Redditi di lavoro dipendente

Tu sei qui:

Questa voce è stata curata da Marco Rovello

 

Scheda sintetica

Nell’ordinamento tributario interno la disciplina generale dei redditi di lavoro dipendente è contenuta al Capo IV, artt. da 49 a 52 del TUIR (Testo Unico Imposte sul Reddito).
In particolare, l’articolo 49 definisce redditi di lavoro dipendente quelli derivanti da “rapporti aventi ad oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri…”.
Costituisce, pertanto, reddito di lavoro dipendente a fini fiscali quella ricchezza che trova causa nel rapporto definito dall’art. 49 del TUIR.
Ci si riferisce in particolare ai seguenti redditi:

  • quelli derivanti da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, alle dipendenze e sotto la direzione di altri. La R.M. 27.7.2005, n.101/E ha confermato che sono reddito da lavoro dipendente anche i premi per una prestazione di lavoro corrisposti da soggetto diverso dal datore di lavoro;
  • quelli da lavoro a domicilio, quando è considerato lavoro dipendente dalla legislazione del lavoro;
  • quelli cd. Equiparati ai redditi da lavoro dipendente, ossia le pensioni e gli assegni equipollenti, compresi gli emolumenti per cessazione di attività diverse da quelle di lavoro dipendente (es. pensioni di professionisti, trattamento di quiescenza dei notai, pensioni di invalidità e reversibilità). Va ricordata, per ciò che riguarda le pensioni estere, la complessa casistica creata dalle diverse convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni (si veda l’art. 76 della Legge 413/91 che prevede l’applicazione di una ritenuta d’imposta del 5% sulle pensioni erogate dalla A.V.S. Svizzera da parte del soggetto erogatore italiano). Per quanto riguarda le pensioni italiane e gli assegni assimilati vanno considerati i casi di esenzione previsti dall’art. 34 del DPR 601/73 (pensioni privilegiate) e da altre leggi speciali (si veda anche art. 3, co. 3, T.U.);
  • in forza del disposto art. 6, co. 2, del T.U. gli interessi e la rivalutazione sui crediti di lavoro. Non è necessario che l’erogazione degli interessi e della rivalutazione consegua da sentenze. Riguardo alle modalità di calcolo degli interessi legali, questi vanno computati sul capitale rivalutato nella misura di volta in volta incrementata alle singole scadenze;
  • le indennità, le somme o i valori percepiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente (es. cassa integrazione, indennità di disoccupazione e, dal 1.1.1998, anche la disoccupazione speciale, mobilità, ecc.), comprese quelle derivanti da transazioni per cause di lavoro e le liberalità (eccedenti il limite di esenzione) erogate in relazione al rapporto di lavoro.

Oltre alle somme in denaro, rientrano tra i redditi di lavoro dipendente anche i cd. “fringe benefits” (compensi in natura).

Il lavoratore dipendente paga le imposte sui redditi da lavoro (vedi IRPEF e addizionali) attraverso il sistema della ritenuta alla fonte.
In sostanza, la tassazione avviene tramite il datore di lavoro che, in qualità di sostituto d’imposta, ha l’obbligo di effettuare, all’atto del pagamento delle somme, una trattenuta a titolo di acconto delle imposte dovute dal dipendente.

L’IRPEF sul reddito di lavoro dipendente viene, quindi, determinata e versata:

  • con il sistema della ritenuta d’imposta effettuata dal datore di lavoro all’atto dell’erogazione di stipendio, salario ed accessori;
  • sulla base della dichiarazione annuale presentata dal dipendente per l’eventuale ulteriore differenza (ad esempio nel caso di possesso di altri redditi).


L’art. 50 elenca in modo analitico i redditi fiscalmente assimilati a quelli di lavoro dipendente, mentre gli artt. 51 e 52 dettano i criteri di determinazione rispettivamente dei redditi di lavoro dipendente e di quelli assimilati a questi ultimi.

Una disciplina del tutto particolare è riservata alla fattispecie del lavoro dipendente prestato all’estero, contenuta nell’art. 51, comma 8-bis, mentre il trattamento fiscale relativo ai redditi di lavoro dipendente prestato in Italia da non residenti è disciplinato dall’art. 23 del TUIR.

Per ulteriori informazioni si vedano anche le voci:

 

 

Determinazione dei redditi di lavoro dipendente

Il reddito imponibile è costituito da tutti gli emolumenti in denaro (retribuzioni, stipendi e pensioni), indennità, premi e indennizzi vari, contingenza e straordinari), in natura o sotto forma di erogazioni liberali, corrisposti nel periodo d’imposta, decurtati delle trattenute previdenziali.
I redditi di lavoro dipendente concorrono alla formazione dell’imponibile secondo il criterio di cassa (cioè quando sono percepiti).
Dai redditi 1998, si considerano percepite nel periodo d’imposta anche le somme corrisposte dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferiscono (in tal caso, si parla di “principio di cassa allargato” – es. compensi relativi al 2008 corrisposti il 10/1/2009 vanno inclusi nel reddito 2008 del dipendente).
Tale eccezione deriva da un’esigenza pratica, che è quella di consentire ai sostituti di imposta di effettuare le ritenute derivanti dalle operazioni di conguaglio di fine anno.
La determinazione del reddito di lavoro dipendente vale anche come base imponibile ai fini previdenziali (cosiddetto “principio della unificazione della base imponibile fiscale e previdenziale”), salvo alcune eccezioni appositamente stabilite.
Tuttavia, ai fini previdenziali, si applica il criterio di competenza, poiché si fa riferimento solo ai redditi maturati nel periodo di imposta.
L’art. 51 indica inoltre quali prestazioni e somme non concorrono a formare il reddito.

 

Fonti normative

  • Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600
  • Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917
  • Decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito dalla legge n. 286 del 24 novembre 2006)
  • Decreto legge 2 luglio 2007, n. 81 (convertito dalla legge n. 127 del 3 agosto 2007)
  • Decreto legge 27 maggio 2008, n. 93 (convertito dalla legge n. 126 del 24 luglio 2008)
  • Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla legge n.133 del 6 agosto 2008)
  • Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E del 23 dicembre 1997
  • Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 21/E del 17 aprile 2007
  • Circolare dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali n. 49 dell’11 luglio 2008
  • Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 59/E del 22 ottobre 2008

 

 

A chi rivolgersi

  • Centri di Assistenza Fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati (CAF – costituiti dalle Associazioni sindacali o dai datori di lavoro)
  • Professionisti abilitati (dottori commercialisti, consulenti del lavoro)
  • INPS, INAIL

 

 

Pensioni

Costituiscono reddito di lavoro dipendente e sono ugualmente tassati le pensioni (comprese le pensioni privilegiate ordinarie) e gli assegni equiparati (comprese pensioni di invalidità e pensioni assistenziali, nonché pensioni relative ad attività diverse dal lavoro dipendente quali le pensioni di professionisti ed artigiani).
La circolare INPS 10/8/2005, n.101 fornisce chiarimenti sulla rivalutazione automatica delle pensioni per i titolari di più trattamenti pensionistici e sull’assoggettamento ad IRPEF di questi soggetti.
A decorrere dall’1.1.2009 saranno cumulabili con i redditi di lavoro dipendente (ed autonomo) diverse tipologie di pensione (tra cui quella diretta di anzianità obbligatoria, quella di vecchiaia e quella a carico della Gestione separata INPS).
Non costituiscono reddito le pensioni, gli assegni o le indennità di guerra, di invalidità, ecc. (art. 77, DPR 915/78).
Le pensioni privilegiate tabellari percepite dai militari volontari che abbiano contratto un’infermità durante il periodo corrispondente alla ferma di leva obbligatoria sono esenti da IRPEF.
Sono ugualmente esenti da IRPEF le somme corrisposte a titolo di interessi moratori e di rivalutazione monetaria per ritardato pagamento di tali pensioni agli aventi diritto, in quanto hanno carattere accessorio rispetto alla prestazione principale.
Dal 1999 è esclusa dall’imponibile IRPEF la maggiorazione sociale delle pensioni.
Da ultimo la Legge 3/8/2004, n. 206 prevede l’esenzione da IRPEF delle pensioni spettanti a coloro che hanno subito un’invalidità permanente inferiore, superiore o pari all’80% della capacità lavorativa causata da atti terroristici ed eventuali superstiti in caso di morte della vittima di atti terroristici: in caso di invalidità pari o superiore all’80% l’esenzione da IRPEF è totale, mentre in caso di invalidità inferiore all’80% (art. 3, co. 1, Legge 206/2004) l’esenzione da IRPEF è limitata alla parte di pensione maturata costituita dall’aumento figurativo di 10 anni di versamenti contributivi necessari ad aumentare, per una pari durata, l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, il TFR.
Sono esenti da IRPEF anche i sussidi assistenziali secondo quanto disposto dall’art. 34, co. 3, DPR 601/73.
Per ciò che concerne le indennità integrative speciali corrisposte dai Fondi pensione istituiti presso l’INPS e l’INAIL in aggiunta ad altre somme erogate a titolo di previdenza integrativa, queste sono tassate nella misura dell’87,5% anche qualora costituiscano la sola prestazione erogata, limitatamente agli importi maturati fino al 31.12.2000.
Con riferimento alle pensioni estere va detto che, in genere le pensioni pubbliche (cioè pagate dallo Stato o da enti pubblici) sono imponibili solo nello stato da cui provengono. Le pensioni private sono, invece, imponibili nel paese di residenza del beneficiario.
E’ da notare che le pensioni estere di invalidità, se equiparate a rendite INAIL, non sono soggette a tassazione in Italia.
Le rendite di pensione estera, di cui sono titolari i minatori che hanno contratto malattie professionali, sono esenti da IRPEF.

