Benessere organizzativo

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Questa voce è stata curata da Annalisa Rosiello

Definizione

Il tema del “benessere organizzativo” o “salute organizzativa” è ormai da tempo argomento di attenzione, anche normativa.
Per benessere organizzativo si intende comunemente la capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori per tutti i livelli e i ruoli.
Studi e ricerche sulle organizzazioni hanno dimostrato che le strutture più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti e un “clima interno” sereno e partecipativo.
La motivazione, la collaborazione, il coinvolgimento, la corretta circolazione delle informazioni, la flessibilità e la fiducia delle persone sono tutti elementi che portano a migliorare la salute mentale e fisica dei lavoratori, la soddisfazione dei clienti e degli utenti e, in via finale, ad aumentare la produttività.
Il concetto di benessere organizzativo si riferisce, quindi, al modo in cui le persone vivono la relazione con l’organizzazione in cui lavorano; tanto più una persona sente di appartenere all’organizzazione, perché ne condivide i valori, le pratiche, i linguaggi, tanto più trova motivazione e significato nel suo lavoro.

E’ per tali motivi che diventa necessario sviluppare competenze legate alla dimensione emozionale, ovvero al modo in cui le persone vivono e rappresentano l’organizzazione e, soprattutto, tenere conto dell’ambiente, del clima in cui i dipendenti si trovano a dover lavorare ogni giorno (in questo senso v. Arianna Vincenzi, Il benessere organizzativo: fantasia o realtà, in italia.6seconds.org, per ulteriori approfondimenti v. i seguenti autori, richiamati dalla Vincenzi: Fulvio Mazzola, Benessere Organizzativo: il fattore umano nella Pa; Caterina Mengotti La via femminile al benessere organizzativo).
In tal senso si è mosso anche il legislatore nazionale nell’individuare in via generale l’oggetto della valutazione dei rischi, che costituisce un obbligo del datore di lavoro il quale non può delegare ad altri tale attività.
Infatti, l’art. 28 D.Lgs. 81/08 prevede che, nell’effettuare la valutazione, il datore di lavoro tenga anche conto di rischi particolari quali in particolare “quelli collegati allo stress lavoro-correlato”, con la ovvia conseguenza che di essi dovrà tenersi conto nella elaborazione da parte sua del documento di sicurezza nel quale vanno sostanzialmente riportate le linee di fondo della politica aziendale in materia di sicurezza del lavoro.

Si vedano anche le voci:

 

 

Fonti normative

Molteplici sono state nel corso degli anni le fonti europee (v. segnatamente l’accordo europeo del 2004 sullo stress lavoro-correlato) seguite da provvedimenti a livello nazionale tra i quali riveste una fondamentale importanza il D. Lgs. 81/2008.

Oltre alle fonti richiamate nella voce stress lavoro-correlato, si vedano anche i seguenti contributi:

  • La Definizione di Salute accolta dall’Organizzazione Mondiale della sanità, 1948: “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”; detta definizione è stata integralmente recepita dal d.lgs. n° 81/2008, art. 2, lett. o).
  • La Dichiarazione Ministeriale di Londra del 1999, in cui si sostiene – nel documento che prelude – che le buone prassi nella gestione della salute, dell’ambiente e della sicurezza si propongono principalmente di: 1) Assicurare un ambiente di lavoro sano e sicuro; 2) Assicurare l’equilibrio ottimale tra interessi diversi dell’organizzazione, da un lato, e le capacità di lavoro e la salute di tutto il personale e delle relative famiglie, dall’altro; e 3) Fornire servizi sani e sicuri dal punto di vista ambientale.
  • La Conferenza europea di Bilbao del 2002, organizzata dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro in collaborazione con la Presidenza dell’Unione europea; tale conferenza è stata la manifestazione conclusiva di un’importante campagna di sensibilizzazione a livello europeo sul crescente problema di salute e sicurezza costituito dallo stress lavoro-correlato (essa ha visto la realizzazione di una serie di workshop, dibattiti e la premiazione degli esempi di buone prassi nel settore della sicurezza e salute sul lavoro; v. Preventing Psychosocial Risks).

 

 

Le linee ministeriali in tema di benessere organizzativo

Con specifico riguardo al Pubblico Impiego, va menzionata inoltre la Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica emanata il 24 marzo 2004.

