Collocamento obbligatorio

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Questa voce è stata curata da Alvise Moro

 

Scheda sintetica

I datori di lavoro che occupano almeno 15 dipendenti sono obbligati ad assumere un numero di soggetti appartenenti alle categorie protette che varia in base al numero dei lavoratori validi occupati e computabili.
L’accesso al lavoro dei soggetti disabili, attraverso il sistema del collocamento mirato, è oggi regolato dalla legge n. 68 del 12 marzo 1999, che ha abrogato la legge n. 482 del 2 aprile 1968 (art. 22 legge n. 68/1999).
La normativa, entrata in vigore il 17 gennaio 2000, ha profondamente innovato la logica dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, segnando il passaggio da un sistema di tipo impositivo ad una modalità di tipo consensuale e negoziale posta in essere tra aziende, disabili e sistema dei servizi.
Detta disciplina è stata ulteriormente modificata dal decreto legislativo n. 151/2015 del 14 settembre 2015, entrato in vigore il 24 settembre 2015 in attuazione della legge n. 183 del 10 dicembre 2014 e contenente disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese ed altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità.
Da ultimo, si segnalano le modifiche apportate dal decreto legislativo n. 185/2016 del 24 settembre 2016, entrato in vigore l’8 ottobre 2016 e contenente disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81 e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, a norma dell’articolo 1, comma 13, della legge n. 183 del 10 dicembre 2014.
Il collocamento mirato è da intendersi come percorso di inserimento preparato, personalizzato e condiviso e come criterio imprescindibile per garantire la crescita e la tenuta degli inserimenti lavorativi. Il collocamento mirato si fonda su un insieme di strumenti tecnici e di supporto che dovrebbero permettere di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.

 

Fonti normative

  • Legge n. 68 del 12 marzo 1999
  • Legge n. 138 del 3 aprile 2001
  • Legge n. 763 del 26 dicembre 1981
  • Legge Regione Lombardia n. 13 del 4 agosto 2003
  • Legge n. 223 del 23 luglio 1991
  • Decreto legislativo n. 185 del 24 settembre 2016
  • Decreto legislativo n. 151 del 14 settembre 2015
  • Decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003
  • Decreto legislativo n. 81 del 28 febbraio 2000
  • Legge n. 196 del 24 giugno 1997
  • Decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 10 ottobre 2000
  • Circolare del Ministero del Lavoro n. 66/2001
  • Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 23/2015

 

 

A chi rivolgersi

  • Ufficio vertenze sindacale
  • Studio legale specializzato in diritto del lavoro

 

 

Scheda di approfondimento

I soggetti che possono accedere al collocamento mirato

Possono accedere al collocamento mirato le persone disoccupate che aspirino ad una occupazione adeguata e confacente alle proprie capacità ed abilità, immediatamente disponibili allo svolgimento di un’attività lavorativa (anche cittadini stranieri non comunitari regolarmente presenti in Italia), in età lavorativa (con più di 16 anni e che non abbiano superato i limiti di età lavorativa previsti dalle leggi), qui di seguito elencate:

  1. affetti da minorazioni fisiche, psichiche e portatori di handicap intellettivo con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, nonché le persone nelle condizioni di cui all’articolo 1 comma 1 legge n. 222/1984, e, quindi, considerati invalidi, ai fini del conseguimento del diritto ad assegno nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti ed autonomi gestita dall’Istituto Nazionale del/la Previdenza Sociale, in quanto la capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle loro attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo;
  2. invalidi del lavoro con grado di invalidità superiore al 33%;
  3. non vedenti colpiti da cecità assoluta o con un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione o con deficit del campo visivo previsti dalla Legge 3 aprile 2001, n. 138;
  4. sordi colpiti da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata;
  5. invalidi di guerra, invalidi civili di guerra e di servizio.

Le liste sono aperte anche a soggetti che non rientrano fra i destinatari della legge n. 68/1999, la quale agisce solo sulle persone con disabilità.
Si tratta degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell’aggravarsi dell’invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi superstiti e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, il cui status è riconosciuto ai sensi della legge 26 dicembre 1981 n. 763.
Fino all’adozione di una specifica disciplina per queste categorie di persone, la legge n. 68/1999 individua per esse una condizione di favore, prevedendo (art. 18, comma 2) che sia loro “attribuita… una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale” determinata secondo quando indicato relativamente al “computo della quota di riserva”.
Le vittime del terrorismo, della criminalità organizzata, del dovere e i loro familiari possono iscriversi negli elenchi del collocamento obbligatorio con precedenza rispetto ad ogni altra categoria protetta.

 

L’accertamento delle condizioni di disabilità

L’accertamento delle condizioni di disabilità – ai sensi dell’art. 1 comma 4 legge n. 68/1999 – avviene a seguito dell’accertamento dei requisiti sanitari effettuato dalle competenti Commissioni:

  • l’accertamento dell’invalidità, cecità e sordità civili è effettuato dalle Commissioni operanti presso le Aziende U.S.L. competenti per territorio, al fine di individuare per ogni lavoratore:
    • il grado di invalidità,
    • l’idoneità al lavoro;
    • la capacità lavorativa presente e potenziale, nonché le modalità per migliorarla;
  • l’accertamento dell’invalidità derivante da infortunio sul lavoro o da malattia professionale è effettuata dalla competente Commissione INAIL;
  • l’accertamento dell’invalidità derivante da causa di guerra, civile di guerra o di servizio, effettuato in precedenza dalle Commissioni Mediche Ospedaliere degli Ospedali Militari, è stato successivamente trasferito alle Commissioni Mediche di Verifica del Ministero dell’Economia e Finanze, attribuito con la finanziaria 2007 alle AUSL.

 

 

L’iscrizione negli elenchi del collocamento mirato

A seguito dell’accertamento della condizione di disabilità, qualora la persona si trovi in stato di disoccupazione, può iscriversi negli appositi elenchi tenuti dai servizi per il collocamento mirato nel cui ambito territoriale si trova la residenza dell’interessato; è possibile, inoltre, iscriversi nell’elenco di altro servizio nel territorio dello Stato, previa cancellazione dall’elenco di precedente iscrizione. Per ogni persona, il comitato tecnico di cui al comma 1-bis dell’art. 8 legge n. 68/1999 – come introdotto dall’art. 7 comma 1 lettera a) del d.lgs. n. 151/2015 – annota in un’apposita scheda le capacità lavorative, le abilità, le competenze e le inclinazioni, nonché la natura ed il grado della disabilità ed analizza le caratteristiche dei posti da assegnare ai lavoratori disabili, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare n. 34/2015 del 23 dicembre 2015, ha specificato che, sulla base di quanto disposto dall’art. 18, comma 3, del d.lgs. n. 150/2015, le norme del Capo II dello stesso decreto si applicano al collocamento dei disabili in quanto compatibili. Di conseguenza, le attività di politica attiva del lavoro dovranno essere svolte ai fini del collocamento mirato.
Trova applicazione anche l’art. 19 dello stesso decreto: la persona priva di impiego, che dichiara la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro, si deve iscrivere nell’elenco del collocamento mirato dove ha la residenza o in altro elenco nel territorio dello Stato.
L’iscritto negli elenchi del collocamento mirato è tenuto, altresì, alla stipula del patto di servizio personalizzato (art. 20 d.lgs. n. 150/2015).
E’, infine, applicabile la disciplina prevista dal successivo art. 21, in materia di rafforzamento dei meccanismi di condizionalità e dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai beneficiari di strumenti di sostegno al reddito: opera, quindi, la decadenza dal beneficio economico e dallo stato di disoccupazione per due mesi dopo la terza mancata presentazione alle convocazioni.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, quanto alla definizione dell’offerta di lavoro congrua ai sensi dell’art. 25 d.lgs. n. 150/2015, con la circolare in esame ha chiarito che il posto di lavoro offerto deve corrispondere ai requisiti professionali ed alle disponibilità dichiarate all’atto dell’iscrizione.
Per ciascun richiedente verrà redatta dal comitato tecnico una “scheda personale” in cui saranno riportati non solo la natura ed il grado di minorazione, ma anche le capacità lavorative, le abilità, le competenze e le inclinazioni di ciascun soggetto disabile, con analisi approfondita delle caratteristiche dei posti da assegnare agli stessi, al fine di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
L’iscrizione all’elenco consente l’accesso agli interventi della legge n. 68/1999 e della legge della Regione Lombardia n. 13 del 4 agosto 2003.
Con la legge n. 13 del 4 agosto 2003 la Regione Lombardia si è impegnata a promuovere e sostenere l’inserimento lavorativo delle persone disabili.
L’art. 1 della legge regionale individua le finalità della legge: “La Regione e le province promuovono l’accesso al lavoro delle persone disabili nel rispetto delle scelte dei singoli destinatari, con il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle loro associazioni, delle famiglie, delle parti sociali, delle istituzioni, ivi comprese quelle del sistema educativo e formativo, delle cooperative sociali … e dei consorzi …, secondo le procedure di concertazione e le modalità operative stabilite dalla legge regionale 15 gennaio 1999 n. 1”.
A tale fine la Regione Lombardia:

  1. promuove e sostiene l’inserimento lavorativo in forma dipendente, autonoma e auto imprenditoriale delle persone disabili;
  2. promuove la cultura dell’integrazione e dell’inclusione sociale, tramite un sistema coordinato di azioni volte a favorire l’inserimento lavorativo e la stabilizzazione nel posto di lavoro delle persone disabili, avvalendosi a tal fine anche della collaborazione e del coinvolgimento delle famiglie;
  3. promuove l’organizzazione coordinata della rete dei servizi preposti all’inserimento lavorativo e dei servizi socio assistenziali, educativi, formativi operanti sul territorio.