 

Fonti normative

  • Circolare INPS 10/8/2005, n.101
  • art. 77, DPR 915/78
  • Legge 3/8/2004, n. 206
  • art. 3, co. 1, Legge 206/2004
  • art. 34, co. 3, DPR 601/73

 

 

A chi rivolgersi

  • Centri di Assistenza Fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati (CAF – costituiti dalle Associazioni sindacali o dai datori di lavoro)
  • Professionisti abilitati (dottori commercialisti, consulenti del lavoro)
  • INPS, INAIL

 

 

Indennità e i rimborsi corrisposti dal datore di lavoro

 

Indennità di trasferta

Quando il dipendente riceve l’incarico di svolgere temporaneamente un servizio fuori della sua abituale sede di lavoro, generalmente gli vengono corrisposti, sia un’indennità di trasferta che il rimborso delle spese sostenute.
L’indennità di trasferta è assoggettata a tassazione in modo differente a seconda che si tratti di:

  • Trasferte nell’ambito del territorio comunale dove si trova la sede di lavoro: le indennità e i rimborsi di spese per tali trasferte concorrono integralmente a formare il reddito; sono esclusi i rimborsi di spese di trasporto, comprovate da documenti provenienti dal vettore (biglietti, autobus, ricevuta taxi) poiché costituiscono una restituzione delle spese sostenute dal dipendente.
  • Trasferte fuori del territorio comunale dove si trova la sede di lavoro: per tali trasferte vi sono tre sistemi, l’uno alternativo all’altro, a seconda del tipo di rimborso:
    • Indennità forfetaria di trasferta: le indennità di trasferta sono escluse dal reddito imponibile fino all’importo di 46,48 euro al giorno, elevato a 77,47 euro per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e trasporto sempre che siano rimborsate analiticamente. Le somme eccedenti questi limiti sono soggette a tassazione. Agli autotrasportatori, cui viene corrisposta un’indennità di trasferta solo ed esclusivamente per i giorni di effettuazione della prestazione lavorativa fuori dalla sede di lavoro, si applica l’ordinario regime fiscale della trasferta descritto sopra. I limiti di esenzione per le trasferte non sono riducibili in base ad accordo fra datore di lavoro e lavoratore. L’indennità di trasferta cessa dopo 240 giorni di missione continuativa effettuata in una stessa località.
    • Rimborso analitico (rimborsi a piè di lista): dall’1.1.1998 i rimborsi analitici delle spese di vitto e alloggio, quelli delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica, e quelle di trasporto, non concorrono a formare il reddito, quando le spese stesse sono rimborsate sulla base di idonea documentazione. Il rimborso di ulteriori altre spese non documentabili (ad esempio, la lavanderia, il telefono, il parcheggio, le mance, eccetera), se analiticamente attestate dal dipendente in trasferta, è tassato solo se superiore a 15,49 euro al giorno (25,82 euro per le trasferte all’estero).
    • Rimborso misto (indennità forfetaria + rimborso parziale spese): se insieme al rimborso analitico delle spese di vitto e alloggio è corrisposta anche un’indennità di trasferta, le franchigie di 46,48 euro e 77,47 euro sono ridotte. Anche in questa fattispecie, i rimborsi delle spese di viaggio e di trasporto, sempre che analiticamente documentate, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente.


In particolare, la quota esente di indennità di trasferta è ridotta:

  • di un terzo (quindi è pari a 30,99 euro e 51,65 euro per trasferte all’estero), in caso di rimborso delle spese di alloggio o di vitto (anche in caso di vitto o alloggio fornito gratuitamente);
  • di due terzi (quindi si riduce a 15,49 euro e 25,82 euro per trasferte all’estero), se sono rimborsate sia le spese di alloggio che quelle di vitto (anche in caso di vitto o alloggio fornito gratuitamente).

NB.: Diversa dall’indennità di trasferta è l’indennità o maggiorazione di retribuzione riconosciuta ai “trasfertisti”.
I trasferisti sono quei lavoratori tenuti per contratto all’espletamento dell’attività lavorativa in luoghi sempre diversi, ai quali, in funzione delle modalità di svolgimento dell’attività, sono attribuite delle somme non in relazione ad una specifica “trasferta”.
Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione corrisposte ai trasfertisti sono imponibili nella misura del 50 per cento del loro ammontare.

 

Autorizzazione alla trasferta

Dall’1.1.1998, per ottenere l’esclusione dell’indennità chilometrica dal reddito del dipendente, non è più necessaria l’autorizzazione scritta del datore di lavoro alla trasferta con i dati della percorrenza e del tipo di auto. Le spese relative alla trasferta devono risultare dalla normale documentazione conservata dal datore di lavoro. La disposizione si applica anche per le trasferte all’estero.

 

Altri rimborsi

  • Rimborso forfetario corrisposto a funzionari addetti a verifiche fiscali: rappresenta un’indennità di trasferta soggetta alla disciplina dell’art. 51, co. 5, DPR 917/1986.
  • Rimborsi e indennità corrisposti a ufficiali della riscossione: tali rimborsi per spese di trasferte nell’ambito del territorio comunale in cui si trova la sede del lavoro concorrono alla formazione del reddito imponibile (ad esclusione dei rimborsi per spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore) mentre quelli per trasferte fuori dal territorio comunale (in Italia) concorrono alla formazione del reddito imponibile nel limite di € 46,48 giornalieri. Le indennità per il servizio di notifica concorrono per intero alla formazione del reddito imponibile.

 

 

Indennità di trasferimento

Per le indennità di trasferimento e/o di prima sistemazione è previsto un trattamento favorevole.
Dall’1.1.1998 esse fruiscono di un abbattimento al 50 per cento della base imponibile, per un importo complessivo annuo non superiore a:

  • 1.549,37 euro per i trasferimenti all’interno del territorio nazionale;
  • 4.648,11 euro per quelli fuori dal territorio nazionale (trasferimenti dall’Italia all’estero) o per i quali avviene il trasferimento nel territorio nazionale (dall’estero all’Italia);
  • 6.197,48 euro se nello stesso periodo il dipendente subisce sia il trasferimento all’estero sia un trasferimento in Italia.

Condizione per l’applicazione di tale regime agevolato è che il mutamento di destinazione della sede di lavoro intervenga in un momento successivo all’instaurazione del rapporto di lavoro.
Se l’indennità è corrisposta per più anni, l’agevolazione è riconosciuta comunque solo su quella corrisposta per il primo anno, intendendosi per anno un periodo di 365 giorni decorrente dalla data del trasferimento.
Non costituisce invece reddito imponibile il rimborso di talune spese da parte del datore di lavoro, in aggiunta alla corresponsione dell’indennità, se analiticamente documentate.

In particolare, si tratta delle seguenti spese:

  • spese di viaggio, anche per i familiari fiscalmente a carico e di trasporto delle cose, strettamente collegate al trasferimento. Non vi rientrano i successivi viaggi che il dipendente fa nel corso dell’anno, ad esempio, per visitare la famiglia che non si è trasferita con lui;
  • spese ed oneri sostenuti dal dipendente in qualità di conduttore, per recesso dal contratto di locazione in dipendenza dell’avvenuto trasferimento della sede di lavoro.

L’agevolazione interessa soltanto il primo viaggio organizzato in occasione del trasferimento, ma non i successivi viaggi.
È ugualmente agevolato il trasporto di cose, purché strettamente collegato al trasferimento.

 

Assegni di sede a altre indennità

Anche gli assegni e le indennità (anche le indennità di impiego operativo corrisposte ai militari impegnati in missioni internazionali) pagate dal datore di lavoro per i servizi prestati dal lavoratore all’estero rientrano nel reddito imponibile per metà del loro importo. Anche l’indennità base percepita da dipendenti pubblici è esente per il 50%; non sono imponibili le relative maggiorazioni.
Quando l’indennità per servizi prestati all’estero comprende compensi spettanti anche con riferimento all’attività prestata nel territorio nazionale, la riduzione del 50 per cento spetta solo sull’indennità e non anche sui citati compensi.

 

Indennità di navigazione e di volo

E’ previsto lo stesso trattamento delle indennità e maggiorazioni ai trasferisti. In particolare, con riferimento alle indennità di volo si veda la R.M. 4.5.2004, n.67/E. Tuttavia all’indennità di navigazione a terra percepita da ex naviganti in pensione non è riconosciuta la riduzione del 50% prevista per l’indennità di navigazione e volo.

 

Altri rimborsi

Sono soggetti ad IRPEF i compensi erogati dal datore di lavoro ai lavoratori dipendenti a titolo di rimborso forfetario delle spese sostenute da questi ultimi per l’effettuazione di notifiche.
Non devono invece essere tassati in quanto sostenuti dal dipendente per raggiungere le risorse informatiche dell’azienda per espletare l’azione lavorativa i rimborsi dei costi documentati per collegamenti telefonici del telelavoratore di un ente pubblico.

