Assunzione

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Questa voce è stata curata da Alvise Moro

 

Scheda sintetica

L’assunzione si realizza per effetto della conclusione del contratto di lavoro e, precisamente, nel momento in cui il lavoratore manifesta al datore di lavoro la propria accettazione della proposta formulata dal datore stesso.

Al contratto di lavoro si applicano le regole stabilite dal codice civile sui contratti in generale (artt. 1325 e seguenti c.c.), salvo il caso in cui le norme disciplinanti il rapporto di lavoro non dispongano diversamente.

La validità del contratto di lavoro (ovvero della lettera di assunzione), come avviene per la generalità dei contratti, è subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti essenziali (c.d. elementi costitutivi):

  • soggetti (lavoratore e datore di lavoro)
  • oggetto (prestazione e retribuzione)
  • il consenso delle parti
  • forma
  • causa


Talora, le parti prevedono degli ulteriori elementi (c.d. elementi accidentali), ad esempio il termine e il patto di prova.

Qualora i requisiti essenziali manchino al momento dell’assunzione il contratto è invalido.

 

Fonti normative

  • Costituzione Italiana, art. 36
  • Codice civile, artt. 1325 e seguenti
  • Codice civile, artt. 1346, 2087, 2094, 2099, 2125
  • Legge n. 977/1967
  • Legge n. 190/1985
  • D.Lgs. n. 626/1994
  • Legge n. 608/1996
  • D.Lgs. n. 152/1997
  • D.Lgs. n. 181/2000
  • D.Lgs. n. 276/2003
  • D.Lgs. n. 252/2005
  • D.Lgs. n. 198/2006

 

Scheda di approfondimento

 

 

Premessa

Nel nostro codice civile le disposizioni relative ai rapporti di lavoro non si trovano nel Titolo III del Libro Quarto, ove sono regolati i contratti nominati, in quanto tali disposizioni sono riferite al rapporto di lavoro piuttosto che al contratto di lavoro e sono collocate nel Titolo II del Libro Quinto a fianco della disciplina giuridica dell’impresa.
Il contratto di lavoro è un contratto tipico e nominato (cioè individuato e disciplinato dalla legge), bilaterale, sinallagmatico e necessariamente, oneroso (art. 2099 c.c.).
Va sottolineato che il rapporto di lavoro nasce da un contratto e non dall’inserimento del prestatore nell’impresa.
Mentre la disciplina del rapporto dipende, in larga misura, da fonti estranee al contratto individuale, la costituzione del rapporto è condizionata esclusivamente dall’incontro della volontà delle parti.

 

I soggetti

Il contratto individuale di lavoro è stipulato tra un datore di lavoro (persona fisica, giuridica o ente dotato di soggettività) e un lavoratore, necessariamente persona fisica.

 

L’oggetto

Quando si parla dell’oggetto del contratto di lavoro si fa riferimento sia alla prestazione di lavoro che alla retribuzione.
In merito alla prestazione di lavoro, si precisa che qualunque attività lavorativa economicamente utile può costituire l’oggetto del contratto di lavoro.

Generalmente, la concreta prestazione lavorativa è determinata nel contratto di lavoro, in cui occorre indicare l’attività che il lavoratore deve prestare (manuale od intellettuale), ed il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, mansioni che, si sottolinea, debbono essere ben specificate nella lettera di assunzione.

E’ ovvio che la prestazione dedotta nel contratto di lavoro – come quella di ogni altro contratto (art. 1346 c.c.) – deve essere possibile, lecita, determinata o determinabile.
Non può, pertanto, essere in contrasto con norme imperative, con l’ordine pubblico o con il buon costume.
Sono vietate alcune clausole (ad esempio le c.d. clausole di nubilato), che prevedono la risoluzione delle lavoratrici a seguito del loro matrimonio (art. 35 D.Lgs. n. 198/2006).

Una volta che le parti si sono accordate sulle mansioni da svolgere, si crea una serie di conseguenze automatiche derivanti dalla legge o dal contratto collettivo applicabile, circa la determinazione degli altri elementi del contratto individuale (inquadramento, retribuzione, indennità di contingenza).
E’, pertanto, imposto al datore di lavoro il rispetto di alcuni vincoli di carattere retributivo (ad esempio: indennità di contingenza, maggiorazione per lavoro straordinario, aumenti contrattuali, etc.).
In questi casi, le clausole difformi del contratto individuale sono nulle ed eventualmente sostituite di diritto con quelle legali.

L’altro oggetto tipico del contratto di lavoro è la retribuzione, che costituisce il corrispettivo della prestazione fornita dal lavoratore subordinato, il quale, per principio costituzionale (art. 36 Costituzione), ha diritto ad un compenso proporzionato alla quantità ed alla qualità del suo lavoro e, in ogni caso, sufficiente a garantire a lui ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
In via generale, la retribuzione è determinata liberamente dalle parti, nel rispetto, però, di un limite minimo, che la giurisprudenza – sulla base del principio costituzionale di retribuzione sufficiente – ha individuato nei valori minimi di paga base fissati nei contratti collettivi.
Se la retribuzione non è stabilita dalle parti, viene determinata (art. 2099 c.c.) dal giudice.

 

Il consenso delle parti

E’ essenziale che entrambe le parti abbiano la capacità di essere parte o di concludere un contratto di lavoro e che non vi siano vizi nella formazione del consenso.
La capacità di prestare attività lavorativa si acquista all’età di 16 anni in presenza delle condizioni previste dalla legge per i lavoro minorile (Legge n. 977/1967), mentre si è capaci di concludere un contratto di lavoro, al raggiungimento della maggiore età.
Perché l’accordo sia valido è necessario che la volontà espressa non sia viziata da:

  • errore, inteso come falsa rappresentazione della realtà;
  • violenza: la manifestazione di volontà deve essere espressa liberamente, senza costrizioni;
  • dolo, inteso come raggiro.

Ai fini dell’invalidità del contratto, occorre che l’errore sia riconoscibile ed essenziale, cioè che riguardi, ad esempio, le qualità tecniche e professionali del lavoratore, oppure la natura delle mansioni da svolgere.
In relazione al rapporto tra la volontà delle parti ed i modi di esternazione della medesima, si deve sottolineare la frequenza con cui si fa ricorso, ad opera dei soggetti del rapporto, alla simulazione, e ciò nel tentativo di non far apparire l’esistenza o del rapporto in quanto tale o di taluni aspetti del medesimo.
E’ ancora forte la tentazione di non rivelare l’utilizzazione di prestatori in posizione di subordinazione e, in tali casi, attraverso la ricerca della reale volontà delle parti, si deve desumere il contenuto del contratto in concreto stipulato.
La dottrina e la giurisprudenza hanno modo di confrontarsi spesso in casi in cui un contratto di lavoro subordinato è dissimulato dietro l’apparente stipulazione di un contratto di lavoro autonomo (ad esempio di collaborazione a progetto) oppure è simulata una retribuzione di ammontare inferiore a quella di fatto pattuita e corrisposta. In tali casi, la giurisprudenza risolve il problema affermando la prevalenza del concreto assetto del rapporto sulle dichiarazioni delle parti.