L’art. 3 precisa le iniziative promosse dalla Regione:

  1. iniziative di tirocinio, orientamento, transizione al lavoro e riqualificazione e percorsi di recupero scolastico;
  2. un sistema integrato di servizi per il lavoro, socio-riabilitativi, formativi ed educativi, e di accompagnamento tutoriale al posto di lavoro;
  3. forme di supporto ai datori di lavoro per la realizzazione degli adempimenti previsti dalla legge n. 68/1999.

Di particolare rilevanza è, poi, l’art. 7 della legge regionale che ha istituito il Fondo regionale per l’occupazione dei disabili, in attuazione dell’art. 14 della legge n. 68/1999. Il Fondo è alimentato dalle somme versate dai datori di lavoro a titolo esonerativo, dalle sanzioni previste dalla legge n. 68/1999 e dai conferimenti di Enti pubblici, enti di natura privata e soggetti interessati alle finalità della legge.
Il Fondo eroga:

  • contributi agli enti indicati nella legge regionale in esame, che svolgano attività rivolta al sostegno e all’integrazione lavorativa dei disabili;
  • contributi per il rimborso forfettario parziale delle spese necessarie all’adozione di accomodamenti ragionevoli in favore dei lavoratori con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, incluso l’apprestamento di tecnologie di telelavoro o la rimozione delle barriere architettoniche che limitino in qualsiasi modo l’integrazione lavorativa della persona con disabilità, nonché per istituire il responsabile dell’inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro.

La Regione Lombardia – attraverso il Fondo – finanzia, sulla base dei piani presentati dalle Province, iniziative a sostegno dell’inserimento lavorativo delle persone disabili e dei relativi servizi di sostegno e collocamento mirato.
Il Fondo è direttamente gestito da un apposito Comitato allo scopo di garantire la rappresentanza paritetica dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei disabili.

 

I datori di lavoro obbligati ad assumere lavoratori disabili

L’art. 3 della legge n. 68/1999 stabilisce che i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori con disabilità, ed in particolare:

  1. il 7% dei lavoratori se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti;
  2. 2 lavoratori se il datore di lavoro occupa da 36 a 50 dipendenti;
  3. 1 lavoratore se il datore di lavoro occupa da 15 a 35 dipendenti.

Per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti, in base alle nuove disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 151/2015, l’obbligo di avere alle proprie dipendenze personale con disabilità sorgerà automaticamente al raggiungimento di 15 lavoratori dipendenti (art. 3 comma 2 legge n. 68/1999). Pertanto, con effetto dal 1° gennaio 2017, la precedente disciplina, laddove era previsto che l’assunzione di un lavoratore disabile, nelle aziende che raggiungono un organico da 15 a 35 unità, scattasse solo nel caso di una nuova assunzione, è stata ora abrogata.
Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le associazioni che senza scopo di lucro operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva deve essere computata esclusivamente con riferimento al personale tecnico – esecutivo e svolgente funzioni amministrative.
I soggetti da includere nella base di computo
Per tutti i datori di lavoro l’obbligo di assunzione si determina calcolando il personale complessivamente occupato.
Per la determinazione del numero delle persone con disabilità da assumere devono essere computati:

  1. i lavoratori assunti a tempo indeterminato;
  2. i lavoratori assunti a tempo determinato per un periodo superiore a 6 mesi;
  3. i lavoratori in prova;
  4. i lavoratori part-time in proporzione al lavoro effettivamente svolto riferito all’orario considerato normale dalla contrattazione collettiva di settore.

 

 

I soggetti da escludere dalla base di computo

Non sono computabili e, quindi, non contribuiscono alla base di computo sulla quale determinare il numero di dipendenti su cui calcolare la quota di riserva:

  1. i lavoratori occupati ai sensi della legge n. 68/1999;
  2. i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a sei mesi;
  3. i soci di cooperative di produzione e lavoro;
  4. i dirigenti;
  5. i lavoratori assunti con contratto di inserimento;
  6. i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore;
  7. i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività;
  8. i soggetti impegnati in lavori socialmente utili assunti ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 81 del 28 febbraio 2000;
  9. i lavoratori a domicilio;
  10. i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell’art. 1, comma 4-bis, della legge n. 383 del 18 ottobre 2001 e successive modificazioni.

 

 

I soggetti esclusi dalla base di calcolo e computabili nella quota di riserva

Ai fini della copertura della quota di riserva, vale a dire dell’entità di lavoratori con disabilità che i datori di lavoro soggetti all’obbligo debbono avere alle dipendenze, si computano:

  1. i lavoratori con disabilità già occupati (anche a domicilio o con telelavoro) ai sensi della stessa Legge n. 68/1999, nonché quelli in forza avviati ai sensi della precedente normativa sul collocamento obbligatorio degli invalidi;
  2. i lavoratori divenuti inabili allo svolgimento delle proprie mansioni per infortunio o malattia (invalidi civili) che abbiano subito una riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore al sessanta per cento, a meno che l’inabilità non sia stata determinata da violazione, da parte del datore di lavoro pubblico o privato delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro(mantenimento possibile del posto di lavoro in mansioni equivalenti o inferiori con la conservazione del trattamento più favorevole oppure invio da parte degli uffici competenti in altra azienda con diritto di precedenza e senza inserimento in graduatoria, art. 4 comma 4 della Legge n. 68/1999 e art. 3 comma 2 del D.P.R. n. 333/2000);
  3. i lavoratori divenuti inabili, successivamente all’assunzione, per infortunio sul lavoro o malattia professionale (invalidi del lavoro) che abbiano acquisito un grado di invalidità superiore al 33 per cento (si applicano le stesse modalità descritte al punto precedente, art. 3 comma 4 del D.P.R. n. 333/2000);
  4. i lavoratori già invalidi prima della costituzione del rapporto di lavoro, pur se assunti al di fuori delle procedure che regolano il collocamento obbligatorio. Il datore di lavoro, con il consenso del lavoratore interessato, potrà chiedere la visita di accertamento dello stato invalidante, in costanza di rapporto di lavoro, per la verifica della compatibilità delle mansioni cui il lavoratore è adibito. Tale visita di accertamento dovrà riscontrare, ai fini dell’inserimento nelle quote di riserva, un grado di invalidità almeno pari al 60 per cento (Circolare Ministero del Lavoro n. 66/2001);
  5. i soggetti di cui all’art. 18, comma 2, della Legge n. 68/1999 (vedove, orfani, profughi) già in servizio presso il datore di lavoro sono esclusi dalla base di computo soltanto ‹‹nei limiti della percentuale ivi prevista›› dell’1% (art. 3 comma 1 del D.P.R. n. 333/2000) e sono computati nella quota d’obbligo nella misura dell’1%, in virtù della mancata proroga della disciplina transitoria, che prevedeva la cumulabilità nel computo delle quote di riserva di tutte le categorie protette di cui all’art. 18 comma 2 della Legge n. 68/1999 già in servizio presso il datore di lavoro in base alla previgente normativa. A partire dal 1° gennaio 2004 si computano nella quota di riserva i lavoratori appartenenti alle categorie protette di cui all’art.18 comma 2 Legge n. 68/1999 nei limiti della percentuale ivi previste (art. 11 D.P.R. n. 333/2000).

 

 

Le modalità di assunzione

La nuova formulazione dell’art. 7 legge n. 68/1999, per effetto delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 151/2015, prevede il superamento della disciplina che regolamentava l’avviamento numerico del personale disabile.
Oggi, ai fini dell’adempimento dell’obbligo previsto dall’art. 3, i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici assumono i lavoratori mediante richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti o mediante la stipula delle convenzioni di cui all’art. 11.
La richiesta nominativa può essere preceduta dalla richiesta agli uffici competenti di effettuare la preselezione delle persone con disabilità iscritte nell’elenco di cui all’art. 8 che aderiscono alla specifica occasione di lavoro, sulla base delle qualifiche e secondo le modalità concordate dagli uffici con il datore di lavoro.
In pratica, potranno essere assunti lavoratori con disabilità attraverso chiamata nominativa, ma non sarà possibile procedere ad assunzione diretta, posto che potranno essere assunti solo disabili inseriti nelle apposite liste.
Fino alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 151/2015 l’assunzione di lavoratori disabili avveniva tramite chiamata nominativa solo per le aziende da 15 a 35 dipendenti (quindi, con obbligo di assumere una sola persona disabile), ed attraverso la chiamata numerica per l’assunzione di un lavoratore successivo al primo, per le aziende con dipendenti da 36 a 50.
Resta, comunque, in capo al servizio pubblico, l’avviamento numerico, qualora il datore di lavoro non abbia ottemperato nei termini indicati dall’art. 9 comma 1.
Il datore di lavoro potrà chiedere al servizio pubblico anche un’attività di preselezione dei possibili candidati per le qualifiche richieste.

