Lavoro notturno

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Questa voce è stata curata da Pasquale Picciariello

 

Nozione

Il lavoro notturno è disciplinato dal D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 e dalla contrattazione collettiva cui la legge fa rinvio.
Il decreto definisce come:

  • periodo notturno il “periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino “
  • lavoratore notturno, alternativamente:
    1. qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
    2. qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale”.

 

 

Soggetti esonerati

La prestazione di lavoro notturno rappresenta un obbligo per il lavoratore che ne sia richiesto.
Tuttavia la legge (D.Lgs. 66/2003) individua espressamente alcune categorie di lavoratori che hanno diritto ad essere esclusi (su loro richiesta) dall’obbligo, rimettendo, altresì, alla contrattazione collettiva la facoltà di estensione della categoria dei soggetti esonerabili.
Le categorie di lavoratori escluse dalla legge sono:

  • la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa
  • la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni
  • la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni”).

In ogni caso, la legge prescrive un divieto assoluto di adibizione al lavoro notturno delle lavoratrici gestanti “dalle ore 24 alle ore 6”, a partire dal momento dell’accertamento dello stato di gravidanza “fino al compimento di un anno di età del bambino” (art. 11 co. 2).

Per quanto attiene alla durata della prestazione lavorativa resa dai lavoratori assegnati a turni di lavoro notturno, la legge prescrive che la stessa non possa “superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore” (art. 13), rimettendo sempre alla contrattazione collettiva la facoltà di individuare “un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite”.

 

Esercizio del diritto all’esenzione dal lavoro notturno

Con l’eccezione delle lavoratrici gestanti e madri (queste ultime fino al compimento di un anno di età del bambino), per le altre categorie di soggetti esonerati dall’obbligo di lavoro notturno (art. 11 co. 2, lett. a), b), c)), l’esenzione è subordinata alla comunicazione della volontà di esercitare la facoltà dio esonero da indirizzare al datore di lavoro “entro 24 ore anteriori al previsto inizio della prestazione” (art. 18 bis, co. 1).
Sebbene non espressamente codificato, si ritiene sussistere un simmetrico onere di comunicazione da parte del datore di lavoro, il cui esercizio non deve andare a discapito del diritto del lavoratore.
In sostanza, la comunicazione del datore di lavoro di adibire al lavoro notturno un dipendente legittimato a richiedere l’esonero deve pervenire con un anticipo sufficiente a non pregiudicare il corretto esercizio da parte del lavoratore della sua facoltà di richiedere l’esonero.
Vale la pena precisare che, nessuna conseguenza negativa può derivare dall’esercizio del diritto all’esonero. Dunque, il datore di lavoro, neppure indirettamente può penalizzare il lavoratore che manifesti la sua volontà di beneficiare dell’esclusione dall’obbligo di lavoro notturno.

 

Sanzioni

Il Decreto Legislativo 66/2003, prescrive sanzioni significative per il caso di violazione delle norme in materia di lavoro notturno.
In particolare:

  1. “La violazione del divieto di adibire le donne al lavoro, dalle 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino, è punita con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 516 euro a 2.582 euro. La stessa sanzione si applica nel caso in cui le categorie di lavoratrici e lavoratori di cui alle lettere a), b) c), dell’ articolo 11 , comma 2, sono adibite al lavoro notturno nonostante il loro dissenso espresso in forma scritta e comunicato al datore di lavoro entro 24 ore anteriori al previsto inizio della prestazione”;
  2. “La violazione delle disposizioni di cui all’ articolo 14 , comma 1 ( ndr, la norma dispone che “La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all’articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all’ articolo 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 , e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi”), è punita con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 1.549 euro a 4.131 euro”;
  3. “La violazione delle disposizioni previste dall’ articolo 13 , commi 1 (ndr, la norma dispone che “L’orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l’individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite”) e 3 (la norma dispone che “Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro, del lavoro e delle politiche sociali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite è di otto ore nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore”), è soggetta alla sanzione amministrativa da 51 euro a 154 euro, per ogni giorno e per ogni lavoratore adibito al lavoro notturno oltre i limiti previsti”.

 

 

Onere di consultazione preventiva del datore di lavoro

Al datore di lavoro che intenda avvalersi di prestazioni di lavoro notturno è imposto l’obbligo di consultare le rappresentanze sindacali aziendali (laddove costituite) aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall’impresa.
In mancanza, tale consultazione va effettuata con le organizzazioni territoriali dei lavoratori per il tramite dell’Associazione cui l’azienda aderisca o conferisca mandato (art. 12 co. 1).
La norma impone l’obbligo di consultazione a carico dei datori di lavoro che intendano introdurre per la prima volta fasi di lavorazione nell’arco di tempo del periodo notturno.
La consultazione non deve quindi essere rinnovata ogni volta che un dipendente venga adibito a lavoro notturno, laddove si sia adempiuto tale obbligo in una precedente occasione.
Vale la pena di sottolineare che l’inottemperanza all’obbligo di consultazione preventiva rappresenta una fattispecie riconducibile all’area della condotta antisindacale.

 

Normativa di riferimento

  • Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66
  • Contratto Collettivo di Lavoro (Nazionale e Integrativo)

 

 

Cosa fare – A chi rivolgersi

  • Studio legale specializzato in diritto del lavoro
  • Ufficio vertenze sindacale