettivi possono prevedere altre tipologie di assenze che non interrompono la maturazione delle ferie.

Le ferie non maturano invece durante:

  • l’astensione facoltativa per maternità;
  • l’assenza per malattia del bambino;
  • l’aspettativa sindacale per cariche elettive;
  • lo sciopero;
  • il servizio militare di leva;
  • il periodo di preavviso non lavorato (l’avvenuto pagamento dell’indennità sostitutiva, accettata dal lavoratore, comporta la risoluzione del rapporto di lavoro);
  • la sospensione dal lavoro con ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni a zero ore.

Le modalità di calcolo delle ferie maturate nei periodi di assenza sono determinate dalla contrattazione collettiva e dalla prassi aziendale. Le ferie possono essere espresse in settimane, giorni di calendario, oppure in giorni lavorativi.

Nel caso di previsione di un periodo di ferie più lungo rispetto alla misura minima stabilita per legge, i contratti collettivi che hanno previsto tale maggior misura, ove questa non sia fruibile per l’intervenuta risoluzione del rapporto, possono fissare una misura dell’indennità sostitutiva rapportata alle ferie dovute per l’intero anno, derogando così al principio di proporzionalità tra effettiva prestazione di servizio e maturazione delle ferie.

Il dipendente che non lavora per l’intero periodo di maturazione delle ferie ha diritto a un numero di giorni di ferie proporzionale al servizio effettivamente prestato.

Se il dipendente il cui rapporto di lavoro viene a cessare ha usufruito di ferie non ancora maturate il datore di lavoro potrà provvedere alle relative trattenute in busta paga.

Nel caso di part-time orizzontale, il principio di non discriminazione comporta che la durata delle ferie non sia diversa da quella riconosciuta ai lavoratori a tempo pieno.
Nel caso di part-time verticale il periodo di godimento delle ferie, previsto dalla contrattazione collettiva per i lavoratori a tempo pieno, non viene riconosciuto integralmente, ma viene ridotto in proporzione all’attività lavorativa effettivamente svolta.

Le ferie sono ritenute normalmente incompatibili con il lavoro a domicilio; tuttavia i contratti collettivi prevedono, nella maggior parte dei casi, che alla retribuzione dei lavoratori a domicilio venga aggiunta un’apposita percentuale, a titolo di indennità per le ferie e le festività non godute.

Il diritto alle ferie è riconosciuto anche ai soggetti impiegati nei lavori socialmente utili, nei lavori di pubblica utilità e nei progetti di inserimento professionale; la Corte Costituzionale ha affermato che è costituzionalmente illegittimo il mancato riconoscimento ai detenuti che lavorino alle dipendenze dell’Amministrazione carceraria del diritto ad un periodo di riposo annuale retribuito.

Dato che il nostro ordinamento tutela il diritto alle ferie in tutti i casi in cui la mancata prestazione lavorativa non sia imputabile alla volontà dell’interessato, bensì dipenda dalla legge o da uno stato di necessità, va ritenuta la maturazione del diritto alle ferie anche per i periodi di assenza per malattia; pertanto è illegittima la riduzione delle ferie in misura proporzionale alle assenze per malattia intervenute nel periodo della loro maturazione.

 

Predeterminazione del periodo feriale

L’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa.

Il potere discrezionale del datore di lavoro di fissare l’epoca delle ferie non è privo di vincoli, è infatti tenuto a:

  • tenere conto degli interessi del lavoratore (art.2109 c.c.);
  • comunicare al lavoratore il periodo stabilito per il godimento delle ferie con qualche preavviso che, secondo correttezza e buona fede, è utile a consentire al lavoratore di organizzare in modo conveniente il riposo concesso (trattasi di atto recettizio, non vincolato a forma scritta, ma necessariamente idoneo a palesare specificamente la volontà);
  • rispettare il principio per cui le ferie debbono essere godute entro l’anno e non successivamente (art.2109 c.c. e Corte Cost. 19/12/90, n. 543).

Pertanto, è illegittima la determinazione unilaterale del periodo di godimento delle ferie da parte del datore di lavoro allorché:

  • non venga tenuto conto anche degli interessi dei lavoratori e non vi siano comprovate esigenze organizzative aziendali;
  • non venga salvaguardata la funzione fondamentale dell’istituto di consentire al lavoratore la reintegrazione delle energie psicofisiche.

Al lavoratore compete soltanto la facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca, al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali, i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda.

Non sussiste un diritto incondizionato del lavoratore alla determinazione del proprio periodo di ferie. Pertanto, è giustificato il comportamento del datore di lavoro che, nel rispetto delle previsioni del CCNL ed in presenza di effettive esigenze di servizio, accolga solo parzialmente le richieste del dipendente in merito al periodo di fruizione del riposo feriale.

Nel caso in cui il lavoratore non goda delle ferie nel periodo stabilito dal turno aziendale e non chieda di goderne in altro periodo dell’anno non può desumersi alcuna rinuncia, che in ogni caso sarebbe nulla per il contrasto con norme imperative (art. 36 Costituzione e art. 2109 c.c.), e quindi il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute.

Il congedo ordinario per il personale esposto a radiazioni, previsto dal contratto collettivo nella misura di quindici giorni di ferie aggiuntivi da fruirsi in un’unica soluzione, deve essere calcolato, per i lavoratori con orario distribuito su cinque giorni settimanali, escludendo dal computo solo le domeniche e le festività e non anche il sesto giorno.

 

Auto-assegnazione

L’inerzia del datore di lavoro non giustifica l’auto-assegnazione delle ferie da parte del lavoratore, ciò contrastando con le esigenze di un ordinato svolgimento dell’attività tecnico produttiva dell’impresa: il dipendente, pertanto, non può, contro l’espresso rifiuto del datore di lavoro, assentarsi a titolo di ferie in un periodo da lui scelto arbitrariamente, che non coincida con quello stabilito dall’imprenditore e concordato con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure preventivamente stabilito all’inizio dell’anno.

Il lavoratore invece deve limitarsi a ricorrere agli organi di rappresentanza interna, all’autorità di vigilanza o al giudice, anche con procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. e/o in applicazione analogica dell’art. 1183, comma 2, c.c..

 

Termini per il godimento delle ferie

Salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla disciplina riferita alle specifiche categorie, il periodo minimo annuale legale di ferie retributive va goduto:

  • per almeno due settimane nel corso del periodo di maturazione;
  • per le restanti due settimane, entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione (art. 10, comma 1, c., D.Lgs. n. 66/2003, come riformato dal D.Lgs. n. 213/2004).

Nell’ipotesi in cui la contrattazione stabilisca termini meno ampi per la fruizione di tale periodo, il superamento di questi ultimi, quando sia comunque rispettoso del termine dei 18 mesi, determinerà una violazione esclusivamente contrattuale.

La violazione di dette disposizioni è punita con la sanzione amministrativa che va da € 130 a € 780 per ogni lavoratore e per ciascun periodo ci si riferisce la violazione (D.Lgs. n. 66/2003).

 

Malattia e sospensione delle ferie

La Corte di Cassazione (sentenza 2515/96) ha affermato che per l’art. 2109 c.c., come rivisto dalla Corte Costituzionale, la malattia sospende le ferie, salvo il caso in cui la malattia stessa non sia tale da pregiudicare la funzione delle ferie, il cui scopo è consentire il recupero delle energie psico-fisiche attraverso il riposo e la ricreazione. Interpretata in tal modo la norma, appare nulla ogni clausola contrattuale che consenta la sospensione solo in caso di ricovero ospedaliero, in quanto pone una limitazione non consentita.

Il lavoratore ammalatosi durante le ferie deve munirsi immediatamente di un certificato medico che attesti il suo stato di malattia e che copia di questo certificato venga spedito a mezzo lettera raccomandata al datore di lavoro e alla ASL competente entro due giorni dall’insorgenza della malattia. Solo così facendo si ha poi diritto di richiedere di godere del periodo di ferie perduto a causa della malattia.

Pertanto, la conversione dell’assenza per ferie in assenza per malattia opera soltanto a seguito della comunicazione dello stato di malattia al datore di lavoro, salvo che quest’ultimo non provi l’infondatezza di detto presupposto, allegando la compatibilità della malattia con il godimento delle ferie. (Cass. 6/6/2006 n. 8016, Pres. Mileo rel. Stile, in Lav. nella giur. 2006, con commento di Davide Zavalloni, 977).

Non esiste alcuno spazio per la contrattazione collettiva di introdurre deroghe peggiorative a tale disciplina. In questo senso più volte si è espressa la Corte di Cassazione, dichiarando la nullità delle clausole contrattuali in contrasto con i principi pronunciati.

Si tenga presente, infine, che il lavoratore che si ammali nel corso delle ferie non è tenuto a fare rientro presso il proprio domicilio per poter invocare la sospensione delle ferie stesse. Infatti, il periodo di malattia può essere trascorso anche in un luogo diverso dalla propria abitazione, e dunque anche in una località di villeggiatura, a condizione che di ciò venga data immediata notizia, tramite le opportune indicazioni da apporsi sul certificato di malattia, all’Istituto Previdenziale, che deve sempre avere la possibilità di valutare le effettive condizioni di salute del lavoratore.

 

Divieto di monetizzazione delle ferie

Il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutti i provvedimenti idonei a consentire l’esaurimento delle ferie pregresse, non essendo ammissibile la monetizzabilità del diritto, a meno che la concessione non risulti eccessivamente onerosa. (Corte d’Appello Milano, Est. Ruiz, in D&L 2002, 115, con nota di Rossana Martignoni, “Ferie pregresse e successione tra aziende sanitarie”)

Il D.Lgs. n. 66/2003 ha introdotto in Italia, in modo espresso, il divieto di monetizzazione del periodo di ferie corrispondente alle quattro settimane garantite per legge, operante salvo il caso della risoluzione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno. Con ciò vene rafforzato il contenuto indisponibile dell’istituto e il tipico carattere dell’irrinunciabilità che lo contraddistingue.

Secondo quanto precisato dall’INPS, con Messaggio 27 giugno 2003, n. 79, il divieto di monetizzare il periodo minimo di 4 settimane nel corso del rapporto di lavoro, si applica con riferimento ai periodi di ferie maturati dopo l’entrata in vigore del citato provvedimento (29 aprile 2003).