 

A chi rivolgersi

  • Centri di Assistenza Fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati (CAF – costituiti dalle Associazioni sindacali o dai datori di lavoro)
  • Professionisti abilitati (dottori commercialisti, consulenti del lavoro)

 

 

Premi e indennizzi vari

  • Premi di anzianità: formano il reddito del dipendente le somme corrisposte dal datore di lavoro per il raggiungimento di una certa anzianità di servizio.
  • Polizze sanitarie: concorrono a formare il reddito del dipendente i premi per assicurazioni sanitarie pagate dal datore di lavoro e i rimborsi effettuati dallo stesso a fronte di spese sanitarie che danno diritto alla detrazione di cui all’art.15, DPR 917/1986 sostenute dal lavoratore dipendente.
  • Indennizzi per infortuni professionali: rientrano tra le somme e i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro di cui all’art. 51, co. 1, DPR 917/1986 e sono assoggettati a ritenuta d’acconto.
  • Indennizzo per differenza del maggior canone di locazione: la somma corrisposta in base al CCNL dal datore di lavoro al proprio dipendente per coprire la differenza del maggiore canone di locazione sostenuto da quest’ultimo per un trasferimento non richiesto è soggetta a tassazione, non avendo funzione risarcitoria o di rimborso spese, in quanto erogata per coprire una spesa sostenuta non nell’esclusivo interesse dell’azienda ma anche per soddisfare esigenze personali del dipendente.
  • Incentivi all’esodo: le somme corrisposte dal datore di lavoro come incentivo alle dimissioni anticipate del dipendente non sono esenti da IRPEF, bensì soggette a tassazione separata.
  • Incentivi ai ricercatori residenti all’estero che rientrano in Italia: nel periodo 2003-2008 per svolgere l’attività possono usufruire di un abbattimento al 10% del reddito di lavoro dipendente ai fini delle imposte dirette nel periodo di imposta in cui acquisiscono la residenza in Italia e nei due successivi a condizione che:
    • siano in possesso di titolo di studio universitario o equiparato;
    • abbiano svolto attività di ricerca all’estero per almeno due anni;
    • nel periodo di tassazione agevolata conservino la residenza fiscale in Italia.

 

 

A chi rivolgersi

  • Centri di Assistenza Fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati (CAF – costituiti dalle Associazioni sindacali o dai datori di lavoro)
  • Professionisti abilitati (dottori commercialisti, consulenti del lavoro)

 

 

Compensi in natura (Fringe benefits)

I fringe benefits rappresentano forme di remunerazione aggiuntive alla retribuzione principale, concesse dal datore di lavoro al dipendente.
Si tratta, in sostanza, di compensi in natura quantificabili, ai fini fiscali, in base al loro “valore normale”. (Per valore normale si intende il prezzo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o di quelli simili, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione. Occorre inoltre far riferimento al tempo e al luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, al tempo e al luogo più prossimi. Per determinare il valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle Camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso).
Una volta quantificati i compensi in natura, essi costituiranno reddito per il lavoratore dipendente a seconda che l’importo complessivo determinato con riferimento al periodo d’imposta ecceda, o meno, l’importo di 258,23 euro.
Se il rapporto di lavoro si interrompe prima della fine dell’anno solare e il dipendente inizia un altro rapporto di lavoro, sempre nello stesso anno, è necessario considerare, ai fini del computo del suddetto limite, anche i fringe benefits eventualmente concessi dal precedente datore di lavoro.
Inoltre, una volta superato il limite di 258,23 euro, il valore dei fringe benefits deve essere assoggettato a tassazione interamente.

Non concorrono a formare il reddito del dipendente:

  • il servizio di trasporto del lavoratore sul posto di lavoro organizzato dal datore di lavoro, anche se affidato a terzi. Sono tassabili i rimborsi di biglietti o abbonamenti a mezzi pubblici e in generale le altre spese sostenute dal lavoratore per recarsi al lavoro;
  • l’utilizzazione delle opere e dei servizi di cui all’art. 100, co. 1 , DPR 917/1986 da parte dei dipendenti e dei familiari a carico.

In deroga a criterio di valutazione basato sul valore normale, per i più diffusi fringe benefits sono previste regole specifiche di determinazione.
In particolare, vi sono criteri forfetari di quantificazione del valore dei seguenti fringe benefits:

  • veicoli aziendali;
  • prestiti;
  • fabbricati concessi in locazione, uso o comodato;
  • trasporto ferroviario prestato al dipendente;
  • beni e servizi ceduti gratuitamente ai dipendenti.

 

 

A chi rivolgersi

  • Centri di Assistenza Fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati (CAF – costituiti dalle Associazioni sindacali o dai datori di lavoro)
  • Professionisti abilitati (dottori commercialisti, consulenti del lavoro)

 

 

I veicoli aziendali

Per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori utilizzati oltre che per esigenze di lavoro anche per uso privato (concessi cioè in uso promiscuo), si utilizza un criterio forfetario che prescinde dalla effettiva percorrenza e dai costi effettivamente sostenuti.
Il valore del fringe benefit è pari al 30 per cento dell’importo che corrisponde a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri, calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle ACI, al netto dell’ammontare eventualmente trattenuto al dipendente per l’utilizzo del mezzo (le tabelle nazionali sono elaborate annualmente dall’ACI e pubblicate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze entro la fine dell’anno, con effetto dal periodo d’imposta successivo. Se il modello del veicolo non è compreso tra quelli inclusi nelle tabelle ACI, il fringe benefit deve essere determinato prendendo a riferimento la tariffa relativa al veicolo presente nella tabella avente le caratteristiche più simili al modello in questione).
Se il veicolo non è concesso in uso promiscuo, la suddetta regola forfetaria di valorizzazione del fringe benefit non trova applicazione.
In tale ipotesi:

  • per il veicolo concesso per uso esclusivamente personale, il valore del fringe benefit è determinato secondo la regola generale del valore normale;
  • l’utilizzo di veicoli per uso esclusivamente aziendale non concorre, invece, a formare il reddito del dipendente.

 

 

I prestiti

Tutte le forme di finanziamento concesse dal datore di lavoro al dipendente (eccetto quelle indicate più avanti) rappresentano fringe benefits, indipendentemente dalla loro durata.
Sono compresi anche i finanziamenti concessi da terzi (ad esempio un istituto di credito) con i quali il datore di lavoro ha stipulato un accordo o una convenzione.
Il valore del prestito sul quale il datore di lavoro è obbligato ad effettuare la trattenuta d’imposta è pari al 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto (oggi tasso di riferimento) stabilito dalla Banca Centrale Europea (vigente al termine di ciascun anno) e gli interessi calcolati al tasso applicato sugli stessi.
La disposizione non si applica ai seguenti prestiti:

  • i finanziamenti di durata non superiore a 12 mesi concessi (a seguito di accordi aziendali) ai dipendenti con contratto di solidarietà ed in cassa integrazione guadagni;
  • i finanziamenti concessi fino al 31 dicembre 1996;
  • gli acconti e le anticipazioni della retribuzione;
  • i prestiti concessi ai dipendenti vittime dell’usura;
  • le somme concesse ai dipendenti per danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive.

Per le categorie sopra citate il reddito è dato dal costo specifico.

 

Fabbricati concessi in locazione, uso o comodato

Il criterio di determinazione del valore di un fabbricato concesso al dipendente è diverso, a seconda che egli abbia o no l’obbligo di dimora nello stesso e che il fabbricato sia iscritto o no in catasto.
In particolare:

  • se il dipendente non ha obbligo di dimora e il fabbricato è iscritto in catasto, il reddito per il dipendente è costituito dalla differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore, e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso;
  • se il dipendente ha l’obbligo di dimora (ad esempio l’immobile concesso al portiere dello stabile) e il fabbricato deve essere iscritto in catasto, il reddito per il dipendente è costituito dal 30 per cento della differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore, e quanto corrisposto per il godimento dell’immobile;
  • se il fabbricato non è iscritto in catasto (ad esempio, i fabbricati situati all’estero), il reddito di lavoro dipendente è dato dalla differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato, e quanto corrisposto o trattenuto per il godimento del fabbricato.

NB: Per spese inerenti il fabbricato si intendono anche le utenze pagate dal datore di lavoro (luce, gas, telefono, tassa rifiuti, ecc.). Non vanno invece considerate le spese che, per definizione, rientrano nella determinazione della rendita catastale (ad esempio, le spese di ordinaria manutenzione).

 

Trasporto ferroviario prestato al dipendente

Dall’1.1.2003 ai fini della determinazione in denaro dei valori percepiti nel corso del periodo di imposta dal dipendente, il trasporto ferroviario di persone prestato gratuitamente si assume in misura corrispondente all’introito medio per passeggero/ chilometro, desunto dal Conto nazionale dei trasporti e stabilito con apposito D.M., per una percorrenza media convenzionale di 2.600 km, al netto di eventuali ammontari trattenuti al dipendente.

 

Beni e servizi ceduti gratuitamente ai dipendenti

Dall’1.1.1998 concorrono alla formazione del reddito in misura pari al valore normale. Se si tratta di beni prodotti dall’impresa (purché impresa di produzione che vende i beni anche a grossisti) il valore normale è pari al prezzo mediamente praticato dall’azienda nelle cessioni ai grossisti.

