Revoca del licenziamento di lavoratrice in gravidanza: i 15 giorni decorrono dall’impugnazione, non dalla successiva comunicazione della gravidanza
Corte di Cassazione, sentenza 7 ottobre 2025, n. 26954
Una dipendente, licenziata in data 4 maggio 2022 per giustificato motivo oggettivo, quando era in gravidanza, aveva dapprima impugnato in modo generico il recesso e successivamente comunicato al datore di lavoro il proprio stato. Conseguentemente l’impresa aveva revocato il licenziamento e invitato la dipendente a riprendere servizio, al quale invito la lavoratrice non aveva adempiuto, sostenendo la tardività della revoca a norma dell’art.5 del d.lgs. n. 23/2015 e impugnando su tale base il recesso. La Cassazione accoglie il ricorso della lavoratrice chiarendo che: (i) l’art. 5 del d.lgs. n. 23/15 attribuisce al datore, nel quadro di un procedimento speciale rispetto alla normativa ordinaria sui licenziamenti illegittimi, il diritto potestativo di revocare entro 15 giorni il licenziamento, col ripristino immediato e retroattivo del rapporto e delle retribuzioni perdute, ma azzerando le ulteriori ordinarie conseguenze favorevoli al dipendente; (ii) trattasi pertanto di istituto eccezionale, la cui disciplina è di stretta interpretazione e va applicata secondo il suo tenore letterale, che fissa il termine di quindici giorni dalla comunicazione dell’impugnazione, senza distinguere in base alla conoscenza del motivo di invalidità; (iii) trattandosi di un termine di decadenza, non è suscettibile né di sospensione né di interruzione; (iv) la conoscenza successiva dello stato di gravidanza non incide sul decorso del termine, dato che la tutela della maternità non può essere subordinata a un obbligo della lavoratrice di informare preventivamente il datore di lavoro della propria condizione.