 

Il rapporto di lavoro

Ai soggetti avviati al lavoro mediante il collocamento obbligatorio si applicano le disposizioni che regolano il rapporto valide per la generalità dei dipendenti.
È possibile assumere le categorie protette con ogni tipo di contratto di lavoro subordinato. Sono, ad esempio, ammissibili le assunzioni a tempo determinato, con contratto di apprendistato ed a tempo parziale.
Si può legittimamente apporre il patto di prova. Tuttavia, il contenuto del patto deve essere rapportato al tipo di invalidità, e non correlato alla produttività di un soggetto valido.
Pertanto, il recesso datoriale per esito negativo della prova è nullo, qualora risulti determinato dallo stato di invalidità e non dall’inettitudine del lavoratore invalido allo svolgimento di mansioni compatibili con la sua condizione.
Già con l’entrata in vigore della legge n. 68/1999 era pacifica l’applicabilità del patto di prova ai contratti di lavoro stipulati con soggetti avviati obbligatoriamente, posto che l’art. 11, comma 2, di tale legge prevede che, nelle convenzioni stipulate tra i datori di lavoro e gli organismi regionali competenti, le parti possano prevedere periodi di prova più ampi di quelli previsti dalla contrattazione collettiva.
Ne consegue che, qualora il disabile sia avviato al lavoro in difetto di convenzione ovvero in base ad una convenzione che nulla dispone sul punto, il periodo di prova possa essere pattuito nei limiti temporali fissati dal contratto collettivo applicabile al rapporto ovvero, in mancanza di questo, dalla legge.

 

Le mansioni

Ai lavoratori assunti obbligatoriamente si applica, come per tutti gli altri dipendenti, il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi.
Il disabile deve svolgere prestazioni compatibili con le sue minorazioni e, in ogni caso, che non comportino rischi di aggravamento delle sue condizioni di salute.
Nelle ipotesi di aggravamento delle condizioni di salute nel corso del rapporto di lavoro e/o di variazioni dell’organizzazione del lavoro da parte del datore, il disabile può chiedere che venga accertata dalla commissione medica competente la compatibilità delle mansioni assegnategli con il proprio stato di salute.
Anche il datore di lavoro può richiedere l’intervento della Commissione per verificare se il disabile, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere impiegato nell’azienda.
Nel caso di accertata impossibilità sopravvenuta, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro per tutto il periodo in cui persiste l’incompatibilità.
Il rapporto di lavoro può, invece, essere risolto qualora la Commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda e dopo che siano stati attuati i possibili adattamenti all’organizzazione del lavoro.
I lavoratori divenuti inabili allo svolgimento delle proprie mansioni per infortunio o malattia (art. 1 comma 7 legge n. 68/1999) e che non possono essere assegnati a mansioni equivalenti o inferiori, con la conservazione del trattamento più favorevole, sono avviati presso altro datore di lavoro, con diritto di precedenza (e senza inserimento nella graduatoria) e assegnati a mansioni compatibili con le residue capacità lavorative (art. 4 comma 4 legge n. 68/1999), in altri termini, qualora non sia possibile assegnare il lavoratore divenuto disabile ad altre mansioni confacenti le nuove condizioni di salute, lo stato invalidante sopravvenuto costituisce giustificato motivo di licenziamento e, in tal caso, il lavoratore sarà avviato dai servizi competenti presso un’altra azienda, in attività compatibile con le residue capacità lavorative, con diritto di precedenza e senza necessità di inserimento nella graduatoria.
Tale procedura riguarda esclusivamente i datori di lavoro privati, posto che quelli pubblici sono tenuti a conformarsi ai principi generali in materia di assunzioni previsti dell’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 30 marzo 2001.

 

Il licenziamento

Il recesso di cui all’articolo 4 comma 9 legge n. 223/1991 ovvero per riduzione di personale, o per giustificato motivo oggettivo nei confronti di lavoratori occupati obbligatoriamente (art. 10 commi 4 e 5 legge n. 68/1999) sono annullabili, qualora, al momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori disabili sia inferiore alla quota di riserva prevista dall’art. 3 legge n. 68/1999.
In caso di risoluzione del rapporto, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione, nel termine di 10 giorni, agli uffici competenti, per la sostituzione con altro lavoratore avente diritto all’avviamento obbligatorio (art. 10 comma 5 legge n. 68/1999).
Trascorsi sessanta giorni dalla data in cui sorge l’obbligo di assumere soggetti appartenenti alle categorie di cui all’art. 1, per ogni giorno lavorativo durante il quale risulti non coperta, per cause imputabili al datore di lavoro, la quota dell’obbligo di cui all’art. 3 legge n. 68/1999, il datore di lavoro è tenuto al versamento, a titolo di sanzione amministrativa, al Fondo di cui all’art. 14 legge n. 68/1999, di una somma pari ad euro 62,77 al giorno per ciascun lavoratore disabile che risulti non occupato nella medesima giornata (art. 15 legge n. 68/1999).
L’art. 5 comma 1 lettera b) del d.lgs. 185/2016 ha aumentato – con decorrenza dall’8 ottobre 2016 – la sanzione prevista fino ad euro 153,20, corrispondenti ad un importo pari a cinque volte il contributo esonerativo di cui all’art. 5 comma 3-bis legge n. 68/1999.
Dall’8 ottobre 2016, in relazione alla quota d’obbligo non coperta, il personale ispettivo delle Direzioni del Lavoro, ai sensi dell’art. 13 d.lgs. n. 124/2004, provvede a diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione delle inosservanze, attraverso la presentazione agli uffici competenti della richiesta di assunzione o la stipula del contratto di lavoro con la persona con disabilità.
Si segnala che la legge n. 92/2012 ha introdotto l’obbligo di comunicazione almeno mensile, per via telematica, attraverso la quale gli uffici competenti devono informare la Direzione Territoriale del Lavoro in merito al mancato rispetto degli obblighi di assunzione, ovvero in merito al ricorso agli esoneri da parte dei datori di lavoro posti sotto il loro controllo, al fine di attivare eventuali accertamenti volti a contrastare le violazioni della legge sul collocamento obbligatorio.

 