Con questa direttiva si demanda alle Pubbliche amministrazioni di attivarsi, oltre che per raggiungere obiettivi di efficacia e di produttività, anche per realizzare e mantenere il benessere fisico e psicologico delle persone, attraverso la costruzione di ambienti e relazioni di lavoro che contribuiscano al miglioramento della qualità della vita dei lavoratori e delle prestazioni. Si afferma infatti che per lo sviluppo e l’efficienza delle amministrazioni, le condizioni emotive dell’ambiente in cui si lavora, la sussistenza di un clima organizzativo che stimoli la creatività e l’apprendimento, l’ergonomia – oltre che la sicurezza – degli ambienti di lavoro, costituiscano elementi di fondamentale importanza ai fini dello sviluppo e dell’efficienza delle amministrazioni pubbliche. Ed ancora si dice: Per migliorare le prestazioni e gli effetti delle politiche pubbliche, è importante offrire agli operatori la possibilità di lavorare in contesti organizzativi che favoriscono gli scambi, la trasparenza e la visibilità dei risultati del lavoro, in ambienti dove esiste un’adeguata attenzione agli spazi architettonici, ai rapporti tra le persone e allo sviluppo professionale. 
Il Dipartimento della funzione pubblica ha collocato tra le priorità di cambiamento da sostenere nelle amministrazioni pubbliche, quella di creare specifiche condizioni che possano incidere sul miglioramento del sistema sociale interno, delle relazioni interpersonali e, in generale, della cultura organizzativa. Si intende inoltre segnalare all’attenzione delle amministrazioni pubbliche un aspetto rilevante per lo sviluppo delle motivazioni al lavoro spesso trascurato nella tradizionale gestione del personale nelle amministrazioni pubbliche. Si tratta, quindi, di rendere le amministrazioni pubbliche datori di lavoro esemplari attraverso una rinnovata attenzione ad aspetti non monetari del rapporto di lavoro, consentendo l’avvio di modelli gestionali delle risorse umane diretti a favorire il miglioramento degli ambienti di lavoro, l’aumento dei livelli di produttività, nel contesto delle relazioni sindacali.

La direttiva, contenente obiettivi certamente molto elevati, fornisce poi ampie e specifiche indicazioni su finalità, modalità e strumenti per il perseguimento degli stessi. Sulla base di tali finalità ed indicazioni, il Ministero della Funzione Pubblica (oggi Ministero per la pubblica amministrazione e innovazione) offre gratuitamente alle amministrazioni pubbliche interessate al tema l’opportunità di progettare e realizzare un’indagine sul clima ed il benessere della propria organizzazione, fornendo agli enti gli strumenti operativi necessari allo scopo (c.d. Kit del benessere organizzativo, composto di guida, questionario, ed software per la immissione e la rielaborazione dei dati).

Tale indagine (v. anche voce indagini di clima) consente la valutazione dei differenti aspetti legati alla convivenza organizzativa (dalla sicurezza dei luoghi, ai livelli di comfort, dallo stress lavoro-correlato alle relazioni ed alla gestione dei conflitti, ecc.) al fine di identificare i punti di possibile intervento volti a favorire lo sviluppo della motivazione ed il senso di appartenenza del lavoratore.

In molteplici pubbliche amministrazioni sono state svolte indagini di clima secondo la direttiva summenzionata, e sono stati restituiti, in maniera ricorrente, i seguenti risultati: in tema di valorizzazione, numerose amministrazioni sono percepite come incapaci di dare il giusto valore alle persone, di utilizzare appieno le competenze presenti e di far crescere professionalmente il proprio personale; in tema di equità le persone percepiscono come non equo il rapporto tra quanto danno e quanto ricevono dall’amministrazione, sia nei termini di inadeguatezza dei sistemi di valutazione sia nei termini dell’assenza di pari opportunità di carriera; in tema di relazioni, le persone valutano come positivo il rapporto con i colleghi, difficoltoso quello con i dirigenti e, specularmente, i dirigenti non rilevano un buon livello di collaborazione e non si sentono riconosciuti come guide utili nei processo produttivi (fonte: Bruna Pelizzoni, Indagine sul benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni, atti del Convegno di Verona, 9 febbraio 2006). Indagini che hanno portato ad analoghi risultati sono state condotte da molti comitati per la prevenzione del fenomeno del mobbing.

Si segnala inoltre che con la Legge 183/2010, all’art. 21 sono stati introdotti i CUG, preposti a garantire le pari opportunità, il benessere di chi lavora e l’assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche.

Anche la legge finanziaria del 2018 (L. 205/2017, comma 218) impone l’adozione di tutte le misure più efficaci per la promozione del benessere e per il mantenimento, all’interno dei luoghi di lavoro, di un clima rispettoso della dignità, della libertà (anche sessuale), delle corrette relazioni, dell’eguaglianza (v. art. 26, comma 3 ter Decreto Legislativo 198/2006).
In base alla disposizione sopra richiamata risulta centrale il ruolo anche del sindacato nel sollecitare le imprese ad adottare codici e comportamenti improntati al benessere; solo un lavoro “sano”, infatti, consente la realizzazione piena dell’essere umano all’interno di una delle “formazioni sociali” più importanti, il luogo di lavoro, dove l’individuo si completa e si realizza sia professionalmente che moralmente.

Poiché il malessere lavorativo può riguardare difficoltà legate alla conciliazione, giova menzionare anche il diritto di precedenza nell’accesso allo smartworking previsto nella legge finanziaria per il 2019 (L. 145/2018, comma 486) per le madri entro 3 anni dalla conclusione della maternità obbligatoria e per i lavoratori che assistono figli con disabilità ai sensi della legge 104.
Nella pubblica amministrazione, criteri di priorità nell’accesso allo smartworking riguardano “coloro che si trovano in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei/delle dipendenti impegnati/e in attività di volontariato (v. linee guida lavoro agile Presidenza del Consiglio dei Ministri 2017).