 

A chi rivolgersi

  • Centri di Assistenza Fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati (CAF – costituiti dalle Associazioni sindacali o dai datori di lavoro)
  • Professionisti abilitati (dottori commercialisti, consulenti del lavoro)

 

 

Prestazioni e somme che non concorrono a formare il reddito

Sono esclusi dal reddito, oltre alle indennità, ai rimborsi spese e ai compensi in natura già indicati nelle rispettive voci:

  • i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal dipendente in base a norme di legge; e i contributi di assistenza sanitaria versati dagli stessi ad enti o casse aventi solo fine assistenziale in base a disposizioni di contratto, accordo o regolamento aziendale, per un importo complessivo non superiore a € 3.615, 20 (anche relativamente ai contributi versati dagli ex lavoratori alle casse di assistenza sanitaria istituite da appositi accordi collettivi – R.M. 11.7.2008, N. 293/E). Per il calcolo di tale limite rilevano anche i contributi versati ai sensi dell’art. 10, co. 1, lett. e-ter), DPR 917/1986. Tuttavia, fino all’entrata in vigore del D.M. Salute previsto da quest’ultimo articolo era prorogata l’efficacia dell’art.1, co. 399, Legge 296/2006 (art. 51, co. 2, lett. a), DPR 917/1986 come modific. dall’art. 1, co. 197-199, Legge 244/2007 – Finanziaria 2008);
  • i contributi previdenziali ed assistenziali versati dal datore di lavoro o dal dipendente per obbligo di legge (sono esclusi i contributi versati dai dirigenti di aziende industriali in pensione al F.A.S.I. sia per la quota a carico degli stessi sia per quella a carico dell’azienda: tali contributi concorrono alla formazione del reddito);
  • i compendi reversibili di cui all’art. 5, co. 1, lett. b) ed f), DPR 917/1986;
  • l’utilizzazione di opere e servizi per finalità di educazione, istruzione, assistenza sociale e sanitaria o culto da parte dei dipendenti e loro familiari;
  • le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità o a categorie di dipendenti per la frequenza di asili nido e colonie climatiche a favore dei familiari a carico o per borse di studio a favore di questi ultimi (dall’1.1.2000). Rientrano tra queste somme anche i rimborsi erogati da una società residente appartenente ad una multinazionale a propri dipendenti esteri trasferiti in Italia per le spese sostenute per la formazione scolastica dei propri figli;
  • le somministrazioni di vitto e alloggio da parte del datore di lavoro e quelle nelle mense aziendali ed interaziendali anche se gestite da terzi e le prestazioni di trasporto collettivo, per tutte le singole categorie di dipendenti, anche se affidate a terzi, ivi comprese quelle rese a mezzo di convenzioni con ristoranti. Dall’1.1.1998 non concorrono alla formazione del reddito se di importo giornaliero fino a € 5,29 (pertanto, la quota da assoggettare a ritenute previdenziali e fiscali, gravata degli oneri accessori a carico dal datore di lavoro per previdenza ed Irap, è pari alla differenza tra il valore del buono assegnato e € 5,29 – vedi C.M. Ec. Fin 24.5.2006, n. 24 per il trattamento dei buoni pasto assegnati a dipendenti pubblici); stesso trattamento si applica alle convenzioni con pubblici esercizi. Se l’orario di lavoro non prevede una pausa pranzo, i buoni pasto non concretizzano una prestazione sostitutiva del servizio di vitto e concorrono, quali compensi in natura, alla formazione del reddito di lavoro dipendente e alla base imponibile contributiva. Anche i lavoratori part-time, il cui orario di lavoro non preveda la pausa pranzo, possono fruire dei buoni pasto in base alla norma dell’art. 51, co. 2 , lett. c), DPR 917/1986. Il DPCM 18.11.2005 fissa nuove regole in merito ad emissione e utilizzo dei buoni pasto;
  • non concorre alla formazione del reddito se effettuata mediante mense aziendali o interaziendali e, dall’1.1.1998, anche se effettuata direttamente dal datore di lavoro senza mense (es. pasti ai camerieri di ristoranti). La somministrazione di pasti ai dipendenti mediante apposite card elettroniche è assimilabile al servizio di mensa aziendale;
  • l’indennità sostitutiva di mensa dall’1.1.1998 non concorre alla formazione del reddito se di importo giornaliero fino a € 5,29 e se corrisposta ad addetti a cantieri edili, ad altre strutture lavorative temporanee o ad altre unità produttive ubicate in zone dove mancano strutture o servizi di ristorazione. Tale indennità non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente e, quindi, non è soggetta a tassazione, fino all’importo giornaliero di € 5,29 se ricorrono contemporaneamente le seguenti condizioni: a) il dipendente deve avere un orario di lavoro che comporti la pausa per il vitto e deve essere addetto stabilmente ad un’unità produttiva intesa come sede di lavoro, l’unità produttiva deve essere ubicata in un luogo che, in relazione al periodo di pausa concesso per il pasto, non permette al dipendente di recarsi, senza mezzi di trasporto, al più vicino luogo di ristorazione per l’utilizzo di buoni pasto.
  • le somme trattenute al dipendente per oneri deducibili di cui all’art. 10, DPR 917/1986, e le erogazioni effettuate dal datore di lavoro, in base a contratti collettivi, accordi e regolamenti aziendali a fronte di spese sanitarie di cui all’art. 10, co. 1, lett. b), DPR 917/1986. Il datore di lavoro deve attestare tali importi;
  • le mance percepite dai croupier nella misura del 25% dell’ammontare annuo;
  • le quote di retribuzione derivanti dall’esercizio della facoltà, da parte del lavoratore, di rinuncia all’accredito contributivo presso l’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti di lavoratori dipendenti o presso forme sostitutive, per il periodo successivo alla prima scadenza utile per il pensionamento di anzianità, dopo aver maturato i requisiti minimi (disposizione aggiunta dalla Legge 23.8.2004, n. 243 in vigore dal 6.10.2004. il D.M. Lavoro e politiche sociali 6.10.2004, di attuazione della legge citata, prevede l’esenzione da IRPEF dell’importo dei contributi non versati dal datore di lavoro che lo stesso deve corrispondere al lavoratore entro il mese successivo al periodo di paga cui gli stessi si riferiscono);
  • le somme a favore delle vittime di attentati terroristici all’estero sono esenti da IRPEF di cui all’art. 4., Legge 20.10.1990, n. 302 e l’assegno vitalizio di cui all’art. 2, Legge 23.1.1998, n. 407 e succ. modif. concesse alle famiglie delle vittime civili italiane degli attentati avvenuti a Nassiriya il 12.11.2003 e ad Istanbul il 15.11.2003 (art. 1, D.Lgs. 28.11.2003, n. 337, conv. con modif. dalla Legge 24.12.2003, n. 369)


Con riferimento a ciò che deve essere considerato o meno concorrente a formare il reddito da lavoro dipendente è importante considerare quanto disposto in materia di stock option.

 

Le Stock option

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 54/E fornisce i chiarimenti sul nuovo trattamento fiscale introdotto con il decreto legge n. 112 del 2008, che ha anche modificato il regime di imponibilità ai fini previdenziali delle azioni assegnate ai dipendenti.
In pratica, dunque, le nuove norme si applicano alle azioni assegnate a decorrere dal 25 giugno 2008 anche se i relativi piani sono stati deliberati prima della data di entrata in vigore del decreto legge 112.
Il regime fiscale agevolato, consistente nell’esclusione dal reddito imponibile da lavoro dipendente della differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione del diritto di opzione e l’ammontare corrisposto dal dipendente, continua invece ad applicarsi alle azioni già assegnate alla data del 25 giugno qualora ne ricorrano tutte le condizioni richieste dalla legge.
Resta invariata anche la disciplina fiscale delle azioni assegnate alla generalità dei dipendenti. In tal caso rimane ferma l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente del valore delle azioni offerte a tutti i dipendenti a condizione che abbiano un valore complessivo non superiore a 2.065,83 euro e non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute dal lavoratore prima di tre anni dall’assegnazione.
Più leggera invece la contribuzione previdenziale. Viene infatti stabilito che i redditi da lavoro dipendente derivanti dall’esercizio di stock option non concorrono all’imponibile contributivo. L’esclusione scatta a partire dalle stock option assegnate dal 25 giugno 2008.

 

L’abolizione del regime delle stock option

L’articolo 82, comma 23, del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 26 agosto 2008, n. 133, ha previsto l’abolizione del suddetto regime agevolato.
In particolare, la citata disposizione ha disposto l’abrogazione della lettera g-bis) contenuta nel citato comma 2 dell’articolo 51 del TUIR; di conseguenza, la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione del diritto di opzione e l’ammontare corrisposto dal dipendente concorre sempre a formare il reddito imponibile da lavoro dipendente.
Il relativo compenso in natura deve essere assoggettamento a ritenuta d’acconto ai sensi dell’art. 23 del DPR 29 settembre 1973, n. 600. A tale fine, il datore di lavoro dovrà cumulare il compenso in natura derivante dall’esercizio delle opzioni con la retribuzione del periodo di paga nel quale è avvenuta l’assegnazione delle azioni.
In caso di incapienza dei contestuali pagamenti in denaro sui quali il datore di lavoro possa esercitare il diritto di rivalsa sulle ritenute da operare, il dipendente sarà tenuto a versare al datore di lavoro l’ammontare della ritenuta per la quale la rivalsa non sia stata operata, ai sensi dell’articolo 23, primo comma, ultimo periodo, del DPR n. 600 del 1973. L’eventuale plusvalenza derivante dalla cessione delle azioni ricevute sarà assoggettata a tassazione quale capital gain, ai sensi dell’articolo 68, comma 6, del TUIR con l’aliquota del 12,50 per cento. Al riguardo, si ricorda che ai fini della determinazione della plusvalenza imponibile deve essere assunto nel costo di acquisto delle azioni il valore assoggettato a tassazione quale reddito di lavoro dipendente. L’eventuale minusvalenza realizzata, determinata secondo i medesimi criteri applicabili per le plusvalenze, è compensabile con plusvalenze della stessa natura nell’ambito del regime del risparmio amministrato ovvero della dichiarazione.
Da ultimo si fa presente che nessuna modifica è stata invece apportata alla disciplina fiscale delle azioni assegnate alla generalità dei dipendenti di cui all’articolo 51, comma 2, lett. g), del TUIR.
Pertanto, rimane ferma l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente del valore delle azioni offerte ai dipendenti a condizione che le azioni:

  • siano offerte alla generalità dei dipendenti;
  • abbiano un valore complessivamente non superiore ad € 2.065,83 per ciascun periodo di imposta; superata tale soglia, la sola eccedenza è assoggettata ad imposizione;
  • non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla assegnazione.