Per una panoramica sulle questioni connesse alla corretta qualificazione della natura del rapporto e per una distinzione tra lavoro autonomo, parasubordinato e subordinato, si veda anche la voce Qualificazione del contratto

 

 

La forma

L’ordinamento italiano non prevede una particolare forma per il contratto di lavoro, che può, pertanto, essere concluso anche oralmente o per atti concludenti alla luce del principio generale di libertà della forma.
Qualora, invece, venga preferita la redazione scritta (c.d. lettera di assunzione) è possibile indicare solo i requisiti essenziali che caratterizzano il rapporto di lavoro e rinviare la regolamentazione degli elementi accessori alla disciplina integrativa di legge ed alla contrattazione collettiva.

La forma scritta può tuttavia essere imposta dalla contrattazione collettiva o dalla legge.
Per previsione di legge sono, ad esempio, necessarie particolari forme nei seguenti casi:

  • per l’arruolamento di personale marittimo;
  • per il contratto del personale dell’aria;
  • per il contratto di lavoro sportivo;
  • per il contratto di lavoro a tempo determinato (è previsto che il termine risulti apposto per iscritto e, se non si rispetta la forma, il rapporto si intende a tempo indeterminato).


La forma scritta e la sottoscrizione sono, poi, richieste dalla legge per l’inserimento di particolari clausole, quali il patto di prova ed il patto di non concorrenza (art. 2125 c.c.).

 

La causa

Dal contratto derivano due obbligazioni speculari:

  • quella del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione dovuta;
  • quella del lavoratore subordinato di prestare la propria opera “alle dipendenze e sotto la direzione” del datore (art. 2094 c.c.).

L’obbligazione di lavorare è elemento essenziale del rapporto di lavoro.
In capo al lavoratore, vi è un’obbligazione strettamente personale che non ammette (salvo rarissime e peculiari eccezioni) l’adempimento da parte di sostituti o la cessione del contratto.
Il rapporto di lavoro, in genere, è sottoposto ad un patto di prova liberamente recedibile da entrambe le parti, che si pone come condizione risolutiva del rapporto stesso.
Decorso tale periodo, valgono le ordinarie tutele contro il licenziamento ad nutum del lavoratore.
La dottrina oggi prevalente collega alla causa del contratto anche l’obbligo del datore di fornire un ambiente di lavoro sicuro.
L’obbligo di sicurezza, sebbene imposto dalla legge (art. 2087 c.c.; D.Lgs. n. 81/2008), viene così configurato come una precisa obbligazione contrattuale posta in capo al datore di lavoro.

 

La lettera di impegno all’assunzione

Quando il candidato all’assunzione deve prestare un periodo di preavviso particolarmente lungo presso il precedente datore di lavoro prima di poter iniziare la nuova collaborazione, è nell’interesse di entrambe le parti sottoscrivere una lettera di impegno all’assunzione.
Tale lettera sostituisce temporaneamente la lettera di assunzione vera e propria, con indubbi vantaggi sotto il profilo contrattuale e normativo.
Sottoscrivere subito la lettera di assunzione vincola il nuovo datore di lavoro in modo definitivo. In caso di mancato rispetto da parte del datore di lavoro dell’impegno ad assumere, il lavoratore ha diritto di pretendere che sia emessa una sentenza che produca gli effetti del contratto, a condizione che la lettera d’impegno contenga tutti gli elementi essenziali del contratto di lavoro, oppure la risoluzione del contratto.
E’, in ogni caso, fatto salvo il diritto del lavoratore al risarcimento del danno.
Uno degli aspetti più delicati di un periodo di attesa particolarmente lungo è costituito, invece, dal fatto che lo stesso lavoratore possa non rispettare gli impegni assunti e non si presenti al lavoro il giorno stabilito.
Per tale ragione, quasi sempre, nella lettera di impegno viene indicata una clausola di risoluzione espressa, tale per cui la mancata presenza sul lavoro, entro un certo termine dalla data di assunzione concordata, comporti il venir meno dell’impegno all’assunzione da parte del nuovo datore di lavoro.
Si precisa che un’altra delle clausole importanti nella lettera di impegno all’assunzione è costituita dall’apposizione di un periodo di prova.
Posto che la clausola del periodo di prova deve essere definita per iscritto, se si vuole far valere un periodo di prova nel contratto di assunzione, si dovrà analogamente apporre tale clausola anche nella lettera di impegno all’assunzione.
L’assenza del periodo di prova, nella lettera di impegno all’assunzione, rende annullabile un’analoga clausola del periodo di prova apposta successivamente nella lettera di assunzione.
Quantomeno, il dipendente potrebbe rifiutarsi di sottoscriverla all’atto del contratto definitivo.
La lettera di impegno, in teoria, può contenere una sanzione in caso di mancato rispetto da parte del dipendente. Questa clausola dovrebbe essere apposta in caso di assunzione di figure destinate a ricoprire posizioni strategiche nell’ azienda, mentre è del tutto superflua e irrilevante per posizioni d’ordine o di concetto di medio – basso livello.
Non risultano, peraltro, essere state emesse sentenze in merito, che possano documentare il valore del mancato rispetto dell’accordo.
Tuttavia il principio e l’istituzione di una clausola espressa porterebbe il dipendente a ragionare sulle conseguenze di una sua superficiale valutazione della collaborazione in corso di definizione.
In conclusione, i punti rilevanti di un’eventuale lettera di impegno all’assunzione sono sostanzialmente gli stessi di una vera e propria lettera di assunzione.

