Stato attivo

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Il D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) ha modificato la disciplina sul fallimento: parte del nuovo codice è vigente dal 16 marzo 2019, mentre il resto della disciplina entrerà in vigore in data 1 settembre 2021.

 

Questa voce è stata curata da Francesca Ajello

Scheda sintetica

Lo scopo fondamentale della procedura concorsuale di fallimento è rappresentato dalla creazione delle condizioni necessarie affinché i creditori dell’imprenditore fallito trovino soddisfazione delle proprie ragioni, ossia affinché i crediti di cui essi sono titolari vengano pagati.

Il pagamento di tali soggetti avviene attraverso la distribuzione fra costoro delle somme che vengono ricavate dalla vendita dei beni appartenenti al debitore.

Affinché ciò sia possibile, è pertanto necessario che la procedura si articoli in più fasi, tutte finalizzate allo scopo descritto:

  1. accertamento del passivo
  2. liquidazione dell’attivo
  3. ripartizione dell’attivo.

Mentre la prima fase ha lo scopo di individuare quali crediti abbiano diritto ad ottenere il pagamento (per l’approfondimento si vede la voce Stato passivo), le successive sono le fasi rispettivamente dedicate all’identificazione, apprensione e vendita dei beni e alla distribuzione del ricavato di tale vendita.

Anche queste ultime, sono espressamente disciplinate dalla legge fallimentare e si articolano in ulteriori sottofasi, tese a garantire che l’amministrazione del patrimonio (che rimane nelle mani del curatore) sia il più possibile trasparente ed efficiente.

Ciò detto, consegue che, qualora il datore di lavoro sia dichiarato fallito, il lavoratore dovrà in primo luogo insinuarsi allo stato passivo, secondo le regole stabilite dalla legge fallimentare.

Il pagamento di quanto dovuto e accertato avverrà solo in un secondo momento, quando cioè il curatore avrà provveduto alla liquidazione del patrimonio e quando gli sarà possibile ripartire le somme ricavate fra i vari creditori.

Si ricorda che i crediti retributivi godono del privilegio ex art. 2751 bis n. 1 e hanno pertanto diritto di essere soddisfatti dopo i crediti prededucibili e prima dei crediti chirografari.

Normativa di riferimento

  • Regio decreto 16.03.1942 n. 267 (cd. legge fallimentare) come modificato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n° 5 e in particolare artt. da 104 a 117
  • D.Lgs. 169/2007

 

Scheda di approfondimento

Come detto, affinché i creditori ottengano il pagamento di quanto loro spettante, è necessario che in un primo momento i beni del fallito vengano individuati, valutati e venduti e che, successivamente, le somme ricavate dalla vendita vengano ripartite fra i creditori che sono stati ammessi allo stato passivo del fallimento.

Di conseguenza la legge fallimentare distingue fra:

  • Liquidazione dell’attivo
  • Ripartizione dell’attivo

 

Liquidazione dell’attivo

Con la dichiarazione di fallimento, l’imprenditore viene privato dell’amministrazione e della disponibilità di tutti i suoi beni esistenti in quella data.

La loro amministrazione è così affidata ad un soggetto (cd. curatore fallimentare) che ha il compito di gestire il patrimonio del debitore in modo da poter pagare i soggetti che vantano dei crediti nei suoi confronti.

Il curatore in questa fase deve:

  • identificare i beni appartenenti al fallito: per i beni immobili, sarà sufficiente la consultazione dei registri immobiliari, mentre per i beni mobili l’attività richiesta diviene più complessa;
  • entrare in possesso di tali beni, mediante la materiale apprensione o mediante l’apposizione dei sigilli;
    redigere l’inventario nel più breve tempo possibile e secondo le norme del codice di procedura civile, con l’assistenza del cancelliere e la presenza del fallito e del comitato dei creditori se costituito;
  • predisporre il programma di liquidazione, ossia l’atto attraverso il quale descrive modalità e termini in base ai quali realizzerà l’attivo, che deve essere approvato dal comitato dei creditori se costituito.

Compiute le operazioni elencate, il curatore può procedere con la vendita dei beni, affinché il loro valore venga monetizzato e diventi pertanto possibile distribuire detto valore fra i creditori concorsuali.

La legge fallimentare prevede che la vendita possa riguardare sia l’azienda intesa nel suo complesso, sia rami d’azienda o beni e rapporti individuabili in blocco, sia i singoli beni.

Tuttavia, esprime manifesta preferenza per le prime due ipotesi, ritenendo la terza possibile solo quando da questa ne derivi una maggiore soddisfazione dei creditori.

La ragione di tale previsione si riscontra nel fatto che, se è vero che fra gli obiettivi primari delle procedure concorsuali vi è quello di pagare i debiti dell’imprenditore insolvente, è anche vero che la Riforma del 2006 tende ad affiancare a tale scopo anche la conservazione delle imprese, in quanto nuclei produttivi di attività economiche.

In ogni caso, la disciplina che il curatore deve rispettare per procedere alla liquidazione è parzialmente unitaria per tutti i casi ora elencati, benché sussistano talune differenze determinate dalla diversità di caratteristiche e dagli scopi perseguiti.

Le vendite nell’ambito del fallimento mantengono infatti il loro carattere coattivo e debbono essere effettuate secondo gli specifici meccanismi previsti dagli artt. 105, 106 e 107 l.f., che impongono l’effettuazione delle operazioni mediante procedure competitive e previa valutazione dei beni da operatori esperti, affinché sia garantita la maggior trasparenza possibile e dunque adeguate forme di pubblicità e la massima informazione e partecipazione degli interessati.

 

Ripartizione dell’attivo

Una volta effettuata la parziale o totale liquidazione dell’attivo secondo le modalità previste, il curatore deve distribuire le somme che ha ottenuto dalla vendita dei beni del fallito fra tutti i creditori che siano stati ammessi al passivo del fallimento.

L’operazione che l’organo della procedura compie è denominata ripartizione dell’attivo.

Essa può essere parziale (se avviene nel corso della procedura) o finale (qualora avvenga nel momento finale del fallimento e a seguito dell’approvazione del conto della gestione).

Pur sussistendo alcune differenze fra le due ripartizioni, in entrambi i casi il curatore deve comunque redigere:

  • un prospetto delle somme sino a quel momento disponibili (dalle quali devono essere escluse quelle occorrenti per la prosecuzione della procedura e quelle ricevute per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi);
  • un progetto di ripartizione di dette somme fra i creditori ammessi allo stato passivo, secondo l’ordine previsto dalla legge.

Il progetto deve essere depositato in cancelleria su ordine del giudice delegato, il quale dispone altresì che tutti i creditori siano avvisati di tale deposito.
Il progetto è infatti reclamabile dai creditori, che devono agire entro 15 giorni, decorsi inutilmente i quali il giudice dichiara esecutivo il progetto di riparto.

A seguito delle operazioni preliminari brevemente descritte, il curatore può procedere con i riparti seguendo l’ordine stabilito dal legislatore: prima debbono essere soddisfatti i crediti prededucibili (ossia i crediti che, in estrema sintesi, siano sorti in funzione o in occasione delle procedure concorsuali), poi i crediti muniti di una causa di prelazione (come i crediti privilegiati) e infine i crediti chirografari.

Il pagamento avviene nelle modalità stabilite dal giudice delegato e comunque in modo tale da assicurare la prova del pagamento.