Pertanto, le ferie maturate fino al 29 aprile 2003 possono ancora essere monetizzate in conformità alle previsioni di contratti collettivi, regolamenti aziendali o accordi individuali.

 

Retribuzione

Il diritto alle ferie implica per il datore di lavoro non solo l’obbligo di assegnarle, consentendo al lavoratore di assentarsi dal servizio, ma anche quello di corrispondergli per tal periodo la retribuzione (art. 36, comma 3, Costituzione; art. 2109, comma 2, c.c.).

Nel periodo di ferie il lavoratore ha diritto a una retribuzione uguale a quella che avrebbe percepito se avesse lavorato, comprensiva della media dei compensi per lavoro straordinario percepiti nell’anno di riferimento. Pertanto è nullo, contrastando con l’art. 36 della Costituzione, ogni patto individuale o collettivo che preveda un trattamento deteriore (Cass. 20/11/00, n. 14955, pres. Prestipino, est. De Matteis, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 84).

Nel nostro ordinamento non esiste un principio generale ed inderogabile di onnicomprensività della retribuzione, ne consegue che i singoli elementi della retribuzione in tanto possono costituire base di calcolo per la retribuzione del periodo feriale, in quanto ciò sia prescritto, in assenza di previsioni legislative, dalla contrattazione collettiva, che può liberamente far riferimento alla retribuzione normale, o ordinaria, o di fatto, o globale di fatto.

 

Indennità sostitutiva

Dal mancato godimento delle ferie – una volta divenuto impossibile per il datore di lavoro, anche senza sua colpa, adempiere l’obbligo di consentirne la fruizione – deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, e quindi reddituale, in quanto rappresenta la corresponsione del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica, in misura pari alla retribuzione.

Le clausole del contratto collettivo di diritto comune, che disciplinano esclusivamente il godimento delle ferie e non anche l’indennità sostitutiva, vanno interpretate – alla luce dell’irriducibilità del diritto alle ferie, del divieto di monetizzazione di siffatto diritto, e in applicazione del principio di conservazione del contratto – nel senso che, in caso di mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, non è escluso il diritto di quest’ultimo all’indennità sostitutiva, anche in riferimento alle cd. ferie “aggiuntive”, le quali costituiscono oggetto di un diritto contrattuale, pure se condizionato alla naturale capienza nell’anno di cessazione del rapporto.

L’impossibilità di fruire dell’intero periodo di ferie maturate, in dipendenza dell’accoglimento della domanda di prepensionamento, non può essere valutata in danno al lavoratore, secondo il criterio dell’imputabilità dell’evento, trattandosi di una situazione di fatto determinata dal complesso bilanciamento di interessi dell’una e dell’altra parte, e non esonera quindi il datore di lavoro dall’obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva delle ferie non godute. (Trib. Firenze 15/7/2002, Est. Nuvoli, in D&L 2003, 368, con nota di Filippo Pirelli, “Mancata fruizione delle ferie ed imputabilità dell’evento”)

 

Risarcimento del danno

Il diritto alla fruizione effettiva del periodo feriale – non goduto per fatto imputabile al datore di lavoro nell’anno di riferimento – trova il suo fondamento nell’art. 2058 c.c. – dettato per la responsabilità aquiliana ma che in materia risarcitoria ha valore di principio generale – aggiungendosi che in materia di diritti attinenti alla integrità psico-fisica, e più in generale agli interessi esistenziali del lavoratore, il datore di lavoro risponde per responsabilità extracontrattuale oltre che contrattuale.

Ne consegue il diritto del lavoratore, innanzi tutto, al risarcimento in forma specifica, ovvero all’effettivo godimento delle ferie anche trascorso il periodo di riferimento, che può tramutarsi in diritto al risarcimento per equivalente (sotto forma di indennità sostitutiva di natura risarcitoria) come disposto dal secondo comma della norma in esame, solo se il datore di lavoro prova essere eccessivamente onerosa, attese le difficoltà nell’ambito aziendale, la effettiva fruizione recuperatoria delle ferie non tempestivamente godute.

Tuttavia, nell’ipotesi di estinzione del diritto alle ferie per impossibilità della prestazione del datore di lavoro a lui non imputabile, come nel caso di estinzione del rapporto per licenziamento legittimo, morte e dimissioni, il lavoro prestato al di là della misura contrattualmente stabilita, corrispondente al periodo di ferie maturato in proporzione al servizio prestato, deve essere retribuito in quanto compreso nella causa corrispettiva del rapporto, ma non quale compenso delle ferie non godute.

 

Onere della prova

Al lavoratore spetta l’onere della prova in merito:

  • alla durata del rapporto per un periodo sufficiente e comunque proporzionato alla richiesta risarcitoria;
  • alla avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni destinati alle ferie.

Sul datore di lavoro grava invece la prova rigorosa di:

  • aver effettivamente assegnato il periodo di ferie;
  • aver adottato tutti i provvedimenti idonei a consentire l’esaurimento delle ferie pregresse, non essendo ammissibile la monetizzabilità del diritto, a meno che la concessione non risulti eccessivamente onerosa.

È ammessa la valutazione equitativa dell’indennità quando le ferie siano state godute solo parzialmente, in misura non dimostrabile con esattezza.

 

La cessione dei riposi e delle ferie

Il 24 settembre 2015 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 151/2015, uno dei decreti attuativi della legge delega n. 183 del 2014 (c.d. Jobs Act), che all’art. 24 introduce il nuovo istituto della cessione a titolo gratuito dei riposi e delle ferie.

La norma in questione prevede in particolare che i lavoratori possano cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti.

La cessione non richiede il previo consenso del datore del lavoro; deve tuttavia ritenersi che, una volta che i riposi o le ferie aggiuntive siano entrati nella disponibilità del lavoratore bisognoso, l’accordo del datore di lavoro sarà in ogni caso necessario per stabilire la collocazione temporale della fruizione dei riposi e delle ferie cedute, avendo la giurisprudenza in più occasioni avuto modo di ribadire il principio per cui “il periodo di godimento delle ferie annuali non può essere autodeterminato dal lavoratore, configurandosi l’atto di concessione delle stesse come prerogativa riconducibile al potere organizzativo del datore di lavoro, in relazione alle esigenze di ordinato svolgimento dell’attività di impresa” (Cass. 26 novembre 2014, n. 25159).

I lavoratori non sono liberi di cedere indiscriminatamente tutti i riposi e le ferie maturati, ma solo quelli che eccedono i periodi minimi di riposo riconosciuti a ciascun lavoratore dal d.lgs. 66/2003, vale a dire: un riposo giornaliero consecutivo di almeno 11 ore ogni 24 ore; un riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive; un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Oggetto di cessione potranno quindi essere i soli riposi e le sole ferie che eccedano tali limiti.

Quanto alle modalità con le quali i lavoratori potranno concretamente esercitare la cessione, esse sono fissate, per espressa volontà del legislatore, dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro.

 

Pubblico impiego

Il passaggio diretto da una pubblica amministrazione a un’altra, a seguito di mobilità ex D.Lgs. n. 80/1998, integra una cessione di contratto. Deve pertanto ritenersi che il credito di ferie maturato alle dipendenze dell’Ente di provenienza segue il dipendente anche presso il nuovo datore di lavoro il quale è, dunque, tenuto a riconoscerlo. (Trib. Pesaro 2/5/2006, Est. Sbano, in Lav. nella giur. 2006, 922)

La domanda del pubblico dipendente di vedersi riconoscere ferie arretrate maturate sia prima che dopo il 30/6/98 appartiene integralmente alla giurisdizione dell’Ago, giacché il lavoratore con ferie arretrate, quando fruisce di un periodo di riposo, consuma sempre le ferie più lontane nel tempo, sicché la successiva rivendicazione è sempre necessariamente relativa alle ferie maturate da ultimo; ciò in quanto il diritto al riposo che si è lasciato accumulare negli anni non tollera distinzioni con riferimento alla data di maturazione dei singoli periodi. (Corte d’Appello Milano, Est. Ruiz, in D&L 2002, 115, con nota di Rossana Martignoni, “Ferie pregresse e successione tra aziende sanitarie”)

 

Normativa comunitaria

La Direttiva 93/104/CE sull’orario di lavoro come modificato dalla Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22/6/2000, 2000/34/Ce, sancisce che:

  • una disposizione nazionale non può consentire, in costanza del contratto di lavoro, che i giorni di ferie annuali non goduti nel corso di un dato anno, siano sostituiti da un’indennità economica nel corso di un anno successivo;
  • uno Stato membro non può adottare una normativa nazionale in base alla quale i lavoratori inizino a maturare il diritto alle ferie annuali retribuite solo a condizione di aver compiuto un periodo minimo di tredici settimane di lavoro ininterrotto alle dipendenze dello stesso datore di lavoro.


Da tali principi di effettività consegue il diritto del lavoratore – allorché l’anno di maturazione delle ferie si stia esaurendo e il datore di lavoro non abbia fornito indicazioni al fine di consentire l’effettivo godimento – all’unilaterale determinazione delle ferie stesse, sia per il periodo minimo di due settimane di cui all’art. 10 D.Lgs. n. 66/2003, sia per le ulteriori settimane per le quali la disciplina collettiva (fatta salva dall’art. 10 cit.) prevede il diritto alla fruizione continuativa e nell’anno di maturazione (fattispecie relativa al CCNL edili e all’accordo integrativo per la provincia di Firenze del 2002).

Tale unilaterale collocazione in ferie non può pertanto considerarsi come assenza ingiustificata. (Corte App. Firenze 11/4/2007, Pres. Pieri Est. Amato, in D&L 2007, con nota di Irene Romoli, “Monetizzazione delle ferie e fruibilità per un periodo continuativo: legislazione comunitaria e applicabilità all’ordinamento nazionale”, 794).