La dichiarazione di assunzione

All’atto dell’assunzione, il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore una dichiarazione sottoscritta contenente i dati dell’avvenuta registrazione nel libro matricola, che è costituita, nel caso di tenuta del libro matricola a fogli mobili, dalla copia del corrispondente foglio del libro stesso.
Il datore di lavoro pubblico e privato, inoltre, ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 152/1997, è tenuto a fornire al lavoratore, entro trenta giorni dalla data dell’assunzione, le seguenti informazioni:

  1. l’identità delle parti;
  2. il luogo di lavoro; in mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, l’indicazione che il lavoratore è occupato in luoghi diversi, nonché la sede o il domicilio del datore di lavoro;
  3. la data di inizio del rapporto di lavoro;
  4. la durata del rapporto di lavoro, precisando se si tratta di rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato;
  5. la durata del periodo di prova se previsto;
  6. l’inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore, oppure le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro;
  7. l’importo iniziale della retribuzione e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo di pagamento;
  8. la durata delle ferie retribuite cui ha diritto il lavoratore o le modalità di determinazione e di fruizione delle ferie;
  9. l’orario di lavoro;
  10. i termini del preavviso in caso di recesso.

Tale obbligo può essere assolto direttamente nel contratto di lavoro scritto ovvero nella lettera di assunzione o in ogni altro documento scritto, da consegnarsi al lavoratore entro trenta giorni dalla data dell’assunzione.
In caso di estinzione del rapporto di lavoro prima della scadenza del termine di trenta giorni dalla data dell’assunzione, al lavoratore deve essere consegnata, al momento della cessazione del rapporto stesso, una dichiarazione scritta contenente le medesime indicazioni, ove tale obbligo non sia stato già adempiuto.
L’informazione circa le indicazioni di cui alle lettere 5, 7, 8, 9 e 10 può essere effettuata mediante il rinvio alle norme del contratto collettivo applicato al lavoratore.

 

Prestazioni di lavoro all’estero

Ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 152/1997, Le informazioni di cui al paragrafo che precede debbono essere fornite dal datore di lavoro al lavoratore invitato a svolgere la sua prestazione lavorativa all’estero per un periodo superiore a trenta giorni, prima della partenza e comunque non oltre la scadenza del termine di cui al predetto comma, insieme alle seguenti ulteriori informazioni:

  1. la durata del lavoro da effettuare all’estero;
  2. la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione;
  3. gli eventuali vantaggi in danaro o in natura collegati allo svolgimento della prestazione lavorativa all’estero;
  4. le eventuali condizioni del rimpatrio del lavoratore.

L’informazione relativa alle indicazioni di cui alle lettere 2 e 3 può essere effettuata mediante rinvio alle norme del contratto collettivo applicato al lavoratore.

 

Scelta di destinazione del TFR

Ai sensi dell’art. 8, comma 7, del D.Lgs. n. 252/2005, al momento dell’assunzione, il datore di lavoro deve fornire al lavoratore adeguate informazioni sulle possibili destinazioni del TFR (cfr. previdenza complementare).

 

Assicurazione per responsabilità civile

All’atto della stipulazione del contratto o al momento del passaggio di qualifica, il datore di lavoro, secondo l’art 5 della Legge n. 190 del 13 maggio 1985, è tenuto ad assicurare il quadro intermedio contro il rischio di responsabilità civile verso terzi conseguente a colpa nello svolgimento delle proprie mansioni contrattuali.
La stessa assicurazione deve essere stipulata dal datore di lavoro in favore di tutti i propri dipendenti che, a causa del tipo di mansioni svolte, sono particolarmente esposti al rischio di responsabilità civile verso terzi.

 

Le agenzie per il lavoro

L’istituzione, ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 276/2003, di un apposito albo delle agenzie per il lavoro, ai fini dello svolgimento delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale, ha segnato la fine del monopolio pubblico delle funzioni del collocamento.
Attualmente, infatti, anche gli operatori privati (denominati, appunto, agenzie per il lavoro) possono svolgere le funzioni di promozione dell’occupazione.
La legge disciplina la materia delle assunzioni e dell’avviamento al lavoro dei lavoratori involontariamente disoccupati.
In linea generale, il datore di lavoro ha facoltà di scegliere liberamente il lavoratore da assumere, ma ha l’obbligo di dame comunicazione alle strutture preposte.
Accanto al sistema del collocamento ordinario valevole per la generalità dei lavoratori, è stato istituito – per le c.d. categorie protette – il collocamento obbligatorio, un sistema più vincolante basato sulla imposizione di quote di tali lavoratori a tutte le aziende con determinate dimensioni occupazionali.
Il datore di lavoro, in generale, procede per qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro all’assunzione diretta senza necessità di rivolgersi agli uffici pubblici e scegliendo liberamente il lavoratore, che non ha più l’obbligo di iscriversi nelle liste di collocamento.

 