Ovviamente, nel caso di assegnazione gratuita delle azioni, all’atto della successiva cessione l’intero importo del corrispettivo percepito continua a configurarsi come plusvalenza assoggettata ad imposta sostitutiva nella misura del 12,50 per cento.

 

Decorrenza della disposizione

L’articolo 82, comma 24, del decreto-legge n. 112 del 2008 disciplina la decorrenza della disposizione che abroga il regime delle stock option.
Il comma 24 prevede che detta abrogazione “si applica in relazione alla azioni assegnate ai dipendenti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.”
In proposito si precisa che la data di assegnazione delle azioni coincide con quella di esercizio del diritto di opzione, a prescindere dal fatto che la materiale emissione o consegna del titolo (o le equivalenti annotazioni contabili) avvengano in un momento successivo.
Come già chiarito in precedenti documenti di prassi (si veda al riguardo la Risoluzione n. 366/E del 12 dicembre 2007 e la Risoluzione n. 29/E del 20 marzo 2001), il diritto di opzione consegue alla stipula di un contratto con il quale viene attribuito ad una parte il diritto di costituire il rapporto contrattuale definitivo mediante una nuova dichiarazione di volontà. Quindi, diversamente dalla parte vincolata (il datore di lavoro) che non è tenuta a emettere altre dichiarazioni di consenso, l’opzionario (il dipendente) per l’esercizio del diritto a lui attribuito deve manifestare espressamente la volontà di addivenire alla costituzione del contratto definitivo. Pertanto, deve ritenersi che le azioni riservate al dipendente rientrino nella sua disponibilità giuridica, risultando ad esso assegnate, nel momento in cui egli esercita il diritto di opzione.
L’abrogazione del regime fiscale agevolato delle stock option opera, quindi, anche in relazione ai piani già deliberati alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 112 del 2008, con riferimento alle azioni assegnate a decorrere da tale data (25 giugno 2008). Ricorrendo tutte le condizioni richieste dalla legge, il regime fiscale agevolato continua, invece, ad applicarsi alle azioni già assegnate alla predetta data.

 

Regime previdenziale delle stock option

La Legge n. 133 del 2008 di conversione del citato decreto legge n. 112 ha modificato anche il regime di imponibilità ai fini previdenziali delle azioni assegnate ai dipendenti.
In particolare, il comma 24-bis dell’articolo 82 in commento, inserito in sede di conversione, ha integrato quanto già disposto dall’articolo 27 del DPR 30 maggio 1955, n. 797, Testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari.
Al comma 4 del citato articolo 27, che individua le somme ed i redditi corrisposti ai lavoratori dipendenti che si considerano esclusi dalla base imponibile ai fini contributivi, sono stati ora aggiunti alla lettera g-bis) “i redditi da lavoro dipendente derivanti dall’esercizio di piani di stock option”, i quali, pertanto, non saranno assoggettati a prelievo ai fini previdenziali.
Anche tale disposizione, ai sensi del successivo comma 24-ter dell’articolo 82 del decreto legge n. 112 del 2008, ha efficacia con riferimento alle azioni assegnate ai dipendenti a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legge.

 

Circolare Agenzia delle Entrate n. 54, del 9 settembre 2008

Oggetto: Abolizione del regime fiscale agevolato delle stock option di cui all’articolo 51, comma 2, lettera g-bis) del TUIR – articolo 82, comma 23 e seguenti, del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Premessa
Il regime fiscale agevolato delle stock option disciplinato dall’articolo 51, comma 2, lettera g-bis) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n 917 e successive modificazioni, consiste, come noto, nella esclusione da imposizione in capo al lavoratore dipendente del reddito in natura derivante dalla assegnazione di azioni della società con la quale il lavoratore intrattiene il rapporto di lavoro o di altra società del gruppo.
Detto regime, introdotto dal decreto legislativo 23 dicembre 1999, n. 505, è stato successivamente modificato dall’articolo 2, comma 29, del decreto-legge n. 262 del 2 ottobre 2006, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.
Il reddito escluso da imposizione è costituito dalla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente, a condizione che il predetto ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse alla data dell’offerta e che le partecipazioni possedute dal dipendente rappresentino una percentuale di diritti di voto o di partecipazione al capitale della società non superiore al 10 per cento.
Ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 51 del TUIR, per usufruire dell’agevolazione fiscale devono ricorrere congiuntamente le seguenti ulteriori condizioni:
– che l’opzione sia esercitabile non prima che siano scaduti tre anni dalla sua attribuzione;
– che al momento in cui l’opzione è esercitabile la società risulti quotata in mercati regolamentati;
– che il beneficiario mantenga almeno per i cinque anni successivi all’esercizio dell’opzione un investimento nei titoli oggetto di opzione non inferiore alla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente.

Non verificandosi tali condizioni, la differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione del diritto di opzione e l’ammontare corrisposto dal dipendente per l’esercizio delle opzioni stesse concorre a formare il reddito di lavoro dipendente imponibile.

 

IRPEF e addizionali

Per la determinazione della ritenuta IRPEF da operare, il datore di lavoro deve applicare le aliquote d’imposta previste, previo ragguaglio al periodo di paga degli scaglioni annui di reddito.
Queste le aliquote IRPEF e gli scaglioni di reddito in vigore nel 2008:
Immagine


Le ritenute sono operate con riferimento a ciascun periodo di paga tenendo conto sia delle detrazioni d’imposta spettanti per reddito di lavoro dipendente che di quelle per i familiari a carico (NB. L’art. 1, co. 15, Legge 24.12.2007, n. 244 – Finanziaria 2008, ha previsto, sempre nell’anno 2007, un’ulteriore detrazione in presenza di almeno 4 figli a carico).
Oltre alla ritenuta IRPEF, il datore di lavoro deve trattenere dalle somme corrisposte al lavoratore anche l’addizionale regionale e quella comunale. Queste si calcolano applicando al reddito complessivo determinato ai fini dell’IRPEF, al netto degli oneri deducibili, le aliquote stabilite dalle Regioni e dagli enti locali.
L’addizionale regionale all’IRPEF è dovuta alla Regione nella quale il contribuente ha il domicilio fiscale al 31 dicembre dell’anno cui si riferisce l’addizionale stessa. L’importo dovuto è calcolato dal datore di lavoro all’atto di effettuazione delle operazioni di conguaglio e trattenuto in un numero massimo di undici rate mensili, a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le operazioni di conguaglio sono effettuate e non oltre la retribuzione corrisposta nel mese di novembre.
In caso di cessazione del rapporto, l’imposta è trattenuta in un’unica soluzione nel momento di effettuazione delle operazioni di conguaglio.
L’aliquota dell’addizionale regionale è stabilita nella misura dello 0,9 per cento, ma le Regioni possono elevarla fino all’1,4 per cento. Nelle Regioni che presentano in bilancio un disavanzo sanitario si applica l’aliquota massima dell’1,4 per cento.
L’addizionale comunale all’IRPEF è un’imposta istituita direttamente da ogni singolo Comune (l’elenco dei Comuni che l’hanno deliberata è pubblicato sul sito internet www.finanze.gov.it e riportato annualmente nel modello Unico Persone Fisiche). Essa è dovuta al Comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale al 1° gennaio dell’anno cui si riferisce l’addizionale stessa.
L’aliquota può variare dallo 0,2 allo 0,8 per cento, ma in alcuni casi sono previste maggiorazioni (0,3 per cento per quei Comuni che non rispettano il “Patto di stabilità”) o soglie di esenzione per i contribuenti in possesso di determinati redditi.
L’addizionale comunale, a differenza di quanto previsto per quella regionale, è dovuta sia a saldo che in acconto.
In particolare:

  • il saldo è determinato dal datore di lavoro all’atto delle operazioni di conguaglio e trattenuto in un numero massimo di undici rate, a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre. Se il rapporto di lavoro cessa prima l’addizionale residua è prelevata in unica soluzione;
  • l’acconto (dovuto nella misura del 30 per cento) è trattenuto dal datore di lavoro in un numero massimo di nove rate mensili, effettuate a partire dal mese di marzo.

Come avviene per il pagamento della ritenuta IRPEF, gli importi delle addizionali sono versati dal datore di lavoro, mediante modello F24, entro il 16 del mese successivo a quello in cui sono stati trattenuti.
Se il lavoratore dipendente possiede altri redditi, in aggiunta a quelli da lavoro, la determinazione e il pagamento delle addizionali (chiaramente, al netto di quanto già trattenuto e versato dal datore di lavoro) sono posti a suo carico e l’operazione deve essere fatta con la dichiarazione dei redditi. In questo caso, il contribuente deve individuare e indicare correttamente nel modello di pagamento (F24), in base al proprio domicilio fiscale, la Regione e il Comune cui accreditare il versamento.
Alla fine di ogni periodo d’imposta, o alla data di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad eseguire il conguaglio tra le ritenute complessivamente operate nei singoli periodi di paga e l’imposta totale dovuta sulle retribuzioni complessive corrisposte nell’anno, o fino alla data di cessazione del rapporto di lavoro.
Da tale operazione può derivare per il dipendente:

  • un credito, che gli sarà rimborsato dal datore di lavoro con il pagamento della retribuzione relativa al mese in cui è stato effettuato il conguaglio;
  • un debito per imposte ancora dovute, che il datore di lavoro deve trattenere dalla prima retribuzione da corrispondere.