Casistica di decisioni della Magistratura in tema di collocamento obbligatorio

In genere

  1. È costituzionalmente illegittimo l’art. 7, c. 3, l. reg. Puglia 23.3.2015, n. 12, nella parte in cui comprende anche il convivente more uxorio e i genitori tra i superstiti delle vittime della mafia, della criminalità organizzata, del terrorismo e del dovere beneficiari del collocamento obbligatorio; del pari sono costituzionalmente illegittimi i cc. 1 e 3 dell’art. 8, della stessa legge, nella parte in cui riconoscono alle vittime sopravvissute e in servizio, ovvero ai loro superstiti permessi retribuiti per cento ore annue, parificando le ore di assenza, anche ai fini previdenziali, a normali ore di lavoro. Tali disposizioni violano l’art. 117 Cost., in quanto la disciplina in questione appartiene alla “materia” dell’ordinamento civile riservata in via esclusiva alla legge statale, unica in grado di garantire la parità di trattamento e il contemperamento dei diversi valori in gioco, nell’ambito di una disciplina generale e astratta. (Corte Cost. 14.7.2016 n. 175, Pres. Grossi Est. Sciarra, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2017, II, con nota di D. Garofalo, “Riaffermata la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di collocamento obbligatorio”, 16)
  2. Ai fini dell’assorbimento della quota d’obbligo di cui all’art. 3, l. n. 68/1999 non è sufficiente il mero invio della richiesta numerica, dovendo il datore di lavoro rendersi parte attiva onde rendere effettivo l’adempimento, a tal fine ponendo in essere tutte le condotte positive di cui lo onera la legge, tra le quali vi è l’obbligo di formazione e di tirocinio, da realizzarsi attraverso convenzioni di inserimento con gli uffici del collocamento a tal uopo previste dall’art. 11, l. n. 6/1999. (Corte app. Genova 10/10/2014 n. 400, Pres. De Angelis Est. De Luca, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di Gabriele Di Martino, “Sulla necessaria ‘partecipazione attiva’ del datore di lavoro all’avviamento obbligatorio dei disabili ai sensi del l. n. 68/1999: insufficienza della mera richiesta numerica e ricorso a strumenti alternativi”, 411)
  3. Il diritto all’assistenza socio-sanitaria del disabile è un diritto assoluto e inviolabile che, pur non potendo godere di un regime di riconoscimento automatico, non può subire limitazioni o impedimenti dovuti ai procedimenti amministrativi relativi al suo formale riconoscimento, una volta che sia accertata, in concreto, l’esistenza e la gravità dell’handicap, infatti, in virtù di un’interpretazione costituzionalmente orientata (ai sensi degli artt. 2 e 32 Cost.) della normativa di settore e sulla base dell’esame delle fonti costituzionali europee (la Carta di Nizza) deve ritenersi che nell’Unione europea è garantito un alto livello di protezione della salute umana e che la solidarietà sociale è un principio interpretativo immanente, a livello europeo, della normativa interna. Ne segue che le somme anticipate dal privato per agevolare l’inserimento del portatore di handicap in struttura assistenziale, devono essere rimborsate a chi le ha versate a causa della mancata conclusione del procedimento amministrativo relativo al formale riconoscimento delle condizioni di disabilità. (Cass. 6/8/2010 n. 18378, Pres. Morelli Est. Uccella, in D&L 2010, con nota di Giuseppe Bronzini, “Il reddito minimo garantito secondo il Parlamento europeo: dalle politiche sull’occupazione alle politiche di cittadinanza”, 1163)
  4. Nel regime delle assunzioni obbligatorie disciplinate dalla L. 2 marzo 1999 n. 68, la facoltà riconosciuta al datore di lavoro di indicare – nella richiesta di avviamento del disabile – la qualifica posseduta risponde al duplice requisito di un produttivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale nonché del fatto che questi sia messo in condizione di utilizzare e mantenere la propria professionalità. Ne deriva che, in mancanza di uno specifico addestramento, è legittimo il rifiuto del datore di lavoro di assumere un lavoratore che sia in possesso non solo di una qualifica diversa ma anche di una “simile” rispetto a quella oggetto della richiesta regolarmente avanzata dalla struttura pubblica. (Cass. 22/6/2010 n. 15058, Pres. Roselli Rel. Curzio, in Lav. Nella giur. 2010, 1045)
  5. In caso di assunzione con contratto a tempo determinato di un disabile psichico sulla base di specifica previsione della convenzione stipulata tra l’impresa che assume e la P.A. ai sensi della L. 12 marzo 1999, n. 68, art. 11, non è richiesta l’indicazione nel contratto di lavoro delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo e che giustificano l’apposizione del termine. (Cass. 31/5/2010 n. 13285, Pres. Vidiri Est. Ianniello, in Orient. Giur. Lav. 2010, 408)
  6. Alle commissioni mediche che devono compiere l’accertamento dell’invalidità civile (ai fini dell’iscrizione negli elenchi compilati per il collocamento obbligatorio, a norma della l. n. 482 del 1968 e succ. modif.) compete esclusivamente una discrezionalità tecnica e non amministrativa, e i relativi accertamenti sanitari, che precedono l’iscrizione negli appositi elenchi o la cancellazione dagli stessi, rivestono natura di atti interni e prodromici al provvedimento definitivo di iscrizione o di cancellazione; ne consegue che quest’ultimo è di competenza esclusiva del ministero del lavoro e della previdenza sociale, unico legittimato passivo nel giudizio di risarcimento dei danni per erronea revoca dello stato di invalidità civile e successivo licenziamento del lavoratore invalido (nella specie, la suprema corta, accogliendo il ricorso, ha cassato la sentenza della corte d’appello, che aveva, invece, ritenuto la legittimazione passiva dell’asl, cui l’attività della commissione sarebbe stata riferibile e, decidendo nel merito, ha condannato il ministero del lavoro al risarcimento del danno). (Cass. 19/1/2009 n. 1175, Pres. Mercurio Est. Di Nubila, in Orient. Giur. Lav. 2009, 251)
  7. In tema di diritto al lavoro dei disabili, l’art. 8, comma 5, della legge n. 68 del 1999, nello stabilire che i lavoratori disabili, licenziati per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, mantengono la posizione in graduatoria acquisita all’atto di inserimento nell’azienda, invece di richiedere una nuova iscrizione con decorrenza ex nunc, reca una disposizione di favore, frutto di una scelta discrezionale del legislatore operata, nel rispetto del principio stabilito dall’art. 38, primo comma, Cost., in base a un bilanciamento tra la tutela del disabile già beneficiario di un atto di avviamento, la quale, proprio per l’eccezionalità della garanzia e il contesto normativo nel quale è collocata (ossia la disciplina degli elenchi e delle graduatorie dei disabili), va interpretata nel senso che il mantenimento della posizione di graduatoria presuppone che l’avviamento al lavoro del disabile sia avvenuta in forza di collocamento obbligatorio e non già di collocamento ordinario. (Cass. 2/4/2008 n. 8452, Sez. Un., Pres. Carbone Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2008, 842, e in Dir. e prat. lav. 2008, 2432)
  8. Qualora l’invalido avviato obbligatoriamente venga assunto per coprire la quota d’obbligo (che va computata sul personale stabile dell’impresa) l’assunzione deve avvenire con contratto a tempo indeterminato, con conseguente nullità della clausola di termine finale apposta al contratto. (Corte app. Milano 20/1/2006, Pres. Castellini Est. Sbordone, in D&L 2006, con n. Eleonora Pini, “Avviamento obbligatorio e contratto a termine”, 444, e in Lav. nella giur. 2006, 1033)
  9. Allorquando il datore di lavoro intende licenziare un invalido avviato obbligatoriamente e di conseguenza vede venire a mancare la copertura delle aliquote di riserva previste dalla legge, è necessario che fornisca la prova della assoluta mancata possibilità di utilizzare il lavoratore in mansioni compatibili con lo stato di invalidità ancorchè corrispondenti a qualifica inferiore. (Cass. 3/5/2005 n. 9122, Pres. Sciarelli Rel. Di Cerbo, in Dir. e prat. lav. 2005, 2220)
  10. L’avviamento al lavoro di parte ricorrente è stato determinato da un erroneo ed omissivo comportamento della società convenuta. Essa, infatti, nell’inviare alla Provincia di Roma il prospetto informativo del personale dipendente, nulla ha precisato e specificato in merito alle unità ricomprese nel personale viaggiante (escluse, come detto, dalla base di computo per l’assunzione dei disabili); né poteva pretendersi, in presenza di tale omissione, un dovere della Provincia di sollecitare ulteriori informazioni alla società. Ciò determina in capo alla società convenuta una responsabilità risarcitoria legata agli ordinari criteri di imputabilità e quindi alla valutazione del comportamento colposo del datore di lavoro. (Trib. Roma 21/09/2004, Est. Pagliarini, in Lav. nella giur. 2005, 88)
  11. Tra le cause di esclusione e di esonero dal collocamento obbligatorio, tassativamente indicate dall’art. 13, L. n. 428/1968, non è inclusa la crisi di impresa, né tale ipotesi è contemplata dall’art. 9, D.L. n. 17/1983, convertito con modificazioni nella L. n. 79/1983, norma che innovando per il futuro ha introdotto l’esonero dal suddetto obbligo in tipiche e tassative ipotesi congiunturali di crisi per le imprese impegnate in processi di ristrutturazione, conversione e riorganizzazione produttiva, nonché per quelle soggette ad amministrazione straordinaria a norma del D.L. n. 26/1979 o ad intervento straordinario della cassa integrazione e guadagni. (Trib. Roma 4/5/2004, Est. Luna, in Lav. nella giur. 2004, 1207)