Casistica di decisioni della Magistratura in tema di assunzione

In genere

  1. La clausola penale per il lavoratore venuto meno all’impegno di assunzione opera anche se il contratto di lavoro prevede un periodo di prova. Il Tribunale rigetta l’opposizione contro il decreto ingiuntivo con il quale un lavoratore era stato condannato a pagare la penale prevista dalla lettera di assunzione con data di decorrenza del rapporto differita, e assistita appunto da una clausola penale. Il lavoratore, a seguito di un ripensamento, si era rifiutato di prendere servizio: per il Tribunale non rileva il fatto che il contratto prevedesse anche un periodo di prova di sei mesi dalla presa di servizio, durante il quale entrambe le parti avrebbero potuto recedere liberamente. La clausola penale opera in fase preassuntiva, mentre la clausola di prova ha efficacia solamente in seguito all’inizio del rapporto di lavoro. (Trib. Forlì 21/3/2023, Giud. Mascini, in Wikilabour, Newsletter n. 9/23)
  2. Nell’ambito del rapporto di lavoro privato, il bando di concorso indetto dell’impresa per la selezione ai fini dell’avanzamento interno di carriera, costituisce un’offerta al pubblico, valida come proposta contrattuale ai sensi dell’art. 1336, co. 1, c.c.; l’impresa pertanto si vincola all’osservanza della procedura secondo i criteri indicati nel bando stesso nonché al rispetto dei principi di correttezza e buona fede che si specificano, in tal caso, nel dovere di agire secondo imparzialità e trasparenza, motivando adeguatamente gli atti discrezionali. (Trib. Trento 25/10/2016, Est. Flaim, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di G. Merlo, “Bando di concorso privato e inadempimento del datore”, 241)
  3. La condanna della società datrice all’esatto adempimento delle obbligazioni assunte con il bando di concorso indetto per la selezione del personale da assegnare a mansioni superiori appare già integralmente satisfattiva del danno subito dal ricorrente, consistente nella perdita della possibilità di conseguire l’eventuale risultato atteso, negato in ragione dell’inadempimento della controparte. Pertanto, non si ravvisa più alcuna ragione di danno da perdita di “chance”. (Trib. Trento 25/10/2016, Est. Flaim, in Riv. It. Dir. lav. 2017, con nota di G. Merlo, “Bando di concorso privato e inadempimento del datore”, 241)
  4. L’art. 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che subordini la concessione ai datori di lavoro di un aiuto all’assunzione dei lavoratori disoccupati alla condizione che il disoccupato sia residente nel territorio nazionale, giacché l’introduzione di un simile requisito contrasta con il principio di libera circolazione dei lavoratori. (Corte di Giustizia CE 13/12/12, causa C-379/11, Pres. Rosas Rel. Cohoim, in D&L 2012, con nota di Alberto Guariso, “Lavoro ai residenti: la Corte di Giustizia, il sindaco di Roncadelle e i miti del localismo”, 657)
  5. Una normativa nazionale che fissa a 30 anni l’età massima di assunzione nel servizio tecnico di medio livello dei vigili del fuoco rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78/Ce, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. A). (Corte di Giustizia Ce, Grande Sezione, 12/1/2010, Pres. Lenaerts Rel. Lindh, in D&L 2009, 930)
  6. Una normativa nazionale che fissa a 30 anni l’età massima di assunzione nel servizio tecnico di medio livello dei vigili del fuoco è idonea a garantire il carattere operativo e il buon funzionamento del servizio dei vigili del fuoco, finalità legittima ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78/Ce, e non eccede quanto è necessario per il raggiungimento di tale fine. La necessità di disporre della piena capacità fisica, caratteristica legata all’età dei componenti del servizio tecnico di medio livello dei vigili del fuoco, costituisce infatti un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento di tale attività. D’altro canto, un’assunzione in età avanzata comporterebbe che un eccessivo numero di funzionari non potrebbe essere assegnato ai compiti più impegnativi dal punto di vista fisico. Parimenti, un’assunzione siffatta non consentirebbe che i funzionari così impiegati siano assegnati a detti compiti per una durata sufficientemente lunga. (Corte di Giustizia Ce, Grande Sezione, 12/1/2010, Pres. Lenaerts Rel. Lindh, in D&L 2009, 930)
  7. L’obbligo del datore di lavoro, previsto dalla speciale disciplina delle assunzioni obbligatorie di cui alla legge n. 482 del 1968, di adibire il lavoratore protetto, avviato per il collocamento obbligatorio, a mansioni compatibili con le sue condizioni fisiche, non riguarda categorie di riservatari diverse dagli invalidi, quali gli orfani, atteso che per questi ultimi le ragioni della speciale protezione approntata dalla citata legge non sono riconducibili alle loro condizioni fisiche, ma a ostacoli e limitazioni di carattere sociale. Ne consegue che, in relazione alla categoria degli orfani, non viene in rilievo l’eventuale incidenza delle menomazioni, siccome non sussistenti, ma soltanto la compatibilità o meno dell’avviato al lavoro con gli assetti organizzativi aziendali, che il datore di lavoro non è comunque tenuto a modificare o adeguare, con relativi costi aggiuntivi, ove caratterizzati da una situazione di oggettiva e assoluta incompatibilità con la qualificazione professionale dell’avviato medesimo. (Nella specie, la S.C., enunciando l’anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto il ricorso di un orfano, avviato al lavoro, per ottenere la graduatoria del diritto all’assunzione obbligatoria presso unì’impresa che si occupava unicamente della vigilanza e dello spegnimento di incendi a bordo delle navi, la quale non l’aveva assunto perchè privo della prescritta autorizzazione alla qualifica professionale di guardia a fuochi). (Cass. 3/12/2008 n. 28724, Pres. Sciarelli Est. Bandini, in Lav. nella giur. 2009, 411)
  8. Tutte le assunzioni alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche sono condizionate all’esito positivo di un periodo di prova, e ciò avviene ex lege e non per effetto di patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale. L’autonomia contrattuale è abilitata esclusivamente alla contrattazione collettiva. (Cass. 13/8/2008 n. 21586, Pres. Senese Est. Picone, in Riv. it. dir. lav. 2009, con nota di Edoardo Ales, “Il periodo di prova nel lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni: parziale specialità della disciplina legale e specificità della disciplina contrattuale collettiva”, 377)
  9. In tema di assunzione dei lavoratori, l’obbligo del datore di lavoro di consegnare ai lavoratori il terzo foglio della sezione matricola e paga del registro di impresa, di cui all’art. 9 quater, quarto comma, del D.L. n. 510 del 1996 convertito nella legge 608 del 1996, non ha carattere formale, ma è finalizzato a fornire ai lavoratori una compiuta informazione e una prova documentale in ordine al rapporto di lavoro e alla sua disciplina; ne deriva che la consegna ai lavoratori di copia fotostatica in luogo dell’originale del documento può costituire valido equipollente dell’adempimento di carattere formale, consentendo egualmente di realizzare le finalità dell’istituto. (Cass. 25/6/2008 n. 17323, Pres. De Luca Est. De Renzis, in Lav. nella giur. 2008, 1275, e in Dir. e prat. lav. 2009, 393)
  10. Atteso che, a seguito delle recenti riforme legislative in materia di collocamento, servizi per l’impiego ed intermediazione di mano d’opera, è venuto meno il monopolio pubblico del collocamento-ritenuto da Corte Giust. 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre, in contrasto con gli art. 86, n. 1, e 82 Ce-occorre ritenere vigenti ed applicabili le norme (art. 11 e 27 l. n. 264 del 1949 e 2 l. n. 1369 del 1960) sul regime delle sanzioni penali in caso di violazione delle disposizioni legali in materia. (Cass. 15/11/2002, Pres. Postiglione, Est. Grillo, in Foro it. 2003 parte seconda, 284)
  11. L’imprenditore che si sia obbligato con un lavoratore a procurarne l’assunzione presso un soggetto terzo è tenuto, ai sensi dell’art. 1381 c.c., ad indennizzare il lavoratore qualora l’assunzione non sia avvenuta per rifiuto del soggetto terzo (Trib. Milano 2/11/00, est. Frattin, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 995)
  12. In tema di collocamento al lavoro, e a norma dell’art. 1, L. 943/86, anche i lavoratori extracomunitari aventi titolo per accedere al lavoro subordinato in Italia a condizione di parità con i cittadini italiani possono, in difetto di esplicita esclusione normativa (quale quella prevista dall’art. 6 L. 943/86 citata per i lavoratori da adibire ai servizi domestici), essere assunti direttamente in tutti i casi previsti dall’art. 11 L. 264/49 e pertanto anche nell’ipotesi in cui, come nella specie, la chiamata provenga da azienda con non più di tre dipendenti (Cass. S.U. 30/3/00 n. 62, pres. Bila, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 428)
  13. La trasgressione da parte di pubblico dipendente del divieto di svolgere un’attività retribuita alle dipendenze di privati può comportare sanzioni disciplinari, ma non implica l’invalidità del contratto di lavoro stipulato in violazione del divieto e non esclude quindi che tale contratto produca i suoi normali effetti anche sul piano previdenziale e assistenziale (in base al suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, dopo aver affermato la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorrente fra un insegnante e un’azienda agricola, aveva ritenuto che la coesistenza di tale rapporto con il rapporto di pubblico impiego non escludesse l’obbligo datoriale di costituire il conseguente rapporto previdenziale) (Cass. 25/2/00, n. 2171, pres. Bucarelli, in Riv. it. dir. lav 2001, pag. 212, con nota di Ponari, Violazione del dovere di esclusiva nel rapporto di pubblico impiego e qualificazione della prestazione vietata)
  14. E’ affetta da nullità assoluta per contrasto con le norme imperative che regolano l’avviamento al lavoro la clausola della contrattazione collettiva prevedente criteri preferenziali per l’assunzione di aspiranti legati da vincoli di parentela con lavoratori cessati dal servizio, salvo che non risulti che l’ambito di applicazione dei suddetti criteri preferenziali sia circoscritto alle solo ipotesi di richiesta nominativa (fattispecie relativa al c.c.n.l. del 1987 per il personale dipendente da società e consorzi concessionari di autostrade e trafori, prevedente una preventiva valutazione preferenziale delle domande di assunzione presentate da componenti il nucleo familiare di dipendenti deceduti o cessati dal servizio) (Cass. 1/7/99, n. 6764, in Riv. Giur. lav. 2000, pag. 299, con nota di Madera, I criteri di preferenza nelle assunzioni di parenti e le norme di collocamento)
  15. Dai principi generali dell’ordinamento e in particolare dall’art. 2208 c.c., si evince che il titolare dell’impresa deve presumersi responsabile di tutti gli atti compiuti nella sede dell’impresa stessa da coloro che agiscono quali suoi incaricati o che possono essere ragionevolmente ritenuti tali secondo i principi fondamentali dell’apparenza giuridica e dell’affidamento (nella fattispecie è stata ritenuta vincolante per l’imprenditore la lettera di assunzione sottoscritta dal direttore di albergo, se pure privo di formali poteri di rappresentanza) (Trib. Milano 11/1/95, pres. ed est. Siniscalchi, in D&L 1995, 597)