Se la retribuzione spettante non è sufficiente a coprire le imposte determinate in sede di conguaglio, si può procedere, alternativamente, nel seguente modo:

  • il dipendente può dichiarare per iscritto al datore di lavoro di volergli versare l’importo corrispondente alle ritenute ancora dovute. In tal caso, il sostituto ha l’obbligo di versare all’erario, il mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni di conguaglio, le somme dovute dal dipendente, indipendentemente dal fatto che il lavoratore le abbia rimborsate o no;
  • il dipendente può autorizzare il datore di lavoro, sempre per iscritto, ad effettuare il prelievo anche sulle retribuzioni dei periodi di paga successivi. In questo caso, sugli importi di cui è differito il pagamento è dovuto l’interesse dello 0,50 per cento mensile (trattenuto e versato nei termini e con le modalità previste per le somme cui si riferisce).

L’importo che al termine del periodo d’imposta non è stato trattenuto per incapienza delle retribuzioni (o per cessazione del rapporto di lavoro) deve essere comunicato al lavoratore, che sarà tenuto a versarlo entro il 15 gennaio dell’anno successivo.
Nelle operazioni di conguaglio il sostituto d’imposta può riconoscere sia le detrazioni di cui il lavoratore ha fatto richiesta solo alla fine dell’anno, sia la detrazione per oneri sostenuti (i cui importi sono stati pagati dal sostituto mediante trattenuta dalle somme corrisposte al lavoratore).
Inoltre, se il dipendente ha intrattenuto nel corso dell’anno più rapporti di lavoro dipendente o assimilati, egli può richiedere al sostituto tenuto ad eseguire il conguaglio di fine anno di tenere conto in tale sede anche di detti redditi.
Insieme a tale richiesta il lavoratore deve consegnare al datore di lavoro che effettua il conguaglio la certificazione rilasciata dagli altri datori di lavoro, o da coloro i quali non sono obbligati ad effettuare la ritenuta (ad esempio i privati).
E’ infine necessario soffermarsi su un aspetto importante (di seguito solo accennato ma che trova adeguato approfondimento nella scheda ad esso dedicate):

  • per i lavoratori dipendenti del settore privato è stata introdotta, per il periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2008, un’agevolazione fiscale a carattere sperimentale, consistente in una tassazione ridotta delle somme percepite per lavoro straordinario e dei premi di produttività. In sostanza, fino all’importo di 3.000 euro lordi, in luogo delle ordinarie aliquote di tassazione, è possibile applicare un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionale e comunale in misura pari al 10 per cento;

 

Fonti normative

  • DPR 22 dicembre 1986, n. 917 Approvazione del Testo unico delle imposte sui redditi
  • Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (art. 1 commi da 6 a 11) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) – pubblicata sul Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2007
  • Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 15/E del 16 marzo 2007
  • Legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008) – pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2007
  • Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 31 gennaio 2008. Modalità di attribuzione della detrazione di cui all’articolo 12, comma 1-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedente l’imposta netta (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 52 del 1° marzo 2008)
  • Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 1/E del 9 gennaio 2008
  • Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 15/E del 5 marzo 2008
  • Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34/E del 4 aprile 2008
  • Istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi

 

 

Detrazioni d’imposta (di lavoro e di pensione)

Ai sensi dell’art.13 DPR 917/1986, in vigore a decorrere dai redditi 2007, sono state reintrodotte le detrazioni per redditi di lavoro dipendente e assimilati, per redditi di pensione e per redditi di impresa e lavoro autonomo. E’ da notare che per il calcolo degli importi effettivi si assume come parametro di riferimento non la specifica categoria reddituale (ad es. il totale del reddito di lavoro dipendente, di pensione o di lavoro autonomo) ma l’intero reddito complessivo.

DETRAZIONI PER REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE E ASSIMILATI
Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente e assimilati (es. collaborazioni coordinate continuative e a progetto) spetta una detrazione rapportata al periodo di lavoro nell’anno nelle misure riportate dalla seguente tabella:
Immagine

 

DETRAZIONI PER REDDITI DI PENSIONE
Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di pensione, spetta una detrazione, rapportata al periodo di lavoro nell’anno nelle misure riportate dalla seguente tabella:
Immagine

 

DETRAZIONI PER ALCUNI REDDITI ASSIMILATI, DI IMPRESA E LAVORO AUTONOMO
Se alla formazione del reddito complessivo concorrono alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (attività intramoenia, gettoni di presenza, indennità parlamentari, rendite vitalizie e a tempo determinato, assegni periodici, compensi percepiti in relazione a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, somme percepite a titolo di borsa di studio), nonché per i redditi di lavoro autonomo, redditi di imprese minori e redditi derivanti da attività commerciali occasionali, spetta la seguente detrazione:
Immagine

 

ASSEGNI PERIODICI CORRISPOSTI DAL CONIUGE
Dal periodo d’imposta 2007 se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi derivanti da assegni periodici corrisposti dal coniuge per effetto della separazione o divorzio spetta una detrazione pari a:
Immagine

 

 

Il regime fiscale agevolato per gli straordinari

L’imposta sostitutiva può essere riconosciuta solo se nel 2007 il reddito di lavoro dipendente percepito non è stato superiore a 30.000 euro ed è applicata dal sostituto d’imposta, salvo espressa rinuncia scritta del lavoratore.
L’obiettivo della tassazione agevolata è duplice: incrementare la produttività del lavoro e accrescere il potere di acquisto delle famiglie.
Del nuovo sistema agevolato di tassazione possono usufruirne i lavoratori dipendenti del settore privato che effettuano lavoro straordinario o che ricevono un premio per aver contribuito ad aumentare la produttività della propria impresa.
Anche i dipendenti con contratti part-time precedenti al 28 maggio 2008 rientrano tra i lavoratori ammessi al beneficio. Per loro, l’aliquota ridotta al 10 per cento si applica sulle prestazioni di “lavoro supplementare” effettuate nel periodo compreso tra luglio e dicembre 2008 e su quelle “rese in funzione di clausole elastiche”.
Il dipendente ha facoltà di rinunciare all’agevolazione mediante una dichiarazione scritta da consegnare al suo datore di lavoro.
L’agevolazione non è prevista, invece, per i titolari di redditi di lavoro assimilato a quello di lavoro dipendente come, ad esempio, i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto.
In sede di prima applicazione della normativa in questione restano esclusi dal regime sostitutivo, inoltre, i lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Come specificato all’inizio, una condizione indispensabile per l’applicazione del regime fiscale agevolato è che il lavoratore abbia percepito nel 2007 redditi di lavoro dipendente (anche se riferiti a più rapporti di lavoro) di ammontare totale non superiore a 30.000 euro. Nella determinazione di tale limite non si considerano eventuali redditi di lavoro dipendente assoggettati a tassazione separata. (La verifica del limite di reddito di 30.000 euro riguarda i soli redditi di lavoro dipendente – compresi quelli indicati nel comma 2 dell’art. 49 del TUIR, come ad esempio le pensioni e gli assegni ad esse equiparate – e non rileva, quindi, l’eventuale superamento di tale limite per effetto di redditi diversi da quelli di lavoro dipendente.)
Il nuovo regime fiscale riguarda non soltanto gli straordinari effettuati dal 1° luglio al 31 dicembre 2008, ma anche le altre somme corrisposte in tale periodo legate all’incremento della produttività, all’innovazione e all’efficienza organizzativa, alla maggiore redditività e competitività dell’impresa.
In particolare, spetta sulle seguenti somme erogate a livello aziendale:

  1. per prestazioni di lavoro straordinario, vale a dire quello prestato oltre l’orario normale di lavoro;
  2. per prestazioni di lavoro supplementare ovvero per prestazioni rese in funzione di clausole elastiche e con esclusivo riferimento a contratti di lavoro a tempo parziale stipulati prima del 29 maggio 2008 (data di entrata in vigore del decreto legge n. 93 del 2008);
  3. per incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri incentivi, comunque denominati, legati all’andamento produttivo dell’impresa e concessi al raggiungimento di determinati obiettivi.

L’agevolazione spetta anche se:

  • il rapporto di lavoro sia stato trasformato da tempo pieno a tempo parziale per effetto di accordi formalizzati prima del 29 maggio 2008;
  • il contratto a tempo parziale, stipulato prima del 29 maggio 2008, sia stato modificato nella durata della prestazione lavorativa originariamente concordata, mediante accordi intercorsi successivamente all’emanazione del decreto.