  12. Il lavoratore avente diritto all’assunzione obbligatoria, ai sensi della legge 2 aprile 1968 n. 482, che sia stato erroneamente avviato al lavoro dai competenti uffici ministeriali e non sia stato immediatamente ed automaticamente reiscritto nelle relative liste a seguito del precedente erroneo avviamento, ha diritto al risarcimento del danno a lui derivato dalla mancata reiscrizione e dalla e dalla conseguente perdita di chances, posto che il concetto di perdita di guadagno, di cui all’art. 1223 c.c., si riferisce a qualsiasi utilità economicamente valutabile ed anche ad una situazione cui è collegato un reddito probabile. (Cass. 12/6/2003 n. 9472, Pres. Senese Rel. Cataldi, in Dir. e prat. lav. 2003, 3054)
  13. Gli invalidi al lavoro di età superiore ai 55 anni, a norma dell’art. 1, L. n. 482/1968, non possono essere iscritti nelle speciali liste di collocamento obbligatorio previste dall’art. 19 legge cit., né tale divieto può ritenersi venuto meno a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 127/1997 (che ha abolito il limite di età per la partecipazione ai concorsi indetti dalle pubbliche amministrazioni), atteso che tale legge non ha espressamente abrogato il limite di età per l’iscrizione al collocamento degli invalidi previsto dalla norma sopra citata né può ritenersi intervenuta un’abrogazione tacita di tale norma, in quanto le due leggi hanno campi di applicazione, realtà di riferimento e finalità non perfettamente coincidenti, onde non è dato cogliere tra le medesime quell’incompatibilità tra la norma successiva e la precedente idonea a configurare un’ipotesi di abrogazione tacita; ne consegue che, pur dopo l’entrata in vigore della citata L. n. 127/1997, ai fini del conseguimento dell’assegno di invalidità o della pensione di inabilità, per l’invalido ultracinquantacinquenne il requisito della cosiddetta “incollocazione” al lavoro si configura come stato di disoccupazione o non occupazione, la cui prova può essere fornita anche per presunzioni. (Cass. 16/9/2002, n. 13521, Pres. Ciciretti, Rel. De Iasi, in Lav. nella giur. 2003, 76)
  14. L’invalido è da ritenersi “incollocato al lavoro” non per effetto del mero stato di disoccupazione o non occupazione ma solo quando, essendo iscritto (o avendo presentato domanda d’iscrizione) nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio, non abbia conseguito un’occupazione in mansioni compatibili. (Cass. 29/1/01, n. 1195, pres. Sciarelli, est. D’Agostino, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 426)
  15. In materia di collocamento obbligatorio, con riferimento ad invalido affetto da minorazione fisica (minorazione che, diversamente da quella dei soggetti affetti da minorazione psichica – presi in considerazione da Corte Cost. n. 50/90 e dall’art. 19, l. n. 104/92 – comporta solo una riduzione oggettiva della capacità di lavoro, con la conseguenza che, in linea di principio, il soggetto è in grado di assicurare un risultato sicuro e prevedibile, anche se quantitativamente diverso da quello di un lavoratore medio), il datore di lavoro, destinatario del provvedimento di avviamento, non può promuovere un accertamento sanitario diretto a verificare la idoneità dell’invalido a svolgere specifiche mansioni, precisate (allo scopo, per esempio, di ottenere – come nella specie – la revoca del provvedimento di avviamento); infatti, la competenza del Collegio medico, quando sia adito dal datore di lavoro, è tassativamente limitata, nel quadro della disciplina di cui alla l. n. 482/68 ed in particolare dell’art. 20, ad accertare che la menomazione della capacità lavorativa non presenti (o non abbia raggiunto) caratteristiche tali da poter riuscire di pregiudizio alla salute o all’incolumità dei compagni di lavoro ovvero alla sicurezza degli impianti. (Cass. 15/9/00, n. 12213, pres. Trezza, est. Coletti, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 334; in Lavoro e prev. oggi 2000, pag. 2104)
  16. Nel caso in cui l’ufficio provinciale del lavoro revochi illegittimamente l’atto con cui un invalido sia stato avviato presso una determinata azienda ai sensi della l. n. 482/68, è configurabile, in applicazione del principio dell’operatività dell’art. 2043 c.c. anche in caso di illegittimo esercizio di una funzione pubblica (nel concorso degli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale), il diritto del lavoratore al risarcimento del danno da parte della pubblica amministrazione, sussistendo, in particolare, l’illegittima lesione di un interesse tutelato dall’ordinamento (quello alla costituzione di un rapporto di lavoro in base alle norme sul collocamento obbligatorio); né il lavoratore può ritenersi onerato della prova della sussistenza, nell’azienda destinataria dell’avviamento, di mansioni compatibili, dovendo semmai l’amministrazione convenuta fornire la prova liberatoria circa l’inutilità dell’atto di avviamento per l’invalido, in considerazione della sua non concreta collocabilità all’interno di una realtà aziendale strutturata in mansioni in nessun modo adatte alle sue condizioni di diminuita capacità lavorativa. (Nella specie la revoca dell’atto di avviamento era stata disposta a seguito di referto della commissione medica di cui all’art. 20, illegittimo in quanto esteso ad un accertamento estraneo alle sue competenze). (Cass. 15/9/00, n. 12213, pres. Trezza, est. Coletti, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 334)
  17. In materia di avviamento obbligatorio, la persistenza del requisito dell’età inferiore a cinquantacinque anni, che a norma della legge fonda il diritto all’assunzione del personale avviato, va valutata con riguardo al momento della comunicazione dell’atto di avviamento all’impresa destinataria dello stesso (Pret. Milano 9/4/98, est. Marasco, in D&L 1998, 669)
  18. È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 D. Lgs. 19/9/94 n.626 – attuativo delle direttive comunitarie in materia di miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro – sollevata in riferimento agli artt. 35 e 38 Cost., nella parte in cui prevede che il medico di fabbrica debba svolgere accertamenti preventivi anche sui lavoratori invalidi avviati obbligatoriamente. Infatti l’eventuale contrasto con l’accertamento promosso ex art. 20 L. 2/4/68 n. 482 deve essere risolto a favore di quest’ultimo al fine di non vanificare l’atto di avviamento obbligatorio (Corte Costituzionale 13/11/97 n. 354, pres. Granata, rel. Santosuosso, in D&L 1998, 307, n. PAGANUZZI, Il rapporto tra l’accertamento ex art. 16 D. Lgs. 626/94 e quello ex art. 20 L. 482/68 in materia di collocamento obbligatorio)
  19. L’invalido civile extracomunitario legalmente soggiornante in Italia, avendo diritto ad accedere al lavoro subordinato in condizioni di parità con i cittadini italiani, ha altresì diritto a iscriversi negli elenchi degli aspiranti al collocamento obbligatorio previsti dalla L. 2/4/68 n. 482; conseguentemente non è fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata sull’erroneo presupposto che la vigente legislazione non riconosca tale diritto (Corte Cost. 30/12/98 n. 454, pres. Granata, rel. Onida, in D&L 1999, 277, nota GUARISO, Sul principio di parità di trattamento tra lavoratori italiani ed extracomunitari)
  20. È infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, ultimo comma, L. 2/4/68 n. 482, sollevata con riferimento agli artt. 3, 51 e 97 Cost., nella parte in cui impone alle pubbliche amministrazioni che nei concorsi pubblici per l’assunzione di personale nelle carriere direttive e di concetto, gli appartenenti a categorie protette dichiarati idonei siano inclusi nell’ordine di graduatoria dei vincitori fino a concorrenza del 15% dei posti in organico; tale norma infatti persegue la finalità di promuovere l’accesso al lavoro di soggetti svantaggiati che ne sarebbero altrimenti esclusi, in attuazione del principio costituzionale di solidarietà (Corte Costituzionale 1/4/98 n. 88, pres. Granata, rel. Contri, in D&L 1998, 617, n. GUARISO, La riserva di posti per l’invalido tra giudizio di costituzionalità e riforma del collocamento obbligatorio)
  21. Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e sgg. della L. 30/12/86 n. 943 in riferimento agli artt. 2, 3, 4 e 10, 1° comma, Cost., laddove non consente al lavoratore extracomunitario, che sia regolarmente residente in Italia per motivi di lavoro e che ne possieda i requisiti, la possibilità di iscriversi nelle liste del collocamento obbligatorio disciplinato dalla L. 2/4/68 n. 482 (Pret. Bologna 8/9/97, est. Governatori, in D&L 1998, 387)
  22. Il requisito del numero minimo dei dipendenti (superiore a 35) stabilito dall’art. 11 L. 482/68 per i datori di lavoro destinatari dell’avviamento obbligatorio ha un ambito di riferimento esteso all’intera azienda o attività esercitata (Pret. Milano 14/1/95, est. Atanasio, in D&L 1995, 589)
  23. Non rientra tra le ipotesi tassativamente indicate dall’art. 9 del DL 17/83 (convertito, con modificazioni, nella L. 79/83) di sospensione dell’obbligo dei datori di lavoro di procedere all’assunzione delle categorie protette ex L. 482/68 il caso in cui l’impresa abbia fatto ricorso al contratto di solidarietà con riguardo all’unità produttiva presso la quale viene operato l’avviamento obbligatorio (Pret. Milano 14/1/95, est. Atanasio, in D&L 1995, 589)