 

 

Questioni di legittimità costituzionale

  1. E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 4, comma 1, lettere b), c) e d), del d. lgs. 23/12/97, n. 469 in quanto, demandando alla legge regionale la costituzione di strutture operanti nel campo delle politiche del lavoro, detta una disciplina così analitica dell’organizzazione e delle modalità di esercizio delle funzioni e dei compiti ad essa conferiti da comprimere oltre il limite costituzionalmente consentito la propria autonomia organizzativa. Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 1, lett. a) ed f); 7, comma 1, lett. b), e commi 5 e 8, del medesimo decreto legislativo n. 469/97, sollevate, in riferimento agli artt. 76, 115, 117, 119, 123, 128, dalla Regione Lombardia con il ricorso in epigrafe. ( Corte Cost. 23/3/01, n. 74, pres. Ruperto, est. Mezzanotte, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 213)
  2. L’art. 10, 1° comma, lett. a) L. 28/2/87 n. 56 deve essere interpretato nel senso di ammettere l’iscrizione nella prima classe delle liste di collocamento di coloro che svolgono un lavoro autonomo di modesta entità; conseguentemente è infondata la questione di legittimità costituzionale della predetta norma, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 4 Cost. (Corte Cost. 8/3/99 n. 65, pres. Granata, rel. Vari, in D&L 1999, 802)

 

 

Obbligo del terzo

  1. L’imprenditore che si sia obbligato con un lavoratore a procurarne l’assunzione presso un soggetto terzo è tenuto, ai sensi dell’art. 1381 c.c., ad indennizzare il lavoratore qualora l’assunzione non sia avvenuta per rifiuto del soggetto terzo (Trib. Milano 2/11/00, est. Frattin, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 995)

 

 