 

Casistica di decisioni della Magistratura in tema di ferie

 

In genere

  1. L’importo corrispondente alla indennità per ferie non godute costituisce base contributiva imponibile anche nell’ipotesi in cui sia decorso il termine di 18 mesi previsto dall’art. 10, D.Lgs. n. 66/2003, a prescindere dall’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro o meno. (Cass. 17/11/2020 n. 26160, Pres. Manna Rel. Calafiore, in Lav. nella giur. 2021, 197)
  2. Il datore di lavoro non può pretendere dal lavoratore il godimento cumulativo delle ferie in prossimità del pensionamento, avendo colpevolmente creato i presupposti di tale situazione ed essendo l’istituto delle ferie preordinato al recupero delle energie psico-fisiche nel corso del rapporto di lavoro e non alla fine dello stesso. (Cass. 9/3/2017, n. 6115, Pres. Curzio Est. Arienzo, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di V. F. Giglio, “Lo strano comportamento ‘quantistico’ dell’indennità sostitutiva delle ferie”, 695)
  3. Non può ritenersi sufficiente, per il lavoratore, comunicare via fax il periodo di ferie richiesto, senza accertarsi anche che il fax possa essere ricevuto in tempo dagli organi aziendali preposti alla concessione delle ferie. Il lavoratore richiedente le ferie, infatti, deve mettere in condizioni l’azienda di predisporre la sua sostituzione nei giorni di assenza al fine di non interrompere il servizio, sicché appare del tutto irrituale e inaccettabile la prassi di comunicare i propri giorni di ferie addirittura in data successiva al momento di effettivo inizio. (Corte app. Lecce 14/11/2016, Giud. Ferreri, in Lav. nella giur. 2017, 210)
  4. L’art. 5, comma 6, Ccnl Comparto Sanità – 2 Biennio Economico 2000-2001 va interpretato nel senso che nel periodo di 15 giorni di ferie aggiuntive da usufruirsi in una unica soluzione, ivi previsto per il personale esposto al rischio radiologico, vanno ricompresi e restano quindi assorbiti le festività, i giorni domenicali e il sabato, per coloro i quali prestano servizio in turni di cinque giorni settimanali, ricadenti in tale periodo. (Trib. Trieste 17/5/2010, Giud. Rigon, in Lav. nella giur. 2010, 844)
  5. Il periodo di due settimane consecutive di godimento delle ferie nell’anno di maturazione indicato dal primo comma dell’art. 10, d.lgs. n. 66/2003 deve essere considerato diritto insopprimibile del lavoratore; esso, dunque, può anche consentire in estrema ipotesi – allorchè l’anno di maturazione si stia esaurendo – l’unilaterale determinazione temporale del lavoratore, che dal datore non abbia ricevuto indicazioni concrete circa l’effettivo godimento entro il 31 dicembre. (Corte app. Firenze 3/4/2007, Pres. Pieri Est. Amato, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di P. Albi, “Il patrimonio costituzionale europeo e il diritto alle ferie come diritto fondamentale”, 106)
  6. Qualora il contratto collettivo preveda un periodo di tre settimane consecutive nell’anno di maturazione, da godersi tuttavia nel periodo estivo, lo spostamento delle ferie richieste dal lavoratore, maturate oltre le due settimane di legge, può essere determinato dal datore di lavoro oltre l’anno di maturazione soltanto qualora il datore medesimo comunichi e motivi esplicitamente il carattere eccezionale e imprevedibile delle esigenze di servizio che non permettono il godimento anche della terza (contrattuale) settimana di ferie consecutive. (Corte app. Firenze 3/4/2007, Pres. Pieri Est. Amato, in Riv. it. dir. lav. 2008, con nota di P. Albi, “Il patrimonio costituzionale europeo e il diritto alle ferie come diritto fondamentale”, 106)
  7. Nella determinazione della durata delle ferie ex art.2109, capoverso, c.c., l’autonomia privata trova un limite nella necessità, imposta dall’art. 36 Cost., di parificare ai periodi di servizio quelli di assenza del lavoratore per malattia. Il diritto alle ferie, infatti, non ha solo la funzione di corrispettivo della prestazione lavorativa, ma soddisfa anche esigenze psicologiche fondamentali del lavoratore, consentendo allo stesso di partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale tutelando il suo diritto alla salute, nell’interesse dello stesso datore. In tale ottica le ferie sono da intendersi eminentemente come periodo di “tempo libero” prefigurato dalla Costituzione per la realizzazione da parte del lavoratore delle esigenze innanzi indicate, piuttosto che per esclusivo ristoro di energie usurate nella prestazione di lavoro, da fruirsi necessariamente in stato di salute (cfr. Corte Cost. n. 616/87) o almeno in condizioni fisiche compatibili con la funzione di riposo e ricreazione, propria dell’istituto delle ferie (Cass. S.U. 23/2/98, n. 1947) (Cass. S.U. 12/11/01, n. 14020, pres. Vela, est. Roselli, in Lavoro e prev. oggi 2002, pag. 125; in D&L 2002, con nota di Muggia, “Diritto alle ferie. Legato alla sola esistenza del rapporto di lavoro o come corrispettivo delle avvenute prestazioni lavorative?”)
  8. E’ incostituzionale l’art. 20, 16° comma, l. 26/7/75, n. 354, nella parte in cui non riconosce il diritto al riposo annuale retribuito (o alla relativa indennità sostitutiva) al detenuto che presti la propria attività lavorativa alle dipendenze dell’amministrazione carceraria (Corte Cost. 22/5/01, n. 158, pres. Ruperto, est. Santosuosso, in Foro it. 2001, pag. 2139 e in Lavoro giur. 2001, pag. 643, con nota di Mannacio, Il diritto alle ferie del detenuto che lavora; in Lavoro e prev. oggi. 2001, pag.986)
  9. Non è sindacabile in sede di legittimità la valutazione compiuta dal giudice di merito circa la violazione dell’obbligo di diligenza per mancato utilizzo del periodo feriale per la reintegrazione delle energie psico-fisiche o la violazione dell’obbligo di non concorrenza che si suppongono effettsuati dal lavoratore che durante il periodo feriale presti attività per latro datore. Nel caso di specie la Corte ha ritenuto insindacabile il giudizio di mancata violazione dei suddetti obblighi effettuato dal Tribunale in relazione al caso in cui una guardia giurata abbia lavorato durante le ferie quale portiere o custode presso un condominio (Cass. 24/10/00, n. 13986, pres. Spanò, in Lavoro giur. 2001, pag. 146, con nota di Sgarbi, Il punto in tema di ferie lavorate, sia presso il datore abituale che presso altri)
  10. E’ costituzionalmente illegittimo, in riferimento all’art. 36, terzo comma, Cost., il penultimo comma dell’art. 22, all. A, del r.d. 8/1/31, n. 148 (“Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna e in regime di concessione”) nella parte in cui prevede che l’agente possa non fruire nel corso dell’anno lavorativo del periodo di congedo ordinario spettantigli e da esso richiesto – con conseguente rinvio della fruizione al primo trimestre dell’anno successivo – “per esigenze di servizio” anziché “per eccezionali, motivate esigenze di servizio”. (Corte Cost. 19/12/90, n. 543, pres. Conso, est. Spagnoli, in Argomenti dir. lav. 2001, pag. 702)

 

 

Maturazione delle ferie

  1. L’art. 7, par. 1, della direttiva 03/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che osta a norme o a prassi nazionali che prevedono che il diritto alle ferie annuali retribuite sia subordinato a un periodo di lavoro effettivo minimo durante il periodo di riferimento. (Corte di Giustizia CE, Grande Sez., 24/1/2012, C-282/10, Pres. Skouris, Rel. Levits, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di A. Riccardi, “La Corte di Giustizia interviene nuovamente sul diritto alle ferie e sul rapporto tra ferie e malattia”, 551)
  2. Le ferie maturano durante il periodo di aspettativa per infermità e di malattia, atteso che il diritto del lavoratore alle ferie annuali tutelato dall’art. 36 Cost., è ricollegabile non solo a una funzione di corrispettivo dell’attività lavorativa, ma anche al soddisfacimento di esigenze psicologiche fondamentali del lavoratore; in particolare il diritto alla maturazione (e alla fruizione) delle ferie – a prescindere dall’effettività della prestazione lavorativa – consente al prestatore di partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale, vedendosi in tal modo tutelato il proprio diritto alla salute anche nell’interesse dello stesso datore di lavoro. (Cons. St. Sez. VI 23/3/2010 n. 2663, Pres. Marrone Est. Contessa, in D&L 2010, con nota di Dionisio Serra, “Sulla maturazione del diritto alle ferie durante il periodo di assenza per malattia del lavoratore”, 821)
  3. I permessi ex art. 33, comma 6, L. n. 104/92 usufruiti dai ricorrenti sopra indicati debbono ritenersi utili ai fini della maturazione delle ferie, delle ex festività e delle mesilità aggiuntive, e ciò in quanto il comma 6 dell’art. 33 cit., nell’attribuire al maggiorenne portatore di handicap il diritto di usufruire dei permessi, giornalieri e mensili, previsti dai precedenti commi 2 e 3 per i genitori di portatore di handicap, non richiama il quarto comma, il quale per i permessi che si cumulano a quelli previsti dall’art. 7, L. n. 1204/71 in materia di tutela delle lavoratrici madri (legge peraltro abrogata dall’art. 86, D.Lvo n. 151/2001) disponeva l’applicazione dell’ultimo comma del citato articolo 7, norma che a sua volta escludeva l’incidenza dei permessi sulle ferie nonché sulle mesnilità aggiuntive. (Trib. Milano 27/2/2008, D.ssa Scudieri, in Lav. nella giur. 2008, 1063)
  4. Il diritto del lavoratore alle ferie annuali, tutelato dall’art. 36 Cost., è ricollegabile non solo ad una funzione di corrispettivo dell’attività lavorativa, ma altresì – come riconosciuto dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 616/87 e n. 158/01 – al soddisfacimento di esigenze psicologiche fondamentali del lavoratore, il quale – a prescindere dall’effettività della prestazione – mediante le ferie può partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale e può vedersi tutelato il proprio diritto alla salute nell’interesse dello stesso datore di lavoro; da ciò consegue che la maturazione di tale diritto non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia del lavoratore e che la stessa autonomia privata, nella determinazione della durata delle ferie ex art. 2109, capoverso, c.c., trova un limite insuperabile nella necessità di parificare ai periodi di servizio quelli di assenza del lavoratore per malattia (Cass. SU 12/11/01, n. 14020, pres. Vela, est. Roselli, in Lavoro giur. 2002, pag. 152, con nota di Cavalloni, La maturazione del diritto alle ferie non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia del lavoratore)
  5. Poiché il nostro ordinamento tutela il diritto alle ferie in tutti i casi in cui la mancata prestazione lavorativa non sia imputabile alla volontà dell’interessato, bensì dipenda dalla legge o da uno stato di necessità, va ritenuta la maturazione del diritto alle ferie anche per i periodi di assenza per malattia. Non così in ipotesi di preavviso sostituito dalla corrispondente indennità, poiché, in tale caso, l’avvenuto pagamento dell’indennità sostitutiva, accettata dal lavoratore, comporta la risoluzione del rapporto di lavoro (Pret. Milano 23/7/99, est. Anastasio, in D&L 1999, 881)
  6. E’ illegittima la riduzione delle ferie in misura proporzionale alle assenze per malattia intervenute nel periodo della loro maturazione (Pret. Milano 28/2/96, est. Porcelli, in D&L 1996, 686)