 

 

Rifiuto di assumere l’avviato obbligatorio

  1. La disciplina del collocamento obbligatorio previsto dalla legge 2 aprile 1968, n. 482 (applicabile “ratione temporis”) – a differenza della disciplina del collocamento ordinario – prescrive soltanto che la richiesta dell’imprenditore sia numerica (e solo eccezionalmente nominativa), senza prevedere ulteriori specificazioni in ordine alla professionalità del lavoratore che si intende assumere. Pertanto, ove l’imprenditore abbia fatto richiesta di avviamento (obbligatorio) di un lavoratore invalido (od assimilato) avente specifiche attitudini lavorative, l’Ufficio del lavoro può soltanto individuare in quale delle due fondamentali categorie professionali (impiegatizia od operaia) previste dall’art. 2095 cod. civ. tali attitudini siano inquadrabili e provvedere in conformità di tale generico inquadramento, con la conseguenza che, nell’ipotesi di divergenza tra la categoria indicata nella richiesta e quella di appartenenza del lavoratore avviato, non viene ad esistenza il diritto soggettivo di quest’ultimo ad essere assunto dall’impresa destinataria dell’ordine di assegnazione e diventa legittimo l’eventuale rifiuto dell’imprenditore di assumere il lavoratore avviato che non rientri nella generale categoria professionale risultante dalla richiesta (Cass. 6/3/2013 n. 5546, Pres. Stile, Est. Napoletano).
  2. La ratio dell’art. 9 l. 2 marzo 1999, n. 68 – che attribuisce al datore di lavoro la facoltà di indicare nella richiesta di avviamento la qualifica del lavoratore disabile da assumere a copertura dei posti riservati in un sistema di c.d. avviamento mirato – va ravvisata nel consentire, mediante il riferimento a una specifica qualifica, la indicazione delle prestazioni richieste dal datore di lavoro sotto il profilo qualitativo delle capacità tecnico-professionali di cui il lavoratore avviato deve essere provvisto, secondo la formale indicazione dell’atto di avviamento, al fine di una sua collocazione nella organizzazione aziendale che sia utile all’impresa, e, nello stesso tempo, per consentire che l’espletamento delle mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto non si traduca in una lesione della sua professionalità e dignità, con la conseguenza che il datore di lavoro può legittimamente rifiutare l’assunzione non soltanto di un lavoratore con qualifica che risulti, in base all’atto di avviamento, diversa, ma anche di un lavoratore con qualifica “simile” a quella richiesta, in mancanza di un suo previo addestramento o tirocinio da svolgere secondo le modalità previste dall’art. 12 della stessa l. n. 68/1999. (Trib. S. Maria Capua Vetere 5/6/2012, Giud. Cervelli, in Lav. nella giur. 2012, 1228)
  3. In tema di assunzioni obbligatorie, il datore di lavoro può legittimamente rifiutare l’assunzione non soltanto di un lavoratore con qualifica che risulti, in base all’atto di avviamento, diversa, ma anche di un lavoratore con qualifica “simile” a quella richiesta, in mancanza di un previo addestramento a tirocinio da svolgere secondo le modalità previste dall’art. 12 della stessa legge n. 68 del 1999. (Cass. 25/3/2011 n. 7007, Pres. Foglia Est. Tricomi, in Orient. Giur. Lav. 2011, 124)
  4. La ratio della L. 2 marzo 1999, n. 68 – che attribuisce al datore di lavoro la facoltà di indicare nella richiesta di avviamento la qualifica del lavoratore disabile da assumere a copertura dei posti riservati in un sistema di c.d. avviamento mirato – va ravvisata nel consentire, mediante il riferimento a una specifica qualifica, la indicazione delle prestazioni richieste dal datore di lavoro sotto il profilo qualitativo della capacità tecnico-professionali di cui il lavoratore avviato deve essere provvisto, secondo la formale indicazione dell’atto di avviamento, al fine di una sua collocazione nell’organizzazione aziendale che sia utile all’impresa e che, nello stesso tempo, per consentire l’espletamento delle mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto, non si traduca in una lesione della sua professionalità e dignità. Ne consegue che il datore di lavoro può legittimamente rifiutare l’assunzione non soltanto di un lavoratore con qualifica che risulti, in base all’atto di avviamento, diversa, ma anche di un lavoratore con qualifica “simile” a quella richiesta, in mancanza di un suo previo addestramento o tirocinio secondo le modalità previste dalla stessa L. n. 68 del 1999, art. 12. (Cass. 22/6/2010 n. 15058, Pres. Roselli Rel. Morcavallo, in Lav. nella giur. 2010, 944)
  5. La ratio della L. 2 marzo 1999, n. 68 – che attribuisce al datore di lavoro la facoltà di indicare nella richiesta di avviamento la qualifica del lavoratore disabile da assumere a copertura dei posti riservati in un sistema di c.d. avviamento mirato – è volta a consentire, mediante il riferimento a una specifica qualifica, la indicazione delle prestazioni richieste dal datore di lavoro sotto il profilo qualitativo della capacità tecnico-professionali di cui il lavoratore avviato deve essere provvisto, al fine di una sua collocazione nell’organizzazione aziendale che sia utile all’impresa e che, nello stesso tempo, per consentire l’espletamento delle mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto, non si traduca in una lesione della sua professionalità e dignità. Ne consegue che il datore di lavoro può legittimamente rifiutare l’assunzione non soltanto di un lavoratore con qualifica “simile” a quella richiesta, in mancanza di un suo previo addestramento o tirocinio da svolgere secondo le modalità previste dall’art. 12 della stessa legge n. 68 del 1999. (Cass. 12/3/2009 n. 6017, Pres. Ianniruberto Est. Vidiri, in Lav. nella giur. 2009, 836, e in Orient. Giur. Lav. 2009, 133)
  6. In caso di inadempimento da parte del datore di lavoro all’obbligo di assunzione di un lavoratore avviato in regime di collocamento obbligatorio, il danno spettante a quest’ultimo è da liquidarsi ex artt. 1226 e 1227 c.c. Si quantifica nelle retribuzioni perdute dalla data di mancata assunzione sino a quella di emanazione della sentenza di secondo grado, salvo che il renitente datore di lavoro provi l’aliunde perceptum oppure la negligenza del prestatore di lavoro nel cercare altra proficua occupazione. Non possono ricadere sul lavoratore le conseguenze sfavorevoli discendenti dal tempo impiegato per la tutela giurisdizionale dei propri diritti. (Cass. 13/1/2009 n. 488, Pres. Mercurio Rel. Lamorgese, in Lav. nella giur. 2009, con commento di Davide Gallotti, 916)
  7. Il contratto di lavoro subordinato è suscettibile di risoluzione consensuale ai sensi dell’art. 1372 c.c. e la fattispecie negoziale risolutoria può essere perfezionata non solo sulla base di dichiarazioni, ma anche per facta concludentia, in presenza di comportamenti significativi tenuti dalle parti coerenti con una situazione giuridica di inesistenza del rapporto. Applicando il suddetto principio all’ipotesi di rifiuto dell’imprenditore di assumere il lavoratore avviato obbligatoriamente, si deve ritenere che l’inerzia del lavoratore protrattasi per oltre otto anni sia significativa del fatto che lo stesso non avesse più interesse al posto di lavoro. (Trib. Milano 31/10/2006, Est. Sala, in Lav. nella giur. 2007, 945)
  8. In tema di collocamento obbligatorio, la disposizione recata dall’art. 9 d.l. n. 17 del 1983, convertito in l. n. 79 del 1983, che sospende gli obblighi di cui alla l. n. 482 del 1968, fra gli altri casi, ove siano in atto interventi della cig, per la durata della corresponsione dei relativi trattamenti, esonera dall’assunzione di invalidi avviati dal momento dell’intervento della cassa integrazione, ma non giustifica il protrarsi di un illegittimo preesistente rifiuto di assunzione di un lavoratore avviato prima del ricordato intervento; conseguentemente il danno subito dal lavoratore illegittimamente non assunto consiste nelle retribuzioni che avrebbe percepito ove l’assunzione fosse regolarmente avvenuta e tale danno non può essere limitato dalla sospensione dell’obbligo di assunzione di invalidi intervenuta quando già perdurava l’illegittimo diniego di assunzione, atteso che la tempestiva assunzione avrebbe in buona parte neutralizzato gli effetti della sospensione e, comunque, la sospensione dell’obbligo non esonera dall’obbligo di assunzione, ancorché tardiva, di lavoratore avviato prima della sospensione stessa. (Cass. 22/12/2004 n. 23762, Pres. Mattone Est. Cementano, in Orient. Giur. Lav. 2005, 72)
  9. È illegittimo il rifiuto di assumere l’invalido avviato obbligatoriamente ex L. 2/4/68 n. 482 nel caso in cui il datore di lavoro abbia violato l’obbligo di contrattare l’assunzione, necessaria per valutare la collocabilità dell’avviato stesso (nel caso di specie, l’avviato aveva-a questo fine ma senza risultato-contattato telefonicamente il datore di lavoro, mentre è stato ritenuto irrilevante che egli non si fosse personalmente recato sul posto di lavoro). (Corte d’Appello Firenze 12/5/2003, Pres. Drago Est. Amato, in D&L 2003, 931, con nota di Irene Romoli, “Modalità di assunzione obbligatoria e relativi obblighi del datore di lavoro: tra autonomia contrattuale e solidarietà sociale”)
  10. Deve essere disattesa la valutazione dell’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione (Uplmo) che, ai fini dell’avviamento obbligatorio ai sensi della l. n. 482/68, abbia rilasciato un attestato di iscrizione quale impiegato ordinario ad un soggetto che abbia ricoperto in precedenza quasi esclusivamente qualifiche di operaio. Pertanto, ove il datore di lavoro assegnatario dell’avviato obbligatoriamente abbia fatto richiesta di posizioni lavorative corrispondenti alla qualifica impegnatizia, non è tenuto ad assumere l’avviato se, al di là di quanto risulta dal certificato di iscrizione all’Uplmo, il lavoratore non dimostri di avere acquisito una qualifica corrispondente a quella richiesta e disponibile. (Corte Appello Milano 12/4/01, pres. e est. Mannaccio, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 253)
  11. La creazione di una posizione di lavoro a tempo parziale per l’invalido avviato obbligatoriamente non rientra tra gli obblighi ex lege n. 482/68, in quanto tale tipologia di rapporto di lavoro può essere conseguenza solo di una legittima esplicazione dell’autonomia negoziale delle parti (cfr. Cass. n. 11137/91) e la stessa comunque implica un cambiamento di organizzazione aziendale che esula dagli obblighi di assunzione facenti capo al datore di lavoro, che la legge non contempla come assoluti in quanto è giurisprudenzialmente pacifico che l’obbligo di assunzione dell’invalido non comporta anche l’onere di modificare le strutture materiali o lavorative dell’azienda (cfr. Cass. n. 8735/99) (Cass. 24/3/01, n. 4300, pres. Trezza, est. Lamorgese, in Lavoro e prev. oggi 2001, pag. 823)
  12. Benché la legge 2/4/68, n. 482 (abrogata dalla l. 12/3/99, n. 68, contenente norme per il diritto al lavoro dei disabili) miri ad assicurare il collocamento lavorativo di determinate categorie di lavoratori meno favoriti, assegnando ad aziende, dotate di consistenti strutture ed adeguata forza economico-produttiva, il compito di assorbire, in misura predeterminata e per tipologie di invalidi, questa forza lavoro, l’obbligo del datore di lavoro di reperire all’interno dell’azienda e nei suoi servizi accessori mansioni compatibili con la minorazione e la categoria di appartenenza del lavoratore concretamente assegnato, e quindi di procedere alla sua assunzione, viene meno qualora risulti, attraverso una verifica seria e rigorosa (rispetto alla quale l’onere della prova grava sul datore di lavoro), l’impossibilità di un utile collocamento dell’invalido nella struttura operativa complessiva dell’impresa, in considerazione anche degli ostacoli costituiti dalla possibilità che il suo impiego concreto sia pregiudizievole per lui, i compagni di lavoro e la sicurezza degli impianti, secondo quanto prevede l’art. 19, l. n. 482/68 ed è valutabile anche in relazione al disposto dell’art. 2087 c.c. (Cass. 28/7/00, n. 9981, pres. Trezza, in Orient. giur. lav.2000, pag. 713)
  13. L’obbligo di assumere l’invalido ex l. n. 482/68 non sussiste quando non esistono in azienda mansioni compatibili con lo stato di invalidità dell’avviato obbligatorio, né può essere imposta all’azienda la creazione ex novo di un posto di lavoro compatibile con l’invalidità (Trib. Milano 13/7/00, est. Curcio, in Orient. giur. lav. 2000, pag. 718)
  14. È illegittimo il rifiuto di assunzione di un sordomuto avviato obbligatoriamente, motivato con la pretesa integrale copertura dell’organico aziendale; conseguentemente, è possibile procedere alla costituzione coattiva del rapporto di lavoro ai sensi dell’art.2932 c.c. (Pret. Milano 30/9/97, est. Vitali, in D&L 1998, 407)
  15. L’illegittimo rifiuto di assunzione di personale avviato obbligatoriamente, concretando l’inadempimento di una obbligazione legale, comporta l’obbligo secondario di risarcire al soggetto leso i danni conseguenti, rappresentati dalle retribuzioni che avrebbe guadagnato dalla data della presentazione in azienda dopo l’avviamento e fino all’effettiva assunzione, previa deduzione, se provato, dell’aliunde perceptum, ma senza tener conto dell’eventuale patto di prova e del possibile recesso nel relativo periodo (Trib. Milano 24/2/96, pres. Siniscalchi, est. Ruiz, in D&L 1996, 647)
  16. In caso di mancata assunzione di un invalido avviato obbligatoriamente è applicabile la disciplina di cui all’art. 2932 c.c., relativa alla costituzione coattiva del rapporto di lavoro (Pret. Milano 18/7/95, est. Chiavassa, in D&L 1996, 131. In senso conforme, v. Pret. Milano 13/3/98, est. Atanasio, in D&L 1998, 672; Pret. Milano 14/1/95, est. Atanasio, in D&L 1995, 589; Pret. Milano 16/3/94, est. Santosuosso, in D&L 1995, 128; Pret. Milano 21/1/99, est. Porcelli, in D&L 1999, 340)
  17. In caso di ritardo (sei mesi) ingiustificato nell’assunzione di un soggetto avviato obbligatoriamente, il datore di lavoro deve risarcire a quest’ultimo il danno conseguente (nel caso di specie, il Pretore ha ritenuto ingiustificato il ritardo motivato dall’impresa destinataria dell’avviamento con la situazione di crisi in cui versava; tale impresa, invero, nonostante si trovasse da tempo nelle condizioni cui l’art. 9 c. 1 DL 17/83, convertito in L. 79/83, riconnette la sospensione degli obblighi di cui alla L. 482/68, aveva formulato alla competente commissione la richiesta di sospensione solo nel semestre successivo alla delibera di avviamento della ricorrente, che pertanto non era stata ricompresa nella sospensione concessa) (Pret. Milano 11/4/95, est. Mascarello, in D&L 1995, 935)

