Tribunale d’appello del Canton Ticino, 16 febbraio 2016
Riconosciuta l’esecutività in Svizzera di una sentenza di condanna emessa da un tribunale del lavoro italiano a seguito del riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato svoltosi “in nero”
Si segnala una ordinaria vicenda di illegalità, che fa tuttavia sperare nella possibilità, pur faticosa, di tutelare i diritti del lavoro. Un imprenditore privo di scrupoli subisce una condanna da parte del Tribunale di Milano per un rapporto di lavoro protrattosi in nero per ben 17 anni (v. la segnalazione della pronuncia nell’archivio delle newsletter di Wikilabour: sentenza del Tribunale di Milano del 10 giugno 2014). Il datore di lavoro, risultato così debitore di una somma ingente, tenta in ogni modo di sottrarsi ai propri obblighi, avendo spostato da tempo residenza e beni in Svizzera, e costringendo la lavoratrice a inseguirne le sostanze in quel Paese con una azione esecutiva all’estero. Qui il debitore tenta di bloccare l’esecutività del provvedimento, nel frattempo impugnato in Italia, ma il Tribunale del Canton Ticino dà ragione alla lavoratrice: il giudice nega la necessità di attendere la sentenza di appello italiana, non essendo necessario il passaggio in giudicato della decisione per la sua esecuzione. L’unica possibilità di bloccare l’esecutività di una sentenza estera (che sia esecutiva nello stato di provenienza) risiederebbe nella carenza “evidente” della pronuncia stessa o in una elevata probabilità di riforma in appello, elementi assenti nella vicenda.