L’imposta sostitutiva si applica solo sui compensi relativi a prestazioni effettuate dal dipendente nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2008, a condizione che nel medesimo periodo (o comunque non oltre il 12 gennaio 2009) detti compensi siano effettivamente pagati dal datore di lavoro.
Ad esempio, le somme pagate a luglio 2008, ma relative a prestazioni di lavoro straordinario effettuate a giugno 2008, non possono essere assoggettate ad imposta sostitutiva, in quanto relative a prestazioni effettuate in un periodo che non rientra nell’arco temporale previsto dalla norma.
Così come non si può applicare il regime sostitutivo quando le prestazioni di lavoro straordinario sono effettuate nel periodo compreso tra il 1° luglio ed il 31 dicembre 2008, ma sono remunerate dopo il 12 gennaio 2009.
Lo straordinario e il lavoro supplementare effettuati a dicembre 2008 e retribuiti entro il 12 gennaio 2009 rientrano, invece, nel regime agevolato.
Per quanto riguarda i premi di produttività, invece, per l’applicazione dell’imposta sostitutiva rileva esclusivamente il momento in cui sono pagati, che deve collocarsi tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2008 (o, al massimo, il 12 gennaio 2009), anche se dette somme si riferiscono ad attività prestate in periodi precedenti.

Rientrano nello speciale regime di tassazione:

  • compensi, premi o gettoni corrisposti a fronte di prestazioni straordinarie effettuate nei giorni di riposo (ordinario o di legge) e festivi, nella misura in cui si tratti di compensi erogati per prestazioni di lavoro straordinario;
  • altre somme o indennità (tra cui quelle erogate per il lavoro notturno), a condizione che diano luogo a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa ed altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa.

Il nuovo regime agevolato consiste, come già detto, nella possibilità di applicare alle somme interessate un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionale e comunale con aliquota del 10 per cento. L’agevolazione spetta però sui primi 3.000 euro lordi (compresa la stessa ritenuta fiscale del 10 per cento).
Oltre tale limite, la tassazione degli straordinari torna ad essere quella “ordinaria”, vale a dire quella che prevede l’applicazione delle aliquote ordinarie (aliquota IRPEF del 23 per cento fino a 15.000 euro, del 27 per cento tra i 15.000 e i 27.000 euro, del 38 per cento tra i 28.000 e i 55.000 euro).

Nella determinazione del limite complessivo di 3.000 euro concorrono sia le somme erogate a titolo di retribuzione delle prestazioni di lavoro straordinario o supplementare, sia i premi di produttività. Tale limite, inoltre, non può essere superato neanche in presenza di più rapporti di lavoro.
Con riferimento al periodo interessato dall’agevolazione, il decreto dispone che l’imposta sostitutiva si applica alle somme percepite nel periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2008.
Tuttavia, poiché si considerano percepite nel periodo d’imposta anche le somme corrisposte fino al 12 gennaio dell’anno successivo (art. 51, comma 1, del TUIR), per il riscontro del limite di 3.000 euro occorre considerare le somme erogate nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 12 gennaio 2009.
I redditi assoggettati ad imposta sostitutiva non concorrono a formare il reddito complessivo IRPEF del lavoratore. Inoltre, degli stessi redditi non si deve tener conto per la determinazione dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) del lavoratore e del suo nucleo familiare. Tali redditi devono essere computati, invece, ai fini del riscontro delle condizioni previste per l’accesso alle prestazioni previdenziali ed assistenziali.
L’imposta sostitutiva deve essere applicata dal datore di lavoro. Questi, quando è lo stesso che ha rilasciato al lavoratore il CUD per l’intero 2007, applica automaticamente il regime fiscale agevolato. Se non è lo stesso (o quando l’ha rilasciato per un periodo inferiore all’anno), visto che non è in grado di conoscere se nel 2007 il lavoratore ha percepito più o meno di 30.000 euro, è necessario che il lavoratore comunichi in forma scritta l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito in tale anno (o dichiari di non aver percepito alcun reddito).

Il dipendente è tenuto, comunque, a comunicare la mancanza del diritto al regime sostitutivo nei seguenti casi:

  • quando, nel corso del 2007, oltre al rapporto di lavoro con il datore di lavoro che paga i compensi assoggettabili a imposta sostitutiva, ha intrattenuto un altro rapporto di lavoro dipendente, superando, in tal modo, il limite di 30.000 euro;
  • se, nel corso del 2008, ha intrattenuto altri rapporti di lavoro dipendente ricevendo somme già assoggettate a imposta sostitutiva, fino a concorrenza del limite di 3.000 euro.

Il lavoratore può anche decidere di rinunciare all’agevolazione prevista dal regime sostitutivo. Infatti, potrebbe essere meno conveniente di quello ordinario, in presenza, ad esempio, di oneri deducibili o detraibili che andrebbero persi qualora si applicasse il regime di imposizione sostitutiva. In tal caso deve informare per iscritto il proprio datore di lavoro.
Lo stesso datore di lavoro può applicare, comunicandolo al dipendente interessato, la tassazione ordinaria, se riscontra che la tassazione sostitutiva risulta meno favorevole per il dipendente, pur in assenza di rinuncia da parte di questi.

Per consentire i controlli sulla corretta fruizione del beneficio, il datore di lavoro deve indicare separatamente sul modello CUD la parte di reddito assoggettata ad imposta sostitutiva e l’importo trattenuto. Egli deve inoltre riportare in tale modello la parte di reddito, teoricamente assoggettabile ad imposizione sostitutiva, per la quale l’agevolazione non è stata applicata per rinuncia espressa del contribuente o per altre cause.
L’imposta sostitutiva è compensabile con le altre ritenute alla fonte operate dal datore di lavoro.

 

Chi sono i sostituti d’imposta

Quanto detto con riferimento all’obbligo ad effettuare e versare la ritenuta d’acconto sui redditi di lavoro dipendente ed assimilati vale quando il datore di lavoro riveste la qualifica di “sostituto d’imposta”.
Si considerano sostituti d’imposta:

  • le società di capitali residenti nel territorio dello Stato;
  • i Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE);
  • gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, nonché i trust che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, compresi i consorzi, le associazioni non riconosciute e le altre organizzazioni senza personalità giuridica non appartenenti ad altri soggetti nei cui confronti si verifica il presupposto di imposta, residenti nel territorio dello Stato;
  • le società e gli enti di qualsiasi tipo compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato;
  • le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo;
  • le società semplici, in nome collettivo ed in accomandita semplice;
  • le società di fatto e le società di armamento;
  • le associazioni senza personalità giuridica, costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni;
  • le persone fisiche che esercitano per professione abituale, ancorché non in via esclusiva, attività di natura commerciale;
  • le imprese agricole;
  • le persone fisiche che esercitano arti e professioni;
  • il condominio;
  • il curatore fallimentare e il commissario liquidatore.

A partire dalle retribuzioni erogate con riferimento al mese di gennaio 2009, i sostituti tenuti a rilasciare il CUD devono comunicare con una dichiarazione mensile i dati retributivi e le informazioni necessarie per calcolare le ritenute fiscali, i relativi conguagli e i contributi, per implementare le posizioni assicurative individuali e per erogare le prestazioni. La dichiarazione va presentata in via telematica entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento.
Inoltre, dalle retribuzioni corrisposte con riferimento al mese di gennaio 2005 i sostituti di imposta tenuti al rilascio del CUD devono trasmettere mensilmente (entro il mese successivo a quello di riferimento) in via telematica all’INPS (denuncia Emens)/ Inpdap (denuncia DAM) i dati retributivi e le informazioni per il calcolo dei contributi, l’implementazione delle posizioni assicurative e l’erogazione delle prestazioni.

 

La ritenuta d’imposta

Per la determinazione della ritenuta IRPEF da operare, il datore di lavoro deve applicare le aliquote d’imposta previste, previo ragguaglio al periodo di paga degli scaglioni annui di reddito.
Le ritenute sono operate con riferimento a ciascun periodo di paga tenendo conto sia delle detrazioni d’imposta spettanti per reddito di lavoro dipendente che di quelle per i familiari a carico.
Entrambe le detrazioni spettano in misura decrescente man mano che il reddito aumenta, fino ad annullarsi al raggiungimento di un determinato reddito complessivo (55.000 euro per le detrazioni da lavoro dipendente, 95.000 euro per le detrazioni dei figli e 80.000 euro per quelle del coniuge e degli altri familiari).
Il pagamento delle ritenute è effettuato direttamente dal datore di lavoro che versa mensilmente all’erario le somme trattenute al lavoratore entro il giorno 16 del mese successivo all’erogazione dei compensi pagati.
Alla fine di ogni periodo d’imposta, o alla data di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro consegna al dipendente la certificazione dei redditi corrisposti e delle ritenute effettuate (il modello CUD).

 

Il Modello CUD

Tutti i dati relativi ai redditi di lavoro dipendente e quelli a questi assimilati si trovano nel CUD (Certificazione Unica dei Dipendenti).
Si tratta di un modello in cui sono certificati:

  • le somme corrisposte per lavoro dipendente (e quelle assimilate ai redditi di lavoro dipendente);
  • l’ammontare delle ritenute operate, delle deduzioni e delle detrazioni d’imposta effettuate;
  • i contributi previdenziali e assistenziali dovuti e versati all’INPS, Inpdap, Ipost, compresi quelli a carico del lavoratore;
  • gli altri dati individuati con il provvedimento di approvazione dello schema di certificazione unica.

Oltre alla parte dedicata ai dati del datore di lavoro e del contribuente (parte A del modello), la struttura del CUD si compone di due distinte sezioni:

  • la prima, dedicata ai dati fiscali (parte B del modello);
  • la seconda, dedicata ai dati previdenziali e assistenziali (parte C del modello).