 

 

Assegnazione di mansioni

  1. Qualora l’invalido avviato obbligatoriamente al lavoro risulti inidoneo alle mansioni assegnate, il collegio medico di cui all’art. 20 della L. n. 482 del 1968 può indicare mansioni alternative e compatibili con le condizioni dell’invalido stesso; in tal caso grava sul datore di lavoro l’onere di provare l’impossibilità di assegnare il lavoratore alla detta mansione; né questi è gravato dall’onere di dare indicazioni circa il suo possibile reimpiego. (Cass. 10/9/2010 n. 19349, Pres. Roselli Est. Di Nubila, in Lav. nella giur. 2010, 1138)
  2. Il datore di lavoro presso il quale è avviato un invalido per l’assunzione, ai sensi della legge n. 482/1968, pur non essendo obbligato a riorganizzare i mezzi di produzione per consentire tale assunzione, è tuttavia tenuto a ricercare all’interno dell’azienda mansioni compatibili con le condizioni sanitarie del lavoratore. A questo fine deve, se necessario, procedere a redistribuire gli incarichi tra i lavoratori già in servizio. In tale operazione, l’esigenza di osservare l’art. 11, legge n. 482/1968, può integrare una delle “ragioni organizzative” che permettono il trasferimento di lavoratori già in organico a un’altra unità produttiva, ma non può comportare l’assegnazione di un lavoratore già in servizio a mansioni superiori che egli non sia capace di espletare. Ne consegue che occorre accertare se vi siano in azienda mansioni “concretamente disponibili” per le quali il lavoratore avviato sia idoneo, e solo se tale concreta disponibilità sia impossibile l’azienda può rifiutare l’assunzione. (Cass. 13/11/2009 n. 24091, Pres. Battimiello Rel. La Terza, in Riv. giur. lav. e prev. soc. 2010, con nota di Liliana Tessaroli, “Assunzioni obbligatorie e mansioni concretamente disponibili nell’organico aziendale”, 269)
  3. L’aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore avviato obbligatoriamente al lavoro perché invalido non implica il dovere dell’imprenditore di assegnare lo stesso a mansioni diverse, compatibili con le sue aggravate condizioni di salute, quando le stesse non siano rinvenibili all’interno dell’organizzazione aziendale esistente; ne consegue che è onere del lavoratore dimostrare la possibilità di essere adibito a diverse mansioni all’interno dell’azienda, che comportino il rispetto della sua qualifica. (Cass. 27/3/2003, n. 4672, Pres. Prestipino, Rel. De Renzis, in Dir. e prat. lav. 2003, 1928)
  4. Dalla disciplina in tema di assunzione obbligatoria di lavoratori invalidi discende un obbligo legale a contrarre in capo al datore di lavoro presso il quale l’invalido sia stato avviato, semprechè esistano però nell’azienda posizioni compatibili con il grado ed il tipo di menomazioni da cui è affetto il soggetto protetto; ne discende che, se il datore di lavoro è tenuto ad attribuire all’invalido mansioni idonee e compatibili con il suo stato di invalidità, non potendo validamente opporre una generica incollocabilità di questi, non è però tenuto a modificare o adeguare, sostenendo costi aggiuntivi, la sua organizzazione aziendale alle condizioni di salute del lavoratore protetto, né in particolare, a creare per lui un nuovo posto di lavoro concentrando in una sola unità mansioni non difficoltose già facenti parte, con altre più complesse, dei compiti degli altri lavoratori. (Cass. 26/9/2002, n. 13960, Pres. Dell’Anno, Rel. Foglia, in Lav. nella giur. 2003, 173)
  5. Nell’ipotesi di avviamento obbligatorio di invalido al lavoro, ai sensi della L. 2/4/68 n. 482, grava sul datore di lavoro l’onere di individuare nell’ambito organizzativo aziendale le mansioni da affidare al prestatore di lavoro invalido, comunque compatibili con la condizione fisica del medesimo, nonché l’onere di attuare, ove necessario al predetto fine, una ridistribuzione delle mansioni già affidate ai lavoratori presenti in azienda, pur senza apportare sostanziali modifiche all’organizzazione produttiva. (Corte d’Appello Firenze 8/9/2001, Pres. Drago Est. Pieri, in D&L 2002, 349, con nota di Gianni Tognazzi, “Il patto di prova con gli invalidi alla luce dei principi di buona fede e solidarietà”)
  6. La mancata assegnazione di mansioni a lavoratore invalido, assunto obbligatoriamente, che sia lasciato per alcuni mesi sostanzialmente inattivo, è illegittima, e obbliga il datore di lavoro al risarcimento del danno professionale subito dall’invalido, che va liquidato, in via equitativa, nella misura di una metà della retribuzione, per ogni mensilità di mancata assegnazione delle mansioni (Pret. Milano 23/4/99, est. Salmeri, in D&L 1999, 645)
  7. Deve ritenersi del tutto ingiustificata, e quindi illegittima, la sanzione disciplinare comminata all’invalido avviato obbligatoriamente al lavoro che si sia rifiutato di svolgere mansioni comportanti impiego fisico eccessivo, stante la piena legittimità del rifiuto opposto dal lavoratore allo svolgimento di mansioni incompatibili con le sue condizioni di salute (Pret. Milano 23/4/99, est. Salmeri, in D&L 1999, 645)
  8. L’adempimento dell’obbligo posto al datore di lavoro dalla L.2/4/68 n. 482, di assegnare al lavoratore avviato obbligatoriamente mansioni compatibili con il suo stato di invalidità, può imporre all’imprenditore di procedere a una riorganizzazione e ridistribuzione del lavoro, la quale tenga conto del nuovo dipendente che prima non faceva parte dell’organico aziendale (nel caso di specie il Pretore ha ritenuto atto dovuto il mutamento, nel rispetto della norma di cui all’art. 2103 c.c., delle mansioni svolte da personale già dipendente per far posto all’invalido avviato obbligatoriamente) (Pret. Milano 13/7/98, est. Muntoni, in D&L 1998, 953)
  9. L’accertamento dell’incompatibilità delle mansioni affidate a un lavoratore invalido assunto obbligatoriamente, operato dal collegio medico investito dell’istanza ex art. 20 della L. 2/4/68 n. 482, ha natura di perizia stragiudiziale qualificata ed è liberamente utilizzabile dal giudice, che può formare su di esso il proprio convincimento senza necessità di disporre Ctu, e ciò in particolare in un caso in cui tale perizia stragiudiziale trovi riscontro in un precedente analogo parere di altro qualificato organismo pubblico, condiviso dallo stesso datore di lavoro (Trib. Milano 15/3/97, pres. Gargiulo, est. de Angelis, in D&L 1997, 787)
  10. L’inesistenza all’interno dell’azienda di mansioni diverse, non rende ammissibile l’affidamento a un invalido assunto obbligatoriamente di mansioni incompatibili col suo stato di salute (Trib. Milano 15/3/97, pres. Gargiulo, est. de Angelis, in D&L 1997, 787)
  11. L’esistenza, presso l’azienda del destinatario di un atto di avviamento obbligatorio, di mansioni compatibili con lo stato di invalidità del lavoratore avviato va accertata con riferimento al tempo dell’avviamento, a nulla rilevando che successivamente la relativa posizione lavorativa sia stata temporaneamente sospesa (Pret. Milano 11/9/95, est. Frattin, in D&L 1996, 126)

 

 