Concorso pubblico

  1. Non può ritenersi giustificata, nemmeno dalle cautele imposte dalla straordinarietà dell’emergenza pandemica in atto, la decisione di escludere dalla selezione pubblica i candidati che non risultino in linea con il parametro della temperatura corporea inferiore a 37,5 gradi. Una tale decisione si palesa gravemente sproporzionata atteso che l’irreparabile pregiudizio arrecato ai destinatari in termini di sacrificio del diritto al lavoro non trova giustificazione nel fine di massima precauzione perseguito per esigenze di tutela della salute collettiva (art. 32 Cost.) e sui luoghi di lavoro (art. 2087 c.c.). (T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 1/12/2020 n. 416, Pres. Settesoldi Est. Sinigoi, in Lav. nella giur. 2021, con nota di A. Sitzia e M. Malo, Temperatura corporea ed esclusione dal concorso: una misura irragionevole, 540)
  2. Nelle prove scritte dei pubblici concorsi o delle pubbliche selezioni di stampo comparativo una violazione non irrilevante della regola dell’anonimato da parte della Commissione determina de iure la radicale invalidità della graduatoria finale, senza necessità di accertare in concreto l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione. (Cons. St., Ad. Plen., 20/11/2013 n. 26-27-28, Pres. Giovannini Est. Anastasi, in Riv. it. dir. lav. 2015, con nota di S. Bologna, “Concorsi pubblici e violazione non irrilevante dell’anonimato nelle tre sentenze ‘gemelle’ del Consiglio di Stato”, 134)
  3. In tema di pubblico impiego privatizzato, il diritto del candidato vincitore ad assumere l’inquadramento previsto dal bando di concorso, espletato dalla P.A. per il reclutamento dei propri dipendenti, è subordinato alla permanenza, al momento dell’adozione del provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando era stato emesso. (Sez. Un. 2/10/2012 n. 16728, Pres. Rovelli Est. Mammone, in Lav. nella giur. 2013, con commento di Antonio Scarpa, 169)
  4. La condanna della Pubblica Amministrazione, ex art. 2043 c.c., al risarcimento del danno per lesione di una situazione giuridica soggettiva a opera di un provvedimento illegittimo è subordinata all’accertamento dell’ingiustizia e all’effettività del danno, del nesso di causalità con la situazione soggettiva lesa e della sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’ente; in ordine a quest’ultimo, l’onere della prova – a fronte della mera allegazione dell’illegittimità dell’atto – grava sull’amministrazione, la quale è tenuta a comprovare di non essere in colpa, adducendo a tal fine possibili fattori scriminanti, quali, in particolare, la scusabilità dell’errore commesso (nella specie il Tribunale ha ritenuto non scusabile l’errore commesso dal Comitato Regionale di Controllo che aveva annullato una delibera di mancata assunzione in servizio, con atto poi a sua volta definitivamente annullato dal Tar). (Trib. Enna 19/10/2011, Est. De Simone, in D&L 2012, con nota di Donisio Serra, “Illegittima mancata assunzione e danno a carico della PA”, 504)
  5. In caso di danno da mancata assunzione derivante da provvedimento illegittimo di un’autorità terza (nella specie il Comitato Regionale di Controllo), qualora sussista la prova che, in assenza dell’atto illegittimo, il candidato sarebbe stato sicuramente assunto, il danno stesso, pur essendo afferente alla violazione di un diritto ancora sub condicione, deve essere liquidato in misura pari al totale delle retribuzioni che sarebbero state percepite in caso di assunzione, restando irrilevante sia la mancata prestazione lavorativa, sia l’eventuale aliunde perceptum. (Trib. Enna 19/10/2011, Est. De Simone, in D&L 2012, con nota di Donisio Serra, “Illegittima mancata assunzione e danno a carico della PA”, 504)
  6. La sentenza pronunciata a norma dell’art. 444 c.p.p. non è una vera e propria sentenza di condanna e, ex art. 445 c.p.p., nella formulazione antecedente la novella apportata dalla l. n. 97 del 2001, non applicabile “ratione temporis”, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi. Ciò non esclude che la p.a. – con autonoma valutazione sui requisiti di idoneità morale e attitudinale a esletare l’attività di pubblico impiegato – ritenga impossibile adempiere all’obbligo di costituire il rapporto di lavoro assunto con il bando di concors. In tal caso incombe sulla stessa l’onere di allegare e provare, anche a mezzo della presunzione derivante dalla sentenza, che i fatti di rilevanza penale erano di natura e gravità tali da legittimare, in costanza di rapporto, la destituzione o il licenziamento e, quindi, incompatibili con la costituzione del rapporto di impiego pubblico. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha rilevato che l’ente pubblico aveva, in concreto, omesso ogni valutazione sulla vicenda e si era limitato ad addurre, a sostegno del rifiuto di assunzione, sopravvenute difficoltà finanziarie, in realtà già esistenti al momento di emanazione del bando e, comunque, contraddette da altre nuove assunzioni). (Cass. 20/1/2009 n. 1399, Pres. Mercurio Rel. Picone, in Lav. nelle P.A. 2009, 148)
  7. Nel sistema del lavoro pubblico contrattualizzato l’approvazione della graduatoria presenta una duplice natura giuridia: provvedimento terminale del procedimento concorsuale e atto negoziale di individuazione del futuro contraente. Dall’approvazione della graduatoria discede, quindi, il diritto all’assunzione del partecipante collocato in posizione utile della graduatoria, cui corrisponde l’obbligo di adempimento dell’amministrazione assoggettata al regime di cui all’art. 1218 c.c. (Nel caso di specie la Corte ha affermato che le difficoltà finanziarie non sono idonee a produrre l’estinzione dell’obbligazione per impossibilità sopravvenuta, essendo pur sempre nella disponibilità del debitore l’adozione dei mezzi adeguati per farvi fronte). (Cass. 20/1/2009 n. 1399, Pres. Mercurio Rel. Picone, in Lav. nelle P.A. 2009, 148)
  8. L’Amministrazione, per la copertura di un posto resosi vacante può decidere, nell’esercizio del suo potere discrezionale, di utilizzare nel periodo di validità la graduatoria relativa al medesimo concorso, procedendo all’assunzione di un soggetto risultato idoneo e utilmente collocato oppure bandire nuova procedura selettiva. L’Amministrazione esercita tale facoltà mediante decisioni che, in quanto tali, non possono costituire materia di sindacato da parte del giudice amministrativo. (TAR Campania 27/3/2008 n. 1604, Pres. Onorato Est. Nunziata, in Lav. nelle P.A. 2008, 386)
  9. L’istituto del c.d. scorrimento della graduatoria, che consente ai candidati idonei di divenire vincitori, presuppone una decisione successiva dell’amministrazione di coprire il posto vacante oppure una specifica disposizione di legge o del bando che preveda che tra i posti messi a concorso obbligatoriamente debbano essere compresi anche quelli che si dovessero rendere vacanti entro una certa data. Tuttavia, una volta che tale decisione sia assunta o si sia realizzata la condizione prevista dal bando, il candidato utilimente collocato in graduatoria ha un diritto soggettivo all’assunzione. (Cass. 21/12/2007 n. 27126, Pres. Sciarelli Est. Balletti, in D&L 2008, con nota di Valentina Civitelli, “Scorrimento della graduatoria e diritto all’assunzione”, 119)
  10. Qualora il diniego di accesso a un concorso pubblico opposto a un cittadino non comunitario venga contestato sotto il profilo della discriminazione per ragioni di razza e nazionalità, mediante l’azione di cui all’art. 44 TU immigrazione, la giurisdizione del giudice ordinario prevista dallo stesso art. 44 prevale su quella del giudice amministrativo prevista dall’art. 63 D.Lgs. 30/3/01 n. 165, trattandosi di situazione che involge i diritti fondamentali dell’individuo. (Trib. Bologna 25/10/2007, ord., Est. Borgo, in D&L 2008, con nota di Alberto Guariso, “Ancora sull’esclusione dell’extracomunitario dal pubblico impiego”, 175)