 

 

Determinazione del periodo feriale

  1. Qualora la norma contrattuale collettiva preveda che il dipendente goda di un periodo di almeno due settimane di ferie nell’anno di maturazione e del periodo residuale entro il febbraio successivo, è illegittimo – in assenza di effettive ragioni produttive – il rifiuto aziendale di consentire al dipendente la fruizione del periodo residuo nelle settimane prescelte dal dipendente entro il febbraio dell’anno successivo a quello di maturazione e l’assegnazione forzata di ferie in un diverso periodo non richiesto. In tale caso è ammesso il risarcimento in forma specifica dei giorni di ferie il cui godimento sia stato unilateralmente e illegittimamente imposto dal datore di lavoro. (Corte app. Firenze 12/3/2010, Est. Amato, in D&L 2010, con nota di Cecilia Valbonesi, “Verso una tutela effettiva del diritto alle ferie”, 488)
  2. Qualora il datore di lavoro disponga di propria iniziativa le ferie del lavoratore senza che le stesse rispondano a un’esigenza del lavoratore, quest’ultimo avrà senza dubbio la facoltà di far presente al datore di lavoro le proprie esigenze, ed eventualmente, qualora la disposizione del datore di lavoro sia arbitraria e illegittima, opporsi a essa anche rifiutandosi di usufruire delle ferie e pretendendo di rendere la propria prestazione lavorativa, chiedendo di godere delle stesse in un periodo differente o programmandole con un congruo anticipo. Al contrario non pare meritevole di tutela la condotta del ricorrente il quale in presenza di una imposizione datoriale al godimento delle ferie in un determinato periodo non abbia presentato alcuna rimostranza o sollevato rilievi o esplicitato la non rispondenza dei periodi alle proprie esigenze, ma abbia usufruito integralmente delle ferie, prestando, così, acquiescenza al godimento delle stesse, salvo chiedere il risarcimento del danno lamentando la tardiva comunicazione delle stesse. (Trib. Roma 20/1/2009, Est. G.M., in Lav. nella giur. 2009, 418)
  3. Non è il dipendente, ma l’imprenditore, nell’esercizio del proprio potere di organizzazione a dover stabilire la data o il periodo di godimento delle ferie da parte del prestatore, affermandosi che l’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa; al lavoratore compete soltanto la facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca, al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali, i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda. (Trib. Milano 21/1/2008, Rel. Di Leo, in Lav. nella giur. 2008, 739)
  4. Il congedo ordinario per il personale esposto a radiazioni, previsto dal contratto collettivo nella misura di quindici giorni di ferie aggiuntivi da fruirsi in un’unica soluzione, deve essere calcolato, per i lavoratori con orario distribuito su cinque giorni settimanali, escludendo dal computo solo le domeniche e le festività e non anche il sesto giorno. (Trib. Milano 21/2/2007, Est. Di Leo, in D&L 2007, con nota redazionale, “Criteri di computo del congedo straordinario per personale esposto a radiazioni”, 485)
  5. Ai sensi dell’art. 2109 c.c. il datore di lavoro nell’esercitare il potere discrezionale di determinare il periodo feriale deve tenere conto degli interessi del prestatore di lavoro. Tale potere discrezionale è inoltre limitato – sempre ai sensi di tale norma – dall’obbligo del datore di comunicare preventivamente al lavoratore il periodo stabilito per il godimento delle ferie e di rispettare il principio per cui le ferie debbono essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente. (Trib. Parma 10/3/2006, Est. Vezzosi, in D&L 2006, 507)
  6. E’ onere del datore di lavoro fornire la dimostrazione di avere scelto il tempo delle ferie contemperando tra loro le esigenze dell’impresa e quelle del lavoratore. (Nella specie la lavoratrice, dopo essere stata assente per una malattia protrattasi per 180 giorni e dopo aver usufruito di un periodo di aspettativa di ulteriori 120 giorni, avendo subito un infortunio nel giorno di ripresa della propria attività lavorativa, aveva chiesto, il giorno successivo alla denuncia dell’infortunio, due giorni di ferie ed era stata successivamente licenziata sul presupposto che, non essendole stati accordati detti giorni di ferie, avesse così superato il periodo di comporto). (Cass. 19/7/2002, n. 10622, Pres. Ciciretti, Rel. Mercurio, in Giur. italiana 2003, 670)
  7. Non sussiste un diritto incondizionato del lavoratore alla determinazione del proprio periodo di ferie; è pertanto giustificato e conforme a correttezza e buona fede il comportamento del datore di lavoro che, nel rispetto delle previsioni del Ccnl ed in presenza di effettive esigenze di servizio, accolga solo parzialmente le richieste del dipendente in merito al periodo di fruizione del riposo feriale. (Trib. Milano 13/12/2001, ord., Est. Cincotti, in D&L 2002, 402)
  8. L’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa; al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca – al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali – i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda. Peraltro, allorché il lavoratore non goda delle ferie nel periodo stabilito dal turno aziendale e non chieda di goderne in altro periodo dell’anno non può desumersi alcuna rinuncia – che, comunque, sarebbe nulla per contrasto con norme imperative (art. 36 Cost. e art. 2109 c.c.) – e quindi il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute (Cass. 12/6/2001, n. 7951, pres. De Musis, est. Putaturo Donati, in Lavoro giur. 2002, pag. 56, con nota di Ferrau’, In tema di determinazione del periodo feriale)
  9. Spetta all’imprenditore, nel contemperamento delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore, la scelta del tempo in cui le ferie debbono essere fruite, ma tale potere non può essere esercitato in modo da vanificare il principio della effettività del riposo in questione e la finalità cui è preordinato l’istituto, attesa la sua funzione reintegratrice delle energie lavorative e partecipativa alle vicende della società civile. Ne consegue la non monetizzabilità, dal momento che l’art. 36, comma 3, Cost., che pone il principio della irrinunciabilità delle ferie, si traduce nell’obbligo di effettiva fruizione delle stesse, anche nell’interesse del datore di lavoro, affinché avvenga la effettiva ripresa ed il rafforzamento delle energie lavorative del dipendente (Cass. 21/2/01, n. 2569, pres. Santojanni, in Lavoro giur. 2001, pag. 549, con nota di Sgarbi, Fruizione tradiva delle ferie o indennizzo: sceglie il lavoratore)
  10. Il potere discrezionale del datore di lavoro di fissare l’epoca delle ferie non è del tutto arbitrario e privo di vincoli ma deve tener conto anche degli interessi del prestatore di lavoro. Tra l’altro il datore di lavoro deve preventivamente comunicare al lavoratore il periodo stabilito per il godimento delle ferie (art. 2109, 3° comma, c.c.) e rispettare il principio per cui le ferie debbono essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente (ex art. 2109, 2° comma, c.c. e Corte Cost, 19/12/90, n. 543). Pertanto una volta trascorso l’anno di competenza, il datore di lavoro non può più imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie e tanto meno può stabilire il periodo nel quale goderle, ma è tenuto al risarcimento del danno, mediante corresponsione della cosiddetta indennità sostitutiva (Cass. 24/10/00, n. 13980, pres. Trezza, est. Giannantonio, in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2278; in Lavoro giur. 2001, pag. 144, con nota di Sgarbi, Il punto in tema di ferie lavorate, sia presso il datore abituale che presso altri; in Riv. it. dir. lav. 2001, pag. 504, con nota di Calafa, Ferie forzate e crisi d’azienda)
  11. E’ illegittima la determinazione unilaterale del periodo di godimento delle ferie da parte del datore di lavoro allorché non venga tenuto conto anche degli interessi dei lavoratori e non vi siano comprovate esigenze organizzative aziendali (Pret. Milano 20/1/99, est. Cecconi, in D&L 1999, 359)
  12. È illegittima la determinazione unilaterale del periodo di godimento delle ferie da parte del datore di lavoro allorché non venga salvaguardata la funzione fondamentale dell’istituto di consentire al lavoratore la reintegrazione delle energie psicofisiche (nella fattispecie, il Pretore ha ritenuto in contrasto con la funzione dell’istituto la fruizione di un solo giorno di ferie per disposizione del datore di lavoro) (Pret. Milano 16/11/96, est. Cincotti, in D&L 1997, 344)
  13. Affinché la determinazione del periodo feriale da parte del datore di lavoro sia legittima, l’epoca delle ferie deve essere comunicata con quel preavviso che, secondo correttezza e buona fede, consenta al lavoratore di organizzare in modo conveniente il riposo concesso (Trib. Milano 24/2/96, pres. ed est. Mannacio, in D&L 1996, 684)

 

 