Licenziamento in prova

  1. E’ principio di diritto nella giurisprudenza di questa Corte che nell’ipotesi di patto di prova stipulato con invalido assunto in base alla legge 2 aprile 1968, n. 482, il recesso dell’imprenditore è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale contenuta nella legge 15 luglio 1966, n. 604, onde non richiede una formale comunicazione del motivo del recesso; questo può essere direttamente contestato dal lavoratore in sede giudiziale, allegando fatti (fra i quali l’elusione della legge protettiva degli invalidi) dimostranti l’illiceità del motivo e perciò l’invalidità dell’atto negoziale unilaterale (Cass. SU 11633/02, e sezione lavoro 19354/03, 1213/04 e 1458/04). Questa Corte, tra l’altro, ha ulteriormente precisato che nell’ipotesi di patto di prova legittimamente stipulato con uno dei soggetti protetti assunti in base alla L. 2 aprile 1968, n. 482, il recesso dell’imprenditore, durante il periodo di prova, è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale anche per quanto riguarda l’onere dell’adozione della forma scritta, e non richiede pertanto una formale comunicazione delle ragioni del recesso; la manifestazione di volontà del datore di lavoro, in quanto riferita all’esperimento in corso, si qualifica del resto come valutazione negativa dello stesso, e comporta, senza necessità di ulteriori indicazioni, la definitiva e vincolante identificazione della ragione che giustifica l’esercizio del potere di recesso (Cass. 14/10/2009, n. 21784, Pres. Sciarelli, Est. Napoletano)
  2. Nell’ipotesi di patto di prova stipulato con invalido assunto in base alle legge 2 aprile 1968, n. 482, il recesso dell’imprenditore è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale contenuta nella l. 15 luglio 1966, n. 604, onde non richiede una formale comunicazione del motivo del recesso; questo può essere direttamente contestato dal lavoratore in sede giudiziale, allegando fatti (fra i quali l’elusione della legge protettiva degli invalidi) dimostranti l’illiceità del motivo e perciò l’invalidità dell’atto negoziale unilaterale. (Cass. 2/8/2002, n. 1163, Pres. Carbone, Est. Roselli, in Lav. nella giur. 2003, 73)
  3. Il sistema di protezione dei lavoratori avviati in regime di collocamento obbligatorio non postula l’esistenza di una norma diretta a stabilire un requisito formale della manifestazione di volontà di recesso dal rapporto di lavoro in prova, attinente alla contestuale indicazione dei motivi del recesso stesso; l’assenza di una motivazione contestuale, come pure il difetto della forma scritta, all’atto del licenziamento del lavoratore avviato nel detto regime, non può di per sé incidere sulla validità ed efficacia del medesimo. (Cass. 18/3/2002, n. 3920, Pres. Trezza, Est. Sepe, in Riv. it. dir. lav. 2003, 83, con nota di Carlo Corsinovi, Ancora sui requisiti formali del recesso dal rapporto di lavoro in prova con soggetto avviato in regime di collocamento obbligatorio).
  4. Nell’ipotesi di assunzione con patto di prova di invalido avviato obbligatoriamente, ai sensi della L. 2/4/68 n. 482, è illegittimo il recesso intimato dal datore di lavoro durante il periodo di prova, quando l’effettiva breve durata dell’esperimento, in relazione alla complessa od elevata specializzazione delle mansioni affidate, non abbia consentito la verifica della professionalità e delle capacità del lavoratore in riferimento alla sua invalidità. In tale caso le conseguenze giuridiche del recesso sono equiparabili a quelle di un licenziamento ingiustificato, con conseguente applicazione dell’art. 18 SL alla quale può peraltro parzialmente derogarsi in caso di successivi avviamenti al lavoro i quali interrompono il perdurante stato di disoccupazione addebitabile alla condotta illegittima del datore di lavoro. (Corte d’Appello Firenze 8/9/2001, Pres. Drago Est. Pieri, in D&L 2002, 349, con nota di Gianni Tognazzi, “Il patto di prova con gli invalidi alla luce dei principi di buona fede e solidarietà”)
  5. Deve escludersi che il recesso in periodo di prova da parte del datore di lavoro dal rapporto con un invalido avviato obbligatoriamente debba essere, ai fini del controllo sul corretto esercizio del relativo potere, motivato contestualmente o anche solo su richiesta del lavoratore (Cass. 29/5/99 n. 5290, pres. Pontrandolfi, est. Miani Canevari, in D&L 1999, 845)
  6. Il recesso del datore di lavoro nel periodo di prova con soggetto avviato obbligatoriamente deve essere congruamente e adeguatamente motivato. Deve perciò ritenersi del tutto insufficiente a tale fine il riferimento al “mancato superamento del periodo di prova”, in quanto espressione apodittica e tautologica. La ratio di maggiore tutela degli invalidi impone la specificazione delle ragioni del recesso, che deve essere effettuata al momento del recesso medesimo e non può essere sostituita da indagini di merito nella fase giudiziale (Trib. Pordenone 20/6/96, pres. Appierto, est. Rossi, in D&L 1997, 394)
  7. Il licenziamento del lavoratore avviato obbligatoriamente, per mancato superamento della prova, è soggetto al sindacato giudiziale e pertanto deve essere adeguatamente motivato, ciò al fine di consentire al giudice di controllare che l’esperimento abbia riguardato mansioni compatibili con lo stato di invalidità del lavoratore (Pret. Parma 14/8/95, est. Ferraù, in D&L 1996, 434)
  8. Il recesso del datore di lavoro dal rapporto di lavoro in prova con un invalido assunto obbligatoriamente deve essere contestualmente e adeguatamente motivato; in mancanza, il patto di prova può ritenersi apposto in frode alla L. 482/68, con la conseguente illegittimità del recesso (Pret. Milano 18/7/95, est. Atanasio, in D&L 1996, 125. In senso conforme, v. Trib. Pordenone 27/9/94, pres. Fontana, est. Missera, in D&L 1995, 341)

 

 

Pubblico impiego

  1. In tema di assunzione dei disabili nel pubblico impiego, l’art. 16, comma 2, L. n. 68 del 1999 (nel testo antecedente alla modifica apportata dall’art. 25, comma 9 bis, L. n. 114/2014 di conversione del D.L. n. 90/2014 ed applicabile ratione temporis alla fattispecie de qua), al fine di garantire l’ineludibile rispetto delle quote di riserva di cui al precedente art. 3, va interpretato nel senso che la P.A. ha l’obbligo di assumere il disabile dichiarato idoneo, anche se non in possesso del requisito della disoccupazione prescritto dal combinato disposto degli artt. 7 e 8 della stessa legge, qualora, all’esito della procedura concorsuale, non vi siano idonei in possesso del requisito, sicché le quote di riserva possono rimanere non attribuite nelle sole ipotesi in cui non vi siano “riservisti in senso stretto”, né altri disabili idonei ma non vincitori. (Cass. 16/6/2016 n. 12441, Pres. Napoletano Rel. Di Paolantonio, in Lav. nella giur. 2017, con commento di M.R. Favia, 66)
  2. La disciplina delle assunzioni obbligatorie, prevedendo un regime di favore per le persone invalide, in relazione alla rilevanza costituzionale degli interessi in tale modo tutelati, esige che la condizione di svantaggio –che impone l’instaurarsi del rapporto di lavoro- permanga anche nel corso dello stesso. La pubblica amministrazione può verificare, in qualunque momento, la permanenza dei requisiti soggettivi che hanno imposto l’assunzione obbligatoria; la carenza di questi condiziona infatti non solo l’assunzione ma anche la permanenza dell’efficacia del rapporto posto in essere ai sensi della legge n. 482/1968. Qualora venga accertata la mancanza della condizione di invalidità il licenziamento del dipendente costituisce atto dovuto, pertanto il ritardo nell’assunzione del provvedimento di risoluzione del rapporto risulta irrilevante a fronte del carattere vincolato della determinazione. (Consiglio di Stato 18/9/2003 n. 5297, Pres. Carboni Est. Deodato, in Giur. It. 2004, 180)
  3. Le disposizioni della legge 2 aprile 1968 n. 482, sulle assunzioni obbligatorie presso le Pubbliche amministrazioni ed aziende private di invalidi, ciechi o sordomuti, ovvero di altri soggetti appartenenti alle categorie elencate nell’art. 1 della legge medesima, non ostano a che, nel rapporto di lavoro subordinato in concreto instaurato con l’assunzione fatta in ottemperanza dell’obbligo di legge, sia ammissibile il patto di prova, in forza di previsione dei contratti collettivi o del contratto individuale, ma operano, in relazione alle finalità perseguite ed al principio inderogabile di parità di trattamento di detto soggetti con gli altri lavoratori, (art. 10), nel senso di imporre che la prova venga condotta con mansioni compatibili con lo stato dell’invalido o menomato, e che la valutazione del suo esito prescinda da ogni considerazione sullo stato medesimo, con la conseguente nullità, accertabile anche d’ufficio dal giudice, del recesso del datore di lavoro, in esito alla prova, che risulti determinato, o comunque influenzato dalle condizioni e dagli “handicap” cui l’indicata legge ricollega l’obbligo di assunzione. (Cass. 9/4/2003, n. 5541, Pres. Senese, Rel. Picone, in Dir.e prat. lav. 2003, 2106)
  4. In tema di collocamento obbligatorio, mentre in una prima fase relativa agli accertamenti della pubblica amministrazione in ordine alla invalidità, volti a verificare la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge, il lavoratore è titolare esclusivamente di interessi legittimi, nelle seconda fase, consequenziale al positivo esito della prima con l’accertamento dello status d’invalido, diviene titolare delle posizioni di diritto soggettivo che si fondano sull’art. 38 Cost. In ipotesi di azione per mancata o ritardata assunzione dipesa da fatto della pubblica amministrazione, la causa petendi dell’azione è quindi costituita dalla violazione di un diritto soggettivo, il diritto all’assunzione, il quale deve essere osservato dalla Pubblica Amministrazione attraverso un’attività vincolata. Dal che ne deriva il diritto del lavoratore al risarcimento in caso di danno conseguente al comportamento lesivo della P.A. (Trib. Roma 22/5/2002, Est. Casari, in Lav. nella giur. 2003, 488)