  11. E’ illegittima l’esclusione di un candidato all’accesso a un pubblico concorso disposta per assenza del requisito della cittadinanza italiana o comunitaria, giacché le norme di legge che attualmente regolano la materia devono essere oggetto di lettura costituzionalmente orientata, incentrata sui principi di parità e non discriminazione rinvenibili principalmente negli artt. 3 e 4 Cost. nonché nell’art. 21 della Carta di Nizza. (Trib. Bologna 25/10/2007, ord., Est. Borgo, in D&L 2008, con nota di Alberto Guariso, “Ancora sull’esclusione dell’extracomunitario dal pubblico impiego”, 175)
  12. Sono costituzionalmente illegittimi gli artt. 1 e 2 della L.R. Valle d’Aosta 14 novembre 2002, n. 23 (Disposizioni materia di personale del Dipartimento delle politiche del lavoro e dell’Amministrazione regionale) in quanto prevedono una procedura di corso-concorso integralmente riservata a personale già in servizio presso la medesima amministrazione e non reclutato, a suo tempo, mediante pubblico concorso. (Corte Cost. 6/7/2004 n. 205, Pres. Zagrebelsky Red. Marini, in Giur. It. 2005, 678)
  13. È legittimato ad agire in giudizio il cittadino che lamenti un danno per perdita di chance, non avendo potuto partecipare ad un concorso interno, poiché l’accesso concorsuale al pubblico impiego, in quanto costituzionalmente garantito, deve avvenire nelle forme e nei modi stabiliti, senza compressioni e limitazioni. (TAR Abruzzo, 3/6/2004 n. 480, Pres. Catoni Rel. Nazzaro, in Giur. It. 2005)
  14. L’art. 39 l. 27 dicembre 1997, n. 449, subordinando le assunzioni di personale tramite nuovi concorsi all’indisponibilità di idonei nei precedenti, finisce con il riconoscere il diritto all’assunzione di costoro, sempre ove il posto sia vacante e l’amministrazione si determini a coprirlo. L’intervento della contrattazione integrativa non sacrifica i diritti di origine legale, prevedendo unicamente che siano portate a compimento le procedure indette per la copertura dei posti vacanti e nulla dicendo in ordine agli idonei. (Corte d’Appello Milano 20/4/2004, Pres. Mannacio Rel. De Angelis, in Lav. nelle P.A. 2004, 683)
  15. La forma di copertura delle vacanze di posti attraverso la riqualificazione del personale non rappresenta altro che una modalità di assunzione, subordinata all’indisponibilità di idonei in concorsi già espletati, e non sfugge pertanto alla regola generale che assegna la precedenza all’assunzione per scorrimento di graduatorie concorsuali (di tipo riservato o aperto) ancora valide temporalmente. (Corte d’Appello Firenze 16/3/2004, Rel. Amato, in Lav. nelle P.A. 2004, 510)
  16. In un pubblico concorso, l’approvazione della graduatoria segna il passaggio, sotto il profilo della situazione giuridica tutelata, dall’interesse legittimo al diritto soggettivo. Con l’approvazione della graduatoria finale di un pubblico concorso sorge il diritto del vincitore all’assunzione e quindi alla stipulazione di un contratto di lavoro; tale diritto tuttavia può venire meno allorchè si modifichi la situazione di fatto in relazione alla quale la Pubblica Amministrazione ha deciso di bandire il concorso. Nella procedura concorsuale per accesso a pubblico impiego, in caso di mancata stipula di un contratto di lavoro per il venir meno dell’interesse della Pubblica Amministrazione alla conclusione del medesimo, si configura una responsabilità precontrattuale dell”Ente allorquando lo stesso abbia violato (anche se per mera colpa) le norme di correttezza e buona fede che presiedono la fase precedente la stipula del contratto (nella fattispecie un ente locale, pur avendo richiesto la statalizzazione di una scuola materna, aveva indetto un concorso per l’assunzione a tempo determinato di una maestra di scuola materna, senza dare atto, nel bando, che in caso di accoglimento della predetta richiesta di statalizzazione non si sarebbe proceduto alla stipula del contratto di lavoro con la lavoratrice del concorso. (Trib. Lodi 31/1/2002, Est. Gargiulo, in D&L 2002, 360)
  17. La previsione di una procedura selettiva con una eccessiva quota di riserva a favore del personale interno per il conferimento di una qualifica funzionale superiore deroga ingiustificatamente alla regola del pubblico concorso per l’accesso a nuovo posto di lavoro nella p.a., ponendosi in contrasto con i principi costituzionali della parità di trattamento (art. 3 Cost.) e di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) (Corte Cost. 16/5/02, n. 194, pres. vari, est. Capotosti, in Lavoro nelle p.a. 2002, pag. 289)
  18. La clausola di un concorso per il reclutamento di nuovo personale bandito da un ente pubblico economico, che limita la partecipazione ai soli figli di dipendenti che risolvano contestualmente il proprio rapporto di lavoro, è nulla per contrasto con i precetti costituzionali in materia di tutela del lavoro e di diritti della persona, in forza dei quali non è consentito subordinare l’assunzione del lavoratore a fatti non riferibili alle attitudini professionali dello stesso; tale nullità inficia l’intero bando e non la sola clausola che limita la partecipazione. (Cass. 19/1/2002 n. 570, Pres. Lupi Est. Filadoro, in D&L 2002, 343)
  19. Il bando di concorso per l’assunzione di lavoratori non è riconducibile alla previsione di cui all’art. 1989 c.c., ma, essendo preordinato alla stipulazione di contratti di lavoro, che esigono il consenso delle controparti, costituisce, ove contenga gli elementi del contratto alla cui conclusione è diretto, un’offerta al pubblico, a norma dell’art. 1336 c.c.; tale offerta può essere di un contratto di lavoro definitivo, il quale si perfeziona con l’accettazione del lavoratore che risulti utilmente inserito nella graduatoria dei candidati idonei, oppure preliminare, il quale si perfeziona con la semplice accettazione del candidato che chiede di partecipare al concorso e ha per oggetto l’obbligo per entrambe le parti o per il suo offerente, nel caso di preliminare unilaterale, della stipulazione del contratto definitivo con chi risulti vincitore (Cass. 25/11/99 n. 13138, pres. Delli Priscoli, in Riv. it. dir. lav. 2000, pag. 659, con nota di Simonato, Natura giuridica del bando di concorso e interruzione di procedura concorsuale)
  20. Nel sistema del concorso pubblico per l’assunzione di personale da parte delle aziende municipalizzate per l’esercizio di trasporti autoferrotramviari (o enti pubblici), la discrezionalità di valutazione che contrassegna le relative valutazioni non è riferibile all’esercizio di una potestà pubblica di autorganizzazione, ma configura esercizio di attività privatistica dell’imprenditore ovvero prestazione procedimentale dovuta dall’imprenditore medesimo nell’ambito del rapporto obbligatorio attinente al concorso, sindacabile dal giudice ordinario sia sotto il profilo delle norme regolamentari e delle disposizioni collettive, sia sotto il profilo dell’osservanza del principio generale di correttezza e buona fede (in base al suddetto principio in una fattispecie relativa ad una procedura concorsuale bandita da una azienda municipalizzata e poi interrotta, la S.C ., dopo aver cassato la sentenza impugnata, decidendo sul merito, ha affermato il diritto dei ricorrenti all’espletamento delle ulteriori fasi del concorso) (Cass. 25/11/99, n. 13138, pres. Delli Priscoli, in Riv. it. dir. Lav. 2000, pag. 659, con nota di Simonato, Natura giuridica del bando di concorso e interruzione di procedura concorsuale)