Malattia e interruzione delle ferie

  1. Il lavoratore è libero di decidere come e dove utilizzare le ferie purché tale scelta sia ispirata a buona fede contrattuale e preservi gli interessi del datore rispetto all’insorgenza di ricorrenti e distinti periodi di malattia. (Cass. 25/1/2011 n. 1699, Pres. Foglia Rel. Zappia, in Lav. nella giur. 2011, con commento di Giampiero Golisano, 909)
  2. Il principio secondo cui la malattia insorta durante il periodo feriale ne sospende il decorso non ha valore assoluto, ma tollera eccezioni per l’individuazione delle quali occorre avere riguardo alla specificità degli stati morbosi denunciati e alla loro incompatibilità con l’essenziale funzione di riposo, recupero delle energie psicofisiche e ricreazione, propria delle ferie; ne consegue che la conversione dell’assenza per ferie in assenza per malattia opera soltanto a seguito della comunicazione dello stato di malattia al datore di lavoro, salvo che quest’ultimo non provi l’infondatezza di detto presupposto, allegando la compatibilità della malattia con il godimento delle ferie. (Cass. 6/6/2006 n. 8016, Pres. Mileo rel. Stile, in Lav. nella giur. 2006, con commento di Davide Zavalloni, 977)
  3. La comunicazione della malattia insorta durante il periodo feriale può considerarsi tempestiva, ai fini dell’effetto sospensivo delle ferie, anche se non sia stato rispettato il dovere di celerità previsto per la giustificazione dell’assenza del lavoro; nella fattispecie la comunicazione della malattia risulta effettuata quando il lavoratore sarebbe dovuto rientrare al lavoro alla fine del periodo feriale (Trib. Milano 12 novembre 1999, pres. Ruiz, est. Accardo, in D&L 2000, 194)
  4. Ai sensi dell’art. 2109 c.c. – come rivisto dalla sentenza della Corte cost. n. 616/87, secondo le precisazioni di cui alla successiva sentenza n. 297/90 della medesima Corte – la malattia sospende le ferie, salvo il caso in cui non sia tale da pregiudicarne la funzione, che è quella di consentire il recupero delle energie psico – fisiche attraverso il riposo e la ricreazione; conseguentemente la clausola contrattuale che consente la sospensione delle ferie solo in caso di ricovero ospedaliero, ponendo una limitazione non consentita, è nulla per contrasto con norma imperativa (Cass. 22/3/96 n. 2515, pres. Micali, est. Sciarelli, in D&L 1997, 115)
  5. Sussiste l’effetto interruttivo delle ferie a causa della malattia insorta durante le stesse in applicazione dell’attuale testo dell’art. 2109 c.c., qualora la malattia non consenta la salvaguardia dell’essenziale funzione di riposo, recupero delle energie psicofisiche e ricreazione propria delle ferie (Trib. Milano 16/12/95, pres. Mannacio, est. Gargiulo, in D&L 1996, 456)
  6. Sussiste l’effetto interruttivo delle ferie, a causa della malattia insorta durante le stesse – in applicazione dell’art. 2109 c.c., siccome modificato dalla sentenza 30/12/87 n. 616 della Corte Costituzionale – qualora il lavoratore abbia richiesto e ottenuto regolare certificazione dello stato morboso, inviata sia al datore di lavoro sia all’Inps, che imponga la reperibilità al domicilio nelle fase orarie previste dal DM 15/7/86; tale reperibilità è infatti incompatibile con il reale conseguimento delle finalità proprie delle ferie, sottoponendo il lavoratore a restrizioni della libertà di movimento e della libertà di partecipare ad attività ricreative di svago, nonché ad incontri sociali (Trib. Pordenone 10/4/95, pres. Fontana, est. Bolzoni, in D&L 1995, 984)
  7. L’effetto sospensivo delle ferie da parte della malattia, ai sensi dell’art. 2109 c.c. come integrato dalla sentenza della Corte cost. n. 616/87, si verifica – quando la malattia comprometta apprezzabilmente la funzione assolta dalle ferie nel ritemprare le energie psicofisiche del lavoratore – sia se si tratti di ferie individuali sia se si tratti di ferie godute collettivamente dai dipendenti in concomitanza con la chiusura dello stabilimento (Trib. Milano 16/12/94, pres. Siniscalchi, est. Accardo, in D&L 1995, 652. In senso conforme, v. Trib. Milano 21/5/97, pres. Ruiz, est. De Angelis, in D&L 1998, 126)

 

 