Nel CUD sono certificate anche le somme assoggettate a tassazione separata, vale a dire, gli arretrati relativi ad anni precedenti e le indennità di fine rapporto di lavoro dipendente, compresi i relativi acconti o anticipazioni.
Il CUD serve al lavoratore, in sostanza, per conoscere i redditi percepiti nell’anno, le deduzioni e le detrazioni riconosciute dal datore di lavoro, le ritenute subite. Tali dati occorrerà poi indicarli nella dichiarazione dei redditi (se si è tenuti alla sua presentazione).
Il CUD, in forma cartacea, deve essere consegnato dal sostituto d’imposta (il datore di lavoro), in duplice copia, al dipendente o assimilato, entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferisce il reddito certificato.
Se il rapporto di lavoro cessa prima della fine del periodo d’imposta, la consegna al lavoratore dipendente va effettuata entro 12 giorni dalla richiesta del medesimo.
Il modello può anche essere trasmesso in formato elettronico entro il 30 giugno dell’anno successivo, purché il dipendente abbia la possibilità di ricevere e stampare lo stesso per i successivi adempimenti. Tale modalità deve essere esclusa, ad esempio, quando il sostituto deve rilasciare agli eredi la certificazione relativa al dipendente deceduto, o quando il rapporto di lavoro sia cessato.
Resta, dunque, in capo al sostituto d’imposta l’onere di accertarsi che ciascun dipendente si trovi nelle condizioni di ricevere in via elettronica la certificazione, provvedendo, diversamente, alla consegna in forma cartacea.
Il lavoratore esonerato dalla presentazione della dichiarazione dei redditi può utilizzare il CUD per effettuare le scelte della destinazione dell’otto per mille del gettito IRPEF allo Stato oppure ad una Istituzione religiosa e del cinque per mille della propria IRPEF per determinate finalità.
Per tale scelta si utilizza l’apposita scheda, che il sostituto d’imposta è tenuto a consegnare al dipendente o assimilato e che va acclusa al CUD. Per comunicare le scelte, va presentata la scheda in busta chiusa, entro lo stesso termine di scadenza previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi con il modello UNICO Persone Fisiche, con le seguenti modalità:

  • allo sportello di un ufficio postale che provvederà, gratuitamente, a trasmettere la scheda all’Amministrazione finanziaria;
  • ad un intermediario abilitato alla trasmissione telematica (professionista, CAF, ecc.).

Quest’ultimo deve rilasciare, anche se non richiesta, una ricevuta attestante l’impegno a trasmettere le scelte. Gli intermediari hanno facoltà di accettare la scheda e possono chiedere un corrispettivo per l’effettuazione del servizio prestato. Sulla busta di presentazione della scheda occorre riportare l’indicazione “Scelta per la destinazione dell’otto e del cinque per mille dell’IRPEF”, il codice fiscale, il cognome e nome del contribuente.

 

La dichiarazione annuale dei dipendenti

La dichiarazione annuale individua l’atto con cui il contribuente dichiara la propria situazione reddituale; questa viene compilata sulla base di modelli predisposti dal Ministero delle Finanze.
Dal 2008 i lavoratori dipendenti presentano la dichiarazione dei redditi, quando sono tenuti a farlo, mediante il modello 730.
In alternativa, è possibile utilizzare il modello Unico, ma con presentazione esclusivamente in via telematica.

 

Il Modello 730

Utilizzare il modello 730 presenta numerosi vantaggi: è più facile da compilare e non richiede l’esecuzione di calcoli; il contribuente non deve neanche preoccuparsi di far pervenire la dichiarazione all’Agenzia delle Entrate. A tutto questo pensano il datore di lavoro o l’ente pensionistico oppure il CAF o il professionista abilitato a cui il lavoratore si è rivolto. Successivamente il contribuente ottiene il rimborso dell’imposta direttamente nella busta paga a partire dal mese di luglio. Nel caso in cui il contribuente deve pagare, invece, delle somme, queste sono trattenute direttamente dalla retribuzione (a partire sempre dal mese di luglio). E se per il pagamento lo stipendio è insufficiente, la parte residua, maggiorata degli interessi mensili (0,4 per cento), è trattenuta dalle competenze dei mesi successivi. Il contribuente può anche chiedere (barrando un’apposita casella della dichiarazione) di rateizzare le trattenute in più mesi, pagando l’interesse dello 0,5 per cento mensile.
Non sempre, comunque, il lavoratore dipendente è obbligato alla presentazione della dichiarazione dei redditi.
Ad esempio, egli è esonerato, quando i suoi redditi dell’anno derivano da:

  • lavoro dipendente e assimilati (interamente conguagliati dal sostituto e attestati nel CUD);
  • abitazione principale (con relative pertinenze);
  • somme soggette a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva (ad esempio interessi sui BOT).

Il contribuente esonerato può, tuttavia, avere convenienza a presentare la dichiarazione dei redditi. Questo accade, ad esempio, quando egli vuole far valere oneri sostenuti che intende portare in deduzione dal reddito o in detrazione dall’imposta, oppure quando ha il diritto a usufruire di una detrazione per carichi familiari di cui il datore di lavoro non ha tenuto conto, ovvero per chiedere il rimborso di eccedenze d’imposta derivanti dalla dichiarazione presentata nell’anno precedente o da acconti versati nello stesso anno.

Le ipotesi più frequenti in cui il lavoratore dipendente è esonerato dalla presentazione della dichiarazione dei redditi sono i seguenti:

  • possesso di solo reddito di lavoro dipendente corrisposto da un unico sostituto d’imposta obbligato ad effettuare le ritenute d’acconto;
  • possesso solo di redditi di lavoro dipendente corrisposti da più soggetti, se è stato chiesto all’ultimo datore di lavoro di tenere conto dei redditi erogati durante i rapporti precedenti e quest’ultimo ha effettuato conseguentemente il conguaglio, e reddito dei fabbricati, derivante esclusivamente dal possesso dell’abitazione principale e di sue eventuali pertinenze (box, cantina, ecc.);
  • reddito complessivo, al netto del reddito derivante dall’abitazione principale e relative pertinenze, non superiore a 4.800 euro nel quale concorre uno dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente per i quali la detrazione prevista non è rapportata al periodo di lavoro (es. compensi percepiti per l’attività libero professionale intramuraria del personale dipendente dal Servizio sanitario nazionale), redditi di lavoro autonomo, redditi d’impresa in contabilità semplificata, redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente, redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente;
  • reddito complessivo comunque costituito, nel quale concorre un reddito di lavoro dipendente o assimilato con periodo di lavoro non inferiore a 365 giorni, non superiore a 8.000 euro (al netto dell’abitazione principale e relative pertinenze) e sul quale non sono state operate ritenute;
  • possesso oltre al reddito di lavoro dipendente, di redditi esenti (ad es. rendite erogate dall’INAIL esclusivamente per invalidità permanente o per morte, talune borse di studio, pensioni di guerra, pensioni privilegiate ordinarie corrisposte ai militari di leva, pensioni, indennità comprese le indennità di accompagnamento e assegni erogati dal Ministero dell’Interno ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi civili, sussidi a favore degli hanseniani, pensioni sociali, compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche per un importo complessivamente non superiore a 7.500 euro);
  • possesso, oltre al reddito di lavoro dipendente, solo di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta (ad es. interessi sui conti correnti bancari o postali) o di redditi soggetti ad imposta sostitutiva (ad es. interessi sui BOT o sugli altri titoli del debito pubblico).

Si è in ogni caso esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi quando l’imposta lorda (IRPEF), diminuita delle detrazioni per lavoro dipendente, per familiari a carico e delle ritenute, non supera 12 euro e, al tempo stesso, non si ha l’obbligo di tenere le scritture contabili.
Se il lavoratore dipendente non rientra nelle condizioni di esonero sopra indicate è invece tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi. In particolare, l’obbligo scatta quando:

  • durante l’anno si cambia datore di lavoro (e si è in possesso di più certificazioni di lavoro dipendente o assimilati CUD) e l’imposta corrispondente al reddito complessivo supera 12 euro;
  • l’INPS o altri Enti gli hanno pagato indennità e somme a titolo di integrazione salariale o ad altro titolo, se erroneamente non sono state effettuate le ritenute se non si tratta di redditi esenti;
  • al lavoratore dipendente sono state riconosciute dal sostituto d’imposta deduzioni dal reddito e/o detrazioni d’imposta non spettanti in tutto o in parte;
  • si percepiscono retribuzioni e/o redditi da privati non obbligati per legge ad effettuare ritenute d’acconto (per esempio collaboratori familiari, autisti e altri addetti alla casa);
  • si conseguono anche redditi sui quali l’imposta si applica separatamente (ad esclusione di quelli che non devono essere indicati nella dichiarazione – come le indennità di fine rapporto ed equipollenti, gli emolumenti arretrati, le indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche se percepiti in qualità di eredi – quando sono erogati da soggetti che hanno l’obbligo di effettuare le ritenute alla fonte);
  • il datore di lavoro non ha trattenuto nella misura dovuta le addizionali comunale e regionale all’IRPEF (in tal caso l’obbligo sussiste solo se l’importo dovuto per ciascuna addizionale superi 12 euro);
  • nell’anno si conseguono anche plusvalenze e redditi di capitale da assoggettare ad imposta sostitutiva da indicare nei quadri RT e RM del modello Unico.

 

 

Fonti normative

  • Istruzioni per la compilazione del modello 730
  • Istruzioni per la compilazione del modello Unico

 

 

A chi rivolgersi

  • CAF (Centri di assistenza fiscale per i lavoratori dipendenti e pensionati)
  • Professionista abilitato
  • Associazioni sindacali o datori di lavoro
  • Ente pensionistico