 

 

Questioni di procedura

  1. Nell’ipotesi in cui un candidato partecipante ad un pubblico concorso, dichiarato vincitore con apposita deliberazione e collocato in graduatoria con successivo giudizio di inidoneità all’assunzione a seguito di visita medica negativa, chieda l’accertamento giudiziale del suo diritto all’assunzione sulla base della graduatoria approvata, il giudizio non deve svolgersi in contraddittorio con gli altri partecipanti al concorso non ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 102 c.p.c., poiché la suddetta domanda non implica la richiesta di riformulazione della graduatoria o contestazioni relative alla validità del concorso, che, diversamente, avrebbero determinato la necessità dell’estensione del contraddittorio agli altri candidati. Cass. 25/8/2005 n. 17324, Pres. Mileo Rel. Figurelli, in Dir. e prat. lav. 2006, 529)
  2. Deve ritenersi che l’art. 63, comma 4, D.Lgs. n. 165/2001, quando riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni faccia riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche delle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore, con la conseguenza che rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo non solo le controversie in materia di concorsi pubblici, ma anche quelle in materia di concorsi interni e procedure di promozione. (Trib. Roma 27/10/2004, Est. Pangia, in Lav. nella giur. 2005, 392)
  3. Rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 68, D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo sostituito dall’art. 29, D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, le controversie dei pubblici dipendenti relative ai concorsi interni banditi dall’Amministrazione per l’accesso del personale dipendente a qualifiche funzionali superiori, posto che tale accesso costituisce solo una modificazione del contenuto dell’obbligazione oggetto del rapporto di lavoro in essere e non una procedura concorsuale per l’assunzione ad un nuovo posto di lavoro. (Trib. Milano 30/4/2003, Est. Atanasio, in Lav. nella giur. 2003, 1174)
  4. Nel caso di concorso indetto da soggetti privati o da enti pubblici economici sussiste litisconsorzio necessario allorchè il candidato pretermesso non si limiti a chiedere il risarcimento del danno, ma chieda un provvedimento che incida sulla posizione dei candidati vincitori. (Trib. Roma 14/3/2003, Pres. Cortesani Rel. Blasutto, in Lav. nella giur. 2003, 1167)
  5. E’ inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dalla datrice di lavoro d’annullamento del contratto di lavoro, in quanto lo stesso è impugnabile solo su domanda del PM e nel termine di un anno dalla sua stipulazione ai sensi dell’art. 2098 c.c. (Trib. Milano 24/5/2002, Est. Ianniello, in D&L 2002, 742)
  6. In forza del combinato disposto dell’art. 68, comma 1°, del d. legislativo 3/2/93, n. 29, come sostituito dal d. legislativo 3/3/98, n. 80, secondo cui le controversie concernenti l’assunzione di lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario e del comma 4, secondo cui sono devolute alla cognizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione, è di competenza del giudice amministrativo il giudizio sulla sussistenza dei requisiti essenziali per l’assunzione previsti nel bando di concorso (Corte Appello Milano 12/4/01, pres. Mannaccio, est. Accardo, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 208)
  7. Il coordinamento tra il disposto dell’art. 68, comma 1° del decreto legislativo 3/2/93, n. 29, come sostituito dal decreto legislativo 3/3/98, n. 80, secondo cui le controversie concernenti l’assunzione appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario ed il comma 4, secondo cui sono devolute alla cognizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione, va correttamente operato nel senso che dal momento di indizione del bando di concorso sino al termine della procedura, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo, laddove dal momento del superamento della prova del concorso sorge in capo all’aspirante un vero e proprio diritto soggetto all’assunzione con conseguente giurisdizione del giudice ordinario. Nella nozione di procedura concorsuale è ricompreso ogni riferimento a modalità procedimentalizzate di selezione del personale non necessariamente coincidenti con l’ipotesi di concorso in senso stretto (Trib. Napoli 20/2/01, pres. e est. Lorito, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 203)
  8. In un concorso con una quota di riserva, sono devolute alla giurisdizione amministrativa anche le controversie derivanti dalle impugnazioni proposte dai concorrenti “in quota di riserva” (perché dipendenti dell’amministrazione), poiché per tutti i partecipanti si tratta di una procedura concorsuale per l’assunzione nella qualifica indicata nel bando (Corte Cost. 4/1/01, n. 2, ordinanza, pres. Santosuosso, est. Marini, in Lavoro nelle p.a. 2001, pag. 367, con nota di Gragnoli, Concorsi “riservati” e giurisdizione)
  9. La domanda con cui il cittadino chiede l’accertamento del suo diritto a beneficiare dello speciale regime di collocamento previsto un tempo dalla l. n. 482/68 e ora dalla l. n. 68/99 deve essere proposta nei confronti dell’Agenzia Regionale per l’impiego e cioè del soggetto (dotato di personalità giuridica) cui la Regione Friuli Venezia Giulia ha attribuito – nell’esercizio della sua autonomia organizzativa – il compito di svolgere in concreto le funzioni amministrative in materia di collocamento e avviamento al lavoro (Trib. Gorizia 5/10/00, pres. e est. Masiello, in Lavoro giur. 2002, pag. 261, con nota di Venditti, A chi spetta la legittimazione passiva nel caso si voglia contestare il rigetto dell’iscrizione nelle liste speciali di collocamento?)
  10. Poiché la posizione vantata dal vincitore di un concorso, finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato presso una Pubblica Amministrazione, ha natura di diritto soggettivo (in quanto l’aspirante, attraverso la positiva collocazione in graduatoria, diviene legittimo titolare del diritto all’instaurazione del rapporto), la competenza a giudicare della controversia relativa a un’errata individuazione dei posti disponibili sussiste in capo al giudice del lavoro, in quanto oggetto del giudizio non è la procedura concorsuale, di natura amministrativa, ma l’esistenza di un vero e proprio diritto all’assunzione (Trib. Agrigento 30 dicembre 1999 (ord.), est. Occhipinti, in D&L 2000, 722, n. Dall’Ara