Indennità sostitutiva delle ferie

  1. L’indennità sostitutiva delle ferie spetta anche se il lavoratore è sospeso cautelarmente e quindi licenziato per giusta causa. In giudizio, il dipendente di una ASL, licenziato per giusta causa, aveva chiesto il pagamento delle ferie non godute maturate nel periodo antecedente la sua sospensione cautelare perdurata fino al licenziamento. Attenendosi alla prassi vigente presso la ASL, i giudici di merito avevano accolto parzialmente la domanda, ritenendo non più fruibili le ferie non godute entro il semestre successivo all’anno di maturazione. La Cassazione, nell’accogliere il ricorso del lavoratore, ribadisce la propria recente giurisprudenza, conforme al diritto comunitario, secondo la quale la perdita del diritto alle ferie non godute consegue solo nel caso in cui il datore di lavoro provi il proprio intervento e la propria collaborazione per consentire e incoraggiare il dipendente a fruirne per tempo; verifica che nel caso in esame la Corte d’appello non aveva effettuato. Respingendo poi il ricorso incidentale della ASL, la Corte afferma che il fatto che a causa della commissione di un reato il lavoratore sia stato prima sospeso cautelarmente e poi licenziato per giusta causa non incide sulla persistenza del diritto alle ferie ma-turate nel periodo precedente e non godute. (Cass. 11/7/2023 n. 19659, ord., Pres. Manna Rel. Cavallari, in Wikilabour, Newsletter n. 14/2023)
  2. Se il diritto alle ferie non si estingue…
    La sentenza è interessante anche in quanto esamina dettagliatamene la giurisprudenza della Corte di giustizia UE in materia di godimento delle ferie nel corso del rapporto di lavoro, con la necessaria collaborazione del datore di lavoro, che deve operare con diligenza e buona fede al fine di consentire al dipendente di superare ogni remora che si opponga all’effettiva fruizione di un periodo annuale di riposo e di svago. Il mancato adempimento di questa collaborazione, il cui espletamento deve essere all’occorrenza provato dal datore, comporta la permanenza del diritto alle ferie non godute per tutta la durata del rapporto di lavoro e la sua trasformazione in un’indennità finanziaria alla cessazione (o prima, ma allora anche l’indennità non si prescrive in corso di rapporto). Deriva pertanto dall’impossibilità che in questo caso le ferie si estinguano la conseguenza che la prescrizione dell’indennità finanziaria che le sostituisce decorra solo dalla cessazione del rapporto. (Cass. 20/6/2023 n. 17643, ord., Pres. Manna Rel. Cavallari, in Wikilabour, Newsletter n. 13/2023)
  3. Permanenza del diritto alle ferie arretrate, e quindi alle corrispondenti indennità, al termine del rapporto, se il datore di lavoro non ha tempestivamente messo in grado il dipendente di fruirne, all’occorrenza invitandolo a goderne, rappresentandogli, in mancanza, le conseguenze negative.
    Nel caso esaminato, si trattava di un dirigente medico direttore di una struttura complessa, che al termine del rapporto aveva chiesto il pagamento delle ferie arretrate non godute. L’impresa obiettava che, data l’ampia discrezionalità della sua posizione, il dirigente doveva imputare a se stesso la mancata fruizione. Richiamando precedenti della Corte e soprattutto una recente importante sentenza della Corte di giustizia, la Cassazione ribadisce che è comunque onere dell’impresa dimostrare di aver messo agevolmente in grado il dirigente di fruire delle ferie e, all’occorrenza, di averlo invitato a goderne tempestivamente, avvisandolo che, in contrario, avrebbe perso il diritto vantato. (Cass. 2/7/2020 n. 13613, Pres. Napoletano Rel. Tria, in Wikilabour, Newsletter n. 15/2020)
  4. Un lavoratore ha diritto, per il periodo compreso tra il suo licenziamento illegittimo e la sua reintegrazione nel precedente posto di lavoro, alle ferie annuali retribuite oppure, alla cessazione del suo rapporto di lavoro, a un’indennità sostitutiva di tali ferie non godute. Qualora, nel corso di tale periodo, il lavoratore abbia occupato un nuovo posto di lavoro, egli potrà far valere i diritti corrispondenti al periodo durante il quale ha occupato detto posto unicamente nei confronti del nuovo datore di lavoro (massima non ufficiale). (Corte di Giustizia UE 25/6/2020, cause riunite C-762/18 e C-37/19, Pres. Bonichot Rel. Silva de Lapuerta, in Lav. nella giur. 2021, con nota di G. Miano, La Corte di Giustizia UE riconosce l’indennità per ferie in caso di reintegra per licenziamento illegittimo: eccesso di tutela?, 379)
  5. L’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha una duplice natura, risarcitoria e retributiva. Il relativo termine di prescrizione è decennale poiché diversamente si perverrebbe alla conclusione che la tutela del bene della vita alla quale l’indennità sostitutiva delle ferie e principalmente finalizzata, cioè il ristoro delle energie psico-fisiche, subirebbe in sede di esercizio dell’azione risarcitoria una inevitabile limitazione. Viceversa, la natura retributiva dell’indennità assume rilievo allorquando debba valutarsene l’incidenza sul trattamento di fine rapporto o su ogni altro aspetto di natura esclusivamente retributiva, come ad esempio il calcolo degli accessori di legge o sul trattamento contributivo. (Cass. 9/3/2017, n. 6115, Pres. Curzio Est. Arienzo, in Riv. It. Dir. Lav. 2017, con nota di V. F. Giglio, “Lo strano comportamento ‘quantistico’ dell’indennità sostitutiva delle ferie”, 695)
  6. In tutte le ipotesi in cui al lavoratore residuino giornate di ferie e riposi non goduti al momento della cessazione del lavoro, stante il carattere irrinunciabile del diritto al riposo, va assicurato il compenso sostitutivo, e il relativo termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento della risoluzione del rapporto. (Trib. Bari 8/3/2017, Est. Pazienza, in Riv. Giur. Lav. prev. soc. 2017, con nota di F. Di Noia, “’Viva la Rai!’: ancora sull’indennità sostitutiva delle ferie non godute e sulla decorrenza della prescrizione”, 622)
  7. Non spetta l’eccezionale istituto dell’indennità per ferie non godute a chi, rivestendo funzione di vertice nell’organizzazione dell’impresa, non eserciti l’autonomo potere di collocarsi in ferie disponendo del tempo di godimento del riposo annuale in modo indipendente, ovvero senza possibilità di interferenza datoriale, fatta salva la prova, da parte sua, di particolari e straordinarie esigenze aziendali, che ne abbiano obiettivamente impedito il godimento. (Trib. Firenze 21/7/2016, Giud. Davia, in Lav. nella giur. 2016, 1030)
  8. È nulla la clausola contrattuale con la quale il lavoratore preventivamente rinunci all’erogazione della indennità sostitutiva per le ferie maturate e non godute, sia pure a fronte della corresponsione di un superminimo il quale, oltre a compensare con una retribuzione maggiorata l’ordinario lavoro, abbia nel contempo anche la funzione di remunerare in funzione forfettaria, eventuali giornate di ferie non godute. (Cass. 19/12/2013 n. 28428, Pres. Stile Rel. Marotta, in Lav. nella giur. 2014, 407)
  9. Per il solo fatto che in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore la relativa indennità sostitutiva, la cui funzione è quella di compensare il danno costituito dalla perdita del bene al cui soddisfacimento è destinato l’istituto delle ferie. (Cass. 4/7/2013 n. 16735, Pres. Miani Canevari Est. Venuti, in Riv. It. Dir. lav. 2014, con nota di Riccardo Gentile, “L’omessa richiesta di godimento delle ferie non incide sull’obbligazione del datore di pagare l’indennità sostitutiva”, 238)
  10. In relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall’art. 36 Cost. e dall’art. 7 della direttiva 2003/88/Ce, ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene al cui soddisfacimento l’istituto delle ferie è subordinato, e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, ma più specificatamente rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l’eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse; ne consegue l’illegittimità, per contrasto con norme imperative, delle disposizioni dei contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all’equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l’ipotesi del lavoratore che abbia disatteso la specifica offerta della fruzione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro. (Cass. 9/7/2012 n. 11462, Pres. De Renzis Est. Toffoli, in D&L 2012, 810)
  11. L’indennità sostitutiva di ferie non godute è assoggettabile a contribuzione previdenziale a norma dell’art. 12 L. 30/4/69 n. 153, sia perché, essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ha carattere retributivo e gode della garanzia prestata dall’art. 2126 c.c. a favore delle prestazioni effettuate con violazione di norme poste a tutela del lavoratore, sia perché un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio – oggi pur escluso dal sopravvenuto art. 10 D.Lgs. 8/4/03 n. 66, come modificato dal D.Lgs. 19/7/04 n. 213, in attuazione della direttiva n. 93/104/Ce – non escluderebbe la riconducibilità alla nozione di retribuzione imponibile delineata dal citato art. 12, costituendo essa comunque un’attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e in relazione a una prestazione lavorativa non dovuta ma comunque effettuata dal lavoratore, non essendo ricompresa nella elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla contribuzione. (Cass 26/1/2012 n. 1101, in D&L 2012, 542)
  12. Ha natura risarcitoria del danno derivante da inadempimento contrattuale l’indennità sostitutiva delle ferie per l’illiceità della prestazione resa in un giorno che avrebbe dovuto essere destinato al riposo e al recupero delle energie psico-fisiche. (Nel caso di specie, il mancato godimento delle ferie era determinato dalla non corretta interpretazione di quanto previsto dal CCNL applicato). (Corte app. Firenze 6/10/2011, Pres. e Rel. Pieri, in Lav. nella giur. 2012, 99)
  13. Il mancato godimento delle ferie non imputabile all’interessato non preclude il diritto alla percezione dell’emolumento sostitutivo, in quanto il diritto al congedo ordinario (indisponibile, irrinunciabile e indegradabile da parte del datore di lavoro, anche se pubblico), maturabile pure nel periodo di aspettativa per infermità, include automaticamente il diritto al compenso sostitutivo, ove tali ferie non vengano fruite. (Cons. St. Sez. VI 23/3/2010 n. 2663, Pres. Marrone Est. Contessa, in D&L 2010, con nota di Dionisio Serra, “Sulla maturazione del diritto alle ferie durante il periodo di assenza per malattia del lavoratore”, 821)
  14. Al Dirigente comunale spetta l’indennità sostitutiva delle ferie nel caso in cui il datore di lavoro, cui spettano i lavori organizzativi in materia di godimento delle ferie, non riesca a provare che il lavoratore abbia rifiutato di usufruire delle ferie nel periodo temporalmente individuato e richiesto dal datore medesimo. (Corte App. Milano 2/4/2007, Pres. Ruiz st. De Angelis, in D&L 2007, con nota di Marcella Mensi, “il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie non godute alla risoluzione del rapporto di lavoro”, 851)
  15. Il dirigente che, pur avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, non eserciti il potere medesimo e non usufruisca quindi del periodo di riposo annuale, non ha il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie non godute, a meno che non provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali ed obiettive ostative alla suddetta fruizione. (Cass. 7/6/2005 n. 11786, in Lav. e prev. oggi 2005, 1461)
  16. Posto che l’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha sua natura risarcitoria e non retributiva – essendo il periodo feriale essenzialmente destinato a consentire il recupero delle energie psicofisiche del lavoratore in corso e per effetto della sua prestazione – essa non spetta per i periodi di mancata esecuzione della prestazione, per avere il lavoratore goduto per anni di permessi sindacali a mese intero. (Trib. Milano 27/10/2004, Est. Gargiulo, in Lav. nella giur. 2005, 489)
  17. Dal mancato godimento delle ferie – una volta divenuto impossibile per il datore di lavoro, anche senza sua colpa, adempiere l’obbligo di consentirne la fruizione – deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica, in misura pari alla retribuzione. Le clausole del contratto collettivo di diritto comune, che disciplinano esclusivamente il godimento delle ferie e non anche l’indennità sostitutiva, vanno interpretate – alla luce dell’irriducibilità del diritto alle ferie, del divieto di monetizzazione di siffatto diritto, e in applicazione del principio di conservazione del contratto – nel senso che, in caso di mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, non è escluso il diritto di quest’ultimo all’indennità sostitutiva, anche in riferimento alle cc.dd. ferie “aggiuntive”, le quali costituiscono oggetto di un diritto contrattuale, pure se condizionato alla naturale capienza nell’anno di cessazione del rapporto. (Nella specie, è stato riconosciuto il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva, in relazione a ferie non godute a causa della anticipata risoluzione del rapporto nel corso dell’anno, ed in riferimento all’art. 52, comma 9, c.c.n.l. del 1990 per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato s.p.a., il quale non prevede siffatta indennità e subordina il godimento del periodo completo annuale di ferie alla possibilità della loro fruizione prima della risoluzione del rapporto). (Cass. 25/10/2004 n. 20673, Pres. Mercurio Rel. Cuoco, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Pasquale Dui, 127)
  18. Le somme attribuite per il mancato godimento delle ferie hanno natura retributiva e quindi reddituale, in quanto comunque erogate in dipendenza del rapporto di lavoro, rapportate ad una certa quantità di lavoro svolto – anche se in violazione di un dirit6to indisponibile – e quindi rientranti a pieno titolo nella previsione degli artt. 46 e 48, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Nella specie, nel caso in cui il ricorrente deduceva trattarsi di erogazioni a titolo di ristoro per mancato godimento dei riposi settimanali, la S.C. ha ritenuto sussistere la eadem ratio giustificatrice dell’assoggettamento ad imposizione). (Cass. sez. tributaria 18/10/2004 n. 20384, Pres. Riggio Rel. Ebner, in Lav. nella giur. 2005, con commento di Pasquale Dui, 128)
  19. La mancata fruizione del diritto alle ferie annuali, ex art. 36, 3° comma, Cost., fa sorgere in capo ai lavoratori il diritto a percepire l’indennità sostitutiva delle ferie non godute, avente natura retributiva, oltre al risarcimento del danno per la lesione di un bene giuridico costituzionalmente garantito, e l’assenza, nel contratto collettivo di riferimento, di una clausola che disciplini formalmente l’indennità sostitutiva delle ferie non godute, non esclude il configurarsi del diritto all’indennità medesima. (Cass. 9/11/2002, n. 15776, Pres. Sciarelli, Est. Cuoco, in Foro it. 2003, parte prima, 491)
  20. Il diritto alle ferie è irrinunciabile e non può essere sostituito con attribuzioni economiche. Tuttavia, nell’ipotesi di estinzione del diritto alle ferie per impossibilità della prestazione del datore di lavoro a lui non imputabile, come nel caso di estinzione del rapporto per licenziamento legittimo, morte e dimissioni, il lavoro prestato al di là della misura contrattualmente stabilita, corrispondente al periodo di ferie maturato in proporzione al servizio prestato, deve essere retribuito in quanto compreso nella causa corrispettiva del rapporto, ma non quale compenso delle ferie non dovute (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva negato il diritto di un lavoratore licenziato al pagamento delle ferie non godute all’atto della cessazione del rapporto, muovendo dalla premessa secondo cui la cosiddetta indennità sostitutiva delle ferie avrebbe immancabilmente natura risarcitoria e dovrebbe, quindi, assumere sempre a necessario presupposto l’inadempimento del datore di lavoro. (Cass. 25/9/2002, n. 13937, Pres. Sciarelli, Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2003, 347, con nota di Giuseppe Ludovico, Sul diritto alle ferie in caso di licenziamento legittimo; in Lav. nella giur. 2003, 173).
  21. Il diritto alle ferie è inconciliabile e non può essere sostituito con attribuzioni economiche. Tuttavia nell’ipotesi di estinzione del diritto alle ferie per impossibilità della prestazione del datore di lavoro a lui non imputabile, come nel caso di assenza ingiustificata del lavoratore dal servizio e di licenziamento, il lavoro prestato al di là della misura contrattualmente stabilita, corrispondente al periodo di ferie maturato in proporzione del servizio prestato, deve essere retribuito in quanto compreso nella causa corrispettiva del rapporto, ma non quale corrispettivo delle ferie non godute. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva negato il diritto di un lavoratore licenziato al pagamento delle ferie non godute all’atto di cessazione del rapporto, muovendo dalla premessa secondo cui la cosiddetta indennità sostitutiva delle ferie avrebbe immancabilmente natura risarcitoria e dovrebbe, quindi, assumere sempre a necessario presupposto l’inadempimento del datore di lavoro). (Cass. 25/9/2002, n. 13937, Pres. Sciarelli, Rel. Picone, )
  22. L’impossibilità di fruire dell’intero periodo di ferie maturate, in dipendenza dell’accoglimento della domanda di prepensionamento, non può essere valutata in danno al lavoratore, secondo il criterio dell’imputabilità dell’evento, trattandosi di una situazione di fatto determinata dal complesso bilanciamento di interessi dell’una e dell’altra parte, e non esonera quindi il datore di lavoro dall’obbligo di corrispondere l’indennità sostitutiva delle ferie non godute. (Trib. Firenze 15/7/2002, Est. Nuvoli, in D&L 2003, 368, con nota di Filippo Pirelli, “Mancata fruizione delle ferie ed imputabilità dell’evento”)
  23. Ove il lavoratore non abbia usufruito del periodo di riposo nell’anno di riferimento, ai sensi dell’art. 2058 c.c., avrà diritto al risarcimento in forma specifica, che può tramutarsi in diritto al risarcimento per equivalente se esso risulti eccessivamente oneroso per il datore di lavoro, come disposto dal secondo comma della norma in esame; solo se sussistano difficoltà nell’ambito aziendale alla effettiva fruizione recuperatoria delle ferie, non tempestivamente godute, può, pertanto, farsi luogo alla corresponsione dell’indennità sostitutiva e sempre che il datore di lavoro provi l’esistenza di concrete esigenze aziendali ostative al recupero delle ferie. (Cass. 21/3/01, n. 2569, pres. Santojanni, est. Guglielmucci, in Argomenti dir. lav. 2001, pag. 695)
  24. Il diritto alla fruizione effettiva del periodo feriale – non goduto per fatto imputabile al datore di lavoro nell’anno di riferimento – trova il suo fondamento nell’art. 2058 c.c. – dettato per la responsabilità aquiliana ma che in materia risarcitoria ha valore di principio generale – aggiungendosi che in materia di diritti attinenti alla integrità psico-fisica, e più in generale agli interessi esistenziali del lavoratore il datore di lavoro risponde per responsabilità extracontrattuale oltre che contrattuale. Ne consegue il diritto del lavoratore, innanzi tutto, al risarcimento in forma specifica, ovvero all’effettivo godimento delle ferie anche trascorso il periodo di riferimento, che può tramutarsi in diritto al risarcimento per equivalente (sottoforma di indennità sostitutiva di natura risarcitoria) come disposto dal secondo comma della norma in esame, solo se il datore di lavoro prova essere eccessivamente onerosa, attese le difficoltà nell’ambito aziendale, la effettiva fruizione recuperatoria delle ferie non tempestivamente godute (Cass. 21/2/01, n. 2569, pres. Santojanni, est. Guglielmucci, in Lavoro giur. 2001, pag. 549, con nota di Sgarbi, Fruizione tradiva delle ferie o indennizzo: sceglie il lavoratore; in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 643; in Orient. giur. lav. 2001, pag. 78)
  25. E’ affetta da nullità – per contrasto con l’art. 36 Cost. – la clausola, individuale o collettiva che provveda, in sostituzione delle ferie, il pagamento di una indennità sostitutiva (Cass. 21/2/01, n. 2569, pres. Santojanni, est. Guglielmucci, in Lavoro giur. 2001, pag. 549, con nota di Sgarbi, Fruizione tradiva delle ferie o indennizzo: sceglie il lavoratore; in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 643; in Orient. giur. lav. 2001, pag. 78)
  26. In relazione alla funzione di recupero delle energie fisiche e psichiche da parte del lavoratore, le ferie annuali devono essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente; una volta decorso l’anno di competenza, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie né può stabilire il periodo nel quale deve goderle ma è tenuto al risarcimento del danno. (Cass. 24/10/00, n. 13980, pres. Trezza, est. Giannantonio, in Argomenti dir. lav. 2001, pag. 699)
  27. Nel caso di richiesta del lavoratore di risarcimento del danno per mancato godimento delle ferie, in base ai principi generali dell’onere probatorio, spetta al datore fornire la prova dell’avvenuto godimento delle ferie da parte del lavoratore (Cass. 24/10/00, n. 13980, pres. Trezza, in Lavoro giur. 2001, pag. 144, con nota di Sgarbi, Il punto in tema di ferie lavorate, sia presso il datore abituale che presso altri. In senso conforme, v. Cass. 5/10/00 n. 13258, pres. Genghini, in Lavoro giur. 2000, pag. 1139, con nota di Banzola, Indennità sostitutiva delle ferie e onere probatorio del datore di lavoro)

 

 

Retribuzione

  1. Retribuzione delle ferie del capotreno: devono essere computate anche le indennità scorte e vendita titoli.
    Il Giudice meneghino aderisce all’orientamento formatosi nel medesimo foro e afferma che nella retribuzione spettante ai capi treno durante il periodo di ferie devono essere incluse, oltre all’indennità di assenza dalla residenza e all’indennità di utilizzazione parte variabile, anche l’indennità “di scorte vetture eccedenti” e l’indennità “per vendita titoli di viaggio”. Il Tribunale, nell’accertare la nullità dell’art. 30 del CCNL attività ferroviarie, ha escluso l’aleatorietà dell’indennità per vendita dei titoli di viaggio in quanto rientrante nelle ordinarie mansioni di capotreno. Analogamente, anche per l’indennità “scorte vetture eccedenti” il Giudice ha riconosciuto che essa è condizionata dal numero di vetture del convoglio ed è strettamente correlata con le mansioni svolte. (Trib. Milano 4/5/2023, Giud. Porcelli, in Wikilabour, Newsletter n. 11/23)
  2. In materia di retribuzione dovuta al prestatore di lavoro ai fini dei cosiddetti istituti indiretti (tra cui le ferie), non esiste nell’ordinamento un principio generale ed inderogabile di omnicomprensività, e, pertanto, nella quantificazione della retribuzione spettante durante le ferie il compenso per lavoro notturno prestato con continuità può essere computato esclusivamente qualora ciò sia previsto dalla disciplina collettiva mediante il riferimento alla retribuzione “normale, ordinaria o di fatto o globale di fatto”, da interpretare nel rispetto dei canoni di cui agli articoli 1362 segg., c.c., fornendo adeguata motivazione. (Nella specie, concernente un dipendente della Azienda Municipale di Igiene Ambientale di Palermo, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la suddetta computabilità, ritenendo sufficiente il carattere di normalità e continuità del lavoro notturno e senza indicare gli elementi da cui desumeva la volontà delle parti in tal senso, nonostante il tenore letterale della clausola dei CCNL di settore del 1991 e del 1995, articolo 26, attribuiva alla maggiorazione percentuale per lavoro notturno). (Cass. 6/10/2005 n. 19425, Pres. Sciarelli Rel. Balletti, in Lav. e prev. oggi 2005, 2001)
  3. Attesa la inesistenza di un principio generale di onnicomprensività della retribuzione e considerata la mancanza, in ordine alle ferie, di indicazioni legislative specifiche sulla determinazione della loro retribuzione, ai fini del riconoscimento al computo, nella base di calcolo della retribuzione per il periodo feriale, della maggiorazione per lavoro notturno, non è sufficiente la constatazione della normalità della prestazione notturna in turni periodici e della erogazione della relativa indennità, in quanto occorre che la contrattazione collettiva faccia riferimento, al fine considerato, alla retribuzione normale ( o “ordinaria” o “di fatto” o “globale di fatto”). (Nella specie la Corte ha rilevato che i giudici di merito avevano fondato la decisione esclusivamente sulla norma retributiva e quindi normale dell’indennità di lavoro notturno prestato in turni periodici prestabiliti dai dipendenti delle Poste Italiane Spa, senza peraltro spiegare i motivi per cui – se l’art. 14, comma ottavo, del Ccnl applicabile, nel riconoscere in particolari fattispecie una indennità per ferie maturate e non godute, si riferiva alla “retribuzione fissa base giornaliera di cui all’art. 56” e se quest’ultimo includeva nella relativa nozione solo alcune voci – si sarebbero dovute comprendere nella retribuzione feriale anche voci non contemplate, come la indennità per lavoro notturno). (Cass. 16/12/2004 n. 23422, Pres. Mercurio Rel. La Terza , in Dir. e prat. lav. 2005, 1300)
  4. Nel periodo di ferie il lavoratore ha diritto ad una retribuzione uguale a quella che avrebbe percepito se avesse lavorato, comprensiva pertanto, della media dei compensi per lavoro straordinario percepiti nell’anno di riferimento. (Trib. Milano 5/6/2004, Est. Ianniello, in D&L 2004, 386)
  5. Nel nostro ordinamento non esiste un principio generale ed inderogabile di onnicomprensività della retribuzione ne consegue che i singoli elementi della retribuzione in tanto possono costituire base di calcolo per la retribuzione del periodo feriale, in quanto ciò sia prescritto, in assenza di previsioni legislative, dalla contrattazione collettiva, che può liberamente far riferimento alla retribuzione normale, o ordinaria, o di fatto, o globale di fatto. (In applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha ritenuto esente da vizi la motivazione del giudice di merito il quale, interpretando il Ccnl applicabile ai postelegrafonici, aveva escluso che la contrattazione collettiva rimandasse, ai fini della determinazione del compenso feriale, alla retribuzione globale di fatto, e pertanto che per essa si potesse tener conto dell’emolumento corrisposto per il lavoro notturno, collocato dall’art. 71 del contratto collettivo tra le indennità, e quindi privo di natura retributiva. (Cass. 7/4/2003, n. 5408, Pres. Trezza, Rel. De Renzis, in Dir. e prat. lav. 2003, 2106)
  6. Ancorché nel nostro ordinamento la retribuzione durante il periodo feriale sia garantita da norma costituzionale (art. 36, comma 3, Cost.) oltre che da norma codicistica (art. 2099 c.c.), poiché queste fonti legali non contengono alcuna previsione sulla determinazione e sui criteri di computo della retribuzione stessa, tale determinazione deve essere rimessa alla contrattazione collettiva – e, nel rispetto di questa, al patto individuale – ad essa competendo l’individuazione, fra quelle di natura retributiva, delle singole voci che concorrono a formarla. Pertanto la facoltà di fissare la retribuzione per il periodo feriale, riconosciuta alla contrattazione collettiva trova un limite, sindacabile dal giudice del lavoro ai sensi dell’art. 36, commi 1 e 3 Cost., nella necessità che il livello di tale retribuzione sia adeguato ad assicurare l’indifferenza del lavoratore circa l’effettiva fruizione delle ferie stesse (Cass. 20/11/00, n. 14955, pres. Prestipino, est. De Matteis, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 84)

 

 

Pubblico impiego

  1. Il passaggio diretto da una pubblica amministrazione a un’altra, a seguito di mobilità ex D.Lgs. n. 80/1998, integra una cessione di contratto. Deve pertanto ritenersi che il credito di ferie maturato alle dipendenze dell’Ente di provenienza segue il dipendente anche presso il nuovo datore di lavoro il quale è, dunque, tenuto a riconoscerlo. (Trib. Pesaro 2/5/2006, Est. Sbano, in Lav. Nella giur. 2006, 922)
  2. La domanda del pubblico dipendente di vedersi riconoscere ferie arretrate maturate sia prima che dopo il 30/6/98 appartiene integralmente alla giurisdizione dell’Ago, giacchè il lavoratore con ferie arretrate, quando fruisce di un periodo di riposo, consuma sempre le ferie più lontane nel tempo, sicchè la successiva rivendicazione è sempre necessariamente relativa alle ferie maturate da ultimo; ciò in quanto il diritto al riposo che si è lasciato accumulare negli anni non tollera distinzioni con riferimento alla data di maturazione dei singoli periodi. (Corte d’Appello Milano, Est. Ruiz, in D&L 2002, 115, con nota di Rossana Martignoni, “Ferie pregresse e successione tra aziende sanitarie”)

 

 

Normativa comunitaria

  1. No a una normativa che prevede l’estinzione delle ferie non potute godere alla cessazione del rapporto di lavoro.
    La legge tedesca stabilisce che in caso di mancata fruizione delle ferie nell’anno di riferimento, queste vanno godute nei primi tre mesi dell’anno successivo. Un lavoratore a cui, in base a tale legge, era stata negata l’indennità sostitutiva delle ferie per i giorni che non aveva potuto goderne fino alla cessazione del rapporto di lavoro, a causa di malattia e poi per un’aspettativa di accompagnamento alla pensione, aveva al riguardo promosso un giudizio, nel corso del quale era stata interpellata la Corte di giustizia, per l’interpretazione al riguardo del diritto comunitario. Questa, accogliendo i dubbi del giudice del rinvio, osserva che: (i) il diritto alle ferie annuali è retribuito e la componente economica permane, sotto forma di indennità, quando il dipendente non è in grado di fruire delle ferie a causa della cessazione del rapporto di lavoro; (ii) l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui detto rapporto è cessato; (iii) il diritto alle ferie presuppone normalmente un precedente periodo di lavoro, ma spetta anche in caso di assenza per malattia, a meno che questa sia talmente lunga che il cumulo di ferie crei seri problemi all’impresa, snaturando la nozione stessa di riposo; (iv) la normativa tedesca esaminata non è conforme al diritto comunitario perché fa estinguere il diritto a ferie di breve durata che il dipendente non ha potuto godere a causa, prima della malattia e poi dell’aspettativa pre-pensionamento. (Corte di Giustizia UE 27/4/2023 in causa n. C-192/22, Pres. Xuereb Rel. Ziemele, in Wikilabour, Newsletter n. 9/23)
  2. Si sottopone alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE: Se l’art. 7 par. 2 della direttiva 2003/88 e l’art. 31 punto 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, anche separatamente considerati, debbano essere interpretati nel senso che ostino a disposizioni o prassi nazionali in base alle quali, cessato il rapporto di lavoro, il diritto al pagamento di una indennità pecuniaria per le ferie maturate e non godute (e per un istituto giuridico quale le cd. «Festività soppresse» equiparabile per natura e funzione al congedo annuale per ferie) non sia dovuto in un contesto in cui il lavoratore non abbia potuto farlo valere, prima della cessazione, per fatto illegittimo (licenziamento accertato in via definitiva dal giudice nazionale con pronuncia comportante il ripristino retroattivo del rapporto lavorativo) addebitabile al datore di lavoro, limitatamente al periodo intercorrente tra la condotta datoriale e la successiva reintegrazione. (Cass. 10/1/2019 n. 451, ord., Pres. Bronzini Est. Cinque, in Riv. it. dir. lav. 2019, con nota di S. Bellomo, “La reintegrazione giudiziale fa ‘risorgere’ il diritto alle ferie”, 515)
  3. L’art. 7, par. 1, della direttiva 03/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che osta a norme o a prassi nazionali che prevedono che il diritto alle ferie annuali retribuite sia subordinato a un periodo di lavoro effettivo minimo durante il periodo di riferimento. (Corte di Giustizia CE, Grande Sez., 24/1/2012, C-282/10, Pres. Skouris, Rel. Levits, in Riv. It. Dir. lav. 2012, con nota di A. Riccardi, “La Corte di Giustizia interviene nuovamente sul diritto alle ferie e sul rapporto tra ferie e malattia”, 551)
  4. L’art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che osta a norme o prassi nazionali che prevedono che il diritto alle ferie annuali retribuite sia subordinato a un periodo di lavoro effettivo minimo di dieci giorni o di un mese durante il periodo di riferimento. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  5. Spetta al giudice del rinvio verificare, prendendo in considerazione il complesso del diritto interno, in particolare l’art. L. 223-4 del codice del lavoro, e applicando i metodi di interpretazione da tale diritto riconosciuti, al fine di garantire la piena efficacia dell’art. 7 della direttiva 2003/88 e di giungere a una soluzione conforme alle finalità da essa perseguita, se si possa pervenire a un’interpretazione di tale diritto che consenta di equiparare l’assenza del lavoratore per incidente in itinere a una delle fattispecie menzionate in tale articolo del codice del lavoro. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  6. Se una simile interpretazione non fosse possibile, spetta al giudice nazionale verificare se, alla luce della natura giuridica dei convenuti nel procedimento principale, possa essere invocato nei loro confronti l’effetto diretto dell’art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  7. Qualora il giudice nazionale non possa raggiungere il risultato perseguito dall’art. 7 della direttiva 2003/88, la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione potrebbe tuttavia avvalersi della sentenza del 13 novembre 1991, Francovich e a. (C-6/90 e C-9/90) per ottenere eventualmente il risarcimento del danno subito. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  8. L’art. 7, par. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che non osta a una disposizione nazionale che prevede, a seconda della causa dell’assenza del lavoratore in congedo di malattia, una durata delle ferie annuali retribuite superiore o uguale al periodo minimo di quattro settimane garantito da tale direttiva. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 24/1/2012 causa C-282/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 675)
  9. L’art. 7, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che non osta a norme o a prassi nazionali, quali i contratti collettivi, che, prevedendo un periodo di riporto di quindici mesi allo scadere del quale il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue, limitano il cumulo dei diritti a tali ferie di un lavoratore inabile al lavoro durante più periodi di riferimento consecutivi. (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 22/11/2011 causa C-214/10, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2012, con commento di Vincenzo Pietrogiovanni, 679)
  10. L’art. 7 n. 1, della direttiva del Parlamento europea e del Consiglio 4 novembre 2003, n. 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che un lavoratore in congedo per malattia non abbia diritto di fruire di ferie annuali retribuite durante detto congedo. (Corte di Giustizia CE, 20/1/2009 causa C-350/06 e C-520/06, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2009, 467, con commento di Maria Giovanna Mattarolo, 467)
  11. L’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro è perdurata fino al termine del rapporto di lavoro, ragione per la quale egl no ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite. (Corte di Giustizia CE, 20/1/2009 causa C-350/06 e C-520/06, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2009, 467, con commento di Maria Giovanna Mattarolo, 467)
  12. L’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizionin o a prassi nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia dovuta alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che sia stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite. Ai fini del calcolo della suddetta indennità finanziaria è determinante la retribuzione ordinaria del lavoratore, la stessa che deve essere mantenuta durante il periodo di riposo corrispondente alle ferie annuali retribuite. (Corte di Giustizia CE, 20/1/2009 causa C-350/06 e C-520/06, Pres. Skouris Rel. Levits, in Lav. nella giur. 2009, 467, con commento di Maria Giovanna Mattarolo, 467)
  13. La Direttiva 93/104/Ce sull’orario di lavoro esclude che il periodo minimo di ferie annuali, pari a quattro settimane, possa essere sostituito da un’indennità, imponendo, al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, che questi beneficino effettivamente di periodi minimi di riposo annuale; da tale principio di effettività consegue il diritto del lavoratore – allorchè l’anno di maturazione delle ferie si stia esaurendo e il datore di lavoro non abbia fornito indicazioni al fine di consentire l’effettivo godimento – all’unilaterale determinazione delle ferie stesse, sia per il periodo minimo di due settimane di cui all’art. 10 D.Lgs. 8/4/03 n. 66, sia per le ulteriori settimane per le quali la disciplina collettiva (fatta salva dall’art. 10 cit.) prevede il diritto alla fruizione continuativa e nell’anno di maturazione (fattispecie relativa al Ccnl edili e all’accordo integrativo per la provincia di Firenze del 2002). Tale unilaterale collocazione in ferie non può pertanto considerarsi come assenza ingiustificata. (Corte App. Firenze 11/4/2007, Pres. Pieri Est. Amato, in D&L 2007, con nota di Irene Romoli, “Monetizzazione delle ferie e fruibilità per un periodo continuativo: legislazione comunitaria e applicabilità all’ordinamento nazionale”, 794)
  14. L’art. 7 della Direttiva del Consiglio 23/11/93, 93/104/Ce (concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), come modificato dalla Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22/6/2000, 2000/34/Ce, deve essere interpretato nel senso che osta a che una disposizione nazionale consenta, in costanza del contratto di lavoro, che i giorni di ferie annuali ai sensi dell’art. 7, n.1, non goduti nel corso di un dato anno, siano sostituiti da un’indennità economica nel corso di un anno successivo. (Corte di Giustizia Ce 6/4/2006, causa C-124/05, Pres. P. Jann Rel. N. Colneric, in D&L 2006, con n. Carmen Schettini, “La giurisprudenza comunitaria in materia di ferie”, 407 e in Riv. it. dir. lav. 2007, con nota di Giancarlo Ricci, “Frazionamento del periodo di ferie annuali e principio di non monetizzibilità secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia”, 503)
  15. L’art. 7, n. 1 della direttiva del Consiglio 23/11/93, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, non consente ad uno Stato membro di adottare una normativa nazionale in base alla quale i lavoratori inizino a maturare il diritto alle ferie annuali retribuite solo a condizione di aver compiuto un periodo minimo di tredici settimane di lavoro ininterrotto alle dipendenze dello stesso datore di lavoro (Corte di Giustizia CE 26/6/2001, n C-173/99, in Lavoro giur. 2001, pag. 1141, con nota di Testa, Il problematico contemperamento tra ferie e salute nei contratti a termine)